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Prodromi di decostruzionismo europeo. Così è, pure se non vi pare

Nell’intricato crocevia delle nazioni, il pensiero di Jacques Derrida si erge come faro illuminante nella comprensione e nell’architettura della Nuova Europa. Il suo approccio decostruttivo, connotato da una profonda esegesi e da una puntuale analisi concettuale, offre un’ottica inedita per affrontare la complessità dei fenomeni sovranazionali e delle strutture che li permeano.

Il romanistico dura lex sed lex rivela la stretta connessione tra diritto e società che ha caratterizzato il mondo occidentale. In tal guisa, la decostruzione di Derrida getta luce su quanto questo legame possa influenzare la comprensione e la costruzione della nuova Europa.

La critica derridiana al concetto di presenza e assenza trova un parallelo sorprendente nella dicotomia tra la “lettera” e lo “spirito” della legge nel diritto romano. Come affermava il buon Jakie Elie, “non v’è alcun fuori testo”, così il diritto romano enfatizzava la “lettera” della legge, pur contemplando un’interpretazione fluida alla luce dei contesti.

L’applicazione di questa prospettiva decostruttiva al diritto europeo sfida il concetto di “unità” legale e mette in discussione la sua rappresentazione statica attraverso una varietà di interpretazioni. L’equazione concettuale “Unione Europea = Sovranità Condivisa” è una trama nella costruzione europea.

Un’Europa algebricamente decostruita

Eppur si divide. Per quanto abbia poc’anzi premesso una fondamentale equivalenza, occorre rammentare che “La sovranità è sempre sovranamente divisa”. Questa visione contrasta con la suddetta convenzionale e suggerisce che la sovranità condivisa sia, in realtà, costantemente frammentata. Qui, la decostruzione trova terreno fertile, poiché rivela le tensioni e le faglie nell’equazione, evocando il tirannico brocardo del divide et impera.

L’analisi algebrica decostruttiva rivela le complessità dell’integrazione e del potere, evidenziando come il concetto di sovranità stessa possa essere interpretabile in molteplici modi. Siamo al di là delle internazionalistiche fattispecie interna ed esterna; siamo oltre persino il salviniano.

Lo ammetto: v’è un pizzico di guerra regia contro l’aquila d’Austria e una sana dose di Giovine Italia; forse persino rimasugli di Sacro Romano Impero. Senza dubbio, Giustiniano e quell’orgasmico Codex.

L’architettura di un’Europa unita e diversificata richiama le parole di Derrida: “Ogni architettura è una trama di citazioni”. Così come le strutture di un edificio si basano su influenze storiche e culturali, così la nuova Europa si sviluppa su fondamenta costituzionali e tradizioni nazionali. E tanto non sto parlando di UE solo per non far storcere il naso a qualcheduno, anche se qualche pugno al setto per rafforzare le convinzioni resta un buon metodo educativo.

La tolleranza è sempre la ragione del più forte: è segno della sovranità. Ti fa capire: “Non sei insopportabile e ti lascio pure un posticino a casa mia. Ma non dimenticarlo: resta pur sempre casa mia”

La decostruzione invita a considerare come queste “citazioni” interagiscano e si sovrappongano, creando un contesto unico e in evoluzione. Come nel diritto romano, che si è evoluto attraverso le epoche pur mantenendo il suo “spirito” di giustizia, l’Europa può trarre ispirazione da questa prospettiva per creare un’architettura legale flessibile e resiliente.

Un’arma contro la politica decaduta

Nel meraviglioso mondo della politica contemporanea, non corrotta ma colma di leggi, l’applicazione del decostruzionismo potrebbe essere La Idea par excellance; quantomeno folle, restituendo dignità a Erasmo da Rotterdam e ponendo la lapide a un certo umanesimo post Rinascimento oggidì confuso con l’omonimo italiano brand femminile di moda.

Immagina un governo che smantella ogni principio e valore, come un castello di carte colpito da un ventilatore industriale. Le ideologie? Sovrane solo fino all’ora di pranzo. Le promesse elettorali? Un unicorno che fa jogging nella nebbia. Illusione creativa: almeno avremmo politici pronti per una carriera da acrobati concettuali!

Ordunque, la decostruzione si rivela un prisma concettuale attraverso il quale osservare l’edificazione della Nuova Europa. Attraverso una lente critica che richiama le citazioni culturali e giuridiche, emerge un’Europa in cui la “legge è dura, ma è la legge”, ma dove la “lettera” si intreccia con lo “spirito”, e dove la sovranità è condivisa ma anche divisa.

Ogni volta che in Spettri di Marx ho parlato della nuova Internazionale, sottolineando come la solidarietà o l’alleanza non dovessero dipendere, fondamentalmente e in ultima analisi, da un’appartenenza di classe, ciò non significava affatto che per me le classi fossero sparite o che si fossero attenuati i conflitti legati alle differenze o alle opposizioni di “classe” (o almeno delle nuove figure di forze sociali per le quali credo siano in effetti necessari nuovi concetti, e dunque – forse – anche dei nuovi nomi).

L’Unione Europea trova nell’approccio decostruttivo di Derrida un alleato intellettuale per affrontare le sfide e definire le sue proprie fondamenta in un mondo in costante cambiamento: qualcuno doveva pur dir(ve)lo.

  • Jacques Derrida, Dal diritto alla filosofia, Abramo, 1990
  • Jacques Derrida, Il sogno di Benjamin, Bompiani, 2003.
  • Marx & Sons. Politica, spettralità, decostruzione.

Daniele Martignetti

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