I Tigli, tra simbologia e nobiltà  

I Tigli, tra simbologia e nobiltà  

 

“Ti prende per mano
la nuvola di tiglio
ha odore forte, intenso
che sa di miele
di dolce speziato
adesso il tiglio è fiorito,
laboriose le api
raccolgono e le danzano attorno,
i fiori e le foglie si confondono
lievi, i rami si piegano
alle brezze del mattino.”

Salvatore Maurici (Il tiglio)

 

 

Vi è un periodo dell’anno, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, durante il quale i viali cittadini vengono inondati da un intenso profumo: quello dei fiori di Tiglio.

Un profumo penetrante, inconfondibile, che mi fa rivivere, ogni volta, momenti felici dell’adolescenza, quando quel profumo suggellava la fine dell’anno scolastico: una “impronta” sensoriale foriera di agognate vacanze estive.

E’ anche per questi motivi che, complice la loro indiscutibile bellezza ed importanza, ho grande ammirazione nei confronti di questi straordinari protagonisti dei boschi. Non  a caso i forestali hanno dedicato ai Tigli, che sono accomunati da questo privilegio ad Aceri, Frassini, Ciliegi ed Olmi montani, il nome di “latifoglie nobili”, appellativo assolutamente appropriato per l’interesse che rivestono sia per la loro rarità che per il particolare pregio tecnologico, estetico e naturalistico.

A ulteriore riprova di questa “nobiltà” vi è la sacralità di cui i Tigli sono stati oggetto fin dall’antichità presso molti popoli. All’ombra di questi luminosi e solenni alberi si danzava, si trattavano affari e si amministrava la giustizia; ai loro tronchi si appendevano oggetti votivi.

 

Tiglio in autunno – Foto Colazilli

 

I Tigli (genere Tilia) sono diffusi, con circa 50 specie, nelle zone temperate dell’Emisfero Boreale. Numerosi reperti pollinici sono stati ritrovati in terreni dell’Era Quaternaria, ma resti fossili risalgono anche all’Eocene. Il genere, un tempo ascritto alla famiglia Tiliaceae, è stato di recente trasferito, per motivi filogenetici, nella famiglia Malvaceae.

Sono piante arboree decidue, imponenti, molto longeve, come testimoniato dai numerosi esemplari che superano diverse centinaia di anni di vita. Le foglie sono semplici, a margine crenato-dentato. I fiori, bisessuali,  sono riuniti in infiorescenze cimose i cui peduncoli portano lateralmente una caratteristica brattea allungata e appiattita che serve a facilitare la disseminazione a opera del vento. Il nome di questo genere deriva proprio dal greco ptilon che significa “ala”.

Specie mesofile, tollerano escursioni termiche ampie e sono piuttosto esigenti dal punto di vista edafico; prediligono suoli freschi, profondi e fertili, ricchi di basi, spesso calcarei, ma anche di diversa origine, purché non argilloso-compatti o molto sabbiosi.

In Italia, e in Abruzzo, vivono, allo stato spontaneo, quattro entità: il Tiglio nostrano (Tilia platyphyllos), con tre sottospecie (subsp. platyphyllos, subsp. cordifolia e subsp.  pseudorubra), e il Tiglio selvatico (T. cordata). A queste si aggiunge Tilia x vulgaris (= T. intermedia), ibrido naturale tra le due specie, con caratteri intermedi tra i due genitori nelle zone dove questi crescono insieme.

 

Splendido esemplare di Tiglio in fiore – Foto Colazilli

Le due specie si differenziano  per i seguenti caratteri:

Tilia platyphyllos: foglie con picciuolo pubescente e  pagina inferiore con ciuffi di peli biancastri alla biforcazione delle nervature; frutto (nucula) piriforme di 8-15 mm, con pericarpo legnoso-indurito, pubescente e con 5 coste longitudinali rilevate;

Tilia cordata: foglie con picciuolo glabro e  pagina inferiore con ciuffi di peli rossastri alla biforcazione delle nervature; nucula subglobosa di 5-6 mm, con pericarpo tenue-fragile, coperto da un feltro di peli brevi e con 5 coste appena accennate;

In Italia, tra i Tigli più vecchi e monumentali ne ricordiamo due: il Tiglio di Macugnaga, un piccolo centro a 1300 m di altitudine in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, con una circonferenza di oltre 7 metri, e il Tiglio di Summonte, piccolo Comune in provincia di Avellino, con una circonferenza di 8 metri.

Per l’Abruzzo sono stati censiti, da Caterina Artese[1], tre esemplari di Tiglio selvatico (Tilia cordata) di grandi dimensioni: al Bosco di S. Antonio di Pescocostanzo (AQ) (circonferenza 4,79 m, altezza 22 m), a Frattoli di Crognaleto (TE) (circonferenza 2,35 m, altezza 25,50 m) ed a Colle Tasso nella Riserva Regionale “Abetina di Rosello” (CH) (circonferenza 2,12 m, altezza 31,75 m).

A scopo ornamentale sono particolarmente coltivati in Italia T. americana, T. heterophylla (di origine nordamericana) e T. tomentosa (distribuito nella regione Carpatico-Danubiana).

Non è frequente incontrare esemplari di Tigli nei boschi, anche perché vivono soprattutto in foreste molto peculiari, belle ma poco diffuse, nelle quali si associano ai Frassini, agli Aceri, agli Olmi e ai Faggi. Si tratta di boschi montani localizzati nelle forre e alla base delle valli, dove vi è accumulo di materiale detritico proveniente dal disfacimento dei versanti frammisto a sostanza organica, e dove ristagna l’umidità e il suolo è ricco di humus. Spesso questi boschi occupano stazioni inaccessibili e, di conseguenza, sono poco frequentati dall’uomo; in essi regna un’atmosfera di foresta primordiale.

Strutturalmente complessi, spesso formati da più strati arborei e arbustivi, questi consorzi forestali possiedono un sottobosco ricco di piante erbacee dai fiori vistosi: Bucanevi, Anemoni, Asperule, Colombine, Viole, Dentarie . . . . Ben rappresentati sulle Alpi, i boschi di forra sono meno diffusi lungo gli Appennini. Ed è proprio nell’Appennino centro-meridionale che l’interesse nei confronti di questi boschi risulta accresciuto per la presenza dell’elegante Acero di Lobel (Acer cappadocicum subsp. lobelii), endemico esclusivo delle montagne meridionali, con sporadiche risalite nei boschi del Lazio e dell’Abruzzo.

Interessanti esempi appenninici di boschi di forra sono presenti in Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Molise e Basilicata. In Abruzzo si possono osservare nelle Riserve Naturali Regionali “Abetina di Rosello” e “Monte Genzana e Alto Gizio”, nel Parco Nazionale della Majella (valle del Foro, valloni di Feudo Ugni, Monti Pizzi  e altre località), nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, in particolare  nell’alta Valle del Tavo, nel bacino del Vomano (Rocchetta, Venacquaro, Rio Arno, Fucino, Zingano) e  nella Valle di Rio Castellano, tributario del Tronto. Lungo i valloni freschi di bassa quota di alcune regioni, come in Puglia e nell’Abruzzo meridionale, questi boschi assumono un deciso carattere mediterraneo testimoniato, in particolare, dalla presenza di vigorosi esemplari di Alloro.

Notevole è il valore decorativo dei Tigli, che per questo vengono comunemente  utilizzati nei parchi, nei giardini e nei viali cittadini, anche grazie alla loro resistenza agli inquinanti atmosferici. Si tratta, in questo caso, soprattutto di specie esotiche originarie del Nordamerica.

Si nota spesso, purtroppo, che i Tigli delle alberature stradali vengono potati in modo scorretto, con tagli drastici delle grandi branch, e conseguente emissione di numerosi rami epicormici (cioè quei germogli che si sviluppano spontaneamente da gemme avventizie o dormienti), rami che, accumulando la riserva di zuccheri per la successiva stagione, causano l’indebolimento dell’albero rendendolo facilmente attaccabile dai parassiti.

I Tigli rivestono grande interesse anche sotto il profilo economico e farmacologico. Le caratteristiche del legno (colore bianco, leggerezza, flessibilità, omogeneità), che si lavora facilmente senza scheggiarsi, sono idonee per lavori di ebanisteria e di intarsio, per sculture e per fabbricare gli zoccoli. Di scarso valore come combustibile, il carbone del legname più minuto è impiegato per confezionare carboncini da disegno e polvere pirica. In tempi antichi, dalla macerazione della corteccia si ottenevano fibre usate nella fabbricazione di corte, cesti, tappeti, ecc.

I fiori dei Tigli europei contengono zuccheri, acidi organici, tannini, mucillagini, oli essenziali profumati e il loro infuso è anticatarrale, diaforetico e sedativo. E’ per quest’ultima proprietà che verosimilmente in Abruzzo, nel territorio della Majella, era un tempo consuetudine immergere i bambini irrequieti in un bagno di fiori e foglie, allo scopo di calmarli.

I fiori sono visitati attivamente dalle api: si tratta, quindi, anche di ottime piante mellifere. Simboli di amore e fedeltà, i Tigli sono presenti in varie opere della letteratura di ogni tempo.

Celebre è il boschetto di Tigli citato nelle “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, dove Ugo Foscolo fa incontrare il protagonista del romanzo epistolare con il venerando poeta Giuseppe Parini. Tale incontro viene ricordato anche nel carme “I sepolcri”: “.…O bella Musa, ove sei tu? Non sento | spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume, | fra queste piante ov’io siedo e sospiro | il mio tetto materno. E tu venivi | e sorridevi a lui sotto quel tiglio | ch’or con dimesse frondi va fremendo | perché non copre, o Dea, l’urna del vecchio | cui già di calma era cortese e d’ombre….

L’ampia chioma, le foglie cuoriformi, il profumo mielato che si diffonde nella buona stagione, la notevole capacità di emettere, con generosità, morbidi polloni alla base del tronco, sono qualità che hanno contribuito a fare dei Tigli gli alberi dell’amore, frequentati dagli amanti. A tale proposito, ecco cosa scrive, nel suo malizioso componimento, il poeta tedesco Walther von der Vogelweide, vissuto nel XII secolo e considerato il più grande fra i Minnesänger, cioè i cantori dell’amore cortese in lingua tedesca, che in questo caso si avvale però dei caratteri più popolari e concreti delle vicende amorose: “Sotto il tiglio | nella brughiera, | dove noi due avevamo il nostro letto, | lì potete trovare, | spezzati entrambi, | fiori colorati e erba. | Tra la boscaglia nella valle, | tandaradei, | cantava dolcemente l’usignolo . . .”.

Notevole è, nella tradizione tedesca, la presenza del Tiglio. Nella lingua germanica, il Tiglio  si traduce con Linde, da cui deriva lindem, che significa “lenire”: albero, quindi, simbolo della salute. Famoso, in Germania, è il Tiglio di Staffelstein, che supererebbe i 1600 anni di età! E questo poderoso albero si intreccia con il poema “I Nibelunghi”, dedicato alla storia d’amore tra Sigfrido e Crimilde.

Il Tiglio è celebrato anche in molti canti popolari tedeschi, come nel seguente:

Kein schöner Land in dieser Zeit,                                       “Nessun paese è più bello del nostro

als hier das unsere weit und breit,                                          da nessuna parte, in questo periodo,
wo wir uns finden wohl unter Linden zur Abendzeit . . .”     
dove ci riuniamo sotto il tiglio al tramonto . . .”

 

Nell’antichità classica, il Tiglio era legato al mito della ninfa Filira (nome di Tilia in  greco antico), figlia di Oceano e di Teti. Per sfuggire al dio Crono, si trasformò in giumenta, ma fu ugualmente sedotta dal dio che, trasformatosi a sua volta in cavallo, generò il centauro Chirone. Alla nascita del figlio biforme la ninfa venne, su sua preghiera,  trasformata da Zeus nell’albero che porta, in greco antico, il suo nome: philyra. Per merito del potere ereditato dalla madre, trasformata nell’albero dalle numerose virtù medicinali, Chirone divenne un celebre guaritore.

Per la loro sacralità e la possibilità di arrivare a età venerabili, i Tigli sono assurti a simbolo di longevità. E in ricordo di una leggenda narrata da Ovidio nelle “Metamorfosi”, i Tigli sono divenuti anche il simbolo dell’amore coniugale.

Si tratta dell’antica leggenda greca di Filemone e Bauci, due vecchi sposi molto innamorati, che un giorno accolsero benevolmente nella loro dimora Zeus ed Ermes. I due dei, per tale motivo, esaudirono la loro preghiera di morire insieme: e un giorno i due sposi, ormai vecchi e stanchi, improvvisamente iniziarono a trasformarsi, Bauci in una Quercia e Filemone in un Tiglio. Vi è leggenda più tenera?

[1] Alberi monumentali d’Abruzzo, Cogecstre Edizioni, Penne (PE), 2012.

 

Gianfranco Pirone – Botanico

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