20 novembre 2018 - 16:41

Cesare Bocci: «Io, mia moglie malata e quel pesce d’aprile»

L’attore, vincitore di «Ballando sotto le stelle», porta a teatro lo spettacolo scritto con la moglie Daniela, colpita da un ictus 18 anni fa. «Ricchi o famosi non conta: il dolore è uguale per tutti»

di Valentina Santarpia

Cesare Bocci: «Io, mia moglie malata e quel pesce d’aprile»
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Daniela Spada è stata colpita da un ictus, 18 anni e mezzo fa, a causa di un’embolia polmonare post-partum: nonostante le migliaia di ore di fisioterapia, riabilitazione e logopedia parla e cammina ancora con qualche difficoltà, e ambisce a essere solo un personaggio secondario della scena. Eppure ne diventa protagonista luminosa: perché «Pesce d’aprile», il romanzo autobiografico scritto con il marito Cesare Bocci - che andrà in scena nei teatri dal 30 novembre a fine febbraio- parla innanzitutto di lei, di quel momento preciso in cui la sua vita, e tutto quello che si aspettava dal suo futuro, sono stati travolti.

«Il libro e lo spettacolo - racconta con il viso sbarazzino e il carattere di una leonessa - si chiamano così perché era proprio il primo aprile del 2000 quando sono stata colpita dall’ictus. Sono stata in coma per 25 giorni, un lavaggio in lavatrice che mi ha fatto dimenticare tutto, anche la gioia del parto. Prima facevo la grafica, scrivevo, disegnavo. Ora riesco a farlo ancora, ma con molta più fatica, grazie al computer. Tantissime volte ho pensato di mollare, eppure la grande confusione che avevo in testa non mi ha permesso di vedere ciò che mi stavo perdendo, e nel frattempo sono andata avanti. E ora sono qui», dice con un sorriso rivolto a Cesare, l’attore che ha stupito e commosso il grande pubblico vincendo Ballando sotto le stelle e portando in tv proprio lei, con le sue fragilità e la sua timidezza. «È stata - ammette - una sfida incredibile. Ma con quello che è successo a Daniela ho capito che quando sei nell’acqua alta, ti muovi. Se qualcuno ci avesse raccontato che lei sarebbe stata una disabile e che io sarei stato il compagno di una disabile, ci saremmo strappati i capelli. Invece lo spirito di sopravvivenza ci ha fatto andare avanti, cadendo, rialzandoci, ridendo e piangendo: è anche per questo che il libro e lo spettacolo si chiamano «Pesce d’aprile».

Oltre ai momenti di disperazione ci sono stati anche momenti di gioia.
La malattia esiste, non bisogna averne paura, ma lottare per viverla al meglio. E non è vero che per noi è più semplice perché siamo ricchi o famosi: le dinamiche, il dolore, sono uguali per tutti. Non bisogna tacere come si faceva fino al 1967, quando i disabili venivano nascosti in casa: grazie ad Anffas Onlus (l’associazione di famiglie con persone con disabilità intellettiva e relazionale, ndr), il mondo della disabilità ha iniziato a dialogare con l’esterno. Migliaia di persone ci hanno scritto che, dopo aver letto la nostra storia, non si sentivano più sole». Di essere degli esempi non se ne erano accorti, Cesare e Daniela, finché non è arrivata la solidarietà del pubblico: una sorta di banalità del bene, che li ha spinti a portare in scena lo spettacolo. «Ma non vogliamo far piangere di compassione - interviene Tiziana Foschi, l’attrice a cui è stato regalato il compito di dare voce a Daniela sul palco - bensì di forza, energia, voglia di farcela». Certo, sia Daniela che Cesare non negano che, se potessero esprimere un desiderio, riavvolgerebbero il nastro e tornerebbero a quel 31 marzo. Ma, sorridono all’unisono, «senza perdere tutta la felicità e l’amore di questi anni: e Mia, la nostra fantastica figlia».

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