15 aprile 2021 - 17:01

Gli occhi di Prisma e i cacciatori delle stelle cadute

Il progetto di ricerca sostenuto da Fondazione Crt. Una rete di 40 telecamere calcola l’area di impatto delle meteoriti. È la «citizen science»: ultimo avvistamento il mese scorso in Molise

di Paolo Foschini

Gli occhi di Prisma e i cacciatori delle stelle cadute
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L’avevano vista venir giù la sera del 15 marzo: una scia luminosa in mezzo ai cieli del Centrosud. «Stella cadente in anticipo di cinque mesi su San Lorenzo», l’avevano liquidata quelli che non se ne intendono. Però i ricercatori della Rete Prisma, il progetto coordinato dall’Istituto nazionale di astrofisica, avevano capito subito: altro che stella cadente, quelle si disintegrano. Questa invece non solo era una meteorite forse da un chilo, ma le telecamere della Rete avevano anche individuato dove poteva essere caduta: nelle campagne molisane di Temennotte, vicino a Isernia. Una pietra piovuta dallo spazio, l’avrebbero liquidata i primi. Una fonte di dati rari e assai preziosi per la scienza, sanno invece benissimo gli altri. Il tempo di raccogliere i (tanti) volontari necessari e le ricerche per trovarla sono scattate. Nella speranza di replicare il successo ottenuto a Capodanno dell’anno scorso, quando sempre grazie alle telecamere di Prisma era stata rinvenuta nel Modenese la ormai famosissima (per gli addetti ai lavori) meteorite di Cavezzo: una delle pochissime al mondo recuperate non «per caso» bensì in base ai calcoli precisi - quelli realizzati appunto tramite gli «occhi» elettronici di Prisma - che hanno consentito di prevederne il punto di caduta.

A sostenere questo progetto di ricerca è ormai dal 2016, tra gli altri, Fondazione Crt. E parte del suo contributo è destinato alla realizzazione di laboratori all’interno delle scuole superiori del Piemonte, dove alcune telecamere piazzate per esempio sugli edifici scolastici consentono agli studenti di essere coinvolti direttamente nelle attività del progetto e nella verifica dei dati raccolti. Le telecamere della Rete sono complessivamente una quarantina in tutta Italia. A filmare la meteorite molisana, in particolare, erano state due: quella del Centro ricerche aerospaziali di Capua e un’altra vicino a Caserta, gestita dalle associazioni Arma aeronautica e Sky Sentinel. Si tratta di un sasso entrato nella nostra atmosfera a circa 50mila km l'ora, e che poi ha iniziato a bruciare intorno agli 83 chilometri di quota per restare visibile circa cinque secondi e spegnersi a 21 chilometri dal suolo prima di schiantarsi là vicino a Isernia, senza riuscire a frenare oltre i 3.600 km orari. Il motivo per cui è importante trovare sassolini del genere è che possono essere vecchi anche di quattro miliardi e mezzo di anni. E recuperarli in fretta consente di esaminarli «puri», poco contaminati da noi terrestri. Per riuscirci però non basta vederli cadere in diretta. Bisogna andarli a cercare.

E qui entrano in scena personaggi come Daniele Gardiol, coordinatore nazionale di Prisma, e il geologo Tiberio Cuppone, assegnista presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze: praticamente all’indomani dell’avvistamento erano in Molise e hanno cominciato a raccogliere l’aiuto della gente del posto. Secondo un modello cui gli esperti hanno dato il nome di «citizen science». Così, nello specifico, il Comune di Sant’Agapito ha messo a disposizione i locali di una ex scuola come base logistica e di formazione dei volontari che immediatamente si erano fatti avanti, da quelli del Cai a quelli della Sezione Molise del Sos Metal Detector Nazionale. Dopodiché l’area di ricerca è stata frazionata in quadrati più piccoli, da circa cento metri di lato, e in ognuno di questi è iniziato un pazientissimo lavoro di squadra: ogni gruppo è composto da una decina di persone distanziate 4-5 metri una dall’altra, e si va avanti a cercare aguzzando la vista con la tecnica esplorativa della formazione «a schiera».

Ago nel pagliaio

«Potrebbero volerci settimane se non mesi», ha messo le mani avanti Gardiol. Per trovare una pietra che potrebbe anche essersi spaccata in più parti, di colore scuro, con i bordi arrotondati: l’ago nel pagliaio, come si dice, se non fosse che i boschi e le campagne sui monti di località Temennotte sono infinitamente più grandi del pagliaio. Eppure la meteorite di Cavezzo è la prova che nessun ago è impossibile da trovare, se ci si mette in tanti.

Del resto è proprio l’aspetto di coinvolgimento della comunità quello su cui i ricercatori stessi mettono l’accento. Per la sua rilevanza «educativa, sociale, formativa». Già a partire dalla fase preliminare: perché è possibile mettere a disposizione un’area, naturalmente se giudicata idonea da parte degli scienziati, su cui installare una telecamera di Prisma. E poi come si è detto nella fase della ricerca. Non a caso è questo l’elemento che viene sottolineato da Fondazione Crt, col pensiero rivolto soprattutto ai giovani: che «grazie a questa esperienza possono interagire direttamente con astronomi e ricercatori, condividendo il loro lavoro sul campo».

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