Quando piangono i Santi (e la Madonna): illusioni, truffe e misteri delle statue lacrimanti. Una storia in Italia

di Agostino Gramigna

Il caso di Trevignano è solo l’ultimo. Si comincia nel 1796 ad Ancona, ma la fila è lunga. Dalla guardia giurata che usava il sangue della moglie al veggente di Lazise (sconfessato dal Dna). Il «miracolo» di Civitavecchia

Quando piangono i Santi (e la Madonna): illusioni, truffe e misteri delle statue lacrimanti. Una storia in Italia

Si potrebbe partire dal diciottesimo secolo. Da Ancona, dal duomo di San Ciriaco. È il 25 giugno del 1796. Le armate francesi di Napoleone sono alle porte della città. La confisca di tutti i beni della Chiesa è una concreta possibilità. È in quel giorno che Francesca Marotti, una donna, una fedele, afferma di aver visto un movimento delle palpebre degli occhi della Madonna raffigurata nel dipinto di San Ciriaco. La cattedrale si riempie, si supplica la Madre di Dio. I fedeli s’inginocchiano mentre la Madonna raffigurata continua a muovere gli occhi. Non piange, è vero. Non versa lacrime. Ma è un punto importante. Inaugura, forse, l’inizio di una storia moderna (o meglio: contemporanea) delle lacrime. Di statue piangenti. Periodicamente destinate a cadenzare il tempo della fede in Italia. E in moltissimi casi della cronaca giornalistica.

Ha attirato l’attenzione dei media in questi giorni la storia di Trevignano Romano. Un paesino sopra il lago di Bracciano dove da sette anni si ripete, ogni terza domenica del mese, il «miracolo» della statuina di una madonna che piange sangue. L’oggetto è custodito da una sedicente veggente, tale Gisella Cardia. Una truffa secondo molti. Dietro il miracolo ci sarebbe sangue di maiale (nei giorni scorasi un investigatore privato ha presentato un esposto contro la veggente). Vero o falso, il caso è solo l’ultimo di una lunga serie di madonne piangenti. Una storia in cui si sono miscelati e sedimentati con gli anni frammenti di sentimenti popolari, negazioni, implorazioni, accurate indagini ecclesiastiche, indagini giudiziarie e cronache, appunto, redatte con sapienza e colore dai giornalisti.

«Una mamma che piange è una cosa molto seria. Ma una madre che piange sangue, cosa vuol dire?». Era la domanda che si poneva un sacerdote incaricato dalla chiesa di indagare sul caso della Madonna di Civitavecchia. «La Madonna ci ha supplicato: “Fate che io non pianga più il sangue di Mio Figlio!”». Forse tra i casi più eclatanti. Il 2 febbraio 1995 a Civitavecchia, nel giardino della famiglia Gregori, Jessica, una bambina di sei anni, nota che la statuina della Madonna lacrima sangue. Dono di don Pablo, un sacerdote che l’aveva prelevata a Medjugorje, la statuina era custodita in una piccola nicchia in pietra. Il papà della bimba si recò subito da don Pablo, parroco della chiesa di sant’Agostino. «Vidi subito due rivoli», dirà il prete. «Man mano che scendevano, seguendo il percorso naturale del viso, diventavano due strisce di colore rosso cupo, formando ogni tanto l’ingrossamento di una goccia; il tutto in proporzione alla grandezza della statua, cioè un rivolo di un millimetro di spessore». Una statuina alta 43 cm, con un basamento di 5. La statuetta pianse sangue umano per ben quattordici volte. Sangue profetico, che in breve tempo attirò una marea di pellegrini da tutto il mondo. Per la Chiesa si trattò di un miracolo non semplice da valutare. Tanto che del caso si parlò molto. Ma non fu il solo. Gli anni novanta furono molto prolifici in fatto di lacrime (e truffe) versate.

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La madonnina di Civitavecchia, caso clamoroso negli anni Novanta

A Giampilieri Marina (frazione di Messina) a piangere fu la statuina della Madonna di proprietà di una casalinga, sedicente veggente, tale Pina Scutellà. A fine 1993 a Manduria (Taranto) a versare sangue fu la statua di un’altra veggente, Debora Marasco Moscogiuri, le cui esperienze mistiche saranno condannate da tre vescovi. L’anno dopo (1994) si occupò del caso Lazise (Verona) il Corriere della Sera. Qui un veggente, Bruno Burato, raccontò di lacrime di sangue uscite da una statuetta che risultarono però «sangue maschile di gruppo AB»: come il suo. La storia si ripetè nel maggio 1994 ad Assemini (Cagliari). Protagonisti Cristiana Ilot, casalinga, e il marito, la guardia giurata Marcello Serras. La donna affermò che prima una statua della Madonna poi diverse altre immagini custodite in casa cominciarono a piangere. S’interessò al caso il quotidiano regionale l’Unione Sarda: «La statuina non celava cavità né canali, tubicini o altri strumenti». La famiglia Ilot fu costretta ad esporla per due ore al giorno in una teca in giardino «affinché chiunque potesse godere dell’evento». In un’intervista la signora Ilot spiegò che la statuina era rimasta per quattro anni in un magazzino. «Ce l’aveva regalata una famiglia di marocchini». Per il clamore del caso, la procura di Cagliari ordinò di sottoporre al test del DNA i coniugi. I risultati delle analisi decretarono che il sangue della statuina era lo stesso di quello della signora Ilot.

Lacrime e ancora lacrime. Da Nord a Sud. In rapidissima sintesi. Lacrime a San Chirico Raparo, Potenza versate dalla statua della Madonna nell’orfanotrofio provinciale Bentivenga, gestito dalle suore; lacrime a Santa Maria La Palma, frazione di Alghero, da una Madonna custodita nella casa della casalinga Maria Vittoria Derudas; a Bernalda, Matera, sangue fuoriuscito dall’effigie di padre Pio, appesa nella cameretta da una ragazzina che l’aveva disegnata a matita; a Patti Messina, in casa di tale Giuseppe Di Santo; a Subiaco, Roma da una statua della Madonna di proprietà della suora laica e sedicente veggente Teresa Sbarbaro, fondatrice delle Missionarie benedettine del perdono e della riconciliazione. La suora fu invitata dal vescovo di Subiaco, l’abate Stanislao Andreotti, a mantenere il più stretto riserbo sul fatto. Così non fu. Perché suor Teresa assicurava di ricevere messaggi diretti da parte della Madonna.

Lacrime persino a Milano. Tra il profumo di rose. Il pianto questa volta ha interessato un dipinto della Madonna con in braccio il bambino affisso nella chiesa ortodossa di San Nicola. Ed è il bambino a versare lacrime. «È successo di nuovo» ha avuto modo di raccontare l’arcivescovo Avondios. «Erano le 4 e mezza del pomeriggio, stavamo pulendo la chiesa prima dei vespri. Stesso improvviso profumo di rose, come l’altra volta. E ancora, le lacrime. Le hanno viste decine e decine di fedeli. Un miracolo? Noi non usiamo questo termine. Ma è accaduto. E l’icona è un dipinto inchiodato al muro e sigillato. Non è un trucco». Era già successo nel 2008 e ancora nel 2010».

La verità dunque è che ci sono pianti e pianti. In molti casi la Chiesa è cauta. In altri sconfessa. In altri ancora riconosce. E «santifica». Al termine di approfondite indagini. Come è accaduto, ad esempio, per un’ importante lacrimazione: la Vergine di Siracusa (da un quadro di gesso) nel 1953. L’evento fu vagliato scientificamente e giudicato inspiegabile da una commissione presieduta da un ateo. La Chiesa invece ne riconobbe la prodigiosità in brevissimo tempo e nel 1994 san Giovanni Paolo II consacrò il Santuario. Che è meta ogni anno di milioni di pellegrini.

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Il caso della Vergine di Siracusa

I l fenomeno delle lacrime non è solo italiano. Vale la pena di citare solo due casi. A Brunssum, in Olanda, una statuina della Madonna di Fatima versò lacrime di quello che sembrava sangue. Nei giorni seguenti, centinaia di pellegrini fecero visita all’icona. A un laboratorio, quello dell’ospedale di Heerlen, fu ordinato di condurre le analisi del presunto sangue. La sostanza si rivelò essere la resina che serviva a tenere l’occhio al suo posto e che il calore dello scorso giugno aveva fatto sciogliere. Il colorito rosso scuro veniva dai pigmenti che coloravano l’occhio. Successe la stessa identica cosa a Grangecon, nella Contea di Wicklow in Irlanda, nel 1994. Così anche in questo caso la spiegazione scientifica fece evaporare un’altra lacrimazione «miracolosa».

11 aprile 2023 (modifica il 11 aprile 2023 | 15:47)