Enrico Mentana: «Io, Letta e Confalonieri provammo a convincere Berlusconi a non entrare in politica. Craxi? Era incavolato. Ma la vera damnatio è di un altro»

di Goffredo Buccini

Il direttore del Tg La7 ricorda la discesa in campo di Berlusconi: «Dell’Utri capiva di politica, fu lui il vero fondatore di Forza Italia». E su Di Pietro: «Il Cavaliere lo vedeva simile a lui, non a caso provò a farlo ministro»

Enrico Mentana: «Io, Letta e Confalonieri provammo a convincere Berlusconi a non entrare in politica. Craxi? Era incavolato. Ma la vera damnatio 

è di un altro»

Primo pensiero?
«Beh, questa cosa balenava da un po’…».

La discesa in campo di Berlusconi…
«Facevamo incontri editoriali. Qualcuno aveva iniziato a dire: è il momento! Soprattutto Dell’Utri, che era la vera mente politica».

Prima del fatidico 26 gennaio 1994 e del video che cambiò l’Italia, «il Paese che amo», erano state settimane di conciliaboli e tormenti nel mondo e nei sottomondi del Cavaliere. Enrico Mentana era il giovane direttore del Tg5. Sorride al ricordo: «Berlusconi nel ’91 mi aveva chiamato: “Faccia un telegiornale tutto daccapo, gli dia il nome che vuole, solo lo faccia ecumenico”. Pensai: oddio, vuole il tg dei cattolici! Ma lui intendeva né di destra né di sinistra, né del Nord né del Sud, di tutti… era il sogno di un giornalista, lo avrei fatto gratis».

Poi arriva Mani pulite.
«E si discute seriamente: verso dove si va? A inizio di dicembre 1993 ci fu il secondo turno delle amministrative, 5 a 0 per la sinistra, Occhetto sembrava l’asso di briscola».

I comunisti al potere!
«Berlusconi aveva fatto l’endorsement per Fini. Feci un editoriale in cui dissi: la nostra linea non cambierà. Ricordo una spedizione serale ad Arcore, a metà dicembre. Con me c’erano Gori, direttore della rete, Monti, direttore di Panorama. Con Letta e Confalonieri a cena provammo a convincere Silvio a non andare fino in fondo, a non entrare in politica».

Largo fronte contrario.
«Letta e Confalonieri erano davvero perplessi, Ricci contrario, così come Briglia, direttore di Epoca. Montanelli, contrarissimo, mandava alle riunioni il povero Federico Orlando e diceva: “Certo lui scende in campo per sfuggire alla galera, ma è anche vero che si ritiene un incrocio fra Churchill e De Gaulle!”. In un incontro con Berlusconi e Confalonieri, Indro consumò la rottura, la sera stessa lo intervistai in diretta».

Tanti spingevano per il sì.
«Ferrara, Sgarbi, parlandone con rispetto Fede (ride), e Liguori. Sì, tanti».

Craxi era stato consultato in precedenza?
«Non lo so. E a posteriori non fu beneficiato dall’avvento di Berlusconi. Piuttosto era incavolato, seppi da testimoni che diceva: “Ci siamo fatti per 40 anni un mazzo così per prendere il 10%, poi arriva questo e bum bum bum!”».

Si è parlato tanto di mafia.
«Mah. Io nel ’93 feci fare a Claudio Fava una serie tv sui delitti imperfetti di mafia, poi tutto è possibile ma noi non vedevamo nulla di tutto questo, e siamo passati attraverso le stragi, gli attentati».

Torniamo a Dell’Utri.
«Sentenze e storia giudicheranno ma ciò che ho visto è che Dell’Utri fu il vero fondatore di Forza Italia e non per la capacità organizzativa : perché capiva di politica più di Berlusconi. È un magma, poi viene tagliato con l’accetta. Io ho conosciuto un manager, non si presentava con la coppola. Ha avuto un ruolo, tenere a bada quelli lì. Ma un conto è tenere a bada, un conto è condividere o esserlo».

E venne il video.
«Mi sembravano da un lato parole retoriche, dall’altro passatiste, col comunismo, sangue e distruzione… invece attraversavano un pezzo dell’Italia. Ci arriva questa sbobba di otto minuti e mezzo, la tagliamo, e ne prendiamo l’aspetto saliente, politico. Poi c’era il “suo” giornale di riferimento, il Tg4 che gli faceva da bollettino e mandò l’integrale. A Fede faceva gioco fargli da bollettino, a me trattare Berlusconi come tutti».

Mettere insieme Bossi e Fini, bel giochino, eh?
«Pareva impossibile. Berlusconi vedeva l’autostrada che noi non vedevamo e fece una cosa, tenere insieme Lega, fascisti e Publitalia, che era come mettere insieme i tifosi dell’Inter, della Juventus e del Napoli. Funzionò. Si disse per il potere. Trent’anni dopo sono ancora lì, stessa alleanza».

Occhetto perse il faccia a faccia per un vestito?
«Macché! Si insiste sul vestito marrone di Occhetto ma la partita era già finita da tempo. Occhetto poteva vestirsi come gli pareva ma aveva contro tutti i sondaggi ».

Cosa pensava Berlusconi di Di Pietro?
«Lo vedeva molto simile a sé. Non per caso provò a farlo ministro, incontrandolo nello studio di Previti. Sapeva che la gente stava con Mani pulite e non poteva andare alle elezioni contro i giudici. Peraltro, la Lega era quella del cappio mostrato alla Camera e gli ex missini erano quelli delle monetine contro Craxi».

Poi ci fu Napoli, l’invito a comparire dal pool.
«Il Cavaliere lo colse come un segnale. Anche un segnale Scalfaro-Bossi, per capirci».

Perché ha mancato la rivoluzione liberale promessa?
«Per un deficit di liberalismo suo e dell’Italia. Anche oggi il centrodestra è molto più destra sociale che liberale. È il Paese così».

Quanto hanno pesato in negativo le donne nella sua vicenda?
«Kennedy, ai tempi, ne ha fatte molte di più. Se fai bene, della tua vita privata non interessa. Da noi la battaglia politica è diventata senza esclusione di colpi. Berlusconi costringeva tutti a un referendum su di lui. Ma allora devi essere come la moglie di Cesare… non andarci a letto».

Divisivo anche in morte.
«Ricordo un articolo di un giornale secondo cui era una vergogna che Berlusconi venisse citato continuamente in tv: ma l’articolo lo citava cento volte e quel giornale gli dedicava trenta pagine».

Andando via, lei ha scritto che Mediaset era diventata un comitato elettorale.
«Era una lettera a Confalonieri. Siamo nel 2009, fase terminale del berlusconismo, e tutti tentavano di stringersi a coorte, compresa Mediaset che non era più quella… Non mi sentivo più a casa. C’era un direttore del gruppo che faceva da ufficiale di collegamento con Forza Italia… Non ci provi, non le dirò chi è».

Le manca Berlusconi?
«Quando avevo 36 anni, mi cercò: e non lo dimentico. Poi il Berlusconi politico è stato importante, ma dal mio punto di vista mai votabile. E l’ultimo Berlusconi era… quel che resta di Berlusconi. Però sa di chi è la vera damnatio?».

Di chi?
«Di Occhetto. Ormai viene chiamato solo perché gli chiedono di quel faccia a faccia».

La newsletter Diario Politico

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di politica iscriviti alla newsletter "Diario Politico". E' dedicata agli abbonati al Corriere della Sera e arriva due volte alla settimana alle 12. Basta cliccare qui.


Corriere della Sera è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.

24 gennaio 2024 (modifica il 25 gennaio 2024 | 09:59)