Sindrome da rientro: come si manifesta, quanto dura, i «trucchi» per affrontarla

di Anna Fregonara

Dopo le vacanze, il picco di felicità dura un paio di settimane. Poi, per molti, il momento di tornare al lavoro, a scuola e alla routine quotidiana diventa un incubo generando disagio e ansia. Ecco come mitigarlo

Sindrome da rientro: come si manifesta, quanto dura, i «trucchi» per affrontarla

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La parte peggiore di una vacanza è di solito quando finisce. Una volta scesi dall’aereo di ritorno, il picco di felicità, si legge in Applied Research in Quality of Life, dura circa un paio di settimane. In molti, man mano che si avvicina il momento di tornare al lavoro, a scuola e alla routine quotidiana nasce una sensazione di disagio e di ansia. È quella medesima sensazione che alimenta la cosiddetta sindrome della «paura della domenica» che, a dispetto del nome, si manifesta in coloro che soffrono già alla fine del weekend il rientro in ufficio il lunedì.

La «tristezza del lunedì»

Non a caso Rebecca Brendel, direttore del centro di Bioetica Harvard Medical School e da pochi mesi ex presidente dell’Associazione americana di psichiatria, parla di «post-vacation blues» (espressione che si rifà al più noto «monday blues», la «tristezza del lunedì») per ricordare come la fine di qualcosa di gioioso può talvolta provocare un senso di perdita, esperienza che non amiamo, umore basso, irritabilità o insonnia. «Il tratto in comune della sindrome della “paura della domenica” e della fine della vacanza è quel senso di angoscia che psicologi e terapeuti classificano come ansia anticipatoria», commenta Giuseppe Carrà, professore di Psichiatria all’Università Bicocca di Milano e direttore del dipartimento di Salute mentale e dipendenze della ASST Nord Milano. «Questa espressione descrive la paura e la preoccupazione di cose negative che potrebbero accadere in futuro. Si tende, quindi, ad anticipare un volume di lavoro che viene vissuto come un possibile rischio di essere sommersi».

Primo consiglio: non rimuginare

Dalla sua pratica clinica lo psicologo Guy W inch ha capito che le persone sperimentano la maggior parte dello stress legato al lavoro quando non sono in servizio: mentre si percorre la strada per tornare a casa, quando si è con la famiglia o gli amici, quando ci si sveglia nel cuore della notte. Difendersi da questa tendenza è una delle strategie per proteggere il nostro benessere vacanziero. Secondo Winch, racconta a The New York Times, si rimugina in questi tempi morti perché sono quei momenti in cui non è necessario competere con altre attività per attirare a sé attenzione o altre risorse. Inoltre, una ricerca, pubblicata su International Journal of Environmental Research and Public Health ha messo in luce come il ripensare al lavoro sia uno dei più forti predittori di stanchezza e burnout.

Come liberarsi dai pensieri negativi

«La tendenza alla ruminazione, termine tecnico per indicare l’atto di rimuginare, si fa con i pensieri negativi ed è una forma illusoria e inconsapevole di controllo delle situazioni rappresentate dai pensieri stessi», commenta Carrà. «Ci si libera in due modi principali: introducendo il dubbio che è un po’ magico credere che pensando tanto alle cose queste possano cambiare; restituendo relatività al proprio contributo. Quando si cede alla ruminazione di pensieri persistenti e ripetitivi su questioni legate al lavoro ci sentiamo urgenti e importanti. È un atteggiamento che alimenta l’autostima, ma in realtà non siamo gli unici determinanti per quel singolo esito. Inoltre, rimuginare crea un circolo vizioso dello stress : si crede di acquisire una visione più approfondita di un problema, in realtà è improduttivo perché ogni volta che lo facciamo attiviamo la nostra risposta allo stress. Meglio pensare a soluzioni ai problemi che sembrano, invece, non influire negativamente sul benessere emotivo».

Può aiutare tenere un «diario della rimuginazione»: si tratta di scrivere le ore che ogni giorno dedichiamo a questo atto. Potrà essere impressionante vedere quanto tempo si perda a settimana.

Altri suggerimenti pratici

Ci sono, poi, semplici strategie salva-benessere da provare ad adottare: usare le carte d’imbarco, il biglietto di ingresso al museo o lo scontrino del negozio preferito come segnalibro o metterli in bella vista sulla scrivania o riporli nel cassetto del comodino; scegliere una foto del viaggio come sfondo dello schermo del computer; far diventare parte della propria routine quotidiana un oggetto acquistato mentre si era via: indossare capi di abbigliamento comprati in viaggio; annotare alcuni pensieri su qualcosa che è piaciuto particolarmente o su qualcosa di nuovo che si è imparato; il giorno prima del rientro al lavoro, se si è ancora in tempo altrimenti appena dopo, programmare qualche cosa che non vedete l’ora di fare come una cena con amici o una serata al cinema; disfare le valigie il prima possibile e togliersi il pensiero; rientrare al lavoro a metà o alla fine della settimana in un giorno lavorativo meno stressante rispetto al lunedì e in modo che la settimana sia più corta; se non è più possibile, ricordarlo per il prossimo viaggio; aprire la mail professionale, scorrere tutti i messaggi per avere un quadro generale e leggere solo quelli necessari; aprire la mail privata ed eliminare in blocco le promozioni e le vecchie newsletter; riprendere la routine il prima possibile, quindi rispettare gli orari dei pasti e di quando si va a dormire, reinserire in agenda gli allenamenti o gli appuntamenti abituali. «Vanno bene tutti gli approcci e le strategie per mitigare l’impatto sul benessere soggettivo al rientro, perché fanno rivivere l’esperienza e i sentimenti positivi che abbiamo provato in quel momento, ciascuno trova i più adatti a sé», precisa l’esperto.

Gestire le aspettative

Per evitare lo stress da rientro è fondamentale anche gestire le aspettative che non devono essere quelle di tornare dalle vacanze come una persona cambiata, pronta ad affrontare tutto il primo giorno: è la raccomandazione di Charles Samenow, professore associato di Psichiatria e scienze comportamentali presso la facoltà di Medicina della George Washington University. «Si tratta, però, di aspettative infantili che tanti hanno come se vivessero in un eterno ciclo scolastico in cui si percepisce la ripresa post vacanze come il momento di una sorta di rinascita, quasi fosse il mezzo per recuperare energia da riversare nella performance lavorativa», prosegue Carrà. «Per una sana gestione del tempo lavorativo e di quello personale è, invece, importante determinare un chiaro confine tra i due: questa è la condizione necessaria, ma da sola non è sufficiente perché è richiesta anche una certa dose di consapevolezza a 360 gradi sul nostro essere, sul nostro funzionamento mentale».

Un modo pratico per stabilire una linea di demarcazione psicologica tra fine del tempo lavorativo e inizio di quello personale può essere il rituale di cambiare abito, di ascoltare la musica o di tornare a casa a piedi.

Istruzioni per il prossimo viaggio

Dalla letteratura scientifica emerge come sia più facile godere di un senso di benessere maggiore, programmando il prossimo «stacco». Per provarne i benefici basta, per esempio, leggere un libro sul luogo che si desidererebbe visitare, curiosare sui siti di voli aerei o immaginare il progetto che si potrebbe realizzare stando a casa. È più semplice buttarsi in un periodo di duro lavoro se si ha qualcosa da aspettare con ansia. Questa maggior facilità di provare benessere pianificando dipende dal fatto che anticipare una vacanza o un progetto evoca sentimenti e immagini più forti.

Staccare la spina o no?

Infine, la prossima volta che si sarà lontani dall’ufficio, meglio staccare o no la spina del tutto? Influisce non solo il temperamento. «C’è chi, durante le vacanze, preferisce darsi una regola più o meno quotidiana di verificare la posta elettronica e in questo modo darsi una rappresentazione aggiornata di quel che l’attenderà. Per questi soggetti il principale detonatore di ansia è l’ignoto e non la mole di lavoro che troveranno al ritorno», conclude lo psichiatra. «Invece chi stacca del tutto la spina ha di solito risorse che gli permettono di avere la consapevolezza che quel che troverà al rientro corrisponderà alle proprie possibilità per affrontarlo. Su questa differenza di comportamento ha di sicuro un ruolo la tipologia di mansione che si svolge: cambia se da noi dipendono o meno altre persone».

Infatti Brooks Gump, professore di Salute pubblica alla Syracuse University, aveva scoperto in uno studio su Psychology & Health che i lavoratori con mansioni a basso stress si sentivano più tranquilli e meno ansiosi prima, durante e dopo una vacanza, sensazioni che non sembravano estendersi a coloro che svolgevano lavori ad alto stress.

28 agosto 2023 (modifica il 28 agosto 2023 | 08:32)