9 ottobre 2019 - 15:10

Indaco, tra l’azzurro e il violetto ha invaso arcobaleni, arte e musica

Proviene dall’oriente, da una pianta usata per le tinture. Ma secondo i promotori del Festival della lingua italiana di Siena è una parola che rischia di scomparire

di Paolo Fallai

Indaco, tra l'azzurro e il violetto ha invaso arcobaleni, arte e musica
shadow

Il Festival della lingua italiana e delle lingue d’Italia, che tornerà a Siena dall’1 al 5 aprile 2020, promosso dal Comune di Siena insieme all’Università per stranieri e all’ateneo di Siena, e che annovera tra i partner anche la Società Dante Alighieri, l’Accademia della Crusca e le case editrici Zanichelli, Mondadori e Aracne, l’ha adottata come «parola da salvare». Intervento più che meritato per indaco, quel colore meraviglioso tra l’azzurro e il violetto che costituisce uno dei sette dell’iride e fa parte della sequenza che osserviamo nell’arcobaleno: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto.

La preoccupazione dei promotori del festival

«Se, per assurdo, dovessero scomparire 50 parole dalla nostra memoria collettiva perché adoperate sempre meno - chiedono gli organizzatori del festival di Siena - quale salvereste? Quale vorreste non si perdesse?». Al tempo di Dante «c’era un colore, il color perso, tra il purpureo e il nero, che era quello di certe stoffe provenienti dalla Persia; oggi quel colore non c’è più, perché quei tessuti non esistono più. E il giorno in cui non potessimo più ammirare l’arcobaleno potrebbe scomparire anche la parola indaco, il cui significato ormai sfugge a tantissimi giovani».

Una origine orientale

Indaco è un regalo dell’oriente: è attestato nella nostra lingua dal 1299, dal latino indicum, derivato da indus (indiano), con ascendenze greche indikos, indos; ma sarebbe più corretto dire che la parola che indaghiamo è figlia di una locuzione latina indicum folium (foglia indiana). La spiegazione sta nella prima origine di quell’azzurro intenso, ottenuto da una pianta, l’ Indigofera tinctoria, usata appunto per colorare i tessuti. Oggi la preparazione di queste colorazioni è in larghissima parte sintetica.

Per l’arcobaleno è «colpa all’inglese»

Di indaco si è occupato nel 2017 il blog «Terminologia etc» di Licia Corbolante, che abbiamo già citato in un’altra occasione. Interessante la sua ricostruzione: «È stato Isaac Newton nel XVII secolo a decidere che i colori dell’iride fossero sette, numero simbolico della natura per gli antichi greci, e li ha identificati come red, orange, yellow, green, blue, indigo e violet. Anche in inglese indigo è un nome di colore che risulta poco familiare ma pare che Newton l’abbia scelto, arbitrariamente, perché altrimenti la lingua inglese non gli consentiva di distinguere con singole parole tra blu, che quindi ha chiamato indigo, e il più chiaro azzurro, che in inglese è blue». «I colori dell’iride – aggiunge Licia Corbolante - in italiano sono rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e violetto, un palese calco della sequenza inglese. Avrebbe più senso se gli ultimi tre colori fossero azzurro, blu e viola ma ormai la traduzione letterale fa parte della nostra cultura ed è improponibile qualsiasi modifica!»

Spesso lo indossiamo

Tra le tante applicazioni dell’indaco una riguarda un capo di abbigliamento che indossiamo spesso, i jeans. Per la precisione i Jeans Denim hanno una colorazione indaco che nasce insieme a questo capo simbolo del sogno americano ma che ha un’origine italiana. Sembra che nella città di Chieri, nel torinese, venisse prodotto già nel 1400 un fustagno blu per coprire le merci nei porti e per confezionare i sacchi per le vele, esportato attraverso il porto di Genova. Da «bleu-de-Gênes», secondo alcuni, il termine «blue-jeans» per indicare i calzoni da lavoro di colore indaco indossati dai marinai genovesi. L’ingresso di quel tessuto nella moda si deve però al signor Levi Strauss, che nel 1853 aprì a San Francisco un negozio per cercatori di oro, ebbe l’intuizione di utilizzare il denim per i grembiuli di lavoro e sviluppò, assieme al sarto Jacob Davis, il primo jeans denim.

La seduzione dell’arte

L’indaco ha sempre affascinato tutte le forme artistiche, non solo la pittura dove irrompe nel XIII secolo con l’azzurro di tutti i mantelli delle Madonne, metafora di spiritualità e trascendenza, e portato a vette di assoluta eccellenza da Jan Vermeer («Cristo con Maria e Marta», 1656) e Peter Paul Rubens («Discesa dalla Croce», 1611-1614). Ma è indaco anche l’intenso cielo che accompagna le avventure di Don Chisciotte. Nel romanzo Indigo di Gérard de Cortanze è proprio l’indaco il protagonista. Basta aver visto un qualsiasi film ambientato nel deserto del Sahara per averlo notato: la tunica dei Tuareg è tutta indaco. E se Indigo è anche il titolo di un memorabile brano di Duke Ellington, «Indaco dagli occhi del cielo» è uno dei brani più famosi di Zucchero.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT