15 marzo 2022 - 18:27

Sopraffazione, la prepotenza dei vigliacchi sui più deboli

Abbiamo molti modi (e molta letteratura) per descrivere la violenza e le angherie di chi si crede superiore. Se aiutiamo le vittime non vincono mai

di Paolo Fallai

Sopraffazione, la prepotenza dei vigliacchi sui più deboli Illustrazione di Doriano Solinas
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È una parola che trova una particolare fortuna quando ci troviamo di fronte a un’ingiustizia. Non si limita ad essere chiaramente descrittiva di un atto violento compiuto di solito su chi ha più difficoltà a difendersi, è una parola che si porta dietro tutto un carico di indignazione. La volontà di ribellarsi e in qualche modo di rimettere a posto le cose. Perché è molto difficile assistere ad una sopraffazione e rimanere indifferenti.

Molti modi per molte angherie. La parola deriva dal verbo sopraffare che indica una supremazia senza discussioni e dall’ambito militare, dove significava sbaragliare, annientare le forze nemiche, si è esteso ad altri campi, il più innocuo di tutti è quello sportivo. È una parola composta formata dal verbo fare preceduto dal prefisso sopra, che ne sottolinea il significato di dominio sugli altri. E come vedremo fa parte di una famiglia molto nutrita: evidentemente avevamo bisogno di una grande varietà di modi per raccontare tutte le angherie.

Una copertura minacciosa. Non è che stare sopra di per sé sia qualcosa di negativo, in fondo anche l’ombrello sta sopra la nostra testa e ci protegge dalla pioggia. Ma nel linguaggio il prefisso sopra, oppure sovra che vuol dire la stessa cosa, deriva dal latino supra e indica superiorità, eccesso, una posizione in alto. Si trova in moltissime parole composte che usiamo normalmente e ci aiuta proprio a definire una dimensione straordinaria. Se crediamo di assistere ad un fenomeno che non riusciamo a spiegare con le leggi naturali, lo definiamo soprannaturale. Per descrivere un’esistenza al limite delle possibilità usiamo il verbo sopravvivere. Al contrario, una situazione di ricchezza ci fa parlare di sovrabbondanza.

Raddoppio di consonante. Spesso (ma non sempre) in queste parole composte si raddoppia la consonante della parola che segue. Pensiamo a sovrapporre, soprammobile o a sopralluogo. Ma anche a sopravvalutare o quell’aggravio di una sanzione che chiamiamo sovrattassa. Soprattutto accade che questo prefisso abbia la capacità di conferire valore di superlativo all’aggettivo: per esempio sopraffino.

Sorelle aggressive. Sopraffazione porta con sé, come abbiamo visto, un significato molto duro, ma non è affatto isolata. Un’altra parola della sua famiglia, anche questa composta (anche se ne abbiamo perduta la memoria), è sopruso, composta dal verbo usare preceduta sempre dal prefisso sopra. E parliamo sempre di un atto di violenza e costrizione computo ai danni di chi è meno forte. Insomma una prepotenza, ennesima parola composta, sorella delle precedenti, perfetta per indicare chi vuole imporsi sugli altri con la forza o non lascia che possano liberamente esprimersi.

Dal grande ma non solo. Nel momento in cui ci troviamo ad assistere a terribili eventi mondiali, come è la guerra o come sono gli attentati terroristici, la parola sopraffazione torna di drammatica attualità. Se esiste una aggressione di una potenza nei confronti di un paese più debole, ogni volta che prevalgono il dispotismo, l’ansia di predominio, la prevaricazione, questi scenari rendono evidente come la sopraffazione sia il modo più chiaro per testimoniare quello che accade. Ma sarebbe un grave errore confinare questa parola solo per i grandi eventi.

Nel nostro cortile. Esiste un’ampia casistica di sopraffazioni nella nostra vita quotidiana e nei nostri piccoli fronti di conflitto. Se incontriamo un bullo le sue azioni sono prepotenti e arroganti, veri atti di sopraffazione. Quando subiamo una violenza, siamo vittime di una sopraffazione, e non è necessario che questa sia fisica per lasciare cicatrici profonde. Esistono sopraffazioni psicologiche che lasciano ferite altrettanto gravi. Ma ogni sopraffazione presuppone la presenza di un arrogante convinto di essere più forte e quindi al sicuro. La disparità della potenza, la presunta debolezza delle vittime, per l’aggressore sono essenziali perché non c’è nessun coraggio nella sopraffazione. Piuttosto sono atti pieni di vigliaccheria. Per questo di fronte alla violenza dei prepotenti non bisogna chinare la testa e soprattutto non lasciare mai sole le vittime.

Tra noi e noi. C’è un significato molto intimo della sopraffazione che prima o poi ci riguarda tutti. Ci serve per descrivere la forza di un’emozione che non riusciamo a controllare e la nostra debolezza nell’affrontarla. Di fronte a un sentimento, positivo o negativo, che ci travolge ci sentiamo sopraffatti se non sappiamo come controllarlo. Così se di fronte a un’immagine cruenta scoppiamo a piangere siamo sopraffatti dalla commozione. E se al culmine di una lite i contendenti non riescono a trovare un punto d’incontro, sono sopraffatti dall’ira. E così via litigando.

Era tutto scritto. La sopraffazione è uno dei più importanti bacini di ispirazione della letteratura di tutti i tempi. Fermandoci a un esempio conosciuto ai più possiamo dire che il romanzo più famoso sulla sopraffazione l’ha scritto Alessandro Manzoni. Tutte le pagine de I promessi sposi sono intrise dal racconto di come i prepotenti, Don Rodrigo, Griso e i suoi bravi, il Conte zio, cercano di imporre la loro volontà a Renzo e Lucia, oltre che al povero Don Abbondio. Perfino l’Azzeccagarbugli, l’avvocato fanfarone che col suo latinorum cerca di imbrogliare Renzo commette una sopraffazione, anzi una di quelle che conosciamo meglio: tentare di usare una lingua sconosciuta ai più, non avendo niente da dire, per imbrogliare il prossimo. Come i tanti che utilizzano termini burocratici o inglesismi inventati per sentirsi superiori. Non vi ricorda qualcuno? Ricordate sempre: «Quel ramo del lago di Como….»

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