Morto l’attore Gianfranco D’Angelo

È morto a Roma nella notte tra il 14 e il 15 agosto, aveva 85 anni. Attore, comico, cabarettista e doppiatore, ha fatto parte del gruppo del Bagaglino e di Drive In

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È morto ieri notte a Roma all’età di 85 anni Gianfranco D’Angelo: l’attore era ricoverato al Policlinico Gemelli, e avrebbe compiuto gli anni il 19 agosto. Volto della televisione anni Ottanta, aveva cominciato la scalata al successo negli anni Sessanta. Era approdato al mondo dello spettacolo dopo aver svolto vari lavori, tra cui l’impiegato in quella che allora era la SIP, Società Italiana per l’Esercizio Telefonico.

Nel 1963 il debutto sulle assi del palco nel cast de «I Teleselettivi», commedia satirica in cartellone al Teatro delle Arti di Roma. L’avventura teatrale era proseguita al Teatro Cordino — che lo stesso D’Angelo aveva costituito con gli amici nel cuore del quartiere Trastevere, una sorta di equivalente romano del Derby di Milano a cui approderà qualche anno dopo e dove a notarlo sarà niente meno che Dario Fo, col quale nel 1964 realizza lo storico recital «22 canzoni» — in spettacoli scritti da Maurizio Costanzo. Dal 1968 al 1970 lavora al Puff, chiamato da Lando Fiorini, dove viene notato da Garinei e Giovannini che lo scelgono per il ruolo dell’Arcivescovo tedesco in «Alleluja brava gente» con Renato Rascel e Gigi Proietti. Inizia una collaborazione assidua anche con il teatro romano Il Bagaglino di Pier Francesco Pingitore, esperienza che lo porterà a lavorare con Gabriella Ferri, Oreste Lionello, Enrico Montesano e Pippo Franco.

Dal teatro alla televisione il passo è breve. L'esordio sul piccolo schermo avviene in Rai nel 1971, anno in cui D'Angelo partecipa al programma «Sottovoce ma non troppo». Nel 1973 veste i panni di un commissario di polizia nel film per la tv «La bambola», della serie prodotta da Dario Argento «La porta sul buio». Compare in spettacoli di varietà della rete di Stato: «Milleluci» (1974 con Raffaella Carrà), «Dove sta Zazà» (1973) e «Mazzabubù» (1975). Parallelamente anche il cinema si accorge di lui. Comincia ad apparire in molti titoli cult della commedia sexy di quegli anni, da «La liceale» a «La dottoressa del distretto militare» e «La soldatessa alle grandi manovre».

Su Rai1, a cavallo tra la fine dei Settanta e l'inizi degli Ottanta, furoreggia in programmi comici, questa volta sganciato dal gruppo del Bagaglino: «La sberla», dove inaugura un sodalizio di lunga durata con Ezio Greggio, «Tilt» e «Signori si parte» lo confermano come grande monologhista e anche conduttore. SOno gli anni pioneristici della tv commerciale. Che decide di puntare su di lui: nel 1983 approda in Fininvest (oggi Mediaset), alla corte di Antonio Ricci per «Drive In». La trasmissione comica, divenuta in seguito un cult, riscuote un successo clamoroso: D’Angelo diventerà un protagonista assoluto regalando al programma personaggi come Has Fidanken, il giornalista Gervasetto, le imitazioni impareggiabili di Raffaella Carrà, Pippo Baudo e Marina Lante della Rovere, con battute entrate nella storia della televisione («Un omaccione, con due baffetti da sparviero...»).

«Un artista grandissimo e versatilissimo — è il commosso ricordo di Antonio Ricci —. Un monologhista in grado però di imitare chiunque e, nelle parodie dei film, di interpretare i personaggi più disparati. Vitalissimo in scena, sornione e compagnone nella vita». «A "Drive in" — prosegue Ricci — lo chiamavamo "il vecchio" perché aveva 40 anni. Per cinque anni a cena insieme e, poi, di fianco a dormire nello stesso residence. Saggio e con i piedi per terra, in un successo incredibile che poteva travolgere tutto e tutti. Una complicità che è durata nel tempo con i protagonisti di quella fortunata trasmissione. A fine ottobre, mentre ero ammalato di Covid, mi ha scritto: "Anto', ma perché hai preso il Covid adesso che a gennaio esce quello nuovo?". A fine settembre dovevo incontrarlo perché voleva parlarmi di "Tre amici al bar", spettacolo teatrale con Sergio Vastano (altro compare del "Drive in") che sperava di portare in tivù. Adesso non ci resta che piangere. E dare un abbraccio affettuoso alle sue figlie».

Il sodalizio con Ricci prosegue anche una volta terminata l'esperienza di «Drive In». Nel 1988, con Ezio Greggio e Lorella Cuccarini, D'Angelo conduce «Odiens», e poi, sempre con Greggio, presenta la prima edizione di «Striscia la notizia». Nel 1992 interpreta con Alida Chelli la sitcom «Casa dolce casa». Nella seconda metà degli anni 90 fa ritorno in Rai, dove prende parte ad alcune edizioni di «Carramba che sorpresa», «Fantastico» e «Domenica In». Gli ultimi anni della sua carriera si sono svolti sopratutto a teatro, con commedie brillanti che hanno sempre incontrato il favore del pubblico che oggi lo piange. Nel 2019 era apparso nel film «W gli sposi» diretto da Valerio Zanoli. D'Angelo lascia due figlie, Daniela e Simona, entrambe attrici.

15 agosto 2021 (modifica il 15 agosto 2021 | 15:54)