Caro Amore, chi ha perso la mamma sa cosa si prova. Noi di una certa età ci siamo passati quasi tutti, pure per entrambi i genitori. E, si sa, l’amore genitoriale è sicuramente quello che più di tutto e di tutti ha riempito e guidato la nostra vita e la nostra anima. << Chi ti vuole più bene di tuo padre e di tua madre o ti tradisce o ti inganna >> recita un antico proverbio che ci veniva continuamente ripetuto in famiglia, specialmente quando eravamo adolescenti, pure per metterci in guardia da sbandamenti sentimentali e da fiducia mal riposta. Per la nostra cultura etica le nostre mamme rappresentano il centro vitale che dura tutta una vita. Il vero grande amore che dura tutta una vita. Pure per questo, quando perdiamo la nostra mamma, è come se ci crollasse davvero il mondo addosso. Nessuna perdita è equivalente o maggiore se non quella di un figlio. Carne della propria carne entrambi, la mamma ed un figlio.

L’iconografia cristiana insiste quasi sempre nel rappresentare (dal Natale alla Pasqua, dalla nascita alla morte, dalla gioia al dolore) l’imprescindibile binomio “madre – figlio” … un mistero scritto con la carne e nella carne, nello spirito e con lo spirito attraverso cui “il Verbo si è fatto Carne e la Carne diventa Verbo”. E’ il mistero del Natale. E ogni Natale gira essenzialmente attorno alle mamme. L’assenza di una mamma rende triste persino il Natale.

Quest’anno è triste il Natale dei miei amici Chiarella di Borgia (CZ) che recentemente hanno perso nella confinante Squillace Lido (CZ) la propria mamma quasi centenaria. A questi carissimi amici dedico la “Lettera alla madre” del prof. Lorenzo Viscido di Squillace, il quale vive a New York e (proprio in prossimità del Natale 1986, la più bella e calda festa dell’anno) scrive alla madre lontana per ribadirLe tutto il suo amore filiale e per dirle tutta la sua amarezza d’emigrato.

Di esule più che di emigrato. Per ispirata o strana coincidenza, giovedì 14 dicembre 2023 alle ore 23.21 ho ricevuto via email questa “Epistula ad matrem” (Lettera alla madre) recitata in italiano da un amico del prof. Viscido e che tutti possono ascoltare (con dovuta devozione) al seguente link <<  https://youtu.be/_5lWXysAQF0?si=lwVJPDD3MFNkKQMD >>. Nella email c’era scritto il seguente messaggio …

<< Caro Mimmo, questo mio carme latino, premiato con la “publica laus” (pubblica lode, ndr) nel 1986 al Certame Vaticano, gara mondiale di poesia e prosa latina, viene recitato in versione italiana da un mio amico che ora non c’è più. L’avevo dedicato a mia madre la vigilia di Natale >>. Con email delle ore 05.53 di venerdì 15 dicembre 2023 ho chiesto al prof. Viscido di poter avere il testo di tale sua “Lettera alla madre” del 1986 per poterlo pubblicare in questa “Lettera all’Amore n. 6” dedicata ad un’altra madre, la conterranea Concetta Zaccone che ho tanto ammirato e stimato sempre, specialmente ai meravigliosi tempi della mia adolescenza alla Roccelletta di Borgia. Infatti …

1 – GLI AMICI DELLA ROCCELLETTA DI BORGIA

Per me il primo ottobre 1961 non ha significato soltanto il primo giorno di scuola con l’entrata in un nuovo ciclo educativo, quello delle medie, che era ben altra cosa dalle elementari (anche perché dava inizio alla prima adolescenza). Un salto di età e di qualità. Per me ha significato pure entrare nell’amicizia di una famiglia e di una parentela, quella del mio compagno di banco, Rosario Mirigliano, il quale allora abitava alla Roccelletta di Borgia, sulla strada statale nazionale jonica 106 (proprio al bivio per Borgia e paesi interni all’Istmo) alle porte di Catanzaro Lido sud, da cui distava un chilometro appena.

Ho frequentato la Roccelletta non soltanto nei tre anni della Scuola Media, ma anche dopo, nonostante gli studi mi avessero portato lontano, in altre sedi. Ho tanto ammirato la famiglia di Rosario (detto Sarino) e quelle dei suoi parenti più prossimi e c’è stata tanta reciproca stima con fraterno affetto tra tutti noi … che non potevo non dedicare a questi impareggiabili “Amici della Roccelletta” intense ed accorate pagine (96-100) nel volume sesto “I MIEI VIP” del “Libro-Monumento dei miei Genitori” (stampato nel maggio 2007). Sono stati tutti davvero miei indimenticabili VIP – Persone veramente importanti. E quella della Roccelletta è stata un’epopea assai esaltante ed utile perché potessi “Amare la Wita”.

In tutti questi decenni, da allora, ho riflettuto molto sui valori espressi da queste famiglie della Roccelletta, così come da quelle generate dai miei nonni e da tutto l’insieme socio-culturale dello stare al mondo del più verace ed ìntimo popolo calabrese (quello non tarlato da negatività esterne alla nostra anima).

Mi riferisco a quell’etica antica della “Prima Italia” (profonda 3500 anni circa, quando c’era Re Italo e che è rimasta immutata fino ai nostri giorni). Mi reputo fortunato e privilegiato. Commosso e devoto. Capisco cosa può essere o significare la religiosità ed il sacro quando si tratta di tutti questi valori etici risalenti alla “Prima Italia”.

2 – LA FAMIGLIA CHIARELLA-ZACCONE

Essendo della medesima età, nati più o meno nel 1950, alla scuola media di Catanzaro Lido, oltre a Sarino, avevo come compagni della medesima classe però in altre sezioni, i suoi cugini Zaccone e Chiarella. Quattro erano, allora, i nuclei familiari che ero lieto frequentare. La famiglia di Sarino Mirigliano (composta dai genitori Salvatore e Rosa Zaccone, dalla loro figlia Anna 1943), la famiglia del ferroviere Vincenzo Zaccone (composta dalla moglie Colomba Gualtieri e dei loro tre figli Tommasina 1949, Raimondo 1950 e Domenico 1951), la famiglia di Antonio Chiarella (composta dalla moglie Concetta Zaccone e dai figli Francesca 1948, Rosetta 1950 e Bruno Maurizio 1959).

Quest’ultima famiglia abitava in aperta campagna, in località “Santu Regnu” di Borgia (lungo la strada nazionale 106), in una casa colonica con due appartamenti: sopra il nucleo familiare di Antonio Chiarella e sotto quello del fratello Pietro Chiarella (formato dalla moglie Lucia Pilò e i figli Bruno 1957-1971, Salvatore 1958 e Francesca 1966). Frequentavo pure questo luogo di vita e di lavoro dei fratelli Antonio (1923-2001) e Pietro Chiarella, i quali erano assai attaccati come un’unica famiglia.

Tutto è finito nel 2004 quando una grande tempesta ha praticamente distrutto questa loro casa ed ognuno di loro ha dovuto trovare altra sistemazione. La signora Concetta Zaccone, rimasta già vedova del suo Antonio, ha trovato un piccolo appartamento a Squillace Lido (vicino alla chiesa parrocchiale) dove è vissuta fino all’08 novembre 2023 quando è passata a miglior vita all’età di 98 anni (essendo nata il primo dicembre 1925).

3 – IL GIORNO DELL’ADDIO

<< Mimmo, mio caro Mimmo, mia madre si è spenta ieri sera alle ore 17. Ha raggiunto mio padre. Con lei si chiude un altro pezzo di storia, i ricordi di Roccelletta e di Santo Regno, ma vive nel mio cuore >> così Bruno Maurizio mi ha dato, via whatsapp, la triste notizia che la madre Concetta Zaccone non c’era più. Con ripetuti messaggi ho cercato di essere il più possibile vicino a Maurizio, alle sorelle Francesca e Rosetta. Ai funerali ha partecipato pure il nipote Sarino (figlio della sorella Rosa Zaccone della Roccelletta) sceso appositamente da Roma dove vive.

Le mie condizioni di salute non mi hanno permesso di affrontare il viaggio per poter partecipare personalmente a tale lutto. Ma, sinceramente, avrei voluto esserci per il tanto affetto che ho sempre provato per la signora Concetta, sempre amorevole e gentile nei confronti di tutti; ed anche per il fraterno affetto che mi lega ancora a queste famiglie della Roccelletta.

Assieme alla simpaticissima ed indimenticata nonna Tommasina Guzzo (1898-1978, madre dei Zaccone), le Signore della Roccelletta sono state le Regine materne della nostra serena adolescenza. Tutte mi hanno fatto sentire a casa ogni volta che mi recavo da Loro. Per me era come un’altra famiglia dove l’affetto traboccava. Questo affetto mi commuove ancora e mi aiuta ad essere fiducioso nella vita, nonostante la cattiveria umana sia – come si suole dire – più grande della misericordia divina.

Con Concetta Zaccone se ne va l’ultima mamma del mio più profondo ventesimo secolo. Altre generazioni, altra etica, altro vivere. Riporto qui di séguito la lettera di estremo saluto che il figlio Bruno Maurizio ha scritto ed ha voluto far leggere alla moglie Caterina, pure a nome delle sorelle Francesca, Rosetta e delle loro famiglie. Mi associo pure io a questo “GRAZIE”.

4 – GRAZIE MAMMA

Grazie perché mi hai dato la tenerezza delle tue carezze, il bacio della buona notte, il tuo sorriso premuroso. Le dolci tue mani mi hanno dato sicurezza, hai asciugato in segreto le mie lacrime, hai incoraggiato i miei passi, hai corretto i miei errori, hai protetto il mio cammino, hai educato il mio spirito con saggezza e con amore, mi hai introdotto alla vita e mentre vegliavi con cura su di noi tre, trovavi il tempo per i mille lavori di casa e di campagna, senza mai pensare di chiedere un grazie …

Mi dicevi che ero “u vastunedu da vecchiaia” ti chiedo perdono se sono venuto meno più volte a tale compito. Ascolto la tua voce … è dentro di me … è dentro coloro che anelano risentirla. Mi inebria il tuo profumo … profumo di fede, caldo e avvolgente, e tra le note di “adagio” smarrito senza te … in trepidante e malinconica attesa lesino un abbraccio … una carezza … una nota vibrante vorrei sentire, una sola che dica ancora una volta MAMMA!

5 – LE MAMME DELLA ROCCELLETTA

Delle deliziose e superlative mamme della Roccelletta, che hanno voluto bene alla mia adolescenza, Concetta Zaccone è stata l’ultima ad andarsene. Con Lei se ne va quella generazione che, nata nella prima parte del più profondo secolo ventesimo, rappresenta  – è necessario ribadire – l’ultima vera etica della “Prima Italia” che poi è stata stravolta dalla modernità globale e tecnologica.

Mi onoro di essere un figlio devoto di quella generazione (cui appartengono pure i miei Genitori). E’ difficile, anzi arduo, mantenere e potenziare i valori che ha ereditato la mia generazione. Tuttavia ci proviamo e la lettera di Maurizio è un attestato di buona volontà.

Concetta Zaccone (qui in una foto del 2005 a Squillace Lido con la figlia Rosetta e la nipote Maria Mucé che ha in grembo la pronipote veneta Giulia Trentin) ha avuto la fortuna di vedere la sua quarta generazione. Fossimo in altri tempi la signora Concetta, per l’età raggiunta, avrebbe visto anche una sua quinta generazione e più numerosa prole di nipoti e pronipoti.

6 –  LORENZO VISCIDO – LETTERA ALLA MADRE (per il Natale 1986)

Assume doppio significato trascrivere qui di sèguito (o ascoltare al link  https://youtu.be/_5lWXysAQF0?si=lwVJPDD3MFNkKQMD) la “Lettera alla madre” (tradotta dal latino) per come scritta nella vigilia di Natale 1986 dal professore Lorenzo Viscido a New York, dove dalla natìa Squillace lo ha portato la docenza universitaria.  

Il primo significato è l’attinenza sentimentale che l’amore per la mamma ha ispirato sia Bruno Maurizio Chiarella che il prof. Viscido; il secondo è il loro legame al Natale cristiano (nel caso della signora Concetta Zaccone il suo “natale” nel Regno dei Cieli” e nel caso della mamma di Viscido il Natale tipico dei nostri paesi calabresi e della religiosità cattolica che sta per rinnovarsi fra qualche giorno nel Natale 2023).

Oltre al doppio significato c’è da evidenziare la coincidenza che lega questi nostri Amici e personaggi, uniti tutti all’amore materno, e ai medesimi luoghi di questa nostra Calabria jonica dei confinanti territori comunali di Squillace e di Borgia, al centro del luminosissimo Golfo della Luce e della Gioia.

Per l’anagrafe, la madre del prof. Viscido è stata Lucia Olivadòti (Squillace 18 novembre 1926 – 05 luglio 2012, professione casalinga).

Ma, ecco qui di seguito il testo italiano in prosa, davvero tanto commovente e, direi, “epico” del prof. Viscido …

7 – LETTERA ALLA MADRE – (Domani sarà Natale)

Mentre la fiammeggiante luce del sole comincia a spandersi sulla terra coperta da un niveo velo e le ombre, quasi contrarie ad essere rimosse da quel meraviglioso candore, a poco a poco svaniscono nell’aria tenue, la mia mente pervasa da tenerezza, o madre, ricorda quell’aurora in cui tacito e con cuore assai triste da te mi allontanai per recarmi in una città lontana dal patrio colle, dove al mattino non mi rallegrano i canti degli uccelli, né facilitano il mio lavoro quotidiano le tue graziose parole, ma un violento rumore turba sempre il mio animo ed il terrore di un’atroce morte occupa la mia mente. Ahimè, quante sorprese la vita riserva ai mortali!

Chi avrebbe mai creduto, o madre, che per una scellerata sorte io sarei stato improvvisamente staccato da te e che tu, assieme a mio padre, avresti dovuto soffrire per molti anni, non essendo vostro figlio a voi vicino? Chi, o diletta, avrebbe tempo fa creduto che io avrei trascorso giorni festivi lontano dalla mia terra nutrice?

Domani sarà Natale, festa lodevole, ed io, tanto solo ed afflitto da dure pene, vorrei fin d’ora stare con te, sul mio ameno colle, per raccogliere finalmente i doni dell’amata pace che da tempo ormai una terra straniera a me nega.

Da quanto amor di vita, stasera, da quanta dolcezza verrebbe ancora pervaso il mio petto stanco, o casta madre, mentre riecheggiano dovunque le armoniche zampogne dei pastori e preghiere miste a quei suoni accarezzano l’aria! Stanotte, invero, nulla mi sarà dolce in una città dove soltanto la ricchezza è considerata un venerabile dio ed una cieca avidità di denaro separa le famiglie.

Di nessun piacevole canto risuoneranno i templi del cielo, né qua né là – cosa orribile – io vedrò giovani e vecchietti lodare la prole nata dal grembo della Vergine. Qui solo orribili maldicenze stancano le orecchie e crudeli crimini turbano di continuo la vista. Dovunque, infatti, una sfrenata ferocia infiamma l’animo, per cui a mezzanotte il Cristo non sembra nascere sorridente e graziosamente candido, bensì tormentato. Mi affidi stasera la pietà del cielo a venti che possano con rapidità condurmi nel borgo paterno!

Ecco, o santa madre, col pensiero già mi trovo con te, con le mie sorelle e il diletto babbo vicino al presepe, creato con eccellente maestria dalle sue abili mani.

Mentre la mia terra nutrice è ora avvolta da un particolare candore e da tutti è grandemente attesa la mistica nascita, beato guardo in continuazione la sacra grotta ed ai miei occhi tutto si rivela estremamente candido. Adesso non ricordo più empi delitti ed irriverenti parole, né sono sopraffatto dal gelido timore di una violenta tragedia. Sereno, immagino solo un mondo inviolato, dove quanti vi abitano sono uniti da uno stabile patto d’amore. Intanto, a poco a poco, si innalza dalla campagna un suono che come una forza magica si impadronisce meravigliosamente del cuore.

Oh, i fedeli pastori lasciano le proprie capanne e, dirigendosi lieti verso il tempio consacrato a Dio, modulano un dolce canto con le festose zampogne. Ascolta, ascolta, o madre, le decorose parole di tale canto, che, nel suo disperdersi, l’eco trasporta per le soglie del cielo: «Guidando l’alata schiera, scendi, o candido Cristo, sui nostri lidi a te cari dall’eccelsa cima della rocca celeste. Tramite Te la fulgida fiaccola della prosperità irradierà ogni cosa ed in eterno moltissime gioie innalzeranno gli uomini alle alte stelle».

Oh, quanta letizia nelle case e nelle vie del paese mentre il canto dei pastori domina piacevolmente nell’aria! Ora anche noi ci uniamo a quel canto e contemporaneamente andiamo in chiesa per celebrare la vicina nascita del figlio di Dio. Pochissimi minuti mancano ormai alla mezzanotte e così ardente è in tutti i cuori la fiamma dell’entusiasmo che l’attesa del Fanciullo è più forte dell’amore per Lui.

Ecco, mentre il sacro edificio trionfa di tanta pietà e continue preghiere accarezzano i campi celesti, improvvisamente si elevano dall’altare onorevoli parole che finalmente ci annunciano la nascita di Gesù. Oh, potrebbe descrivere il linguaggio umano la luce della gioia che adesso pervade i nostri petti? Se per caso questa luce risplendesse a New York, qui mi sarebbe dolce morire. Ora ci accostiamo tutti al grazioso presepe del tempio e lietissimi guardiamo quel figlio celeste, che, sorridendo, sembra dire molte cose degne di rispetto…

Ahimè, non posso, o madre, non posso più trascorrere col pensiero le ore felici della notte santa a Squillace: quanto è amaro a me lontano ricordare queste dolci cose! Tuttavia, quando stasera attenderai con ardore la nascita del benigno Cristo, con voce riverente prega Lui affinché tuo figlio riveda quanto prima i tetti della sua patria e lì finalmente goda di una lunghissima pace. Questo desiderio, suprema luce di speranza nel tenebroso sentiero della vita, domina sempre il mio cuore, o diletta.

8 – SALUTISSIMI

Caro Amore, se non ci fossi tu, non avremmo potuto vedere la magnificenza e l’epopea di tutti questi sentimenti, che legano profondamente genitori e figli e, in particolare, mamme e figli. Né la differenza che intercorre tra New York e la Calabria, per come evidenziata nell’appena letto testo della “Lettera alla madre” su cui potremmo fare tante altre considerazioni … che ognuno può fare in cuor suo e a propria misura. Sullo sfondo c’è il Natale … quello vissuto o non vissuto … quello imminente da vivere in qualche modo, pure nel nome di chi abbiamo amato e di chi continueremo ad amare al di là del tempo e dello spazio. Le persone veramente amate (specialmente se per vincoli di sangue) non vanno mai via, non ci lasciano mai. Così come non ci lascia mai l’idea e l’etica della “Prima Italia” che ha ispirato queste epiche figure eroiche di mamme (Concetta Zaccone e Lucia Olivadoti). Mi piace evidenziare, in conclusione, la famiglia dei coniugi Antonio Chiarella – Concetta Zaccone con una foto dei loro cinquanta anni di matrimonio (17 ottobre 1997) con i figli Francesca, Rosetta e Bruno Maurizio, pure come emblema ed apoteosi delle famiglie della Roccelletta cui resto ancora e sempre devoto.

Sullo sfondo di tutto c’è la nostra Grande Madre, la Terra natìa, che svolge un ruolo (ìntimo e irrinunciabile) per tutti questi nostri Amici e protagonisti, caldamente avvolti dal sentimento ancestrale dei nostri Luoghi.

Quasi certamente è l’effetto e l’affetto di quella “Prima Italia” di cui, forse, non siamo ancora pienamente consapevoli ma che sentiamo in modo del tutto naturale e innato così come ne respiriamo l’aria.

In nome di tutte queste Presenze che ci sorreggono ancora e sempre, cerchiamo di vivere quest’altro Natale nel modo migliore, significativo, sacro e più intimo possibile. Questo è l’Augurio, ovviamente con una preghiera ed una solidarietà verso tutti coloro che soffrono in queste sempre assurde guerre e nelle più disparate e disperate situazioni in un pianeta che si ribella a tutte le ingiustizie e le malvagità. Un abbraccio fraterno a tutti.

 

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

LOVE-City, sabato 16 dicembre 2023 ore 10.14 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web. Le foto della signora Concetta Zaccone Chiarella mi sono state fornite dal figlio Bruno Maurizio e quelle di Lucia Olivadoti Viscido dal figlio Lorenzo.