Cronaca

Rave di Spino d’Adda, parla un lavoratore della Cascina Canova: “Hanno provato a entrare in casa"

Si era addirittura pensato ad un coinvolgimento (una sorta di compiacente complicità) dei proprietari della cascina, che sorge a breve distanza dalla zona del Rave di Spino d’Adda. Nulla di tutto questo e a rivelarlo è uno dei primi, lavoratore presso l’azienda agricola, a dare l’allarme attorno alle ore 23 di venerdì. Un’intervista esclusiva, protetta dall’anonimato, che riportiamo nei suoi contenuti. Una sorta di riepilogo di quanto accaduto, che consente di fare luce in particolare sulle primissime ore del Rave, terminato nel tardo pomeriggio di lunedì dopo avere interessato le giornate di Ferragosto, domenica e appunto lunedì, oltre alla notte tra venerdì e sabato.
Almeno 1.500 i partecipanti, ridotti a 400 proprio lunedì, con un via vai continuo che sembrava essersi esaurito domenica sera e invece è tornato a farsi costante nella notte successiva. Sul posto gli uomini della Polizia hanno costantemente presidiato la zona coordinati da Gianluca Epicoco, capo della Digos, schedando tutti i ragazzi incrociati: non erano pochi, perché qualcuno è andato su e giù per la strada di campagna a fare rifornimento di provviste, ma non potevano essere tutti, perché quella zona è un dedalo di strade e qualcuno ha scelto di passare su sentieri secondari, percorribili solo a piedi o in scooter. Il presidio si trovava sull’unica via sulla quale potevano passare mezzi a motore, camper, piccole camionette, qualche motorino. All’ingresso dalla Paullese (la cascina e il vicino punto del Rave si trovano su una traversa della strada) vi era invece una pattuglia dei Carabinieri. “Lunedì nel tardo pomeriggio erano rimasti cento ragazzi al massimo, così i militari hanno deciso di forzare i tempi e di mandarli via” racconta il nostro testimone.
Venerdì alle 23 l’allarme era partito proprio dalla Cascina Canova, a pochi metri in linea d’aria dalla zona del Rave, in piena campagna e non in cascina, come inizialmente si era pensato erroneamente: le forze dell’ordine venerdì sono arrivate attorno alle 23.30 ma gli ultimi mezzi che andavano a comporre il Rave avevano forzato comunque il posto di blocco. Dall’azienda hanno pure provato, il sabato, a mettere di traverso un trattore sulla strada, ma è stato consigliato di rimuoverlo per scoraggiare tumulti e per mettere l’ordine pubblico al primo posto. Non si è potuto fare finta di nulla, tuttavia, quando qualcuno dei partecipanti ha provato ad entrare nell’azienda agricola, ossia in cascina, per accaparrarsi acqua, ombra e riparo: “Prima li abbiamo mandati fuori noi con le buone – spiega il nostro testimone – poi la Polizia ha messo una pattuglia a presidio, per evitare altri tentativi di invasione: è pur sempre una proprietà privata”.
Sono arrivati dall’Italia, da varie regioni, ma anche da Olanda, Germania, Austria, Svizzera e Francia. Qualcuno di loro addirittura si è vantato, spiega il nostro testimone, di essere positivo al Covid: probabile fosse una malsana voglia di protagonismo, ma in ogni caso il passaggio ha reso l’idea di quanto distorta sia la mente di chi avanza questa “rivendicazione” come un modo per autocelebrarsi. Di certo qualche mascherina c’era, ma lì, tutti ammassati, nonostante fossero all’aperto, il rischio Covid era davvero ai massimi livelli.
Curioso sia accaduto proprio nelle ore in cui veniva presa la decisione di chiudere le discoteche. “Tanta gente, tanta sporcizia, tanto danno e tante rotture” sintetizza il nostro testimone: il Rave è finito, nel tardo pomeriggio di lunedì, con diversi soggetti schedati (per i dati ufficiali occorre attendere una nota dalla Questura). Termina anche l’incubo per chi, giurano dalla cascina, ormai da venerdì notte non è più riuscito a prendere sonno. Una confessione alla quale, udendo distintamente i decibel del Rave stando in cascina durante l’intervista, non si stenta a credere…
Giovanni Gardani

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