Virtuale è reale. Educare all’uso consapevole delle tecnologie digitali.

In Italia la popolazione online è di circa 40,7 milioni di utenti unici; con un complessivo monte ore individuale di 111,34 ore mensili (poco più di 4 ore e mezza al giorno). [Fonte – AudWeb]

La popolazione digitale connessa mensilmente da smartphone è l’80% (cioè 35,9 milioni di persone).
Questo perché la maggior parte di noi ha uno smartphone, c’è chi ne ha anche più di uno.

Lo smartphone è sempre con noi; molto spesso ci fa anche compagnia, altre volte ne viene abusato l’utilizzo; basta pensare a tutte le volte che prendiamo in mano il telefonino:

  • quando siamo in attesa di qualcosa o qualcuno
  • quando siamo in fila
  • quando siamo a tavola
  • quando siamo fuori con gli amici
  • durante uno spot pubblicitario o durante un film ecc.

Quindi è talmente radicato in noi l’utilizzo, che il tempo speso può solamente crescere.

La media giornaliera di navigatori digitali è di 32,1 milioni di persone, così suddivisi in vari ‘device’ e per età:

  • 8,1 milioni si sono collegati da computer, dai 2 anni in su;
  • 4 milioni da tablet, dai 18 anni in su;
  • 29,1 milioni i maggiorenni online (il 65,4% della popolazione) per un totale di 4 ore e 28 minuti mensili.

Il 2020 è stato segnato principalmente dal periodo di emergenza Covid-19 e dall’alternarsi delle differenti fasi di lockdown che hanno inevitabilmente inciso sulle abitudini delle persone e influenzato le modalità di consumo di internet.
Osservando i dati di tutto l’anno, risulta che nel 2020 la ‘total digital audience mensile’ ha raggiunto il 73% della popolazione dai 2 anni in su, con una media mensile di 43,5 milioni di utenti unici e una variazione del 4,6% rispetto alla media mensile del 2019. Tra i device rilevati, lo Smartphone rappresenta il principale canale di accesso alla Rete, raggiungendo nel 2020 una media mensile di 38 milioni di utenti unici, pari all’85,2% della popolazione tra i 18 e i 74 anni (+5,7% rispetto al 2019).

La fruizione di internet nel giorno medio del 2020 ha visto un incremento generale del 3,3% rispetto al giorno medio del 2019, con un maggiore uso del Computer (+7% la popolazione che usa con maggiore frequenza questo device per navigare) determinato da uno sconvolgimento della vita quotidiana che ha visto cambiare, in seguito alla pandemia, le pratiche lavorative, di studio e del tempo libero [Fonte – AudWeb]

[Slide 1]

[Slide 2]

  

[Slide 3]

Alla luce di questi dati è evidente che qualcosa è cambiato. Le nostre vite in qualche modo sono state profondamente influenzate soprattutto dall’arrivo degli smartphone.
Dall’uscita sul mercato dei primi smartphone infatti, abbiamo avuto una continua e costante evoluzione dei media digitali che pian piano hanno occupato un posto sempre più importante nelle nostre vite.

Dalle ceneri dei calcolatori, dei primi pc e delle prime consolle da gioco, siamo passati a strumenti apparentemente semplici da utilizzare, come lo smartphone, che ci hanno permesso di essere costantemente connessi a Internet e fare quasi ogni cosa.

Virtuale è Reale – riflessioni

Una rivoluzione tecnologica ma anche sociale, perché questi strumenti hanno cambiato le dinamiche della comunicazione arrivando a trasformare profondamente i modi con cui dialoghiamo e ci relazioniamo con gli altri. Man mano che gli smartphone si sono “evoluti”, grazie anche ad una rete internet sempre più disponibile e veloce, la nostra identità ha acquisito sempre più caratteri digitali, al punto che il concetto di ‘privacy’ è stato totalmente ribaltato.

In un primo momento, reale e virtuale si ritenevano due aspetti distinti della nostra vita, ma oggi non ci sono dubbi sul fatto che coincidano, ovvero identità fisica e virtuale si sono ‘fuse’ in un unica realtà, quella digitale.
Ed è questo uno dei concetti più difficili da far comprendere agli adulti (ma anche ai ragazzi seppure più smaliziati), ciò che si compie in rete può avere conseguenze nella vita reale e viceversa.

In occasione di un Convegno tenuto a Rapallo (in provincia di Genova) nel novembre del 2019 e di cui sono stato l’organizzatore e moderatore sul tema: “Bullismo Cyberbullismo, Dipendenze tecnologiche – Strategie e prevenzione”,  l’Ing. Roberto Surlinelli, capo della polizia postale della Liguria, pone un interessante domanda:

“Reale o virtuale?” Esiste ancora questa distinzione?

Con la tecnologia sono stati introdotti nuovi strumenti per la comunicazione, come le chat, videogiochi e altri ambienti. Purtroppo in questi nuovi mondi in cui abitano i nostri figli, ci sono dei pericoli che spesso vengono ignorati.

Quando un pre-adolescente utilizza questi strumenti per comunicare con i suoi coetanei, entra in dinamiche prima sconosciute.

  • Anonimato
  • Alterazione della percezione della gravità delle azioni
  • Assenza di limiti spazio-temporali
  • Affievolimento del sentimento di compassione per la vittima

Poi l’Ing. Surlinelli è passato ad illustrare un concetto importante: “la sicurezza totale in rete non esiste (è solo questione di tempo). Se una macchina è accessibile fisicamente non è proteggibile e l’unico sistema sicuro è quello che risulta spento, smontato e isolato dalla rete”.

A proposito di ‘identità digitale’ il Prof. Tonino Cantelmi, psichiatra e professore di Cyberpsicologia presso l’Università Europea di Roma in una intervista ha affermato:

“Occorre fare un gran lavoro perché questo è un mondo che va verso forme di crudeltà sempre più estreme.

La crudeltà più dolorosa per i nostri adolescenti è l’umiliazione social, l’umiliazione in rete che è dolorosissima perché frantuma gran parte della costruzione dell’identità che oggi avviene attraverso il confronto dei social network necessariamente, e dunque bisogna fare un gran lavoro.

Io direi che il lavoro migliore per la prevenzione è proprio quello di mettere insieme ai ragazzi consapevoli su questo tema altri ragazzi, l’educazione tra pari sostanzialmente quella scelta dal ‘moige’ mi sembra la strada migliore. Soltanto un giovane può convincere un giovane, un ragazzo un altro ragazzo e un bimbo un altro bimbo.

L’adulto è sempre più privo di charme e di appeal; i nostri ragazzi credono poco negli adulti e molto più gli influencer (giovani e influencer alla ricerca sfrenata di come fare soldi facili). Io prenderei dai migliori canali youtube, i migliori influencer che fanno un’opera di questo tipo.”

Siamo di fronte alla necessità di creare percorsi di rieducazione degli adulti, ma allo stesso tempo rimane fondamentale lavorare sui bambini, affinché possano essere futuri adulti e genitori consapevoli e in grado di trasmettere regole sane e autorevoli soprattutto nel campo del digitale.

Non siamo poi così lontani dai nostri tempi, quando lo smartphone non esisteva. L’unico strumento che ancora oggi gli adulti hanno a disposizione per guidare i bambini e ragazzi è l’educazione che deve comprendere anche quella digitale.

Sicuramente fare il genitore è più difficile, perché oggi si è sommersi da informazioni spesso fuorvianti, sbagliate o non del tutto vere. Inoltre la vita è diventata più difficile da tutti i punti di vista e, per diverse ragioni, si è diventati un po’ più egoisti.

Per poter capire e di conseguenza intervenire nella vita dei nostri bambini digitali occorre uno sforzo maggiore, tempo, studio e desiderio di ritornare ad essere il loro punto fermo, il loro faro in mezzo al mare del web.

Riferimento: per approfondire, consulta il manifesto delle parole ostili.

Come i genitori e scuola possono proteggere i ragazzi dai pericoli della rete

Il problema fondamentale che emerge dall’analisi dei dati sull’utilizzo di internet è che i minori iniziano ad utilizzare la rete ad un’età sempre più precoce (in molti casi a partire dai 7 anni ma i dati indicano che l’età continua ad abbassarsi), ma solo un terzo dei giovani tra i 9 e i 12 anni, ritiene che online ci siano abbastanza “cose buone per i ragazzi” della loro età.

Internet offre loro numerose possibilità di giocare, imparare ed essere creativi, ma queste potenzialità non vengono sfruttate appieno e occorre ancora rafforzare la fiducia dei minori e dei loro genitori in esse.

Nascono in continuazione nuovi servizi e nuove tendenze che nascondono potenziali rischi per la sicurezza dei minori. Ad esempio, la ‘geolocalizzazione’ potrebbe essere utilizzata per individuare la loro posizione fisica; i giovani tendono sempre di più a inviare e ricevere immagini sessualmente esplicite, principalmente mediante il cellulare. Inoltre, è facile imbattersi, navigando in rete, in immagini pedopornografiche.

Non basta più proteggere i minori online. Occorre diffondere una cultura digitale tra i giovani e i loro genitori per aiutarli a proteggersi e navigare in maniera responsabile e con spirito critico.

La ridotta attenzione dei contenuti internet verso il target minori, la naturale curiosità dei ragazzi nello scoprire i più diversi contenuti del mondo web, la poca consapevolezza nell’utilizzo dei più importanti strumenti del web da parte dei consumatori adolescenti, sono tutti fattori che producono un deficit di sicurezza nell’utilizzo del web da parte degli utenti più giovani e contemporaneamente più fragili.

In aggiunta a ciò va fatta presente la non facile relazione tra figli e genitori nell’ambito del “monitoraggio parentale” sull’utilizzo di internet: solo un adolescente su quattro, infatti, parla con i propri genitori di Internet e di nuove tecnologie e un genitore su cinque conosce poco o niente delle attività dei figli nel ‘mondo virtuale-digitale’.

E’ quanto rileva Telefono Azzurro, secondo cui il 68,8% dei genitori non parla mai, o solo occasionalmente, con i propri figli della Rete. Solo il 26.8% dichiara di utilizzare social come TikTok, Instagram o altri e, sebbene i dati sul sexting e il cyberbullismo siano in crescita, l’88,9% dei genitori intervistati ritiene impossibile che il figlio possa spogliarsi e mettere sue immagini/video online, mentre l’84% ritiene impossibile che i figli diffondano su Internet informazioni/video che possono far soffrire altri coetanei (cyberbullismo).

Questo ‘gap’ di conoscenze si traduce non solo in un’assenza di dialogo con i figli su potenzialità e rischi delle nuove tecnologie, ma nell’utilizzo di strategie “repressive” anziché educative: non sapendo concretamente come tutelare i ragazzi, molti genitori italiani a differenza di quelli europei, continuano ad utilizzare la proibizione e il controllo del tempo come unica modalità di tutela dei figli.

I pericoli che bambini e adolescenti corrono in Rete sono spesso sottovalutati dai genitori. In una recente indagine di Telefono Azzurro e Eurispes i genitori dichiarano di saper utilizzare Internet “poco” o “niente” (35%) e ritengono impossibile che il proprio figlio chattando incontri un adescatore pedofilo e che veda su Internet immagini sessualmente esplicite (46,4%).

Tutti questi dati e le considerazioni fino a qui fatte dimostrano inequivocabilmente l’importanza di fornire a genitori e scuola strumenti concreti per un’educazione digitale adeguata ai tempi ai nuovi contesti digitali.

Virtuale è reale – La sfida dei genitori

“Dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona”

Fino a qualche tempo fa gli esperti affermavano che la navigazione in Internet senza pericolo dipendesse dal posto in cui era collocato il computer. Si pensava che, tenendo il computer in una parte della casa accessibile a tutti, sarebbe stato più difficile che i figli fossero stati tentati di esplorare il lato oscuro del ciberspazio.
Questa misura è ancora valida, perché consentire ai figli di accedere a Internet dalla loro camera e senza controllo di un adulto è contro il buon senso, ma purtroppo non è più sufficiente.

Oggi le connessioni wireless permettono ai ragazzi di avere Internet sempre a portata di mano; i cellulari sono dotati di connessione Internet veloci. Più andiamo avanti e maggiore sarà l’invasione tecnologica nelle nostre vite e quelle dei ragazzi in particolare che nascono, crescono e diventano adolescenti, accompagnati sempre dal fidato amico ‘smartphone’ dal quale difficilmente si separano.

In un contesto come questo, è evidente che i genitori devono fare i conti con qualcosa per cui non hanno un’esperienza diretta, non possono contare su quanto è stato loro insegnato né sulla loro esperienza di vita. Tutto questo rende le cose molto più complicate, mettendo i genitori in una posizione difficile la cui educazione ‘classica’ non basta più ma deve essere integrata e supportata da qualcos’altro.

Vediamo come insegnare ai nostri figli l’uso corretto dei dispositivi digitali e di Internet. Evidenzio alcune regole che devono essere applicate quando sono ancora piccoli.

La cosa più importante che avviene nei primi due anni di vita del bambino è l’instaurarsi di un profondo legame con i genitori”, dice il dott. Kenneth Ginsburg, portavoce dell’Accademia Americana di Pediatria.
Tale legame diventa più forte quando i genitori parlano, giocano e leggono insieme ai loro bambini. E come sanno molti genitori, i bambini con cui si legge regolarmente imparano ad amare la lettura, cosa che risulta di grande valore.

Oggi senza dubbio è importante per la vita dei giovani e il loro futuro saper utilizzare la tecnologia, ma ancora di più è saperla governare. Se però vi rendete conto che i vostri figli si stanno facendo prendere troppo dal computer, dai videogiochi, da Internet e da cose simili, sarebbe bene aiutarli ad ampliare i loro interessi. In che modo? Perché non proponete loro di coltivare un hobby, imparare a suonare uno strumento o fare qualunque altra cosa sana che risulti diversa, coinvolgente e stimolante?

Un’attività scelta con attenzione può fare molto di più che rigenerare. Può aiutare un ragazzo a coltivare pazienza, tenacia, autocontrollo e creatività: tutte qualità fondamentali per riuscire nella vita, dove i problemi non si risolvono sempre con un click.

I ragazzi non devono percepire che il genitore demonizza la tecnologia, il videogioco o lo smartphone, ma comprendere che devono occupare il giusto posto nelle loro vite, anche quando saranno adulti. E’ chiaro che gli adulti devono essere i loro principali esempi, anche se purtroppo non sempre è così.

Il grande problema è: come può un genitore aiutare ed educare il proprio figlio se nella maggioranza dei casi non conosce affatto neanche i principi basilari che governano i dispositivi che usano? Come possono dare delle regole se non conoscono nulla del mondo digitale?

La cosa migliore che un genitore può fare è ‘interessarsi’ e chiedere a suo figlio di spiegargli come usare una certa app o un social. Questo creerà un legame forte, farà intendere al figlio che si è interessati al suo mondo e pian piano sarà lui stesso a lascarci entrare.

Cosa causa quasi sempre liti in famiglia? L’iperconnessione, ovvero ‘stare connessi molte ore facendo un uso non corretto dello strumento’, e purtroppo di questo problema non ne sono affetti solo gli adolescenti ma anche gli adulti, i genitori stessi che dovrebbero essere il modello e la guida dei loro figli.

Il Prof. Federico Tonioni Psichiatra e Psicoterapeuta – responsabile dell’area delle Dipendenze da Sostanze e delle Dipendenze Comportamentali della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, in una sua intervista afferma: “non c’è un quantitativo di ore limite, ma la tendenza a passare sul web più tempo possibile.  Non parlerei di dipendenza da web nei bambini e negli adolescenti perché la mente infantile e quella adolescenziale non è in grado di strutturare delle dipendenze, ma delle fasi di abuso”.

È importante sottolineare che il sintomo più grave non è l’iperconnessione; gli adolescenti hanno diritto a iperconnettersi per eludere la solitudine.

Gli smartphone hanno cambiato il modo di vivere lo spazio, il tempo e parole come capacità di attesa e di stare da soli sono considerate la prima come perdita di tempo – ormai c’è il tutto e subito – e la seconda come un problema, quando in realtà non lo è” .

Se un bambino o un adolescente trascorre troppo tempo davanti al suo smartphone o al tablet, alla base c’è sempre un problema che non riguarda il figlio stesso bensì i genitori. Il problema è genitoriale non adolescenziale.

La tendenza sempre più evidente quando un genitore si trova con un figlio che trascorre molto tempo davanti ad uno schermo, magari per giocare o chattare, è quella di colpevolizzare l’iperconnessione e come conseguenza quasi naturale è cadere in dinamiche di controllo.

Scattano punizioni, divieti e spesso assistiamo a scene in cui il genitore strappa letteralmente lo smartphone o il pad della play station dalla mano del figlio. Questo è uno dei punti più difficili e controversi, gestire il tempo dei nostri figli davanti ai loro smartphone e videogiochi.

Come affermano gli ‘esperti’ questo è sbagliato perché le ‘regole’ che un genitore stabilisce non devono avere l’obiettivo di ridurre il figlio all’obbedienza perché se ‘obbedisce’ in modo passivo senza comprendere le motivazioni questo porterà ad un accumulo di risentimento e rabbia che da qualche parte sfocerà.

Quindi la soluzione non deve essere basata su regole fredde e rigide ma sulla fiducia verso il proprio figlio. Questo ovviamente non significa che non devi dare punizioni che gli permetteranno di capire che nella vita quando si sbaglia ci sono  sempre delle conseguenze.

Interessante un passaggio sempre del Prof. Tonioni:

La vera distanza che i genitori hanno nei confronti dei figli sono i propri sensi di colpa inconsci e inconsapevoli. Se c’è un adolescente da una parte c’è un genitore in crisi dall’altra. Guai a togliere il computer di forza ad un figlio!

Le regole non servono a vincere sui figli ma devono servire a fare trattative. Nella trattativa non c’è mai assenza genitoriale: nel dare un ordine, uscire di casa e pensare ad un’altra cosa invece sì.
La trattativa finisce quando si arriva al compromesso, al massimo sforzo possibile da parte di entrambi. Solo allora c’è crescita.

Alla base c’è sempre un motivo affettivo, mai cognitivo. Se internet viene usato come strumento di controllo da parte del genitore e quindi da parte mia e tua, abbiamo già perso in partenza. ‘Se ci sediamo accanto a nostro figlio per far finta di giocare con lui ed è evidente che ci annoiamo, pensi davvero che non se ne accorga? Poi però pretendi che ti dica tutto e che ti renda partecipe della sua vita on line?’

Credo invece che il genitore debba dare l’esempio, anche e soprattutto in questo nuovo ruolo di educatore digitale. Dobbiamo adattarci, informarci, studiare e prepararci, alfabetizzarci perché non possiamo pensare di essere una guida se non conosciamo bene l’argomento.

Fino a qualche anno fa il genitore sapeva bene quale fosse il suo ruolo, quello di educare e sfruttare la sua esperienza trasmettendo equilibrio emotivo, sicurezza e punti fermi, tutti aspetti che permettono al figlio di crescere con una forza emotiva equilibrata e sana.

Oggi il genitore si trova ad affrontare le sue insicurezze e quindi a riversarle sui propri figli arrivando a sentirsi quasi inadeguato al ruolo, perché distratto da una tecnologia che fondamentalmente lo spaventa.

Io credo, come genitore, che chi soffre veramente di dipendenze tecnologiche e iperconnessione non sono i nostri figli (che in qualche modo si rifugiano in questi strumenti che ‘conoscono bene’) ma sono i genitori che viceversa non sanno nulla o poco e spesso li usano in maniera assolutamente errata.

Il punto è: come può un genitore insegnare e spiegare regole chiare per un uso consapevole e corretto dei media digitali se lui stesso non è in grado di farlo?

Come può un genitore parlare di patologie come il ‘ritiro sociale‘ e ‘web addiction‘ o fenomeni come il sexting, cyberbullismo, vamping, like addiction se non conosce nemmeno il significato di questi termini?

E come può essere il consigliere e guida se non riesce a capire se è affetto lui stesso da nomofobia, ormai riconosciuta come una vera e propria malattia, ossia la paura di rimanere sconnessi, che rende vulnerabili e insicuri?

Se parliamo di bambini iperconnessi bisogna pensare che il punto non sta nell’iperconnessione ma in nuove forme di assenza genitoriale.

“Troppo spesso ci facciamo sostituire come presenza fisica dai tablet e dai telefonini. Se voi date un tablet a un bambino sentirete un genitore che dice: “mio figlio davanti al pc non si vede e non si sente” (Prof. Federico Tonioni). Un genitore dovrebbe chiedersi perché non ha voglia di giocare insieme ai figli con il tablet per evitare che lui lo usi per consolarsi.

Il massimo per un bambino non è il tablet ma è giocare con il genitore con il tablet o la play. Ma diciamoci la verità: quante volte hai negato a tuo figlio di giocare con lui perché non ne avevi voglia? Allora il tablet o la play station diventano le babysitter tecnologiche.

“L’esempio che diamo come genitori nell’uso della tecnologia non è un modello che permette a questi ragazzi di dare valore per esempio al tempo e alla noia. In qualche modo, per la prima volta, ci troviamo in una modalità dove i ragazzi conoscono la tecnologia più dei genitori”. [Prof. Giuseppe Lavenia]

I genitori hanno un ruolo importante, sono i primi insegnanti e i più importanti, ma non si può insegnare se non si conosce la materia, “se non impariamo a conoscere in profondità la grammatica emotiva dei nostri adolescenti”.

Un genitore non può demandare alla scuola, ai professori o ad altri quello che è un suo dovere, educare suo figlio. Mi rendo conto che stiamo parlando di un tipo di educazione a cui non siamo abituati e che richiede sforzi a volte anche notevoli.

I nostri stessi figli molto spesso ci vedono, e a ragione, come degli “immigrati digitali”, troppo distanti per capire il loro mondo, il loro linguaggio. La distanza digitale che ci separa con i nativi digitali sta diventando anche una distanza relazionale.

Virtuale è reale: quali strategie mettere in campo?

Come spesso accade la soluzione è semplice e davanti ai nostri occhi.
Quello che devi fare caro genitore, è armarti di umiltà, prenderti del tempo, e sederti al fianco di tuo figlio. Chiedigli di farti da formatore, di insegnarti tutto quello che hai bisogno di sapere. L’illusione del controllo grazie alla tecnologia è solo un’illusione appunto ma non porta a nessun rapporto duraturo, a nessuna relazione produttiva e sana.

Invece di andare a controllare i profili social dei nostri figli, chiediamogli di farci partecipe in quello che fanno, avviciniamoci e impariamo da lui. Trasmettiamogli la fiducia che abbiamo in lui o in lei e pian piano le porte dei nostri figli si apriranno da sole.

Spesso ci lamentiamo che i nostri figli non ci parlano, non si confrontano; come dargli torto!
I nostri figli non si sentono capiti ne ascoltati!

La parola più usata dai genitori è: “un attimo!”.  Siamo la generazione dei genitori dell’attimo…
Il mostro da combattere non è la tecnologia ma l’assenza genitoriale, la mancanza educativa e l’autorevolezza degli adulti. E questi sono solo alcuni dei problemi più gravi da risolvere, prima ancora di proteggere bambini e ragazzi.

Parte di questo articolo è stato estratto dalle considerazioni fatte nel manuale tecnico Organizzativo e Operativo di Prevenzione e Contrasto al Bullismo, al Cyberbullismo e a ogni forma di disagio per l’Istituzione Scolastica.

Ho l’onore di far parte del Team tecnico dell’Associazione Pre-Occuparci il cui Presidente e ideatore di questo manuale è il Prof. Giancarlo Pavano.

“Oltre a sintetizzare l’impegno e la sperimentazione presenti in molte realtà scolastiche del nostro Paese, fornisce un quadri di riferimento per orientarsi negli aspetti normativi, giuridici, formativi e psicologici correlati al Bullismo e Cyberbullismo”. 

>>>Se desideri avere informazioni su come ottenere questo Manuale, ti invito a scrivermi in privato.

Crismer La Pignola

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