La “Nascita di Venere” è uno dei dipinti più famosi e apprezzati del Rinascimento, sicuramente perché incarna l’ideale di bellezza suprema che innalza l’animo verso spazi sterminati, ma forse anche in quanto cela dei significati nascosti che ancora oggi critici e studiosi cercano di ricostruire.
Una delle storie più belle e appassionanti di quel periodo è l’amore che nasce tra Simonetta Cattaneo e Giuliano de’ Medici, nonostante sia ostacolato dal fatto che la donna è sposata con Marco Vespucci, pertanto legata a una famiglia potente di Firenze.

Un occhio attento, conoscitore della storia fiorentina, potrebbe individuare nel dipinto i due amanti, abbracciati, raffigurati come esseri sovrannaturali che, alati, stanno per lasciare questa terra.
Il destino asseconda i loro sentimenti in quanto gli dona, nella morte, l’unione che la vita non gli ha permesso. Difatti Simonetta muore il 26 aprile 1476 e Giuliano la seguirà esattamente due anni dopo, il 26 aprile 1478.

Molti  poeti hanno scritto componimenti sulla bellezza di Simonetta e sul sentimento che l’ha unita a Giuliano. Tra tutti è da ricordare il seguente sonetto di Bernardo Pulci:

Brano tratto da “La Diva Simonetta – la sans par”
“Lavorò per delle ore mentre fuori imperversava la guerriglia, incessantemente, tracciando dapprima dei segni scomposti sul lino. Presto le figure presero forma, andando a completare l’armonia della composizione, resa ancora più placida dalla baia marina di sfondo. La storia era destinata a rimanere impressa in quell’opera d’arte per lunghi secoli. Ma era il nostro presente che diventava indelebile forse per l’eternità.
Sulla sinistra della dea sorgente dal mare comparvero due figure alate, forse due angeli, abbracciati in una unione inscindibile. Riconobbi i due amanti, Simonetta e Giuliano saliti in cielo a causa delle loro morti premature, ma finalmente uniti nell’amore reciproco. Accarezzati dal vento e circondati da fiori amorosi, si erano ormai ricongiunti per non lasciarsi mai più.”

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