Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Pedagogia del corpo e dello sport, Appunti di Pedagogia

Pedagogia del corpo e dello sport riassunti

Tipologia: Appunti

2018/2019
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 12/09/2019

rebecca-mennillo
rebecca-mennillo 🇮🇹

4.5

(13)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Pedagogia del corpo e dello sport e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Corpo e pedagogia In Occidente, il corpo è stato sottoposto ad un triplice regime: di opposizione dell’anima, di negazione dei suoi diritti e di controllo etico. I dispositivi si sono spesso sovrapposti, venendo a costituire un marchio dell’Occidente e del suo modo di interpretare il corpo nel suo vissuto sociale. Solo nel corso del ‘900 si è realizzata una vera rivoluzione del corpo che ha rimesso al centro del pensiero filosofico e delle scienze umane la corporeità. Il riscatto antropologico è stato guidato dalla psicoanalisi ma anche da filosofie come la fenomenologia. Il riscatto sociale, invece, si è attuato a partire dai mutamenti avvenuti nel lavoro e nel mercato. Infine, quello tecnologico, contrassegnato dalla simbiosi tra corpi e farmaci, fra corpi reali e virtuali. Tutto ciò, ha prodotto un nuovo statuto del corpo, una sua centralità, complessità (corpo biologico, sociale), dialetticità. La rivoluzione novecentesca del corpo è avvenuta dentro una precisa nicchia sociale di una società democratica sempre più aperta, libera e plurale. Oggi, il corpo è conosciuto e valorizzato nella sua ricchezza a partire dai contributi di varie scienze. Il corpo è, nella nostra cultura, valore primario ma è ancora sottoposto a condizionamenti teorici (ruolo assegnato al corpo biologico) e pratici (con forme di cattura sociale come ad esempio la pubblicità). Pertanto, il corpo è centrale ma anche ambiguo. Su questo terreno della pedagogia del corpo, si impone un’idea di formazione che tenga conto del pluralismo della corporeità e dei dispositivi chiave: dialetticità ed ecologia. Una dialettica che guarda a produrre un sistema in quiete, ecologicamente interpretato e definito. Fra dialettica ed ecologia, c’è opposizione solo a livello logico ma, al servizio della formazione, l’opposizione si fa integrazione. Corpo nel mito La disciplina del corpo, affonda le sue radici nella cultura greca. L’uso della motricità corporea con finalità educative di tipo psico-fisico, si specializzerà in forme differenziate in relazione ai suoi impieghi: igienico, medico-profilattico, estetico. La cultura umanistica sembra intenzionata a riattribuire al corpo una rinnovata dignità; ma l’attenzione a ben vedere è più di tipo teorico. E’ nel 18° secolo che si creano collegamenti tra l’educazione fisica e le scienze. Si elaborano teorie finalizzate al potenziamento muscolare e al loro sviluppo. Se in questo clima di ritrovata dignità del corpo l’attenzione è rivolta più al suo studio che alla sua mitizzazione, è proprio in esso che si insinuano i germi di quel proliferare mitopoietico che ne attuerà la più disastrosa strumentalizzazione. Nel 20° secolo, l’immaginario collettivo, è dominato dalla figura dell’uomo forte, virile, che si esprime al meglio nel ruolo di cittadino/ginnasta/soldato. Le origini e la natura della cultura del corpo nella forma di ginnastica intesa in senso moderno, sono legate in tutta Europa alle rivendicazioni nazionali e da noi si intrecciano con le ideologie politiche del Risorgimento. Le arti del corpo, trovano una espressione privilegiata nell’ambito della gara sportiva: categoria mentale che la pedagogia occidentale ha fatto propria ma circoscrivendola esclusivamente all’ambito maschile, escludendone le donne fino ad epoca recentissima. Le attività motorie hanno avuto una forte incidenza nella costruzione dei sistemi simbolici di rappresentazione della differenza di genere: vi si legge con chiarezza l’uso ambiguo e strumentale dell’identità sessuale per l’edificazione della genealogia della superiorità maschile. Dunque, la prima strumentalizzazione del corpo, è quella che fa leva sulla differenza di genere. Le attività motorie hanno fatto un gioco di sponda con le teorie presunto-mediche che hanno preteso di amministrare il corpo delle donne, creando fittizi e strumentali collegamenti tra gli equilibri fisici e la dinamica delle attitudini e dei sentimenti. Risultato: una sistematica classificazione del sesso femminile dalla parte di ciò che è debole rispetto a un modello culturale che poneva sulla categoria della forza tutto ciò che è positivo. A cavallo tra 800/900, De Coubertin, concepirà il Movimento olimpico, prima ed unica pedagogia/filosofia moderna che intuisce e valorizza a pieno la concezione di corpo totale e collettivo. Il suo, appare uno sforzo di mediazione fra la concezione classica dell’uso del corpo e la ventata che investe la borghesia europea di quegli anni, di potenziamento del corpo. Attraverso lo sport, verranno connesse dimensioni plurime, coinvolgenti pressoché tutte le forme espressive e comunicative della società moderna. La pedagogia olimpica fa si che il gesto atletico-sportivo trasformi il corpo che lo esegue in un comunicatore politico: la pedagogia olimpica, non solo focalizza l’attenzione sul corpo, ma contende il primato di centralità al cosiddetto spirito. Purtroppo, difetta di un ben delineato supporto filosofico. Concezioni orientali del corpo In Oriente, il corpo è condizione necessaria per la conoscenza. Nel Taoismo, si parte dall’assunto che l’uomo e il mondo costituiscano una unità indissolubile e che si influenzino reciprocamente. Tutti i fenomeni partecipano a questo ordine di sviluppo che si realizza sotto l’influenza del tê, ossia la virtù, la forza spirituale. Affinché la virtù possa dispiegarsi, tutto deve svilupparsi liberamente e spontaneamente; questo ‘lasciar fare’, prende il nome di wu-wei, non agire. Il ‘non agire’, non esprime semplicemente una passività ma è espressione di una sintonia. Per il Taoismo, questa virtù non è da intendersi in senso morale, ma rappresenta una potenzialità propria di ogni cosa. Il Taoismo, ha poi sviluppato delle pratiche nelle quali, attraverso l’uso del corpo e una disciplina della respirazione, è possibile raggiungere un obiettivo specifico. L’Induismo sta ad indicare l’insieme delle credenze filosofiche, religiose e sociali, condivise dalla maggior parte degli indiani. Per l’Induismo, Dio realizza nell’uomo una sua limitata forma di esistenza. A questo Dio, l’uomo può unirsi attraverso specifiche pratiche: tra queste, lo yoga. Lo yoga rappresenta uno dei sei darsana (veduta) della filosofia indiana. Il primo a trascrivere i suoi principi, è stato Pantanjali che ha descritto l’essenza dello yoga e le sue tecniche fondamentali in 196 sutra. Lo yoga, può essere uno strumento per riportare le tre componenti dell’essere (corpo, mente, anima) alla loro unità originaria, unità che potrebbe rappresentare una risposta al malessere causato da fattori di crisi esistenziale. Lo yoga, non è un sapere ma uno stato da sperimentare e da vivere; faremo qui riferimento alla Via dello hatha yoga (via del corpo). E’ quello più conosciuto in Occidente: un’esperienza che impegna attivamente il soggetto il quale, sotto la guida di un maestro, persegue una conoscenza sempre più approfondita di se. E’ stata ideata da Shri Nathamuni che ha messo in evidenza la stretta relazione esistente tra vita e ricerca spirituale che rappresenterebbero una sola cosa. Proponendo la Via del corpo, Nathamuni ha operato una trasformazione nella tradizione dell’India, offrendo mezzi concreti attraverso i quali aprirsi alla spiritualità. Secondo Nahamuni, questa via consente di prendere contatto con la propria dimensione interiore, permettendo all’individuo di incontrarsi a livello sempre più profondo. La Via del corpo, consta di tre momenti interdipendenti: 1. Asana (coscienza del corpo) 2. Pranayama (integrazione di ciò che è mentale) 3. Dhyana (meditazione) • ASANA Viene utilizzato per indicare le posizioni dello yoga: Shavasana (supina), Tadasana (in piedi), Asana (seduta) Una seduta formale di yoga, inizia con il rilassamento di tutto il corpo mediante una postura di abbandono che viene mantenuta per circa 30 minuti. Il rilassamento viene guidato dall’insegnante: durante questa fase di rilassamento, il praticante fa esperienza della pesantezza del suo corpo. Il soggetto, deve essere attivo, lucido e abbandonato perché accolga il nuovo: il ‘nuovo’ è rappresentato dall’accorgersi, che significa divenire consapevoli. • PRANAYAMA Accentua gli effetti di asana: secondo Blitz, si agisce sulla colonna vertebrale per liberare energia di vita e creare, in tal modo, le condizioni per il buon funzionamento del sistema nervoso centrale. Sempre secondo Blitz, l’azione sulla colonna non può essere diretta ma deve essere graduale. La respirazione, è messa in primo pianola fine di divenire consapevoli; la parola pranayama significa proprio “non dispersione di energia”. La dispersione, avrebbe luogo con un movimento che va dal centro alla periferia; con pranayama, invece, il movimento è invertito e va dalla periferia al centro. • DHYANA E’ la postura della meditazione e rappresenta lo stato di relazione diretta con la propria coscienza. Nello stato di meditazione, cessa l’intervento del pensiero; perché la pratica abbia un senso, è necessario che essa si sviluppi a partire da un interrogativo. Prende così avvio un’indagine, una ricerca che può anche riguardare il motivo per cui si sta seduti in meditazione. Lo yoga, si propone quale finalità quella di far entrare il soggetto in relazione con la sua natura più profonda; il Se. Secondo Patanjali, si ha stato di yoga quando cessano i pensieri e si acquietano le fluttuazioni mentali. La Via del corpo, è una continua esperienza del vivere “qui ed ora”. Il Buddismo, affronta la questione del tempo ed arriva a conferire alla dimensione temporale del presente un carattere di completezza grazie alla nozione di anicca. Il gioco vero, colloca il bambino nella realtà presente con una forte carica motivazionale che lo rende capace di sostenere l’estemporaneità dei desideri e delle pulsioni. Il gioco è espressione della relazione Io-mondo: si rende dunque necessario rivedere il concetto di mondo del bambino. Nella visione puerocentrica, il bambino è al centro del mondo: attorno ad esso, ruotano la famiglia, la società, la cultura. Ma guardare il bambino in questo modo non è sufficiente: tutto il mondo che circonda il bambino entra dentro il bambino, viene da lui interiorizzato. In questo caso, il mondo del bambino è il mondo interiore. Per questo, è necessario sollecitare il bambino a comunicare il proprio vissuto, soprattutto nel gioco. Il gioco, però, non può essere soltanto occasione di elusione ma ha un senso molto più profondo: è un incontrare le persone per imparare a confrontarsi con la realtà. Pedagogia dello sport Lo sport, non è di per se educativo ne rappresenta sempre un’esperienza positiva: per riacquistare in pieno il suo potenziale educativo e formativo, la pedagogia affida allo sport quei compiti che gli sono propri. 1. Forma agonale – è parte essenziale delle competizioni sportive e non va demonizzata ne rifiutata ma ridisegnata entro un’ottica educativa come tensione a migliorare sempre se stessi. 2. Dimensione ludica – essendo la direzione ludica quella che indirizza lo sport, crea nel soggetto che lo pratica un dialogo costante tra le parti del se che il corpo attiva e sviluppa. Rivalità, forza, coraggio, vittoria, sconfitta, competizione, possono diventare, sempre in ottica pedagogica, occasioni di presa di coscienza delle molte facce di se e divenire momenti di riflessione. Sperimentare questi stati d’animo nello sport, aiuta a comprendersi e coordinare le proprie capacità in funzione dei risultati: essere consapevoli che lo sport è un gioco non vuol dire, però, che vi sia distacco ma, al contrario, coinvolgimento attivo, passione, motivazione. 3. Libertà e uguaglianza – in termini di libera espressione corporea e uguaglianza delle opportunità, questo significa non assoggettarsi al solo dominio della tecnica ma predisporsi ad accogliere la varietà dei linguaggi corporei. 4. Comunicazione – non in secondo piano, l’aspetto comunicativo dello sport, come momento di incontro e scambio fra culture, linguaggi, ideali e che produce quel senso di appartenenza e di identificazione collettiva. Lo stesso gioco di squadra accomuna nella gara, crea accordo e stabilisce un ‘contratto comunicativo’ tra i giocatori. Corpo e disabilità Mitologia, letteratura classica, iconografia medievale del 600/700 mostrano un’immagine negata, svalutata, occultata del corpo del disabile poiché malato, debole, deforme e perciò posto al limite dello spazio ideologico-culturale della città. La deformità era assimilata ad una colpa personale da espiare con l’infanticidio o l’abbandono; non potendo spiegare scientificamente la presenza di un corpo deforme, si faceva ricorso a spiegazioni che non avevano alcun ancoraggio scientifico. Nell’età moderna, comincia a profilarsi un approccio alla disabilità che poggia su conoscenze anatomi- fisiologiche, che mette in primo piano l’utilizzo dei sensi, risentendo della filosofia sensista di Condillac e degli studi sulla percezione di Berkeley che hanno influenzato l’esperienza, in ambito pedagogico di Itard. Certamente non manca in questa epoca un uso strumentale del corpo disabile. E’ il ‘900 che ha fornito un grande tributo alla rivalutazione del corpo con gli studi sulla psicomotricità: un cenno merita il contributo della Montessori e della sua pedagogia scientifica, dove la strategia di fondo faceva leva sulla stimolazione sensomotoria. Ciò ha condotto alla ribalta il ruolo del corpo nello sviluppo delle potenzialità e nei processi formativi della persona disabile. Importante come binomio corporeità/disabilità, il focus sul ruolo giocato dal corpo a partire dagli studi condotti intorno alla tipologia di disabilità, le paralisi cerebrali infantili o cerebropatie. Il contributo di Comparetti, risulta fondamentale: lo studioso rivela l’aspetto più propriamente sociale del movimento e della pratica abilitativa motoria. Così, l’attività motoria della persona con cerebrolesione, non beneficerà solamente dell’intervento tecnico abilitativo riabilitativo, ma avrà una ricaduta anche sulla strutturazione più generale della personalità del soggetto. Un ulteriore focus sul binomio corporeità/disabilità si può rilevare approfondendo il valore formativo della pratica sportiva per la persona con disabilità e il fenomeno sociale e culturale dei Giochi Paralimpici. L’ambito pedagogico-speciale, si sta infatti sempre più allargando oggi alle problematiche che emergono in relazione all’integrazione lavorativa, al diritto allo svago e al tempo libero, quindi, alla ricerca di una identità adulta per la persona disabile. Psicomotricità 3. Generalità Interviene su tutti gli aspetti della persona. Una prima corrente insiste sul recupero della funzionalità del movimento, un’altra si concentra maggiormente sulle dimensioni affettive ed espressive. Il termine compare in pedagogia intorno agli anni 60 rivolto al campo della crescita e apprendimento infantile, dalla nascita ai 6-8 anni. Nei primi anni di vita, il bambino dispone di un linguaggio che testa attraverso il movimento. In questa fase, la psicomotricità, può aiutare il bambino a superare la sua posizione egocentrica nei confronti della realtà in maniera da aprirlo alla socializzazione. In età scolare, invece (6-11 anni), vi sono significative evoluzioni nei processi di pensiero e socializzazione. La psicomotricità, ha sempre un impianto non direttivo ne giudicante e si concentra su ciò che il bambino sa fare anziché su ciò di cui è carente. Impiega tre modelli principali: riabilitativo/espressivo-creativo/intellettivo. 4. Setting psicomotorio Lo psicomotricista, osservando il bambino che gioca, ricava importanti indicazioni. Contemporaneamente, il bambino coglie nello psicomotricista, mentre gioca, un partner simbolico che gli restituisce la propria immagine attraverso l’uso di vari mezzi espressivi. Dato che con la nascita il bambino perde la simbiosi con la madre, il processo educativo deve prevedere tempi/spazi capaci di dare alla separazione il senso della conquista dell’identità. Nella sala di psicomotricità, oltre agli attrezzi di una normale palestra, troviamo mattoni di legno, palle, cuscini, essendo questa un contesto di raccordo tra aspetti cognitivi e affettivi. Il setting psicomotorio va strutturato in tre luoghi principali: 1. luogo del gioco psicomotorio 2. luogo del gioco simbolico 3. luogo del gioco rappresentativo Ciascun luogo, va poi strutturato nelle seguenti aree: 5. Area del gioco tonico-emozionale (relativa al tono muscolare) 6. Area del gioco pre-simbolico (relativa alla presenza di immagini interne che contribuiscono a rappresentare l’esperienza di se del bambino) 7. Area del gioco sensomotorio (si afferma attorno ai 2-3 anni, relativamente alla maturazione del sistema neurologico che consente al bambino di percepire di avere un corpo) 8. Area del gioco simbolico (si colloca il gioco di finzione) 9. Area del gioco di coordinamento (il bambino ricorre ad un uso efficace del movimento) 10. Area del gioco di rappresentazione astratta (si colloca la tendenza del bambino a rappresentare contenuti reali o immaginari) 10.1. Aree psicomotorie • Schema corporeo – capacità di rappresentarsi a livello mentale il proprio corpo. L’organizzazione procede attraverso tre tappe: corpo vissuto (0-3 anni)/simbolizzazione del corpo (3-6 anni)/elaborazione dello schema corporeo (7-12 anni) • Tono muscolare – filtro tra interno/esterno: è collegato alla circolazione, pressione e respirazione • Coordinamento e segmentazione – è di fondamentale importanza per la padronanza del proprio corpo e per il superamento dell’ansia • Lateralizzazione – la dominanza laterale, indica il lato del corpo che presiede al movimento fine o alla presa di forza più sicura (4 anni) • Orientamento spazio temporale – capacità di organizzarsi percorsi spaziali sempre più semplici e adeguati allo scopo prefissato • Equilibrio – capacità statica e dinamica di adeguata motricità • Ritmo – struttura mediante la quale il soggetto da forma agli apprendimenti nel tempo motorie, consentono ampie possibilità di trasferibilità e trasformabilità dell’esperienza motoria. E’ quindi possibile che l’azione si subordini all’autonomia intenzionale del soggetto per sostenere i suoi bisogni di produzione e creatività. Il movimento assume nuovo senso in ordine all’identità personale; alla base, non è più l’impulso o l’esigenza di scaricare tensioni: ciò che governa il movimento è il progetto personale (il movimento si fa prestazione). 10. Educazione al movimento L’educazione al movimento, ha come obiettivo la padronanza dell’agire e della condotta in ordine al divenire evolutivo della persona e alla costruzione dell’identità. L’educazione al movimento comporta la cura degli aspetti energetico-condizionali del movimento che si esprimono attraverso la forza dell’impulso ma che devono coordinarsi ad effetto e significato dell’azione perché il bambino possa conseguire la padronanza dell’azione stessa. Non meno importanti, gli aspetti coordinativi delle abilità di base che comportano il controllo del gesto. L’educazione al movimento, si orienta così alla conquista della competenza motoria. La dimensione espressiva del movimento, comporta una dominanza affettiva nella motivazione dell’agire. In quest’ambito, educare il bambino al movimento, vuol dire insegnargli ad avvertire e gestire i propri impulsi, ad esprimere e partecipare con i gesti il proprio mondo interiore, a scoprire gradualmente il proprio modo di reagire agli stimoli e alle situazioni. Grande importanza ha la cura delle attività ludico-simboliche e l’attenzione alle condotte aggressive. Rivalutare il corpo 11. Tatto, udito, vista - Tatto: è il primo a svilupparsi nella vita intrauterina. Ha a che fare con tutta la superficie cutanea fornita di migliaia di recettori sensoriali per centimetro quadrato. La pelle, che separa il mondo interno da quello esterno, rappresenta un vero e proprio organo che consente la comunicazione con l’ambiente. Si può quindi affermare che la nostra pelle non solo riflette lo stato psicofisico ma contribuisce a determinarlo. Prendendo in considerazione le modalità degli scambi interattivi tra madre e bambino, è stata avanzata una distinzione tra culture ad alto contatto ed a basso contatto. Le prime, hanno caratterizzato gran parte della storia dell’umanità prima dell’avvento dell’industrializzazione; la loro peculiarità è un forte, intenso e duraturo contatto fisico tra il corpo della madre e quello del bambino. Madre e bambino, per almeno i primi due anni di vita di quest’ultimo, sono considerati come un’unità, una simbiosi. Le seconde, si sono diffuse in seguito al processo di industrializzazione e sono tipiche del mondo occidentale. La nascita avviene in strutture mediche apposite ed il neonato è separato dalla madre per essere sottoposto a procedure di routine. L’obiettivo è la precoce autonomizzazione del bambino rispetto alle figure genitoriali e lo sviluppo delle capacità cognitive. Proprio per questo, gli scambi interattivi si basano prevalentemente sullo sguardo e sulla comunicazione verbale. Alla base di queste abitudini, vi è una visione meccanicistica della salute intesa quale assenza di patologia che, in caso di malattia, incoraggia il ricorso ai prodotti farmaceutici. Secondo Montagu, l’approccio occidentale è caratterizzato da esiti penalizzanti per quanto concerne i processi educativi profondi. - Udito: il senso dell’udito, impone all’ascolto e alla narrazione. Tomatis, giunse ad accorgersi della stretta connessione tra la voce emessa dai soggetti e le frequenze riconosciute dal loro orecchio. Questa, è la conferma del fatto che voce e linguaggio sono strettamente legati all’udito. Mise a punto una metodologia educativa e rieducativi che si proponeva di affrontare i disturbi dell’attenzione, dell’apprendimento, della relazione e della comunicazione, facendo riascoltare a bambini e adulti la voce registrata della madre ma privata delle frequenze gravi. Questo metodo si basa sull’assunto che lo schema corporeo di un individuo sia in diretta connessione con l’apparato vestibolare ed invita ad approcciare il corpo in quanto cassa di risonanza. - Vista: il 70% delle sensazioni di un individuo, è dato dalla percezione visiva la quale occupa l’area cerebrale più estesa tra tutti gli organi di senso. Schema corporeo e percezione visiva si influenzano reciprocamente. Alla nascita, le sensazioni visive sono rappresentate soltanto da macchie di luce e colore e da forme indistinte. La capacità di interpretare le sensazioni visive, esige una gran quantità di esperienze accumulate e una memoria in grado di ritenerle; questo processo di apprendimento, consta di una serie di fasi successive che vanno di pari passo con lo sviluppo della motricità. Tappe di sviluppo psicomotorie 12. Riflessi: nel momento in cui il bambino viene al mondo, son presenti alcuni riflessi innati. Salivazione/suzione/chiusura del pugno/riflesso tonico del collo. Prima della quinta settimana, compare l’espressività facciale Prima del terzo mese, il riflesso di marcia Prima del sesto, la presa volontaria sostituisce quella di presa automatica Prima del nono, appare il movimento di salita 13. Coordinazione del movimento e lateralizzazione: alla nascita, i movimenti del bambino sono grossolani. Durante il primo anno, è acquisita la coordinazione e la combinazione dei movimenti: questo processo, avviene attraverso quattro tappe. 0-3 mesi – bocca/occhi 3-6 mesi – capo/collo/spalle 6-9 mesi – tronco/braccia 9-12 mesi – parti periferiche Intorno al settimo mese, compare l’uso preferenziale della mano destra o sinistra, sebbene la lateralizzazione completa (che comporta oltre alla dominanza del braccio anche quella della gamba e dell’occhio), sia acquisita soltanto intorno ai quattro anni d’età. Dal settimo/ottavo mese, il bambino inizia a mantenere la stazione eretta. A nove, sta seduto e gattona. A partire dagli undici mesi, subentra l’esplorazione mediante occhi e dita. Ad un anno circa, il bambino si regge in piedi. 14. Tono nuscolare: la muscolatura del bambino, nella primissima infanzia, è caratterizzata da una diffusa ipertonia. Questo primo stadio, lascia il posto allo stadio delle reazioni sincretiche che permette di produrre movimenti associati degli arti e costituisce l’inizio della comparsa dei movimenti determinati, lateralizzati e non più massivi. Intorno ai tre anni d’età, il bambino ha raggiunto la maturità funzionale del suo sistema neuromotorio ed un certo equilibrio tonico. 15. Evoluzione sensoriale: • 1 mese – il bambino riconosce gli oggetti attraverso la vista • 2 mesi – il bambino inizia ad esplorare il mondo circostante • 4,5 mesi – si coordinano tatto e vista • 5 mesi – il bambino riconosce e reclama i propri giocattoli quando li vede allontanarsi • 6 mesi – il bambino riconosce i propri giocattoli ed esprime le sue preferenze • 7 mesi – il bambino prende consapevolezza della tipologia di oggetto, forma e peso • 8/9/10 mesi – il bambino acquisisce nozione di spostamento dell’oggetto e scopre la profondità • 11/12 mesi – il bambino riesce a seguire un oggetto in movimento con gli occhi • 15 mesi – il bambino manifesta interesse per le forme e si rappresenta l’orientamento delle linee • 18 mesi – il bambino acquisisce nozione di un percorso e manifesta memoria spaziale.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved