Sabarussa – Solarussa: area archeologica Pidighi

 

Area archeologica Pidighi, Solarussa

Il complesso archeologico esaminato nel presente lavoro  si trova presso il confine tra i territori comunali di Solarussa e Bauladu, al limite fra il Campidano Maggiore e le prime propaggini rocciose che da questo salgono verso l’altopiano di Paulilatino, in posizione intermedia tra le due importanti vie di penetrazione verso l’interno rappresentate dalle vallate del Rio Cispiri e del fiume Tirso. Questa fascia di raccordo e di passaggio tra diversi ambienti naturali ed economici, significativamente sottolineata dal tracciato della linea ferroviaria Oristano-Macomer nel versante di più facile ascesa, è punteggiata da un numero straordinario di nuraghi e abitati nuragici, distribuiti sul territorio con regolarità e nello stesso tempo con diverse modalità che corrispondono a esigenze strategiche e insediative diversificate nel tempo e nello spazio.

L’agglomerato nuragico principale è costituito da due nuraghi complessi (Muru Accas e Pidighi) coi relativi abitati e le rispettive fonti, che più avanti saranno oggetto di descrizione dettagliata. Nelle vicinanze sono stati individuati altri tre monumenti non segnati sulle carte topografiche, che ho denominato nuraghi Pidighi B, C e D. I terreni su cui sorgono gli ultimi monumenti descritti, così come molti altri terreni nei dintorni, sono stati spietrati recentemente con l’ausilio di mezzi meccanici. Certamente molte testimonianze archeologiche sono andate distrutte; infatti in tutta l’area esplorata non sono state rilevate tracce di strutture funerarie di epoca nuragica.

I nuraghi Pidighi e Muru Accas, posti su dossi appena rilevati alla quota di circa 95 metri sul livello del mare, distano circa 450 metri l’uno dall’altro ed hanno modulo planimetrico quasi identico: infatti entrambi sono nuraghi complessi ad addizione frontale con torre principale, cortile e torre secondaria in asse longitudinale, con bastione sporgente lateralmente ad angoli retti.

Il nuraghe Muru Accas è quello meno conservato, alto circa 4 metri sul crollo esterno. Entrambe le cupole sono crollate; alla camera principale si accede facilmente dall’alto, dal punto meno conservato della muratura in corrispondenza della nicchia di sinistra; l’andito mostra la scala sulla sinistra ma è privo della garitta sulla destra, mentre la camera possiede solo due nicchie strutturalmente e planimetricamente piuttosto differenti, disposte sull’asse trasversale. Il cortile e la camera secondaria sono pieni di massi di crollo e seminascosti dalle manomissioni recenti. Tutto intorno al nuraghe si intuisce la presenza di un abitato nuragico, persistito anche in epoche successive; tuttavia le strutture antiche sono state in gran parte distrutte o nascoste dai muri e dai recinti moderni. Nelle vicinanze del nuraghe Muru Accas si trovano almeno tre piccole sorgenti sistemate con strutture in pietra, una delle quali (circa 100 m a Nord-ovest del nuraghe) di epoca nuragica: sembra trattarsi di una spaccatura della roccia rivestita con due paramenti in blocchi isodomi, aggettanti a scala rovescia nel punto di convergenza.

Il nuraghe Pidighi si presenta in discrete condizioni. La torre principale è alta circa 6 metri sul crollo esterno, con la cupola principale conservata fin quasi alla sommità. Il cortile è pieno di blocchi di crollo fino all’altezza del finestrino di scarico dell’ingresso alla torre principale, così che si può accedere alla camera solo con difficoltà, attraverso la scala elicoidale ingombra di macerie; quest’ultima ha copertura ogivale e regolare andamento antiorario. La camera presenta una tipologia canonica a pianta rotonda con andito d’ingresso e tre nicchie disposte simmetricamente in croce. Nella parte superiore della torre principale, sul lato destro, è ricavato un ripostiglio troncoconico. La cupola della torre secondaria, parzialmente danneggiata dai crolli, è stata restaurata con strutture recenti.

Sul dosso roccioso intorno al nuraghe Pidighi, per un raggio di almeno 50 metri sono chiaramente visibili, tra gli affioramenti basaltici e la boscaglia, i resti del villaggio nuragico . La struttura poderosa di alcuni edifici rotondi marginali e la stessa conformazione dei ruderi formanti una sorta di corona periferica rialzata suggeriscono l’ipotesi che si tratti di un villaggio fortificato, delimitato da una muraglia provvista di un numero indeterminato di torri rotonde. Questa supposta fortificazione perimetrale sembra analoga ad alcune cinte murarie che circondano gli abitati adiacenti a numerosi nuraghi semplici o complessi; nella provincia di Oristano, gli esemplari più noti e imponenti sono dati dalle grandi muraglie esterne dei nuraghi Losa di Abbasanta, Santa Barbara di Bauladu, Santa Marra di Busachi e Iloi di Sedilo; alcune cinte murarie sono di tipo ciclopico e di percorso piuttosto sinuoso, altre sono più regolari e provviste di un numero limitato di torri circolari.

All’esterno della presunta muraglia turrita che circonda il nuraghe Pidighi si distendono numerose altre strutture circolari e alcuni lunghi tracciati murari rettilinei o serpeggianti, che raccordano o separano i vari am- bienti o settori periferici dell’abitato; alcuni muri ortogonali potrebbero risalire ad epoca romana o medievale.

Nel corso dei lavori di rifacimento dei vecchi muri a secco e di sistemazione del piazzale di sosta all’esterno dell’ingresso del parco comunale di Solarussa, circa 80 metri ad Est del nuraghe Pidighi, è stata prosciugata e ripulita una piccola area acquitrinosa dove era nota la presenza di una sorgente; è stata così scoperta la fonte nuragica denominata Mitza Pidighi, successivamente sottoposta a due campagne di scavo che ne hanno con- sentito la valorizzazione all’interno del parco comunale . La fonte è composta da un corpo principale a ferro di cavallo e da un recinto anteriore di cui resta un settore di pianta pressappoco semicircolare.

Planimetria fonte nuragica Mitza Pidighi
Planimetria fonte nuragica Mitza Pidighi (Usai 1996: 18, tav. 4)

Il corpo principale è costituito da una robusta muratura con abside posteriore e due fiancate laterali che racchiudono un vano pressappoco trapezoidale, in origine probabilmente scoperto. Le murature esterne sono costituite da blocchi basaltici di medie dimensioni, appena sbozzati, disposti in filari abbastanza regolari; la fronte rettilinea del vano interno è costruita con blocchi isodomi perfettamente squadrati e combacianti, mentre i paramenti interni delle fiancate presentano, nel tratto più vicino alla parete di fondo, blocchi di forma parallelepipeda quasi regolare ma non rifiniti. Il pavimento del vano interno è composto da lastrine irregolari di basalto giustapposte, poggiate su un letto impermeabile di argilla rossa o nera; sul lato destro le lastrine sono sostituite da una serie di blocchi rialzati che costituiscono il basamento di un sedile formato da tre (in origine forse quattro) lastre irregolari; invece sul lato sinistro, sopra il pavimento sopra descritto si notano alcune lastre orizzontali sottili e regolari, ben connesse e poggiate su uno straterello di argilla, che sembrano interpretabili come resti di un secondo lastricato sovrapposto al primo pavimento. Lo scavo di una buca nella parte terminale del vano e di una trincea longitudinale, effettuato in tempi recenti allo scopo di facilitare il prelievo e il trasporto dell’acqua ai vicini abbeveratoi, ha provocato l’asportazione quasi totale del lastricato superiore e la distruzione di una parte del pavimento inferiore, della cui esistenza è indizio una lastrina rimasta incastrata nelle murature all’angolo nord-occidentale del vano.

L’acqua che ancora oggi sgorga dalla fonte giunge dalle pendici dell’altopiano a Nord, viene raccolta entro una serie di condotte protette da una struttura in pietre grezze dietro l’abside, quindi fuoriesce in una minuscola celletta parallelepipeda aperta con una finestrella rettangolare al centro della parete di fondo del vano interno; l’architrave della finestrella è sagomata inferiormente ad archetto ribassato, perfettamente coincidente con gli stipiti. L’ultimo tratto della condotta, di sezione ellittica, è ricavato per metà nella lastra di fondo della celletta e per metà nel lastrone di base; quest’ultimo presenta una vaschetta emisferica e un incavo sul bordo anteriore. La canaletta, che doveva raccordarsi al lastrone, è costituita da elementi basaltici monovalvi perfettamente congiunti e saldati con colate di piombo; dopo la breve lacuna iniziale si segue ininterrotta e leggermente serpeggiante per almeno 20 metri. All’interno del vano della fonte, la canaletta è inserita nel pavimento inferiore a piccole lastrine e, come quest’ultimo, doveva essere coperta dal supposto lastricato superiore.

È notevole la perizia messa in atto nella costruzione della fronte rettilinea, del pavimento lastricato e della canaletta: tutti gli elementi sono poggiati su uno strato di argilla rossa o grigia impermeabile e compatta; mal- grado ciò si registra un dislivello di alcuni centimetri fra l’incavo della vaschetta e la canaletta, dovuto forse a piccoli cedimenti della struttura.

Un elemento degno di nota è rappresentato da una lastra, attualmente posta in giacitura obliqua sul paramento interno della fiancata destra del corpo a ferro di cavallo. La lastra ha forma alquanto irregolare e sezione rettangolare, ma la sua faccia superiore spianata reca al centro un incavo ellissoidale basso e piatto il cui contorno regolare, sottolineato da una leggera scanalatura periferica, è stato successivamente sbrecciato. Pur non potendo precisare l’originaria funzione del blocco e dell’incavo, le singolari caratteristiche esposte fanno supporre che la lastra fosse originariamente collocata altrove e successivamente sia stata riutilizzata o semplicemente poggiata sopra il muro laterale destro.

Come si è accennato, davanti al corpo a ferro di cavallo esiste un recinto attraversato dalla canaletta, la cui pianta complessiva attualmente non è determinabile in quanto ne resta solo il settore sinistro pressappoco semicircolare. Lo scavo ha messo in luce un muro arcuato spesso circa un metro, che parte dall’estremità della fiancata sinistra; inoltre due blocchi in situ all’estremità della fiancata destra del corpo principale suggeriscono l’esistenza di un secondo muro simmetrico al primo. Purtroppo il settore a destra della canaletta è apparso sconvolto a causa degli interventi di captazione dell’acqua sorgiva; la prosecuzione dello scavo non ha confermato l’ipotesi prospettata.

Invece il settore a sinistra della canaletta, sigillato dallo strato di crollo e dal muro moderno di recinzione, si è conservato perfettamente. Lo spazio compreso tra il muro arcuato e la canaletta  è suddiviso in due settori ineguali da un lastrone ellissoidale orizzontale, poggiato su una piattaforma di pietre e lastre irregolari ed orientato obliquamente rispetto all’asse della canaletta; inoltre alcune pietre ben disposte collegano la piattaforma al basamento, assai irregolare e sporgente, del muro arcuato del recinto. I margini del lastrone sono abbastanza regolari, mentre la superficie superiore, che già affiorava dal piano di campagna, è assai degradata; ad un’estremità essa mostra una leggera concavità, che potrebbe non essere opera umana. Per la sua conformazione e per la sua connessione col recinto, il lastrone può essere ipoteticamente interpretato come altare.

Sia il basamento del muro arcuato che la piattaforma del lastrone-altare poggiano su una massicciata assai compatta costituita da ciottoli e argilla nera, che finora è stata messa in luce solo nel settore settentrionale e centrale del recinto. Lo straterello di frequentazione sovrapposto alla massicciata, assai ricco di ceramica nuragica, si insinua profondamente sotto il basamento del muro arcuato e sotto la piattaforma del lastrone; pertanto è evidente che la delimitazione del recinto e la costruzione della piattaforma col lastrone-altare intervennero in una fase successiva alla sistemazione della massicciata davanti al corpo a ferro di cavallo. A sua volta, il piano di calpestio della massicciata è situato ad una quota più alta di circa 20 centimetri rispetto alla canaletta; è probabile che il dislivello fosse colmato da una serie di lastre poste a copertura della canaletta, in analogia col lastricato superiore supposto nel vano interno. Allo stato attuale della ricerca non è possibile stabilire se la massicciata accompagnasse fin dall’inizio il primitivo corpo a ferro di cavallo, né se la sistemazione del recinto anteriore e il presunto secondo pavimento del vano costituiscano interventi distinti o un’opera unitaria di ampliamento e ristrutturazione; per confermare le ipotesi proposte sarà necessario attendere il completamento dello scavo e la precisa correlazione delle varie unità stratigrafiche.

Fonte: USAI A. 1996, Gli insediamenti nuragici nelle località Muru Accas e Pidighi e la fonte nuragica “Mitza Pidighi” (Solarussa – OR). Campagne di scavo 1994-1995, in Quaderni della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, 13, pp. 45-71.

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