Domus de janas di Campu Majore, Busachi
di Ginetto Bacco
Nel quadro noto dell‘architettura ipogeica prenuragica della Media Valle del Tirso, la necropoli a domus de janas di Campu Majore–Busachi, nella regione storica del Barigadu, si configura senza dubbio tra le più ragguardevoli sul piano monumentale, vuoi per la densità numerica delle grotticelle rappresentate, vuoi per il composto assetto aggregativo che le caratterizza .
Il complesso tombale, introdotto in letteratura già nel primo Novecento, ma non mai fatto oggetto di trattazione esaustiva, ricade, come noto, quasi a ridosso dell‘odierno agglomerato urbano, al piede del rilievo trachitico di Tungóri– Corte ‘e jana, dove la necropoli si distende per una lunghezza di circa 150 metri, articolandosi complessivamente in ventiquattro ipogei, violati ab antiquo. Essi si aprono a vista, divisi da brevi intervalli e distribuiti ora a livello di campagna, ora anche in posizione rilevata e su piani sovrapposti, come non è infrequente negli analoghi contesti funerari a più alta densità insediativa. In tal caso, l‘accesso agli ipogei si realizza con l‘ausilio delle consuete pedarole elo gradini, che integrano le asperità favorevoli del fronte roccioso, come nel settore delle tombe III–VIII, i cui spazi esterni di raccordo mostrano di essere stati adattati alle esigenze funzionali del luogo di culto.
Le grotticelle artificiali di Campu Majore, come tutte le altre del territorio di Busachi e delle aree contermini, restituiscono il diffuso tipo planimetrico a proiezione longitudinale, che vede la successione in asse di anticella e cella maggiore, precedute o meno da atrio o da dromos ed arricchite da eventuali vani sussidiari.
Il quadro icnografico complessivo si compone di un apprezzabile ventaglio di stesure planimetriche sostanzialmente semplici, in quanto improntate a schemi tipologici elementari, che vengono tradotti nella roccia in forma essenziale, dando luogo ad ipogei di modesto sviluppo complessivo. Le stesure più articolate, quando registrabili (domus II e VI), non appaiono in nessun caso complesse alla maniera di taluni dei più noti ipogei delle aree centro–settentrionali dell‘Isola: a titolo esemplificativo, la tomba VII di Molia–Illorai, che conta diciasette vani“, la “tomba del capo” di Sant‘Andrea Priu–Bonorva, che ne conta diciotto, la tomba Maggiore di S‘Adde Asile Ossi, che ne contempla venti.
Le iconografie ipogeiche di Campumajore, tralasciata la tomba IV, di tipo monocellulare a forno, possono di fatto essere ricondotte ai seguenti schemi di base:
- schema bicellulare di gusto curvilineo, con anticella piccola e cella maggiore sul fondo (domus I), che in un caso si arricchisce di atrio (domus XVI);
- schema bicellulare di gusto retto–curvilineo, con anticella piccola seguita da cella rettangolare espansa in senso trasverso (domus XIII–XV, XVII); esso si amplia a comprendere altre articolazioni ambientali ( atrio nella domus IX e nicchione laterale nella camera maggiore della domus XII), dando luogo ad un impianto embrionale a T;
- schema bicellulare di gusto marcatamente rettilineo, con celle sepolcrali rettangolari o trapezoidali di notevole espansione, precedute, nella maggior parte dei casi, da anticella di pari ampiezza e configurazione (domus V, X, XI, XX–XXI, XXIII–XXIV), ovvero da dromos (domus VIII); – schema pluricellulare complesso (domus II e VI).
La necropoli può dirsi principalmente caratterizzata dalla presenza delle grotticelle di impianto rettilineo, che, pur impostate, come detto, su un numero limitato di vani d‘uso, forniscono alla pratica funeraria spazi di ampio respiro e di esecuzione curata, delimitati da pareti verticali rigide assai pronunciate in elevato, le quali incontrano soffitti piani o più spesso spioventi ad unica falda verso l‘esterno. Ciò, quale nota costante, nelle ariose anticelle trapezoidali, che, provviste in genere di nicchietta votiva parietale sopraele vata sul pavimento, introducono, attraverso portelli inquadrati da cornici multiple recanti tracce di rosso, alle celle di fondo più propriamente sepolcrali (domus VIII, XXIII–XXIV). Merita evidenziare la presenza di tale dettaglio architettonico che, in connessione con il marcato sviluppo longitudinale degli ipogei, consente, come noto, di proporne il relativo inquadramento nell‘am bito della cultura Abealzu–Filigosa”.
Appare tipologicamente significativa, in tale direzione, anche la tomba V, che si apre all‘esterno con ampio portello rettangolare e si compone, nel nucleo principale, di due ampie celle di pari configurazione ed espansione, disposte lungo l‘asse longitudinale in senso trasverso, quasi contrapposte e giacenti sullo stesso piano. La tomba ricade nel già richiamato settore “distinto” della necropoli, nel quale convergono, distribuite su due piani, anche le domus III, IV, VI, VII e VIII, quest‘ultima prospettante all‘esterno con dromos di pregevole fattura, parzialmente coperto e preceduto da gradini, dotato nel pavimento di due fossette votive, delle quali una con canaletto di deflusso di eventuale liquido per offerte.
Nello stesso segmento areale, si segnala, invece, per lo sviluppo pluricellulare centripeto, l‘ipogeo VI, la cui camera centrale oblunga, provvista, pur essa, insieme alla minuscola anticella, di fossetta votiva nel pavimento, è interessata dalla presenza di stilizzazioni architettoniche, quali una modanatura orizzontale, uno zoccolo basale e paraste verticali a rilievo piatto sulla parete.
Tra le iconografie di impianto rettilineo più elaborate si distingue, un po‘ atipica, la stesura della tomba II, nota per il suo ampio atrio a padiglionelo, il quale è da intendere verosimilmente derivato, già in antico, dalla fusione di due tombe contigue, le cui anticelle, una con soffitto piano, l‘altra con sof fitto spiovente, possono aver dato luogo ad un unico ampio vestibolo, che si arricchisce, nel fianco sinistro, di due nicchiette per offerte e di una coppella ellittica.
Nel quadro degli elementi connessi con la sfera della ritualità funeraria (fossette o focolari nei pavimenti, nicchiette votive e coppelle mammillari alle pareti, tracce di colore rosso nelle scorniciature dei portelli), non possono essere tralasciati, pur nella brevità di questa sede, almeno altri due motivi di spiccata valenza decorativo–cultuale.
Nella tomba IX si apprezza, infatti, all‘interno della cella maggiore, in asse con l‘ingresso, la presenza di una falsa porta associata a corna taurine, incassata nella parete di roccia e ricoperta di rosso nella relativa cornice; ai suoi lati si disegnano con leggera incisione due riquadri minori, mentre una banda rettangolare, pur essa con tracce residue di colore, corre lungo il sof fitto, apparentemente interrompendosi in corrispondenza della falsa porta.
Nella tomba XII, infine, all‘interno della cella maggiore, si disegna con l‘ocra rossa una teoria di piccoli triangoli equilateri, che si giustappongono con ordine a comporre una banda orizzontale mediana nella parete di fondo.
Per la necropoli prenuragica in esame non si dispone, al momento, di dati stratigrafici di scavo“, né di documenti materiali di pertinenza dell‘orizzonte preistorico, utili a delineare un inquadramento culturale attagliato del medesimo complesso.
Sulla scorta dei soli dati tipologici disponibili, senza entrare nei dettagli dell’analisi comparativa, ci si limita ad osservare, in questa sede, che gli stessi dati icnografico-strutturali, non disgiunti dagli elementi connessi con la sfera cultuale, orientano per confronti delle grotticelle funerarie di Campumayore con le più note architetture ipogeiche delle aree centro-settentrionali dell’I sola, indiziando, per il nucleo più rappresentativo della necropoli, momenti evoluti dell’ipogeismo prenuragico, quali espressi dalla Fase III del percorso evolutivo delineato, al riguardo, da Vincenzo Santoni’, dunque in corrispon denza con tempi dell’Eneolitico avanzato.
Gli ipogei si conservano oggi totalmente privi di deposito culturale. Fa eccezione, comunque, la tomba X. che presenta la camera di fondo interrata per un oltre un terzo dell‘altezza, rivelandosi, dunque, merite vole di indagine stratigrafica. Non sono riferibili all‘orizzonte preistorico, ma a rifrequentazione di età storica, plausibilmente altome dievale, i documenti ceramici decorati a pettine strisciato, messi in luce dal Taramelli nella esplorazione dello “scarico proveniente da una grande sepoltura” di Campumayore, con buona attendibilità la domus XXIV della presente classificazione.
Fonte: Ginetto Bacco –La necropoli ipogeica di Campumajore-Busachi (OR)
https://www.academia.edu/21518143/La_necropoli_ipogeica_di_Campumajore_Busachi_OR_