Nuraghe Tilariga, Bultei
Il nuraghe–fortezza di Tilariga è posto sul crina le del monte che sovrasta il paese di Bultei e si raggiunge per la strada che, dalle porte del paese, innestandosi sulla S.S. 128 bis, km 22, s‘inerpica fino a 980 m s.l.m. Dopo circa 11 km, appena superato il valico di Ispedrunele, si giunge, per la strada che sulla destra porta alla chiesetta campestre di N.S. dell‘Altura, a un agevole sentiero di campagna che in breve tratto porta al monumento. Esso è chiaramente visibile, a circa 450 m a sud–est, dai pressi del santuario cristiano.
La struttura è situata su un articolato sperone granitico a 1039 m s.l.m. e si affaccia su una valletta cosparsa di massi granitici emergenti e alberata da lecci e numerose piante di agrifoglio. Da nord–ovest a sud–ovest il terreno digrada rapidamente.
Dal nuraghe lo sguardo domina la vasta piana del Goceano, dove, presso le sorgenti termali di Benetutti, è la bellissima chiesetta romanico–pisana di S. Saturnino, fondata sulle rovine di un nuraghe complesso, le cui strutture ancora si evidenziano distintamente. Lì accanto, verso sud, nella sezione stradale, sono individuabili i grossi blocchi in arenaria, ben squadrati, che col vicino calidarium, testimoniano la presenza romana. Ancora nella valle numerosi sono i nuraghi monotorre, di diversa struttura.
A distanza di pochi chilometri, sulla sommità della catena del Marghine, all’interno della riserva forestale, sono presenti numerosissimi nuraghi, i mersi in una delle più belle e ormai rare foreste dell‘isola, e raggiungibili dal camping presso la caserma delle guardie forestali di Anela.
Il nuraghe Tilariga è un insolito trilobo costituito da una grossa torre centrale, sulla cui fronte è stata addossata, su metà della sua ampiezza, una struttura a linea concavo–convessa, che ospita due torri minori certe nella facciata e una terza, ostruita dai crolli, presumibile dal disegno di planimetria generale, decentrata, in direzione nord. La fronte, lunata, residua per circa 5 m d‘altezza sul piano di campagna e al centro di essa si apre l‘unico ingresso, ancora agevole (m 1,60) nonostante il riempimento di pietre e terre che parzialmente lo ostruisce.
Sul coronamento della fronte, fino ad oggi celati dalla vegetazione, sono eccezionalmente ancora in opera otto mensoloni del ballatoio che correva attorno al coronamento, di forma triangolare e sub triangolare, e altri tre analoghi poco mossi dalla loro sede originaria. Altri due mensoloni sono visibili al suolo, sulla fronte del monumento.
È questo un elemento di notevole interesse scientifico che contribuisce in modo decisivo alla definizione architettonica, già in precedenza intuita ma non senza errori, del coronamento dei nuraghi a tholos, semplici o complessi. È qui ben visibile, infatti, sia la tecnica di posa in opera dei detti mensoloni triangolari, sia l‘ammorsamento degli stessi nella struttura muraria.
Dall‘ingresso posto a est, un corridoio piatta bandato con grossi lastroni, strombato all‘interno, in linea con l‘ingresso della torre antica, riceve 5 aperture di altrettanti vani.
Subito a destra si apre il breve e agibile ingresso della camera di est (B), di pianta ovaloide, la cui tholos manca della sola lastra centrale ed è alta m 2,90 sul riempimento interno, valutabile in circa m 1,50 rispetto al piano esterno di campagna; gli assi di camera sono di m 2,85 x 3,50; essa è costruita con massi poligonali, appena sbozzati, di diverse dimensioni; nessuna nicchia si apre sulla parete né è presumibile che possano celarsene sotto il riempimento.
Leggermente più avanti, sul paramento sinistro, troviamo l’ingresso della seconda torre addossata frontalmente (C), di pianta più regolare (assi m 3,20 x 3,30), ugualmente priva di nicchie; la tholos è intatta, della stessa tecnica della precedente, ad eccezione delle parti più alte, chiuse a piattabanda con grandi lastroni. Il crollo delle strutture esterne ha particolarmente indebolito un lato della tholos, per cui filtra luce in alcuni punti dei filari leggermente sconnessi.
A destra, sul fondo del corridoio d‘accesso, si diparte un lungo cunicolo, di luce ogivale, non più agibile a causa di un singolare slittamento del paramento del mastio (torre centrale), valutabile in 55/60 cm, per cui è solo possibile intravedere il vano, ampiamente ostruito dal crollo, che, come ipotizzato, dovrebbe portare alla tholos di nord (D), interamente celata e/o a possibili scale sbo canti al soprastante spalto, ampio quanto il corpo addossato.
Sullo stesso luogo portava certamente l‘apertura sul fondo a sinistra: questo vano scale, più stretto del precedente (cm 50 e 70) è anch‘esso inagibile perché un riempimento di pietre ostruisce il pavimento e la volta, ma a circa m 1,50 dagli stipiti, parzialmente celati, sono individuabili tre gradini.
Sul fondo del corridoio si apriva l‘accesso alla torre centrale (A), più antica, ma il riempimento di massi crollati dall‘alto e il cedimento delle strutture lo rendono inagibile. Pertanto il mastio è visitabile solo percorrendo dall‘alto il vano della scala elicoidale che, sulla sinistra dell‘andito di accesso alla camera, portava al coronamento.
La camera del mastio, alta m 3,60 sul riempimento (assi m 2,70 x 3,25) è costruita con grosse pietre, a filari poco regolari, che aggettano timidamente per chiudere il ristretto vano. La tholos è interamente conservata e solo la pietra centrale di chiusura è oggi amovibile, e ciò facilita la visibilità interna, dove la presenza di numerosi massi di crollo ostacola l‘accesso. In essa si aprono due ampie nicchie a luce triangolare, disposte: la prima a destra dell‘ingresso (alta m 1,80 e prof. 1,85), più ampia perché concorre al suo formarsi la stessa parete di camera; la seconda pressoché in asse col vano d‘ingresso (m 1,70 x 1,90).
All‘esterno del mastio, sul pendio verso ovest si osserva uno straordinario quantitativo di massi del crollo del coronamento della torre più antica, e ciò depone per una seconda camera sovrastante la prima e servita dalla scala elicoidale prima descritta.
La cronologia del monumento, che mostra caratteri arcaici nelle strutture del mastio e precisi riscontri con monumenti simili (cs. Logomake Fonni; Orolo–Bortigali ecc.) riguardo alle strutture addossate, ci porta alla 2a fase nuragica per la torre più antica (1500–1200 a.C.) e alla 34 fase per le strutture addossate (1200–900 a. C.).
Testo tratto da: I Sardi – La Sardegna dal Paleolitico all’Età Romana