Ca’ Longa: tuffo nel passato, salto nel futuro

Viaggio alla scoperta della vecchia Milano in uno dei quartieri più trendy della città dove la modernità di City Life si specchia nelle vetrine delle vie commerciali dal sapore più antico.

In via Piero della Francesca al civico 34 c’è un portone di legno marrone dal sapore molto antico. Ricorda il portone delle vecchie cascine con il loro profumo di latte e fieno, luoghi dove la sostanza regnava sul design, sull’estetica.

Per il sottoscritto che appartiene alla generazione delle cucine in bachelite e ferro verniciato, della televisione 18 pollici in bianco e nero, il colore era un lusso che non potevamo permetterci , il portone rappresenta un nostalgico viaggio a ritroso al tempo della mia adolescenza.

Tornando al portone, la  forma, il tempo e la fattura  ne tradiscono le umili origini tanto da suscitare nei passanti indifferenza e un po’ di imbarazzo perché il vecchio portone, in apparenza, è una frattura rispetto alla provinciale eleganza di via Piero della Francesca.

Per coloro che non si fermano all’apparenza, che non amano divorare megabyte di informazioni al secondo ma amano soffermarsi sui dettagli delle piccole cose, consiglio di oltrepassare la soglia del portone, ovviamente con il rispetto necessario di chi si trova a curiosare in un’area privata.

Attraversata la soglia del portone si presenta Ca’ longa una grande casa di ringhiera dove il tempo sembra essersi fermato. Ca’ longa nell’800 era una cascina utilizzata per il servizio postale e per il ricovero dei cavalli, successivamente si trasformò in un enorme casa di ringhiera, conformazione che è rimasta inalterata sino ai giorni nostri.

La casa di ringhiera di Ca’ longa curiosamente è l’unica struttura abitativa della zona risparmiata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Secondo la leggenda il merito va alla protezione della Madonna volitiva che ancora oggi è possibile vedere all’interno della corte.

Ca’ longa è l’unico pattern integro della vecchia Milano popolare sopravvissuto ai nostri giorni. Beninteso Milano è piena di case di ringhiera ma sono ormai confinate e soffocate dal cemento armato, dal vetro e dal metallo. La loro presenza nella città è quasi imbarazzante perché hanno perso la loro identità, la loro funzione.

Il fascino di Ca’ longa è rappresentato dal viaggio nel tempo, dall’unicità, ma anche e soprattutto dalla suggestione esercitata da un modello abitativo rurale, quasi autarchico, basato sulla socialità e sui lavori o, meglio, gli antichi mestieri.

Parlare di condivisione e di socialità al tempo del covid pare assurdo, ma il covid passerà e ritengo che il modello Ca’ longa, ormai scomparso nei progetti di sviluppo della città contemporanea, possa essere ripreso e valorizzato.

Tendenza, questa, che inizia già timidamente a far capolino in molti progetti della nuova Milano. Non è un caso che nei nuovi complessi abitativi oggi si presta maggiore attenzione alla valorizzazione degli spazi comuni. E’ paradossale ma la tragedia del covid ha fatto capire agli architetti che un bel fabbricato, se non è un luogo di esperienze e di coesione, rimane quello che è… un bellissimo e carissimo mucchio di cemento.

Spero e mi auguro che nella riqualificazione delle aree dismesse della nuova Milano il modello Ca’ Longa, debitamente modernizzato, sia un punto di riferimento per dare una dimensione umana alla vita sociale e uno spazio alle attività artigianali.

Il lavoro dell’artigiano al pari di quello dell’artista non può essere confinato in un luogo che non ha una sua personalità che non ha una vita sociale propria, che non sia fonte di ispirazione.

In attesa di tutto ciò potete ammirare, gratuitamente, Cà Longa; fare un viaggio nel passato e pensare a com’era la vita dei nostri avi.

 

Luciano Pedrini

Dirigente in primarie aziende di comunicazione oggi agente e consulente d’azienda nel settore immobiliare. Nei ritagli di tempo svolge l’attività di blogger perchè come scrive Seneca: il tempo non è una risorsa infinita e quindi non va sprecato.

 

 
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