Quella degli ecomostri è una storia tutta italiana, che affonda le radici nel dopoguerra e che ha prosperato e prospera ancora adesso. Un fenomeno che rientra in quello più ampio dell’ abusivismo e che parla un linguaggio suo: ecomostro e abusivismo , due termini eminentemente italiani. L’abusivismo, cioè la costruzione di immobili senza licenza o concessione edilizia, è così radicato nella cultura italiana da essere stato tollerato fino a diventare una pratica accettata e comune. “Parcheggi abusivi, applausi abusivi, villette abusive…” così cantava Elio a Sanremo nel 1996.

Finita la guerra, l’esigenza di dotarsi di una casa e l’elevata tassazione sull’edificazione portarono gli abitanti delle periferie urbane ad associarsi per costruire a turno abitazioni per le proprie famiglie. Dotare nottetempo le strutture anche di tetto scongiurava inoltre la demolizione da parte dell’autorità pubblica. Il benessere degli anni ‘60 portò una significativa incremento di seconde case. L’inflazione degli anni ’70 determinò invece ampi investimenti nel mattone per congelare i propri beni. Questo, in breve, lo sviluppo macroscopico.

Tutte le foto: Amélie Labourette. Courtesy Galerie Thierry Bigaignon

La regolamentazione del 1985 e i condoni che si sono succeduti hanno di fatto legittimato lo status quo e hanno mitigato l’abusivismo, senza tuttavia arrestarlo. Si calcola, per esempio, che dall’85 ad oggi siano state costruite altre 570000abitazioni abusive . Un report del 2014 segnala che dal 2000 al 2011 sono state 46.760 le ordinanze di demolizione, ma solo 4.956 quelle effettuate.

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Amélie Labourette. Courtesy Galerie Thierry Bigaignon

La regolamentazione del 1985 e i condoni che si sono succeduti hanno di fatto legittimato lo status quo e hanno mitigato l’abusivismo, senza tuttavia arrestarlo. Si calcola, per esempio, che dall’85 ad oggi siano state costruite altre 570000abitazioni abusive . Un report del 2014 segnala che dal 2000 al 2011 sono state 46.760 le ordinanze di demolizione, ma solo 4.956 quelle effettuate.

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Amélie Labourette. Courtesy Galerie Thierry Bigaignon

Cosa rimane di tutto questo? I danni più gravi si contano purtroppo nei momenti peggiori, come dopo terremoti e dissesti idrogeologici, quando diventa palese la costruzione su terreni inadatti. Ma altri sono quelli dei più appariscentiecomostri del sud Italia , che hanno irreparabilmente intaccato i paesaggi e gli ecosistemi locali. Ma sono solo la punta dell’iceberg, il cui unico merito è stato sensibilizzare l’opinione pubblica su tematiche ambientaliste correlate.

Non è un caso che Amélie Labourdette , visual artist e fotografa francese, per il suo progetto Empire of dust , abbia trovato materiale in abbondanza in Italia e in particolare nel Meridione. Affascinata da quell’aura conturbante, pericolosa e a volte surreale che suscitano gli edifici fatiscenti , Amélie capisce bene che in gioco ci siano “riciclaggio di denaro, appropriazione indebita, attività mafiosa, spregio del bene comune”. Un pantano che rende lo smantellamento difficoltoso e non conveniente e che lascia le sue carcasse (i suoi “scheletri) a monumento del lassismo.

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Amélie Labourette. Courtesy Galerie Thierry Bigaignon

Uno sguardo impietoso, la cui estetica è vicina alla Scuola di Dusseldorf, che fotografa una sorta di archeologia del presente di progetti mai nati e la cui funzione rimane avvolta nel mistero.

La serie Empire of dust verrà esposta a Parigi dal 9 novembre al 23 dicembre presso la Galerie Thierry Bigaignon.

www.thierrybigaignon.com

www.amelie-labourdette.com

Lettermark
Stefano Annovazzi Lodi

Stefano Annovazzi Lodi è un contributor freelance che per Elledecor si occupa principalmente di design e progetti culturali.  Pare che da anni si stia dedicando a un romanzo con cui vincerà il Nobel, nel frattempo ripassa il discorso di accettazione e lavora come story editor per una casa di produzione di Roma.