Con natura morta s’intende la rappresentazione di soggetti inanimati, in contrapposizione a quella con figure viventi. Questo particolare termine viene introdotto in Italia alla fine del XVIII secolo, traducendo impropriamente la locuzione olandese still-leven, ovvero letteralmente natura immobile.

La pittura di frutta, ortaggi, mobilio ed oggetti in genere, benché già presente in epoca medievale, fiorisce in modo esponenziale sul finire del ‘500, espressione artistica della fervida curiosità naturalistica protagonista del secolo precedente e ravvivata dalle scoperte scientifiche del XVI secolo. In Italia fu soprattutto dopo il Concilio di Trento del 1563 che la natura morta acquisì un nuovo e rinomato valore simbolico: da quella data, infatti, gli oggetti inanimati vennero ritenuti in grado di possedere un potere evocativo e devozionale.

Dalla bellezza senza tempo del quadro di Caravaggio, fino alle forme di Cézanne e Giorgio Morandi, passando per le briose fantasie roccocò, la natura morta è un genere che si è reso protagonista nella storia dell’arte occidentale.

Il canestro di frutta di Caravaggio: il capolavoro dell’Ambrosiana

Il Canestro di frutta di Caravaggio è probabilmente la più celebre natura morta della storia dell’arte. Dipinto sul finire del ’500 dal pittore milanese, l’opera viene acquistata dal cardinale Federico Borromeo a Roma nel 1607, pochi anni dopo la sua realizzazione. Davanti ad uno sfondo monocromatico e bidimensionale, Caravaggio presenta una canestra di vimini minuziosamente intrecciata, all’interno della quale, dipinti con minuzioso realismo, si trovano diversi tipi di frutta. Gli straordinari dettagli figurativi, la mela bacata, le gocce d’acqua sulle foglie e sugli acini d’uva sono illuminati da una fonte di luce avvolgente ed unificante, senza una sorgente precisa.

Nella rappresentazione dell’acino d’uva marcio, delle foglie rinsecchite e piegate su sé stesse, Caravaggio vuole rammentare a colui che guarda la caducità delle cose terrene e, in generale, della vita stessa: il frutto è fonte di vita e, come la vita stessa, perisce.

Disegnato su una tela di recupero durante il soggiorno romano del Caravaggio, dopo l’acquisto dell’opera, il cardinale Federico Borromeo si prodigò molti anni per ricercare un pendant, un altro quadro con il quale formare un dittico assieme alla Canestra. Alla fine, il cardinale decise di concludere le ricerche e il quadro “perché nessuno raggiungeva la sua bellezza è rimasta solitari”.

Le nature morte di Cézanne

Descritte come le cose per cui vale la pena di vivere da Woody Allen nel suo film Manhattan, le mele dipinte da Cézanne sono senza dubbio l’emblema delle rappresentazioni della nature morte nell’arte moderna.

Il celebre artista francese, nel corso della sua carriera, dipinge molteplici delle cosiddette still-leven: le mele assieme ad una statua di Cupido, ciliegie e pesche, mele, pere eccetera. La necessità di sceglierne una ci impone di selezionare la Natura morta con mele e arance dipinta attorno al 1899 ed esposta al Musée d’Orsay di Parigi.

Ancor più che ne sui celebri dipinti paesaggistici, in quest’opera Cézanne rivela la sua capacità di scomporre e controllare le forme e le masse degli oggetti, venendo a delineare il suo personalissimo stile. Il pittore francese non mira più ad eseguire un’opera il più realistico possibile ma, al contrario, impegna le sue forze per riuscire a stilizzare gli oggetti rappresentati: non esistono più, nella pittura di Cézanne, le mele e la brocca, bensì volumetrie che seguono schemi prefissati ed inderogabili.

Le tovaglie acquistano un peso ed uno spessore innaturale, i colori sono saturi ed assumono una forma propria che si distacca dall’oggetto stesso: tutto sembra presagire una nuova idea di fare pittura. Non a caso, grandi artisti dei primi del Novecento come Picasso e Matisse definiranno Cézanne come il loro padre artistico per eccellenza.

paul cezanne, natura morta con melepinterest
Fine Art//Getty Images
Paul Cezanne, Natura Morta con Mele

Joan Mirò e Goya: la natura morta e la guerra

Nel corso della sua storia, la Spagna ha attraversato difficili invasioni e guerre intestine, molti artisti si sono cimentati nel provare a rappresentarne gli orrori con maestosi quadri come la Guernica di Picasso ma anche, raro caso nella storia dell’arte, con delle nature morte.

Il primo caso è quello di Goya, celebre pittore spagnolo, che, durante la violenta invasione di Napoleone in territorio spagnolo, decide di dipingere autonomamente e senza commissione una serie di nature morte. Realizzate tra il 1808 ed il 1812, queste nature morte si caratterizzano per lo sfondo nero e per la singolare scelta del soggetto: invece che dipingere la caducità della vita terrena attraverso la frutta come Caravaggio, Goya imprime su tela pesci senza vita e carni animali. L’intento dell’autore è quello di presentare la morte in tutta la sua ferocia e crudità, attraverso gli occhi inanimati di un pesce pescato da poco o le carni di un vitello pronte per la macelleria.

Simile situazione avverrà un secolo più tardi, quando Joan Mirò vivrà il periodo della guerra civile spagnola. In questo caso il pittore, scappato in Francia, dipingerà la Natura morta con sabatot: sempre su sfondo nero, Mirò raffigura con forme e colori onirici una mela infilzata da una forchetta, una bottiglia, un pezzo di pane e la scarpa del titolo. L’opera rappresenta oggetti umili visti sotto una lenta quasi infernale e surreale: il quotidiano viene eletto come simbolo della tragedia in corso a cui lo spettatore non può rimanere inerme.

francisco goya, natura morta con oratepinterest
Heritage Images//Getty Images
Francisco Goya, Natura morta con orate