Joan Miró è uno degli artisti più importanti del Novecento. Durante la sua vita sperimenta numerosi stili e tecniche e quello che maggiormente caratterizza il suo lavoro è lo stile surrealista, che lo accompagna dal 1924 per tutta la sua vita. L’arte di Miró va oltre il concetto di pittura e la sua sperimentazione viene definita da lui stesso l’assassinio della pittura, un modo per andare oltre la tradizione e trovare nuovi linguaggi per comunicare. Scopriamo la vita e le opere dell’artista spagnolo e il suo legame con le avanguardie e il surrealismo.

Biografia di Joan Miró

Joan Miró i Ferrà nasce a Barcellona nel 1893. Dimostra fin da bambino un talento e una passione per il disegno, per questo i genitori oltre a fargli frequentare la scuola gli fanno prendere lezioni private di disegno. Tra il 1910 e il 1911 si ammala di tifo e durante la lunga convalescenza, passata nella casa di famiglia a Mont-roig del Camp, decide di dedicarsi completamente all’arte. Nel 1912 a Barcellona si iscrive all’Accademia privata di Francisco Galí, un maestro innovativo che ha ispirato Miró nella ricerca dei principi alla base della sua pittura. Successivamente frequenta la Libera Accademia di Disegno del Cercle Artístic de Sant Lluc e nel 1916 apre un suo studio. In questi anni passati a Barcellona Miró conosce altri giovani artisti e le opere di alcuni dei più famosi artisti europei, come Vincent van Gogh e i Fauves. Nel 1919 si trasferisce a Parigi, dove entra in contatto con Picasso e Tristan Tzara e si aggiunge alle file dei dadaisti. È questo il periodo in cui lo stile di Joan Miró inizia a delinearsi, sotto l’influenza del dadaismo, e realizza opere dal carattere descrittivo e ingenuo, strettamente legate alla sua patria e ai suoi paesaggi. Ne è un esempio il dipinto L’Orto e l’asino e il quadro La fattoria di Miró.

Il surrealismo e l’assassinio della pittura

Nel suo periodo parigino, nel 1924, Miró entra in contatto con gli artisti del Surrealismo, avanguardia che condizionerà per sempre lo stile delle sue opere anche se l’artista non aderisce mai effettivamente al movimento. Uno dei temi del surrealismo più caro a Miró è l’automatismo al posto della logica, ovvero la pittura priva del filtro della ragione. Nel 1925 Miró partecipa a una mostra surrealista, in cui ottiene un notevole successo, ma la mostra che lo consacra definitivamente è quella del 1928 alla galleria Georges Bernheim. Tra le opere surrealiste di Joan Miró più conosciute troviamo Il Carnevale di Arlecchino e Ballerina. Il 1926 vede Miró collaborare con Max Ernst per la scenografia di Romeo e Giulietta. Questo è anche l’anno in cui realizza il celebre dipinto Nudo. Il definitivo distacco tra Miró e il movimento surrealista arriva nel 1929, quando dopo degli scontri con André Breton l’artista lascia il movimento considerandolo eccessivamente rigido e schematico. Le sue opere tuttavia rimarranno sempre condizionate dallo stile surrealista. Nello stesso anno Joan Miró sposa Pilar Juncosa a Palma de Maiorca. Qui l’artista inizia la sua sperimentazione artistica, con la quale dà inizio a quello che lui stesso definisce Assassinio della pittura, ovvero il desiderio di andare oltre la tecnica della pittura a olio alla ricerca di nuovi metodi e stili contemporanei. In questo periodo si cimenta con le litografie, l'acquaforte e la scultura, con la pittura su carta catramata e vetro e con il grattage tipico del surrealismo.

La sperimentazione artistica di Joan Miró

Negli anni Trenta il successo di Miró è ormai internazionale, le sue opere sono ispirate alle pitture rupestri, all'immaginario africano e all’arte religiosa catalana. Oltre alla pittura di Picasso e a quella surrealista il pittore si rifa anche a Hieronymus Bosch ed Edvard Munch: le sue opere sono caratterizzate dallo spiritualismo e dalla ricerca di un linguaggio universalmente comprensibile. Sono di questo periodo le opere Aidez l'Espagne, Ritratto e il celebre dipinto di Joan Miró Natura morta del sabatot. Il successo di Miró è però frenato dalla situazione politica europea. Con la dittatura di Franco in Spagna l’artista si trasferisce in Francia e i suoi lavori diventano sempre più cupi. Pochi anni dopo è costretto a scappare anche dalla Francia per l’invasione nazista. Tornato in Spagna realizza la serie delle Costellazioni, una carrellata di tempere tra le quali si ricorda L’Uccello meraviglioso rivela l’ignoto a una coppia di amanti. In questa collezione ritroviamo alcuni degli elementi caratteristici della pittura di Miró: arabeschi, donne, note musicali, uccelli e scale. Nel 1944 Miró inizia a realizzare sculture in ceramica e verso la fine degli anni ’40 fa un viaggio negli Stati Uniti, dove incontra Jackson Pollock. Sono questi gli anni in cui l’artista sviluppa uno stile surrealista sempre più marcato, tanto che André Breton lo definisce "Il più surrealista di tutti noi". Gli anni ’50 vedono il successo di Joan Miró crescere. Vince infatti il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e il Premio Internazionale Guggenheim, ottenuto per aver realizzato due murales in ceramica per la sede centrale dell’Unesco a Parigi. In questi anni espone spesso negli Stati Uniti.

Gli ultimi anni di Joan Miró

Dagli anni Sessanta in poi Miró continua a sperimentare. Realizza sculture in bronzo e in altri materiali insoliti, opere ispirate alla cultura giapponese come L’oro dell’azzurro e dipinti caratterizzati da immagini contorte e particolari sfondi geometrici. Una delle serie più celebri di questo periodo è La speranza del condannato a morte del 1974, tre dipinti in memoria dell’anarchico Salvador Puig Antich. L’anno successivo inaugura la Joan Miró foundation, in cui sono raccolte circa 10.000 opere dell’artista. Negli ultimi anni sperimenta anche con la scultura gassosa e la pittura quadridimensionale e nel 1982 realizza il manifesto ufficiale del campionato mondiale di calcio 1982 in Spagna. Miró si spegne a 90 anni a Maiorca e le sue spoglie sono ospitate a Barcellona.