La basilica di Santa Sofia potrà essere convertita nuovamente in una moschea. A stabilirlo il 10 luglio 2020 è stato il Consiglio di Stato turco che ha deciso di annullare il decreto con cui Mustafa Kemal Ataturk trasformava il 27 novembre 1934 il monumento simbolo di Istanbul in un museo. Dichiarando l'illegittimità della decisione presa ottant'anni fa, il più alto tribunale amministrativo del Paese lascia così l'ultima decisione al presidente Recep Tayyip Erdogan che, in un tweet di poche ore dopo, ha deciso di convertirla in un luogo di culto.

Nel frattempo, per capire meglio la storia tormentata del grande edificio situato nel distretto di Fatih, nel mahalle di Sultanahmet, bisogna fare un grande passo indietro nella storia. E tornare al lontanissimo 532 d.C. A volere la sua edificazione fu infatti l'imperatore Giustiniano I che, a seguito della distruzione della basilica preesistente costruita da Teodosio II ma incendiata durante la rivolta di Nika, decise di costruirne una nuova, completamente diversa. Addirittura più grande e più maestosa della prima chiesa originariamente inaugurata il 15 febbraio 360 durante il regno di Costanzo II. Progettata da Isidoro di Mileto e dal fisico e matematico Antemio di Tralle, Santa Sofia è da considerarsi tra i primi capolavori dell'architettura bizantina: eretta su colonne ellenistiche, formata da grandi pietre di porfido egiziano e marmo verde estratto nelle cave della Tessaglia, fu inaugurata il 27 dicembre 537. Sopravvissuta a guerre, terremoti, incendi e continue ricostruzioni, rappresentò per diversi secoli la basilica più grande della cristianità. Saccheggiata e profanata dai soldati guidati dal sultano Maometto II che nel 1453 assediò Costantinopoli, la grande chiesa fu convertita nella moschea di Aya Sofya. A rafforzare la struttura storica bizantina, furono eretti una serie di minareti e delle soluzioni aggiuntive installate a supporto dell'intera costruzione che mostrava continui segni di cedimento. Tra il 1847 e il 1849 il sultano Abdul Mejid I ordinò un importante restauro sotto la direzione dell'architetto ticinese Gaspare Fossati, assistito dal fratello Giuseppe Fossati, ingegnere. Il 13 luglio 1849, alla fine del restauro, la moschea venne riaperta al culto islamico.

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Anni dopo, tornando al fatidico 1934, fu il primo presidente turco e fondatore della Repubblica di Turchia, Mustafa Kemal Atatürk, a trasformare l'edificio in un museo. Museo che attualmente appare nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco. Tuttavia, nel 2010, le associazioni islamiche e i membri del governo turco hanno richiesto con crescente insistenza l'esclusiva della chiesa/moschea al solo culto islamico: richiesta che, dieci anni dopo, a seguito della decisione presa dal Consiglio di Stato turco, potrebbe essere soddisfatta nella sua interezza. La prospettiva di rinnovato cambiamento ha destato numerose preoccupazioni anche nel mondo occidentale; l’Unesco ha fatto sapere di aver espresso le sue perplessità alle autorità turche in diverse lettere e di aver trasmesso il messaggio all'ambasciatore turco presso l’istituzione. “Esortiamo le autorità turche ad avviare un dialogo prima di prendere qualsiasi decisione che possa minare il valore universale del sito”, ha dichiarato l’Organizzazione. Niente da fare, Santa Sofia non sarà più aperta al pubblico e non si chiamerà nemmeno più Santa Sofia, tornerà ad essere Ayasofya. "È stato deciso che Ayasofya sarà posta sotto l'amministrazione della Diyanet", l'autorità statale per gli Affari religiosi che ricade sotto l’amministrazione e la guida della presidenza della Repubblica, si legge nel decreto, firmato da Erdogan e diffuso sul suo profilo Twitter.

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Isabella Prisco

 

Digital editor di Elle Decor Italia, ha studiato informatica umanistica per escludere definitivamente i numeri dalla sua vita. Ai codici della programmazione web ha preferito, infatti, le parole della quotidianità, abbracciando il vocabolario dell’estetica che vestiamo e dei luoghi che abitiamo. Genovese all’anagrafe ma milanese per scelta, indaga il verbo della moda e del design nello spazio tra un feed di Instagram e un mercatino dell’antiquariato. Il venerdì, con la Design Gallery della settimana, si diverte a sintetizzare attualità e ispirazione in un racconto per immagini che va dal product design al prêt-à-porter. Su Instagram la trovate come @isabellaprisco.