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Andrea Bargnani: "La Nazionale? Fatto meno del dovuto, oggi sarebbe diverso". Poi Messina, l'NBA, il Draft e il ritiro

Davide Fumagalli

Pubblicato 06/11/2023 alle 23:03 GMT+1

BASKET - Ospite di Gianluca Gazzoli a "Passa dal BSMT", Andrea Bargnani ha ripercorso tutta la sua carriera, da Treviso all'NBA passando dal Draft, dalla Nazionale e dai motivi che lo hanno portato al ritiro. "Mi criticavano perchè non ero un centro classico che prendeva i rimbalzi. Erano anche giuste ma io volevo giocare da guardia", racconta con grande sincerità il Mago.

Andrea Bargnani

Credit Foto Imago

Dopo anni in cui è praticamente sparito dalla circolazione in seguito al ritiro dal basket giocato nel 2017, Andrea Bargnani è tornato ad essere più presente sia sui social, sia in pubblico. E dopo aver partecipato al podcast "Afternoon" con Nik Melli e Gigi Datome nel ritiro della Nazionale prima del Mondiale di Manila, il Mago è tornato a raccontarsi e lo ha fatto da Gianluca Gazzoli nel suo format "Passa dal Bsmt".

Gli inizi e l'importanza di Ettore Messina

All'inizio non ero forte, mi sono sviluppato tardi, ero scartato dalle selezioni provinciali e regionali. Ho iniziato da esterno, giocavo da guardia, è una cosa che sposta parecchio. Essendo così alto, sei più lento e quindi serve tempo per riuscire a sfruttare la stazza e la velocità.
Ho giocato sempre da esterno fino al secondo anno con la Benetton. Era difficilissimo perchè dovevo marcare gente come Siskauskas e Maurice Evans. E' stato Ettore Messina a impostarmi da ala grande, da lungo, e ho potuto sfruttare il vantaggio enorme che era la mia velocità e la mia impostazione da esterno. Ettore mi ha cambiato ruolo, avevo 19 anni. A me Messina è sempre piaciuto da morire. Durissimo, tostissimo, lui più ci tiene e più ti massacra. Negli anni ho visto tanti che non ce l'hanno fatta. Lui e il mio preparatore Francesco Cuzzolin sono tra le persone più importanti nel mio percorso, ci sentiamo ancora, ho un grandissimo affetto.

Primo europeo numero 1 al Draft NBA

Questa cosa non l'ho sentita molto sul momento. Io sono stato scelto nel 2006 e fino al 2004 ammetto che non sapevo cosa fosse il Draft, prima di andare a Treviso non sapevo come funzionasse. Non ho vissuto tutta la mia infanzia con questo mito, è stato fantastico ma non era il sogno da bambino, non sognavo la NBA, sognavo Barcellona e Real Madrid, le grandi d'Europa. Poi è stato scioccante giocare sempre col logo della NBA addosso, un grande orgoglio per me.
La sera prima del Draft mi chiama il mio agente e c'è il general manager di Toronto che mi vuole parlare. Ero in hotel, mettiamo il vivavoce e Bryan Colangelo, allora GM dei Raptors, con enorme entusiasmo mi dice che mi sceglieranno con la numero 1. I miei agenti erano tutti eccitati ma io sono riuscito solo a dire "Thank You", "Grazie", ma perchè non riesco ad esternare troppo. I miei agenti stavano impazzendo.
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Andrea Bargnani, Toronto Raptors, NBA 2006

Credit Foto Getty Images

Kobe Bryant

Grazie a Dio era un ruolo diverso e non l'ho dovuto marcare (ride). Ci sono state occasioni in cui l'ho visto fuori dal campo e abbiamo parlato in italiano, questa cosa mi ha fatto impressione. Poi come stesse sul pezzo, mi dava dei consigli. La Mamba Mentality? Questo è uno dei pochi casi che è verità, una dedizione incredibile, da genio, mentre spesso alcune storie sono romanzate.

Le tante critiche ricevute

Mi criticavano perchè non ero un centro classico che prendeva i rimbalzi. Erano anche giuste ma io volevo giocare da guardia, la mia natura era fare l'esterno nel corpo di un lungo, sfruttare quel vantaggio, quello che va adesso paradossalmente. Anche io mi sarei criticato all'epoca.
La mancanza di voglia? Quelle son chiacchiere da bar di gente che non sa niente di sport. Quelli che non hanno voglia si fermano in C. Per arrivare in Serie A devi vivere per l'allenamento, devi sacrificare tanto della tua vita, tante cose non puoi farle fino a quando pratichi in una certa maniera.
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Eurobasket 2015, Italia, Andrea Bargnani (imago)

Credit Foto Imago

La Nazionale con Gallinari e Belinelli

Noi eravamo fortissimi presi singolarmente e abbiamo fatto molto meno di quello che potevamo e dovevamo fare, ci sta che ci abbiano criticato. Secondo me eravamo poco maturi, pensavamo molto al nostro orticello, concentrati sul nostro percorso, ci serviva molto la palla, parlavamo poco, io, Gallo e Beli eravamo giovani. Credo che oggi sarebbe tutto molto diverso. Non è una colpa di un allenatore ma solo nostra, è una cosa di noi giocatori, dovevamo parlarci di più, trovare un accordo per far funzionare le cose.

Gianmarco Pozzecco ct dell'Italia

Non l'avrei mai detto che sarebbe diventato ct della Nazionale. Io sono andato in vacanza dal Poz a Formentera dopo il primo anno di NBA. Secondo me lui come atteggiamento, come mentalità ci sta che alleni la Nazionale. Dal punto di vista tecnico non è bravo come gente che allena da 30 anni, però Poz è come Steve Nash, devi dare un peso a quello che è stato da giocatore, è stato poi al fianco di Ettore Messina. Poi secondo me è bravo a creare la giusta atmosfera nel gruppo, fondamentale per tenere assieme giocatori che sono lì solo per rappresentare il proprio paese e sacrificano tempo per stare con la famiglia ad esempio. Mi piace meno quando fa le sfuriate.
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Andrea Bargnani a "Passa da BSMT"

Credit Foto From Official Website

Gli infortuni e il ritiro

Non mi piace piangermi addosso per gli infortuni, quelli sono dati di fatto. Di certo hanno influito, si sono create situazioni difficili che innescano altre dinamiche. Momento difficile? Avrei preferito non succedesero gli infortuni però fa parte del gioco. Quando avevo 13 anni mi dissero che non avrei potuto fare sport agonistico per un problema alla schiena, però la storia è andata diversamente. C'è anche tanta fortuna.
Ritorno in Europa? Avevo due anni di contratto coi Nets, è stata una decisione mia, una scelta di vita. Ho fatto anche scelte sbagliate, col senno di poi non sarei dovuto andare a Brooklyn ma a Sacramento dove potevo continuare a fare il titolare, e quello forse mi avrebbe aiutato.
Io sono innamorato perso della pallacanestro, ci ho dedicato la vita e ho molto affetto. Però negli ultimi anni di carriera ci sono state situazioni che mi hanno fatto stare male, sia per gli infortuni e quello che hanno portato, è stato brutto. Questo mix di cose, più l'avvicinarsi ad altre cose del lavoro e della vita, mi hanno spinto a mollare e a cambiare. La vita è una, non posso perdere tempo a giocare e a fare questo tipo di sacrifici.
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