I luoghi incantati della vallata e i suoi abitanti. La prossima settimana faremo un viaggio simile e speculare da Conegliano a Vidor

Partiamo per questo viaggio che ci condurrà da Revine a Valdobbiadene e la prossima settimana da Conegliano a Vidor parlando dei blasoni e detti popolari dei vari paesi della Vallata e del Quartier del Piave.

Gli abitanti di Revine sono definiti scarpét forse per l’uso comune delle rustiche e comode pantofole in fustagno nero dalla suola in feltro fittamente trapuntata di spago.

Di Revine si dice ancora: Revine, femene marcanti (mercanti intese come furbe, abili nel commercio); Revine, braghesine (vezzose e vanitose).

Una filastrocca recita: “Quei da Revine, i liga le fasine, i crepa le sache, i scoreda…come le vache!” (quelli di Revine, legano le fascine, rompono i legacci, e scoreggiano…come le vacche».

Gli abitanti di Lago sono chiamati pesét (pesciolini) o fasolon, per la coltivazione dei fagioli ma anche per la forma del lago di Lago.

”Madona Pelegrina, prega par quei da Lago, ligheli co o spago, e buteli in tel lago!” (Madonna Pellegrina, prega per quelli da Lago, legali con lo spago e gettali nel lago!).

E i rusamùr da Tarzo? Sembra che siano stati loro stessi a darsi il nome a qualcuno che chiedeva conto delle vecchie case senza intonaco: lo avevano consumato da quanto vi si erano a lungo appoggiati tanto erano sfaccendati e sfaticati! Non si sa invece chi li abbia nominati spiazaròi (che stanno in piazza), propensi quindi a starsene in giro invece che a lavorare.

Non devono volersene invece i mus (muli) da Corbanese, perché la nomea non sta per sciocchi, bensì, indica l’uso diffuso delle bestie da soma per i commerci e i traffici che questi paesani svolgevano.

Gli abitanti di Colmaggiore, venivano detti stort (malriusciti) e quelli di Fratta pesét perché vicini ai laghi di Revine, ma anche pot, o pacés, perché impantanati.

Nogarolo veniva definito bus dei busieri, in altre parole cava dei bugiardi.

Insomma nel comune di Tarzo non si risparmiava nessuno!

Tovena hanno fama di amare il divertimento e il canto tanto da essere definiti i cardelin de Tovena.

Forse da un fatterello locale deriva la scherzosa filastrocca che dice: “Quei da Tovena, i cambia la vècia … co la dovena!

Gli abitanti di Mura sono chiamati gardus da maggiolino o cocinella, che una volta regnava sovrana nei campi del paese.

Gli abitanti di Cison sono detti i lof da Zison (i lupi da Cison) perché il paese sorgeva in una zona selvatica e boscosa; venivano anche chiamati sgiolz dai tipici mattoni di semicotto usati nella zona.

I “pér da Rolle” deriva sicuramente dalla produzione della frutta e non, come alcuni sostengono, da maturati dopo e perciò…ritardati. Del resto gli abitanti di Rolle dicono che essere pér è invece sinonimo di maturità e saggezza. Alcuni li chiamano anche i bronboi da Role (le prugne di Rolle).

Per la posizione isolata e nascosta che accomuna Rolle, Farrò Arfanta si recita spesso: “Role, Refànta e Farò, i ultimi tre paesi che Dio creò”.

cison-di-valmarino-panorama

“A Folina i parla ben” è un detto che fa riferimento alla ricercatezza del linguaggio conseguente al benessere economico creato dall’industria laniera nel passato di Follina.

Follinesi che erano chiamati zavat per la diffusa produzione di calzini e ciabatte nel suo territorio.

Gli abitanti di Miane sono definiti zec, snob.

Dalla rivalità con gli abitanti di Combai è nata la singolare e conosciutissima filastrocca: “Miane, casepiane, fémene p…, omeni  béc, tosatèi porzelet”!

I Mianesi rivendicano la superiorità del capolugo comunale cambiando la preghiera di invocazione per i santi Cosma e Damiano: “Quei da Combai i prega: San Cosma da Miane, ora pro nobis”.

I castagner da Conbai (per la rinomata produzione di castagne) o combaiot sono le nomee per Combai che vengono anche detti: “Quei che vol esser sempre par sora come l’oio” o “Quei che tien el codice sot la napa” per gli imbrogli perpetrati ai danni di Miane nella contesa dei pascoli ai tempi della Contea della Valmareno.

Combai blog

Gli abitanti di Guia, “Al diol li porta via” perché considerati un poco rustici. Un altro detto: “Guia Dio l’à fata…e po’ l’é scampà via!” sottolinea come il paese sia in un sito sperduto e abitato da villani tanto da aver fatto fuggire persino il Padreterno!

Santo Stefano di Barbozza sembrano essere tutti sfaccendati, piazarioi, a San Vito gli abitanti vengono chiamati scrozet (cotechini) per la rinomata lavorazione di carni suine, a San Pietro erbaroi (coltiva-erbe o, forse, vigne), a “Ron se tien in bon”, vuol dire che con loro è consigliabile tenere buoni rapporti perché sono considerati maneschi e sono anche detti i “Giutda Ron”ovvero i “goffi da Ron”. A Bigolino, vive gente allegra e infatti li chiamano legrìe, ma anche bìgoi con allusione lubrica al “bìgol” cioè al verme e alle sue ambigue interpretazioni.

Infine, “Pieve siorìe” dove la pieve è quella di Valdobbiadene che fin dall’antichità era centro propulsore delle attività economiche della zona.

Il tutto raccolto nella divertente filastrocca: “San Vido scrozet; Ron se tien in bon; Pieve siorìe; Bigolin legrìe; San Piéro erbaroi; San Stèfen,piazaroi; Guia, al diaol li porta via…”

guia

Arrivederci alla prossima settimana!

Fonti “L’Alta Marca Trevigiana. Intinerari storico-artistici nel Quartier del Piave e nella Valmareno” a cura del Consorzio Pro Loco Quartier del Piave (in particolare dalla rubrica Blasoni popolari di Enrico Dall’Anese) e da “Di che paese sei? Blasoni popolari del Veneto orientale” di Gianluigi Secco.

Debora Donadel

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