Evoluzione della concenzione di spazio-tempo nel tempo e nello spazio sociologico

INTRODUZIONE

Il tempo e lo spazio sono da sempre concetti fondamentali nel definire l’energia che muove l’essere umano ed il suo rapporto con il mondo che lo circonda. Il tempo è quanto serve per attraversare lo spazio: ne deriva che, tempo e spazio sono molto intrecciati l’uno con l’altro.

Uno dei modi più efficaci per addentrarsi nell’anima profonda di un’epoca storica, per capire appieno le tendenze culturali e di pensiero che la contraddistinguono è senz’altro quello di analizzare il concetto che ha attribuito alle idee tempo e di spazio.

Se proviamo a riflettere sul susseguirsi delle Ere e su come è cambiata la percezione di tempo e spazio ci rendiamo conto di uno sviluppo assolutamente inverso.

Per migliaia di anni lo spazio è sempre stato definito dal ristretto luogo in cui si viveva, con il progredire dei mezzi di comunicazione e di trasporto si è avuto esponenziale crescita della percezione dello spazio di interazione sociale, fino ad arrivare ad oggi, in cui posso comunicare con persone che possono trovarsi in quasi ogni punto del pianeta e addirittura dello Spazio limitrofo.

Lo spazio sociologico definisce gli ambiti ed i limiti dei rapporti interpersonali con cui l’essere umano ha a che fare e, guardando anche alla storia, a seconda delle condizioni di vita e dell’area geografica in cui una persona vive, lo spazio definisce il suo essere attraverso i rapporti che può creare con gli altri.

Allo stesso modo il tempo ha subito invece una compressione nella percezione che ne abbiamo: in passato l’unica scansione era definita dal susseguirsi delle stagioni, del passaggio dal giorno alla notte, con una misurazione perlopiù approssimativa. L’uomo, attraverso il tempo, percepisce il trascorrere degli anni, il susseguirsi delle tappe della vita e l’approssimarsi della morte. L’uomo ha imparato a suo modo a controllare il tempo attraverso il calendario e ad imbrigliarlo nelle trame della cultura. Il calendario rappresenta la sua necessità psicologica di controllare il tempo nel suo divenire a tappe, ma soprattutto per necessità sociali in cui serviva concordare il “quando”. La suddivisione della vita in momenti, dapprima rappresentati dalle stagioni, poi da mesi, dalle settimane e dalle ore, ha subito un sempre maggior frazionamenti ed oggi alcuni aspetti delle relazioni sociali hanno a che fare con le frazioni di secondo (nello sport per esempio).

La contrazione della percezione di tempo e l’espansione della percezione dello spazio hanno fatto nascere una nuova percezione sociale che in passato non esisteva: l’idea che posso comunicare con tutti, ovunque nel mondo, in tempo reale.

Ma come siamo arrivati a questo?

RITMO DEL CAMBIAMENTO

Il tempo è un’entità fisica per la scienza, ma per l’uomo nel corso dei secoli ha avuto significati molto diversi e per averne la concezione più adeguata è utile ripercorrerne fasi evolutive. La storia con le sue periodizzazioni, è in pratica una lettura del tempo e della civiltà che il percorso dell’uomo ha segnato negli spazi in cui è vissuto: la vita di ognuno è correlata alle caratteristiche culturali che è riuscito ad elaborare e a rispecchiare in alcuni particolari atteggiamenti; si è notato infatti che in molte aree geografiche omogenee ogni società ha espresso diverse culture pur vivendo in territori contigui.

Nel Medioevo la concezione del tempo è strettamente connessa alla mentalità prescientifica: il tempo non è solo quello scandito dai cicli della natura e dai momenti fondamentali di una giornata, ma anche quello della Chiesa e dei rintocchi delle campane, il cui suono scandisce il presente.

L’uomo medievale infatti vive unicamente nel e per il presente, ed il tempo non è legato ad alcuna idea produttiva o economica, senza nessuna idea di evoluzione sviluppo, senza nemmeno confidare, o anche solo sospettare, nella possibilità di miglioramento della stirpe umana.

L’idea di futuro è legata solamente alla certezza che il mondo finirà. Per l’uomo medievale il tempo non è quindi una realtà misurabile o tangibile, ma solo e semplicemente catalogabile come mera espressione di un qualche progetto divino prossimo ed insondabile. Il passato e il presente, in questa ottica, divengono un’unica cosa perché ricalcando le gerarchie celesti, quelle terrene saranno perenni ed immodificabili.

PORTATA DEL CAMBIAMENTO

In epoca alto medievale, sul concetto di spazio pesava senz’altro, da un punto di vista pratico, la consapevolezza che l’uomo fosse completamente in balìa di una natura soverchiante ed ingestibile che egli non poteva di controllare. Bastava in effetti che anche solo un raccolto andasse perduto per causare terribili carestie.

Gli spostamenti con scopi esplorativi delle terre fuori dal proprio circondario, erano limitati al minimo indispensabile, in particolar modo in seguito alle invasioni barbariche.

Spostarsi per viaggiare era estremamente lento, complesso e pericoloso, per via della inadeguatezza delle vie di comunicazione e per lo scarso se non inesistente sviluppo delle reti stradali, tant’è che i solo viaggiatori erano i mercanti, i militari, i pellegrini ed gli artisti. Lo spazio vero e proprio dunque per l’uomo medievale si limitava ai confortanti limini domestici del vivere quotidiano, a ciò che poteva essere fisicamente misurato e catalogato. Uno spazio che peraltro era regolato da un severo ordine gerarchico al cui vertice imperavano le autorità religiose e politiche.

Tutto ciò che non poteva essere categorizzato e classificato, quello che era lo sconosciuto e vasto mondo esterno era visto come inesplorabile, ostile, ignoto, addirittura leggendario, e per questo arricchito di straordinaria valenza simbolica.

Da un lato c’era quindi la concretezza di un mondo fisico reale e visibile seppur soverchiante e governato da Dio, dall’altro invece c’era lo sconosciuto, l’insondabile e l’invisibile. Di fatto però, nessuna delle due realtà era gestibile dall’uomo, che pertanto cominciò a imprimerle entrambe di caratteri religiosi ed etici, all’insegna di una visione sempre più magico-simbolica che divenne rappresentazione dello spazio in generale.

Nello spazio e nel tempo l’uomo realizza tutta la sua esistenza elaborando culture diverse, come nel caso dell’Alto Medioevo che è contrassegnato da una società rurale nella quale la natura domina ogni aspetto del suo pensiero, lo condiziona e lo trascende. Lo spazio non è misurato né misurabile e la vita di ognuno scorre nel ciclo della natura scandito dal lavoro e dalle campane delle chiese. Nell’Alto Medioevo modeste sono le conoscenze geografiche e labile la memoria storica degli eventi accaduti in precedenza.

Tutto cambia con l’avvento dell’economia di mercato dopo il XII secolo, nel momento in cui, sotto l’impulso delle tecnologie, l’uomo ha cominciato a esplorare spazi sempre più ampi e a mettersi in relazione con altre culture rinunciando alla sedentarietà dei precedenti secoli. Questa mutazione ha inizio con l’avvento della civiltà dei comuni, e più precisamente con la cultura dei mercanti che, rispetto agli artigiani, costituisce un vero e proprio ceto emergente, obbligato ad acquisire sempre più conoscenze e specifiche competenze adeguate ai bisogni dell’attività intrapresa. Perlopiù sono conoscenze in ambito linguistico, geografico, matematico, politico e sociale.

Cambia nell’immaginario comune l’idea di spazio e di tempo sotto la spinta della società comunale e del profitto commerciale e l’aspetto stesso dei comuni cambia per adeguarsi ai nuovi bisogni: sorgono nuovi rapporti di proprietà e si disgregano le preminenze della società feudale. L’organizzazione dello spazio urbano è un chiaro segno del nuovo rapporto con la natura che comincia ad essere modificata secondo le necessità dei ceti emergenti. Dentro a questa cornice anche il tempo acquista un valore fino a quel momento inedito e la vita di ognuno è scandita dall’orologio collocato sulla facciata delle chiese. Il calendario viene riformato per rispondere ai bisogni della nuova realtà. Il tempo non è più considerato solo un dono di Dio, ma qualcosa che ha anche un valore commerciale, che può essere comprato e venduto. Lo spazio si dilata oltre ogni precedente misura e ne sono prova i viaggi di Marco Polo verso l’Asia e i viaggi di navigazione verso il Nuovo Mondo.

LA REALTÀ LIQUIDA MODERNA

Con il procedere del progresso tecnologico, già a partire dal XIX secolo, divenne possibile l’esistenza di reti di comunicazioni mondiali: lo spazio è una meta progressivamente da conquistare, controllare, assimilare e questo grazie, oltre che per alle nuove elle tecnologie di comunicazione, allo sviluppo di nuovi e sofisticati mezzi di trasporto.

Come si può osservare nella società contemporanea, la compressione di tempo e l’espansione dello spazio si incarnano nelle nuove tecnologie digitali, le reti telematiche, Internet, e si devono considerate al contempo causa ed effetto della globalizzazione. Questa connessione sfocia anche in un’interdipendenza, nel senso che ciò che accade in un punto del mondo si ripercuote in qualche misura anche sul resto di esso. Il mondo si riduce ad un’unità complessa, a una sorta di struttura che connette una serie di relazioni sociali, culturali, politiche ed economiche a livelli che mai si videro in passato.

I mezzi di trasporto richiedono dei sincronismi sociali: lo si può notare, per esempio, nei treni che hanno degli orari, e l’orologio diventa uno degli emblemi della modernità.

Nel momento in cui entrarono in scena i primi mezzi di trasporto, il tempo necessario per viaggiare smise di essere il tratto distintivo della distanza, ma divenne un attributo della tecnica del viaggiare: il tempo è diventato una funzione delle potenzialità meccaniche, ovvero di qualcosa che gli uomini possono inventare, costruire, possedere, usare e controllare, e non più di capacità umane giocoforza limitate. Il tempo inoltre è diventato un fattore indipendente dalle inerti e immutabili dimensioni delle masse terrestri o acquatiche.

Lo spazio subisce una trasformazione molto forte: una de-spazializzazione. Le distanze vengono ridotte e viene introdotto il concetto di istantaneità come un movimento velocissimo fatto in un tempo brevissimo se non addirittura assente. Lo spazio si espande al punto da diventare irrilevante. Si annulla la differenza tra quanto è percepito come lontano e quanto è percepito come vicino ed il risultato è una compressione spazio–temporale.

Quest’ultimo aspetto è molto interessante per capire quali sono le logiche che rispazializzano la dimensione dello spazio nella globalità, che in seguito all’annullamento del tempo, arriva ad un processo di deterritorializzazione. Lo spazio quindi cambia, ma non scompare del tutto: il mondo si riorganizza secondo forme spaziali diverse, come quelle offerte dai media, dal telefono o dalla rete di internet e si viene a creare uno spazio delocalizzato dove i rapporti sociali sono astratti dai contesti locali di interazione e si ristrutturano su archi di spazio–tempo diversi. A sostenere la delocalizzazione dello spazio, è stata importante soprattutto la proliferazione dei ”non luoghi” virtuali.

RIFERIMENTI:

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