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Non solo Lukoil, perché il depuratore di Priolo fa tremare i colossi dell’energia e agita il governo

Da mesi il depuratore dell’industria petrolchimica siracusana è sotto sequestro per disastro ambientale. Il ministero sembra essersene accorto l’1 dicembre.
A cura di Luisa Santangelo
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Mentre il governo tenta di salvare una raffineria, lo stesso governo ne mette in discussione le autorizzazioni. Il volto dello Stato nel polo petrolchimico di Priolo Gargallo, Augusta e Melilli è più di un semplice Giano bifronte. Su una faccia c'è il commissariamento della raffineria Isab Lukoil, la mossa del Ministero delle Imprese e del Made in Italy per salvare diecimila posti di lavoro e l'approvvigionamento di derivati del petrolio di mezza Italia. Sull'altra faccia, invece, c'è l'apertura delle procedure di "riesame delle Aia" (Autorizzazione integrata ambientale) da parte del Ministero dell'Ambiente e e della Sicurezza energetica, che di fatto mette a rischio l'operatività delle industrie petrolchimiche siracusane, tra le quali la stessa Isab Lukoil.

La terza faccia dello Stato ha le sembianze della procura di Siracusa, che a giugno ha ottenuto che venissero messi i sigilli al depuratore consortile IAS, a Priolo Gargallo. Cioè l'impianto chiamato a depurare gli scarichi pericolosi dei colossi dell'energia. L'ipotesi di reato è di disastro ambientale: secondo i magistrati, il depuratore non avrebbe funzionato e sarebbe stato, invece, causa di una devastazione di cui in troppi erano a conoscenza. Compresi gli ex amministratori del depuratore, nominati dalla quarta faccia di questo Giano multiforme: la Regione Siciliana.

È un nugolo di problemi che sono confluiti, tutti insieme, nei provvedimenti di due ministeri emessi l'1 dicembre 2022. Lo scorso giovedì il Mase ha chiesto risposte su come sia possibile che le industrie petrolchimiche aretusee continuino a inviare i propri reflui in un depuratore da cui, invece, avrebbero dovuto staccarsi con l'intervento della magistratura.

Lo stesso giorno, è stato approvato il decreto salva Isab, cioè la raffineria di Priolo di proprietà della russa Lukoil. Il governo di Giorgia Meloni, con una norma ad hoc, ha stabilito l'"amministrazione fiduciaria" per gli impianti di raffinazione del petrolio che si trovano in Sicilia e che sono, in ultima istanza, di proprietà di Mosca. Si tratta di un commissariamento: gli organi amministrativi della società vengono sostituiti da un commissario nominato dal Mimit. Un modo per mettere l'impianto siciliano al riparo dal pacchetto di sanzioni contro la Russia che scatta oggi.

Adesso, con il commissariamento, il commissario di un ministero dovrà rispondere ai rilievi di un altro ministero. Mentre la società Isab, sotto l'ala protettrice del governo, dovrà continuare a occuparsi degli sviluppi della complessa vicenda giudiziaria in cui è attualmente coinvolta. In che modo questo castello di carte – dei tribunali, delle banche, degli esperti di ambiente – si terrà insieme non è ancora chiaro.

La storia del depuratore

Al centro della scena c'è l'ennesima dicotomia tra diritto al lavoro e diritto alla salute. Sullo sfondo, una costa lunga oltre 40 chilometri che alterna aree naturalistiche e archeologiche di pregio con le fiammelle dei camini degli impianti industriali. L'adagio è più o meno sempre lo stesso: "Se fa tutto così schifo, perché qui ci vengono i fenicotteri?". Alla voce di chi lavora nell'industria petrolchimica, rispondono i rilievi dei tecnici della procura: il depuratore consortile di Priolo Gargallo, che accoglie i reflui dei cosiddetti "Grandi utenti industriali" (Isab Lukoil, Sonatrach, Sasol, Versalis), avrebbe immesso in atmosfera 77 tonnellate all'anno di "composti organici volatili", tra le quali 13 tonnellate all'anno di benzene. Una sostanza cancerogena sulla quale il ministero della Salute dice: "Non può essere raccomandato nessun livello sicuro di esposizione".

È giugno 2022 quando il tribunale di Siracusa ordina il sequestro del depuratore e dispone il distacco dei grandi utenti industriali. In altri termini: se il depuratore non depura, ma inquina, Isab, Sonatrach, Sasol e Versalis non possono più mandarci dentro i loro reflui pericolosi. Tanto più che il depuratore è gestito da una società, la IAS (Industria acqua siracusana), controllata dalla Regione Siciliana e partecipata, oltre che dai privati, anche dai Comuni di Priolo e Melilli. L'intreccio tra pubblico e privato, anziché risolversi in una maggiore tutela per i cittadini, si manifesta con un groviglio di rimpalli di responsabilità. Così si scopre che il depuratore IAS operava in assenza di un'AIA, Autorizzazione integrata ambientale, che la Regione non aveva concesso. Almeno fino a luglio 2022, a sigilli sull'impianto già messi, quando arriva l'autorizzazione a operare. Per uno stabilimento che, secondo tecnici e magistrati, avrebbe dovuto proprio essere progettato in modo diverso, altro che autorizzato.

Riflettori sul petrolchimico

Eppure non succede nulla. Viene nominato un amministratore giudiziario, che però viene sostituito dopo qualche mese. I grandi utenti spiegano che ci vuole tempo per staccarsi. Non è facile come premere un interruttore e spegnere tutto. Il disastro ambientale, a queste condizioni, starebbe continuando. Nel corso di una stanca campagna elettorale per le Regionali 2022 e di una caldissima estate, nel Siracusano arriva una troupe della trasmissione televisiva Report e il settimanale l'Espresso comincia a occuparsi del caso. Lunedì scorso, dopo che il programma tv di RaiTre lancia l'inchiesta sul depuratore di Priolo e il suo malfunzionamento, qualcosa comincia a muoversi.

Il deputato regionale di Forza Italia Nicola D'Agostino chiede una commissione speciale d'inchiesta all'Assemblea regionale siciliana (e, secondo quanto risulta a Fanpage, pare che la richiesta gli sarà accordata). Il presidente della Regione Renato Schifani convoca un tavolo tecnico con tutti i dipartimenti regionali competenti. Ma la vera novità sul versante ambientale arriva solo l'1 dicembre 2022 e sono una serie di provvedimenti del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica: si tratta dell'avvio delle procedure di riesame delle AIA, le autorizzazioni integrate ambientali nazionali che permettono alle industrie petrolchimiche di rimanere aperte.

L'intervento del Ministero

Nelle note gemelle inviate dal Mase, una per ciascun "grande utente" del depuratore, si scopre che la prefettura di Siracusa già il 28 ottobre 2022 ha esplicitamente affermato che la concessione dell'Autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione Siciliana "non consente di superare" i rilievi mossi dal giudice per le indagini preliminari di Siracusa nell'imporre il distacco di Isab Igcc, Sonatrach, Sasol e Versalis (il volto chimico di Eni). "Con la consequenziale necessità – scriveva la prefettura siracusana – di interrompere l’immissione dei reflui industriali” all'impianto IAS.

L'amministratore giudiziario – arrivato all'inizio di ottobre a sostituire il suo predecessore rimosso – il 17 novembre 2022 aveva scritto al ministero che la "IAS spa deve immediatamente cessare il conferimento dei reflui dei grandi utenti unici collettati al proprio depuratore". Sia la prefetta del territorio sia l'amministratore giudiziario avevano dunque già fatto presente, in momenti diversi, l'esigenza di interrompere l'allaccio dei colossi del petrolchimico al depuratore. Senza contare che l'ordinanza di sequestro del gip, in cui tutte le criticità sono messe nero su bianco, porta la data del 12 maggio 2022.

Ma se è il depuratore a non funzionare, perché il ministero riesamina le Autorizzazioni integrate ambientali dei grandi utenti? Perché raffinerie e industrie chimiche, per aprire i battenti, hanno bisogno a loro volta di un'AIA. Concessa a livello nazionale dal ministero dell'Ambiente. All'interno delle AIA sono contenuti i limiti di emissioni, le regole da rispettare, i controlli a cui sottostare. Nella parte che riguarda la gestione dei reflui, le autorizzazioni statali concesse ai colossi fanno esplicito riferimento ai contratti con il depuratore IAS. Per dirla più semplicemente: le AIA dei giganti della petrolchimica facevano affidamento sugli accordi presi dai privati con un impianto di depurazione pubblico-privato che, a sua volta, non aveva AIA. E senza AIA, almeno in teoria, gli impianti non possono funzionare.

Compreso questo fatto, il ministero l'1 dicembre dice che sono "mutati i presupposti" sulla base dei quali erano state fatte le prescrizioni e date le autorizzazioni. Così, adesso, le istanze sono tutte da rianalizzare. Isab Igcc, Sonatrach, Sasol e Versalis hanno, per il ministero, trenta giorni di tempo per illustrare, tra le altre cose, "eventuali interventi e modalità operative individuate per la gestione dei reflui, alternative al conferimento degli stessi al sopra citato impianto di trattamento acque". Con l'occasione, il Mase chiede anche all'Istituto per la Prevenzione e la Ricerca Ambientale (l'Ispra) di fornire i dati su tutti i controlli e le ispezioni che sono state fatte agli impianti.

Del gruppo che valuterà gli atti insieme ai tecnici ministeriali, si legge nel documento, dovrebbe fare parte anche il dottor Giuseppe Gianni. Meglio noto come il sindaco di Priolo Gargallo Pippo Gianni, sempiterna figura di spicco sul territorio. Agli arresti domiciliari, e sospeso dalla carica, dal 3 ottobre 2022, quando gli stata notificata un'indagine per, tra gli altri reati, istigazione alla corruzione e concussione. Secondo i pm, Gianni avrebbe usato la sua autorità per imporre assunzioni in alcune aziende del polo petrolchimico siracusano. Qualora le aziende non avessero accettato, il sindaco sospeso avrebbe minacciato sanzioni e controlli ambientali. Ma questa è, almeno in parte, un'altra storia.

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