Il cervello e i mutamenti con lo scorrere del tempo

Roma, 28 febbraio 2021 (AgOnb) – Invecchiando, il cervello si restringe, diminuendo così le sue capacità di vascolarizzazione che rimangono le più importanti nell’intero organismo. Con il passare degli anni si osserva un declino, anche nei soggetti che non hanno malattie che colpiscono il cervello, di una serie di funzioni cerebrali dette cognitive: apprendimento, memoria generale, capacità di risolvere i problemi e in genere tutte le funzioni che richiedono velocità nell’elaborare le informazioni.

In condizioni di invecchiamento normale, il nostro cervello arriva a perdere fino al 10% del suo peso e del suo volume andando incontro a una condizione cosiddetta di atrofia cerebrale.

Si riducono il numero di neuroni, si osservano degenerazioni dei prolungamenti dei neuroni e i neuroni stessi, l’unità che permette il funzionamento di tutto il cervello, viene sostituita progressivamente da altre cellule con funzioni meno “nobili”.

Il cervello non invecchia contemporaneamente, allo stesso modo. Esiste una zona del cervello chiamata “ippocampo” per la sua somiglianza all’esemplare marino, dove si ha una selettiva perdita neuronale durante l’invecchiamento.

Con l’età diminuisce anche una proteina molto importante e cruciale per la profilazione delle cellule staminali, la lamina B1. Aumentando quindi l’incidenza di ictus, le demenze e i deficit cognitivi, anche a causa dei cambiamenti ormonali, che possono portare alla compromissione della memoria.

L’invecchiamento fisiologico dell’individuo si associa spesso a malattie neurodegenerative che compromettono principalmente la memoria e lo stato vigile. Il Sistema Nervoso è un’entità funzionale e strutturale che ci permette di comunicare con l’esterno.

Nel mondo esistono vari studi e gruppi di ricerca che potrebbero aprire nuovi scenari alla lotta alle demenze senili e all’Alzheimer. Quello che emerge è che, nell’anziano, la funzionalità dei neuroni viene alterata a causa di una drastica diminuzione nel numero di oligodendrociti, le cellule specializzate nella produzione di mielina, la sostanza che riveste i prolungamenti nervosi permettendo la trasmissione degli impulsi elettrici e la comunicazione fra le varie parti del cervello e il mondo esterno. La riduzione degli oligodendrociti compromette la capacità di rimielinizzare le zone del cervello dove si verificano danni alla mielina, condizione comune a molte malattie neurodegenerative, in primis la sclerosi multipla.

Durante il processo dell’invecchiamento le staminali di tutto il corpo perdono gradualmente la loro capacità di proliferare ma ora grazie all’ingegneria genetica e a una tecnologia di frontiera nel campo della microscopia, alcuni ricercatori sono riusciti ad identificare un meccanismo associato a questo processo. I ricercatori hanno scoperto che la lamina B1 gioca un ruolo cruciale nella divisione delle cellule staminali neurali: localizzata nel loro nucleo, smista le proteine dannose accumulate nel tempo e le distribuisce. A causa, quindi, dell’invecchiamento, i livelli di lamina B1 si riducono alterando la ripartizione delle proteine dannose con la conseguenza di compromettere  la proliferazione.

Alcuni ricercatori sono riusciti per la prima volta ad invertire il processo nei topi anziani aumentando la lamina B1: questo ha infatti permesso di migliorare la divisione cellulare e la produzione di nuovi neuroni.

Esiste comunque una grande eterogeneità nelle tappe dell’invecchiamento cerebrale “normale”: vi sono cioè individui che non mostrano alcun declino delle funzioni neurologiche, incluse quelle cognitive, anche nelle fasi più avanzate dell’età, mentre altri evidenziano precocemente segni e sintomi legati all’invecchiamento stesso.

Inoltre, c’è anche l’ipotesi secondo cui la salute fisica se precaria nel corso della mezza età può minare la tenuta della memoria e la capacità di elaborazione del pensiero nel corso della terza età. Per questa ragione gli esperti consigliano di modificare i potenziali fattori di rischio quali la sedentarietà e l’isolamento sociale per migliorare l’ultima fase della vita.

È necessario mantenere l’indice di massa corporea nei giusti parametri. È indispensabile fare attività fisica almeno un paio di volte a settimana oppure sarebbe sufficiente camminare ogni giorno almeno 30 minuti, correggere anche altre abitudini, se presenti, quali il fumo, l’alcool, soprattutto dopo i 65 anni. I medici danno il via libera invece al consumo della frutta e verdura unitamente ai cereali integrali e i legumi che dovrebbero diventare i pilastri delle ns abitudini alimentari. Sono piccoli accorgimenti che oltre al benessere fisco aiuterebbero la ns mente a non invecchiare. (AgOnb) Matteo Piccirilli 10:00