Francavilla in Sinni: il mio paese natio

Foto rilevata dal libro di A. Capuano "Com'era bello... e com'è... il mio paese"
Foto rilevata dal libro di A. Capuano “Com’era bello… e com’è… il mio paese”

Una canzone dei “Ricchi e Poveri” anno ‘970 titolata “Paese mio che stai sulla collina” riportava tra le note un verso significativo attraverso il quale mi riallaccio e lo faccio mio: “disteso come un vecchio addormentato, io ti lascio e vado via, che sarà della mia vita chi lo sa – sarà quel che sarà – ti dò l’appuntamento a quanto non lo so‘”. Sono ritornato a Francavilla, mio paese natio, dopo tanti, tanti anni di assenza. Il cordone ombelicale che ci unisce dalla nascita non si è mai spezzato e la storia che provo a raccontare è anche un po’ la storia del paese degli anni ‘48/54. Sono nato negli anni che precedevano la seconda guerra mondiale, in Vicolo Tanucci. I migliori ricordi della mia infanzia sono legati a quel posto e alle viuzze limitrofe. Avevo 5 anni e con la famiglia dovemmo lasciare il paese e rifugiarci in campagna nella casa della famiglia Buccino in attesa che arrivasse l’armistizio e la venuta degli Alleati. Intanto, mangiavamo sempre la stessa minestra: pasta e patate e spesso soltanto patate a causa della scarsezza di viveri tra l’altro razionati. Poi sono cresciuto e una volta terminato le elementari con il Maestro Nicola Ciminelli, mio padre per farmi proseguire negli studi mi accompagnò in un Collegio “P. Scoppetta” ad Amalfi e successivamente a Torre Annunziata presso i Salesiani. Avevo 11 anni e lasciare la mia casa, il mio paese e tutte le cose familiari che mi circondavano, fu un vero trauma. Nella mia mente conservo ancora la sensazione di angoscia che provavo sul “postale”- all’epoca così denominato – che mi conduceva a Lagonegro, per lo zig-zagare dei gironi di Episcopia. Avrei voluto scendere e tornare indietro perché temevo di non poter più ritornare a vivere in quei luoghi a me tanto cari. Con l’aiuto dei miei genitori cominciai a reagire in positivo e a proseguire gli studi. Le vacanze estive le trascorrevo al paese e il tempo libero lo condividevo con Felice Donadio (Muscarella) il quale mi consentiva di utilizzare la bicicletta per percorrere la variante dalla via nuova a quella vecchia (Via Nuova-Vecchia) e fare ritorno. Per ogni giro gli dovevo 10 centesimi. Che tempi! Finito le medie, ci trasferimmo con la famiglia a Salerno per completare il secondo ciclo di studi. Quanti sacrifici e quante privazioni! Con gli anni della ragione si comprende l’importanza dei sacrifici sostenuti che costituiscono l’elemento fondante per poterti confrontare e misurare con la vita.

Municipio di Francavilla in Sinni
Municipio di Francavilla in Sinni

Oggi, 09 Novembre 2015 – da Roma dove vivo – ritorno nel mio paese natio – non come uno straniero in patria – ma con la consapevolezza di colui che vi è rimasto radicato, con la mente e con il cuore. Ci sono storie che custodiamo nei grandi armadi della memoria e che teniamo lì in attesa che arrivi il momento per raccontarle. Quando tutto questo avviene scopriamo che non era troppo tardi, né troppo presto per raccontare. Questa premessa è necessaria per comprendere meglio il mio ritorno con la mente rivolta al passato e riscoprire il presente. Non mi sembrava vero: avevo messo piedi a Francavilla e la prima persona che incontro è Giuseppe Di Giacomo con il quale ci incamminiamo per raggiungere l’Hotel Mango. Subito dopo, qualcuno mi riconosce: Ernestino! era Antonio Fortunato, ci salutiamo in maniera affettuosa e subito dopo riprendo il cammino con Peppe Di Giacomo, desideroso di attraversare le vie del paese così come le ricordavo. Non erano quelle di una volta. La variante si presentava trasformata. Ad esempio, la strada che percorro da Via De Gasperi mi si presenta come una novità e osservo con un colpo d’occhio che un diluvio di cemento ha invaso quel tratto di strada e osservo – senza alcuna polemica – un difetto nel programma che non avrebbe permesso di rendere coerenti le intenzioni alle realizzazioni, i progetti ai fatti. Ad onor del vero, di solito ogni tentativo di città è stato un progetto che credeva di essere generale, invece, era parziale; che supponeva di essere capace di affrontare il problema intero e, al contrario sapeva cogliere solo qualche dimensione della realtà. Arriviamo alla villa comunale e i tuffi del passato si rincorrono perché ricordavo un luogo diverso e, invece, ho potuto apprezzare di come si presenta l’intera struttura da non invidiare qualche villa che frequento nella capitale. Al Bar del centro, eravamo attesi da Luigino Viceconte, Cocò Di Giacomo, Carmelo Pangaro, Piero Santamaria e mio cugino Antonio, con i

Ernesto Calluori
Ernesto Calluori

quali ci siamo salutati con un caloroso abbraccio ritrovando gli amici di un tempo e ricordare, al tempo stesso, quelli che ci hanno lasciati. La serata si è conclusa con una lauta cena al “Ristorante Mango” dove sono rimasto colpito favorevolmente per la professionalità e il modo garbato che intrattiene con i clienti il Signor Giuseppe Mango, degno figlio del padre Prospero. La notte era sopraggiunta e cominciai ad avvertire un po’ di stanchezza. All’indomani, accompagnato da una splendida giornata, ho continuato a girovagare e rivedere luoghi che mi presentavano come una mutata condizione abitativa, rispetto al nucleo antico, nonostante la mancanza di marciapiedi di cui si necessita. Tuttavia, avevo bisogno di chiedere di continuo: questa strada oppure questo vicolo dove porta? Arrivammo in Vicolo Tanucci in cui sono nato e vissuto durante la mia infanzia. Ho fotografato la casa, il portone d’ingresso e sinceramente mi sono emozionato. Ennio Flaiano, ha lasciato scritto “I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume. I miei ricordi sono racchiusi in un volume. Proseguendo, ho rivisto la Chiesa Madre e mi sovvenne in mente lo scontro acceso che esisteva ai miei tempi, tra Don Carmelo Fiordalisi (Parroco) e Michele Canonico (Elettricista) di fede comunista, da fare invidia ai personaggi Don Camillo e Peppone. Con pungente nostalgia, ho voluto rivisitare questo mio breve e fugace ritorno di circa tre giorni evocando il passato come le pagine di un libro di cui i miei concittadini vecchi e nuovi possono solo leggere il titolo.

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