La Russia ha vinto i mondiali di bandy, battendo in finale la Svezia 3-2 nella finale disputata a Irkutsk, lungo la Transiberiana, una città dove la temperatura, domenica, era di 23° sotto zero. Temperatura accettabile, visto che sugli spalti c'erano 15mila spettatori. Il bandy è una versione all’aperto dell’hockey su ghiaccio, giocata in undici contro undici su un pista ampia come un campo di calcio: Russia e Svezia hanno conquistato 21 degli ultimi 22 mondiali, perché il bandy è uno sport popolare quasi solo in Scandinavia e nell'ex-Urss. E allora, dov'è la notizia? La notizia è lì, in fondo alla classifica del mondiale B, che è andato in scena, contemporaneamente, in quella terra remota. Ultima si è piazzata una nazionale che ha segnato 3 gol subendone 73, dopo 5 partite e 5 sconfitte. La Somalia.
Il portiere della Somalia

Il portiere della Somalia

Nata in un bar — Ma cosa ci fa una selezione africana nel mondiale di uno sport in cui i giocatori indossano il passamontagna sotto il casco e si pattina per chilometri? Bisogna riavvolgere il nastro e tornare a quella sera in un pub di Borlange, in Svezia, due ore di auto a nord di Stoccolma, quando a Patrik Andersson, imprenditore e appassionato di bandy, la birra e la compagnia degli amici fanno balenare un’idea bizzarra. Borlange è un centro industriale con 50 mila abitanti e una comunità di 2000 somali, quasi tutti rifugiati in fuga da un Paese lacerato dalla guerra civile e dalla povertà (un dato? La Somalia è il terzo Stato al mondo per tasso di mortalità materna).
Lo sport che integra — Difficile per gli africani ambientarsi nel cuore della Svezia, dove fra l'altro le tensioni interrazziali sono in aumento. “E così, ho pensato che lo sport potesse diventare un terreno comune”; ha raccontato Andersson, ”perché è qualcosa che unisce e offre occasioni per stare insieme. Avrei potuto scegliere il calcio ma il bandy è molto più popolare a Borlange. Anche se, quando ho proposto di far giocare gli immigrati, hanno tutti pensato fossi pazzo”. Compresi gli stessi somali, molti giovanissimi, mai entrati in un paio di pattini e convinti, come spiega Ahmed Hussain, uno di loro, “che il ghiaccio si mettesse nella Coca Cola”. Ahmed, cresciuto in Paese dove la siccità uccide e dove, a causa dell'instabilità politica, “non sai cosa possa succedere il giorno dopo, un’ora dopo”, è uno studente ed è uno di quelli che hanno accettato la proposta di Andersson.
Coraggio e lividi — Pagando il coraggio a suon di lividi. “All’inizio, c’erano bambini di 5 anni che pattinavano meglio di me. Mio padre mi disse: 'Ti romperai un braccio'. Aveva ragione”. Poi, però, allenandosi con i ragazzi svedesi, i somali imparano l’Abc di questo hockey in cui si rincorre una pallina colorata, il portiere rilancia con le mani e il fiato disegna arabeschi sui volti. E Andersson, in tre mesi, grazie ai pattini e ai bastoni forniti dal club locale, mette insieme una squadra che rappresenta la Somalia ai mondiali, attirando persino l’attenzione di Flip e Frederick, due comici tv svedesi che stanno girando un documentario su questa avventura. La trasferta in Russia è resa possibile da Per Fosshaug, leggenda del bandy scandinavo, che intercede presso la Federazione internazionale per ammettere i somali. Da lui stesso allenati.
Il contributo comunale — Chi ha pagato il viaggio? In parte, il comune di Borlange, che considera l’immigrazione africana un’iniezione di gioventù in una comunità sempre più anziana. Insomma, il bandy come la pallamano nel film Machan, storia vera di un gruppo di cingalesi che approda in Germania fingendosi la nazionale dello Sri Lanka; il bandy come i lanci e le battute raccontati nelle pagine di Italian cricket club, inchiesta di tre giornalisti sull’antico gioco inglese che diventa (anche) un simbolo dell'Italia che cambia pelle. Certo, l’avventura in Russia della Somalia è finita con sconfitte da pallottoliere (tra cui un 22-1 dalla Germania) ma il gruppo, che non ha disputato nemmeno un’amichevole di preparazione, ha comunque vinto la sua sfida. “In fondo”, conclude Andersson, “ho detto ai ragazzi che erano come Bambi sul ghiaccio. Peccato che non sapessero chi fosse Bambi”.