×
×
☰ MENU

Alluvione

Uno strajè: «A Solarolo molti danni potevano essere evitati»

Uno strajè: «A Solarolo molti danni potevano essere evitati»

di Roberto Longoni

03 Giugno 2023, 03:01

Non di alluvione, ma di alluvioni bisognerebbe parlare, al plurale. Per la differente quantità d’acqua e fango riversata nei territori, ma ancora di più per la diversa distanza dei punti d’esondazione rispetto agli abitati. Troppo spesso i danni si sono ripetuti, quando il fattore tempo avrebbe potuto cambiare la geografia del disastro.

Un esempio: a Sant’Agata, il Santerno ha sfondato l’argine appena a monte del paese. Impossibile dare un consistente preavviso sull'onda di piena. «Mentre a Solarolo, Castel Bolognese e in altri centri della valle del Senio, la gente avrebbe potuto sapere con ore di anticipo che sarebbe stata alluvionata: era possibile salvare almeno le auto e anche gli oggetti più preziosi ai piani terra. Ma così non è stato». Nonostante l’ostinata residenza a Basilicanova, Vittorio Vignali, ingegnere in pensione, da ormai trent’anni vive a Solarolo, il comune inondato alle 6,30 di mercoledì 17. «Quando a metà del pomeriggio di martedì - ricorda - il presidente dell’Atc mi aveva già segnalato con un sms la fuoriuscita del Senio al ponte di Bafadi, tra Palazzolo e Casola».

Chi, come lui, ha potuto usufruire del fai-da-te dell'allerta, ha salvato l'auto. Gli altri no. «E' mancata l'informazione» sottolinea. Non solo. Anche i modi in cui si è cercato di darla (con i tempi di cui sopra) sono discutibili. «Era notte, la gente non era al computer: che senso ha lanciare allerte su facebook, ammesso che uno ne sia utente? Viene da rimpiangere i tempi di Peppone e don Camillo, con le campane a martello e le staffette in strada a svegliare la gente».

«Leggi per l'Appennino»

Si canta Romagna mia, quando andrebbero recitati peana. «Troppo spontaneismo - prosegue Vignali -. E manca la prevenzione». Proprio perché si vive sotto la spada di Damocle di eventi estremi sempre più frequenti, sarebbe da pensare a come ridurne le conseguenze. Innanzitutto, agevolando il più possibile chi presidia la montagna. «Invece, del territorio si fa un uso ideologico. O si riporta la gente in Appennino, garantendole la possibilità di avere un reddito, o calamità di questo tipo saranno sempre più frequenti. La legge per la montagna del 1951 o la Fanfani del 1960, che riconosceva il contributo di chi curava le terre alte e forniva una sorta di reddito di lavoranza, sarebbero attuali. Invece, si fa l’opposto. A Brisighella si produce un olio da 15/20 euro al litro, ma sono tali i vincoli che molti non piantano più ulivi».

ll gemellaggio dei Rotary

Nella catastrofe, notevole anche la dose di imprevedibilità. «Si pensava che a rompere a Solarolo sarebbe stato l'Antico canale dei mulini, che ha retto grazie agli agricoltori, per quattro giorni in lotta con i fontanazzi. Invece, è stato il Senio ad allagare Castel Bolognese per metà e Solarolo per il 90 per cento - racconta don Tiziano Zoli, energico parroco di Solarolo -. Ho avuto 40 centimetri d'acqua anche in chiesa: ma il giorno dell'Ascensione dicevo già messa al suo interno».

Ora si comincia a vedere il paese pulito (gli sfregi, le case li hanno soprattutto all'interno). «Sullo sconforto - assicura don Tiziano - tra gli abitanti prevale la volontà di riscatto, mentre i commercianti, già in difficoltà prima, rischiano di non rialzarsi più». Ma hanno riaperto l'edicolante, il barbiere e il fiorista. Farà più fatica il benzinaio, al quale un bidone dell'Hera trascinato dalla corrente ha divelto una pompa. In ginocchio per il fango (e il rischio è che lo siano per 3 o 4 anni) le aziende agricole. «Ma i contadini sono stati in prima linea nell'emergenza - specifica il sacerdote -. Per giorni è mancata l'acqua per pulire il paese e loro hanno riempito le autobotti ai loro pozzi, portandola in giro. I trattori sono diventati i carri armati della solidarietà».

Solidarietà interna e da altrove. «Tantissimi sono venuti ad aiutarci, tra questi gli scout romani ora al fianco degli anziani o i giovani impegnati a ripulire il nostro sito archeologico. Commovente avere al nostro fianco i terremotati modenesi del 2012. “Solo chi c'è passato, sa che cosa provate” mi sono sentito dire. L'Emilia, la sentiamo molto vicina. In particolar modo Parma: dai suoi alpini impegnati nella cucina da campo ai Rotary - conclude don Zoli, che del Rotary di Castel Bolognese è presidente - dai quali continuiamo a ricevere aiuti, attraverso le missioni organizzate da Eleonora Paladini e Francesca Vezzalini. Grazie Emilia, grazie Parma: noi non ci arrendiamo».

Roberto Longoni

© Riproduzione riservata

Commenta la notizia

Comment

Condividi le tue opinioni su Gazzetta di Parma

Caratteri rimanenti: 1000

commenti 0

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI