La natura giuridica delle ordinanze di necessità e di urgenza e le forme di tutela esperibili

08.12.2023

Il concetto generico di "fonti del diritto" richiama tutti gli atti o fatti che danno origine alle norme giuridiche che caratterizzano la struttura dell'ordinamento nazionale.

Il sistema italiano delle fonti è basato sul principio gerarchico, in forza del quale le fonti subordinate non possono abrogare le fonti ad esse sovraordinate.

Al vertice della gerarchia troviamo le norme contenute nella Costituzione, che sono caratterizzate da assoluta supremazia rispetto alle fonti normative primarie e secondarie.

La legge ordinaria e tutti gli atti ad essa equiparati (decreti-legge e decreti legislativi) rappresentano le fonti di rango primario che, in base al principio di riserva di legge, che in base alla materia di riferimento può essere assoluta o relativa, regolano i rapporti che caratterizzano l'ordinamento.

In ambito amministrativo un'importanza fondamentale è riconosciuta, però, alle fonti secondarie ossia i regolamenti che, pur essendo atti sostanzialmente normativi, non sono emanati dagli organi legislativi, ma da enti o organi formalmente amministrativi nell'ambito delle loro materie di competenza e in riferimento dell'ampiezza dei poteri attribuitigli in Costituzione.

Si possono distinguere, infatti, i regolamenti degli enti locali, i regolamenti governativi e i regolamenti ministeriali.

Nel quadro delle fonti normative trovano collocazione anche le norme dell'Unione Europea che, ad oggi, entrano a far parte dell'ordinamento ai sensi dell'art. 117 Cost. in virtù del principio di supremazia che lo Stato riconosce al diritto dell'Unione.

Su un piano diverso si pongono, invece, gli atti amministrativi generali emanati, anch'essi, dagli enti pubblici, ma non rientranti tra le fonti del diritto, in quanto atti aventi forma e sostanza amministrativa e non normativa. (es. bando di gara di un appalto pubblico).

Configurare un atto come normativo ovvero come amministrativo generale comporta molteplici conseguenze sul piano giuridico, sia con riguardo al loro procedimento di formazione, che con riferimento alla tutela esperibile a fronte di una loro asserita illegittimità.

Un problema a lungo discusso in dottrina e in giurisprudenza ha riguardato la natura giuridica normativa o amministrativa delle c.d. ordinanze extra ordinem, ossia quei provvedimenti che la PA può emanare in casi di necessità e urgenza e che a differenza dei c.d. atti necessitati, i quali presentano un contenuto tipizzato dalla legge, sono invece atipiche, in quanto la situazione di urgente necessità che li giustifica è individuata di volta in volta al loro interno, non risultando astrattamente disciplinata dalla legge.

La capacità di derogare a principi cardine dell'ordinamento giuridico e le altre particolarità che caratterizzano queste ordinanze, si giustificano dal fatto che le stesse siano adottate in casi eccezionali; già all'epoca del diritto romano si riteneva di radicarle al principio di necessità secondo cui "la necessità non conosce leggi, ma diventa essa stessa legge".

Nel corso del dibattito circa la natura giuridica delle ordinanze extra ordinem, si è sostenuta dapprima la loro collocazione tra le fonti primarie, stante da un lato la loro intrinseca capacità di derogare alle norme di legge e dall'altro il contenuto generale, astratto e, almeno temporaneamente, innovativo.

Si è sempre precisato, però, che tale capacità derogatoria alle fonti primarie non comportasse anche l'idoneità di suddette ordinanze a derogare alle norme sovranazionali ad efficacia diretta, in quanto il diritto dell'Unione, stante il principio di primazia sopra richiamato, prevale sempre sulle norme interne e, a maggior ragione, sugli atti amministrativi generali.

La tesi prevalente, infatti, riconosce alle ordinanze di necessità ed urgenza natura di atti amministrativi generali, obiettando che proprio la loro temporaneità non le rende innovative dell'ordinamento e riconoscendo, inoltre, che il più delle volte (se non sempre) il loro contenuto è concreto e non generale, in quanto volto ad eliminare o contenere la situazione urgente imprevedibilmente verificatasi.

Proprio le particolari caratteristiche atipiche che le contraddistinguono, nonché l'attribuzione di un potere derogatorio dei principi costituzionali di gerarchia e riserva di legge che permette loro di incidere temporaneamente ed in modo cogente nell'ordinamento anche derogando alla legge, ha posto la necessità di individuare dei limiti al loro utilizzo.

Innanzitutto, viene posta come necessaria, prima della loro emanazione, un'adeguata istruttoria che rispetti i principi di buon andamento e proporzionalità con il minor sacrificio possibile degli interessi privati.

Viene, inoltre, resa necessaria, in forza del principio di trasparenza contenuto nella L. 241/90, l'esplicitazione nel provvedimento di adeguata motivazione contenente le ragioni di fatto e di diritto dal quale sia possibile ricavare la necessità e l'urgenza che hanno giustificato la loro emanazione.

Da qui si ricava la necessità della forma scritta, a pena di nullità, dell'ordinanza medesima.

Il profilo più importante è rappresentato, infatti, dal requisito di contingibilità che sta ad indicare l'urgente necessità di provvedere immediatamente ad una situazione eccezionale, imprevedibile e temporanea.

In passato si è ritenuto, infatti, illegittimo il ricorso a queste tipologie di ordinanze per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti, per le quali era possibile l'utilizzo dei rimedi ordinari presenti nell'ordinamento.

Un altro requisito indispensabile dell'ordinanza, secondo alcuni, è l'imposizione di un termine finale di durata, essendo pacifico che la stessa debba avere natura temporanea.

La giurisprudenza più recente ritiene, però, che stante l'imprevedibilità ed eccezionalità dell'evento che ne giustifica l'adozione, sarebbe difficile per la PA prevedere un termine di durata dello stesso; va da sé che il termine finale coinciderà, comunque, con il venir meno della situazione d'urgenza che non giustifica ulteriormente il mantenimento delle disposizioni eccezionali dell'ordinanza.

Alla luce del principio di legalità, le ordinanze di necessità ed urgenza richiedono l'esistenza di una legge che individui a priori quali sono gli organi amministrativi dotati dei poteri di emanarle ed in quali materie.

La L. 33/1978 sull'istituzione del servizio sanitario nazionale conferisce all'art. 32 al Ministro della Sanità il potere di "emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni".

Si pensi, ad esempio, al recente caso di epidemia del "Coronavirus" che ha imposto al Ministero della Salute e agli organi Regionali interessati l'emanazione di ordinanze contingenti ed urgenti, attraverso le quali sono state adottate misure di contrasto e di contenimento alla diffusione del virus cinese.

Ulteriori disposizioni sono contenute, tra le altre, nel Testo Unico di Pubblica sicurezza che all'art. 2 riserva al Prefetto il potere di adottare provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica in caso di urgenza e necessità.

Merita soffermarsi, però, brevemente sulle disposizioni contenute nel TUEL agli artt. 50 e 54, le quali hanno subìto recentemente modifiche da parte del Decreto Minniti del 2017.

Si premette che tale Decreto interviene a distanza di dieci anni dal Decreto Pacchetto sicurezza 2008 che, tra le altre disposizioni, aveva cercato di ampliare i poteri dei Sindaci, introducendo una norma che gli attribuiva la possibilità di emanare ordinanze "anche" contingibili ed urgenti al fine di prevenire o eliminare le eventuali minacce all'incolumità e sicurezza urbana.

Tale norma venne dichiarata incostituzionale da parte della Corte con sentenza n. 115/2011, nella parte in cui conferiva il potere di ordinanza ordinaria anche in mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza.

Sostenne la Corte, infatti, che tali ordinanze, seppur non consentivano alcuna deroga alle norme legislative e regolamentari vigenti, in quanto diverse da quelle extra ordinem, si ponevano in contrasto con il principio di legalità sostanziale, il quale non permette l'attribuzione all'amministrazione di poteri discrezionali totalmente indeterminati, essendo indispensabile che il contenuto e delle modalità di esercizio di tali poteri siano determinati, in modo da mantenere costantemente una copertura legislativa dell'azione amministrativa.

Alla luce di quanto statuito in suddetta sentenza, con il Decreto Minniti si è cercato di ancorare l'ampliamento dei poteri del Sindaco alla determinazione puntuale del loro contenuto e delle modalità di esercizio, nel rispetto dei principi enunciati.

Si è innanzitutto fornita una nozione ampia di sicurezza urbana all'art. 4 del Decreto, tale da non ricondurla più alla sola materia statale dell'ordine pubblico e della sicurezza, ma tale da inserirla nell'aveo della "sicurezza integrata" realizzabile attraverso il concorso dei vari livelli di governo ed amministrazione.

Si è introdotto, infatti, all'art. 50 del TUEL il potere di intervento del Sindaco con ordinanze contingibili non solo in ambito di emergenze sanitarie o igiene pubblica, ma anche "in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche".

La maggiore novità risiede, però, nell'introduzione del comma 7 bis che attribuisce al Sindaco il potere di emanare ordinanze non contingibili ed urgenti con durata non superiore a 30 giorni "al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti nonché dell'ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle città interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, o in altre aree comunque interessate da fenomeni di aggregazione notturna".

Tale potere si completa con la previsione di cui all'art. 54 che giustifica tale intervento anche alla luce della necessità di contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi nel territorio comunale.

Si tenga presente, comunque, che le ordinanze suddette, proprio perché ordinarie e non contingibili ed urgenti, non avranno la forza derogatoria attribuita a queste ultime e la loro asserita illegittimità potrà essere fatta valere solo di fronte al giudice amministrativo.

Nel caso di ordinanze extra ordinem, invece, il riparto di giurisdizione è discusso nel caso in cui si impugni la mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza.

In questo caso secondo alcuni, la giurisdizione dovrebbe essere attribuita al giudice ordinario, in quanto, in base alla teoria prevalente del riparto di giurisdizione basato sulla causa petendi, saremmo di fonte ad una carenza di potere della PA, che giustificherebbe la giurisdizione ordinaria.

Altri, a contrario, radicano la giurisdizione amministrativa sostenendo in tal caso il vizio del cattivo uso del potere sindacabile dal GA.

In entrambi i casi comunque è pacifica la possibilità del soggetto leso dall'ordinanza, giudicata priva dei requisiti indefettibili di contingenza, di ottenere il risarcimento del danno causato dal suddetto provvedimento.

Risulta da sottolineare, però, che la tutela giurisdizionale del privato avverso queste ordinanze risulta eccessivamente riduttiva, viste le lungaggini del sistema processuale.

L'unico strumento utile a porre immediata tutela al pregiudizio subìto dal privato è il ricorso alla c.d. sospensiva di cui all'art. 55 e ss del Codice del processo amministrativo, esperibile in presenza dei requisiti del fumus bonis iuris e del periculum in mora.

A fronte di suddetta impugnazione, il giudice sarà chiamato alla comparazione fra la necessità e urgenza da parte della PA di realizzare immediatamente l'interesse pubblico per scongiurare eventi eccezionali ed imprevedibili e il pregiudizio irreparabile dell'interesse privato.

Avv. Giulia Solenni