Gianluigi Lentini, l'ala del futuro cui un incidente impedì di essere un fuoriclasse

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Talento purissimo, era destinato a diventare un fuoriclasse assoluto del calcio italiano e mondiale. Ma ad appena 24 anni un terribile incidente d'auto cambiò per sempre la sua vita e la sua carriera. Gianluigi Lentini si riprenderà, ma calcisticamente non sarà più quello di prima.

Ala di classe sconfinata, dribbling, velocità e fiuto del goal, era forte fisicamente e aveva lunghe leve, che spesso gli permettevano di eseguire anche prodezze in acrobazia e una spiccata personalità.

Quando era in giornata, per gli avversari non ce n'era. Lentini sapeva ubriacarli con le sue finte e quella sua andatura caracollante, per poi puntarli e superarli grazie alla sua velocità e al dribbling.

Affermatosi nel Torino, dopo aver fatto anche un'esperienza ad Ancona, si consacra nel Milan di Capello e nella Nazionale azzurra di Arrigo Sacchi. Con quest'ultima è atteso come stella ai Mondiali di USA '94 ma l'incidente del 2 agosto 1993 cambierà tutto, costringendolo a ripartire da zero e a ridimensionare la sua carriera.

Farà esperienze con l'Atalanta e di nuovo con il Torino, per poi scendere prima in Serie B con il Cosenza e poi fra i Dilettanti, divertendosi fino a 42 anni. Anche fuori dal campo al sex symbol alla moda che vuole sempre divertirsi, dei primi anni da professionista, subentra un ragazzo timido, introverso e insicuro, ma con la testa sulle spalle. Che oggi, lasciatosi alle spalle il mondo del calcio, lavora come apicultore.

GIOIELLO DEL FILADELFIA

Gianluigi Lentini, per tutti semplicemente Gigi, nasce a Carmagnola, Comune trenta chilometri a Sud di Torino, il 27 marzo 1969 e trascorre la sua infanzia a Villastellone. I suoi genitori sono siciliani emigrati nella campagna piemontese.

Si innamora del calcio giovanissimo, e all'età di 10 anni, è il 1979, i tecnici del Torino lo scoprono in un provino al Campo Agnelli. Lo mandano per un biennio alla Scuola calcio Barcanova, dove è allenato da Ercole Rabitti, e nel 1983 entra nella squadra Berretti granata guidata dall'ex centravanti Gianni Bui, che gli trasmette i segreti del mestiere.

Completa quindi la sua trafila approdando alla Squadra Primavera del maestro Sergio Vatta. Con colui che sarebbe diventato il tecnico più vincente d'Italia a livello giovanile, Lentini completa la sua formazione calcistica. 

Ambidestro, è schierato prevalentemente sulla fascia, a destra o a sinistra, ma grazie alla sua fisicità, svaria su tutto il fronte d'attacco. Gigi Radice, allenatore della Prima squadra, osserva con attenzione quel ragazzo alto e magro, che quando parte palla al piede in velocità sembra un cavallo al galoppo.

Così a ottobre se lo porta in panchina per alcune settimane e quando l'olandese Wim Kieft si infortuna e deve star fuori due mesi, non esita a lanciarlo nella mischia in Serie A. Il 23 novembre 1986, il giorno del suo esordio in Serie A contro il Brescia, Lentini ha soltanto 17 anni. I granata perdono 2-0, ma Gigi ha modo di debuttare nel finale giocando 9 minuti al posto di Giancarlo Corradini.

È aggregato più o meno in pianta stabile alla Prima squadra, salvo essere rimandato in Primavera nel mese di febbraio del 1987, quando i giovani granata di Vatta hanno un appuntamento con la storia: vincere il terzo torneo di Viareggio in quattro anni. Il Torino, che ha in squadra, oltre a Lentini, elementi validi come Diego Fuser, Giorgio Venturin, Giorgio Bresciani e Frederic Massara.

La finale vede i ragazzi di Vatta travolgere 4-1 la Fiorentina, trascinati da una doppietta di Fuser. Per Lentini arriva il primo trofeo della sua carriera. 

LA SERIE A CON IL TORINO E L'AVVENTURA AD ANCONA

Vinto il Viareggio con i suoi coetanei, Radice riporta il talento di Carmagnola in Prima squadra, e lo manda in campo altre 10 volte, di cui 3 da titolare: nel match di ritorno con il Brescia, nel Derby di ritorno contro la Juventus (1-1) e nella sfida del Franchi contro la Fiorentina. Gigi chiude con 11 presenze, più una negli ottavi di Coppa Italia, il suo primo anno con i grandi.

I tecnici che lo allenano si rendono conto di avere di fronte l'ala del futuro, ma cercano di non fargli montare la testa per la paura che possa bruciarsi. Scrive di lui Bruno Bernardi, storica firma de 'La Stampa', dopo una delle gare in cui Radice lo manda in campo:

"L’ingresso di Lentini ha permesso a Radice di valutare la potenzialità di questo giovane talento. È vero, come sostiene il tecnico, che è ancora troppo innamorato del dribbling, ma la sua spregiudicatezza unita all’abilità nella difesa del pallone hanno impresso alle controffensive granata un cambio di marcia... I suoi estimatori lo indicano come l’erede di Claudio Sala. Certo, 'Il Poeta' aveva un repertorio ricchissimo, i suoi slalom venivano rifiniti da palloni dosatissimi per Pulici o Graziani. Lentini, che ha compiuto 18 anni venerdì scorso, ha ampi margini di miglioramento. Ma è più di una promessa".

L'andamento è simile anche l'anno seguente, il 1987/88, con l'ala che fa la spola fra Giovanili e Prima squadra. Arricchisce il suo palmarés con la vittoria dello Scudetto Primavera, mentre non riesce a ripetersi al Viareggio (sconfitta 1-0 in finale contro la Fiorentina) e con Radice fa altre 11 presenze in Serie A e 9 in Coppa Italia.

Oltre ad essere un innamorato del pallone, però, Lentini è anche un giovane che segue le tendenze del suo tempo. Gli piace vestire alla moda e andare a ballare in discoteca. Talvolta passa la notte a girovagare per locali e dorme in auto davanti al Filadelfia per prendere in contropiede tecnici e dirigenti che la sera prima sono andati vanamente a cercarlo, in modo che Carla, la custode dello storico impianto, lo svegli e possa essere il primo a entrare negli spogliatoi, per prendere tutti in contropiede.

Qualcuno lo accusa di sentirsi già arrivato:

"Non è vero, - ribatte lui - ho la testa sul collo, non mi esalto nei momenti felici e non mi deprimo quando gira storto".

Va a mille il giovane Lentini, dentro e fuori dal campo, così la società decide di mandarlo in Serie B in prestito all'Ancona, per metterlo alla prova e vedere se supererà lo scoglio. Così sarà, con i suoi primi 4 goal da professionista in 37 presenze, con i marchigiani che chiudereanno la stagione a metà classifica.

Torino lineups Serie A 1991/92Wikipedia

DALLA PROMOZIONE ALLA FINALE DI COPPA UEFA COL TORINO

Completata la sua crescita fisica (un metro e 81 centimetri per 72 chilogrammi di peso forma) Gigi fa ritorno al Torino nella stagione 1989/90. La squadra è retrocessa in Serie B e ha cambiato presidente, con Gian Mauro Borsano che è subentrato al duo Gerbi-De Finis, e allenatore. In panchina c'è un duro come Eugenio Fascetti, e inizialmente il rapporto con il giovane talento è segnato da alcune incomprensioni, per quell'aria 'da sfrontato' sicuro di sé che sembra avere Lentini.

Il mister non esita a spedirlo in alcune circostanze con la Primavera, ma alla fine il tecnico toscano vede l'uomo oltre la facciata e gli dà fiducia, venendo adeguatamente ricompensato con il ritorno in Serie A. L'esperienza di Ancona lo ha reso un leader, con quel bagaglio tecnico di dribbling, finte e allunghi micidiali da far stropicciare gli occhi, e lui risulta determinante per riportare i granata nella massima Serie. 

"Se a volte esagero nel tener troppo il pallone - dichiara a chi lo critica - non lo faccio per presunzione, è un cercare di strafare che penso sia comune a molti giovani e che si perde con l’esperienza, nel tentativo inconscio di far vedere ciò che sai fare e quanto vali. A volte ho un temperamento combattente, altre mi lascio sopraffare e mi abbatto. Sono un po’ lunatico, mi capita spesso di iniziare la partita con la giusta carica per poi crollare".

Fascetti lo schiera con regolarità da marzo a fine campionato, e Lentini esplode. Il 25 marzo 1990 manda in visibilio i tifosi al Comunale trovando la prima rete da professionista con la maglia granata nel 2-0 alla Reggina.

"Volevo segnare, - dice a fine gara - ma non pensavo che sarei riuscito a mettere la palla proprio lì. Per me è la ciliegina sulla torta: dopo un passato da dimenticare, sta andando tutto per il verso giusto".

I granata vincono il campionato di B e anche Fascetti è costretto ad ammettere: "Lentini può diventare il Donadoni del Torino". I tifosi della Maratona lo accostano invece a Gigi Meroni.

Nell'estate del 1990 per Gigi e il Torino si apre un nuovo ciclo, che ha il volto e le sembianze del tecnico, Emiliano Mondonico. Il tecnico di Rivolta D'Adda dimostra di saper gestire la gioventù del talento granata meglio di chiunque altro e l'ala di Carmagnola non steccherà l'appuntamento con il grande palcoscenico: 34 presenze e 5 goal, con prestazioni di alto livello con cui dà un apporto consistente alla conquista del 5° posto finale che vale la qualificazione alla Coppa UEFA. In più i granata conquistano la Mitropa Cup.

Gioca spesso con il numero 7 sulle spalle, rinnovando la tradizione delle grandi ali del Torino, ed è un giocatore proiettato al futuro. Il 23 settembre al Delle Alpi, i granata battono 2-0 l'Inter e Lentini è protagonista con il bellissimo goal del 2-0, il suo primo in Serie A.

"Sì, devo dire di aver fatto un bellissimo goal e sono molto contento, ecco. M’è venuto Battistini incontro, sono stato fortunato a fargli il tunnel, e poi a tu per tu con Zenga sono stato molto freddo", commenta nel post partita ai microfoni della 'Rai'.

Grande talento in campo, Lentini continua ad essere discusso fuori per l'immagine che dà di sé. Barbetta, capelli lunghi e vistoso orecchino sul lobo sinistro, indossa scarpe piene di strass e giubbotti ricamati, gli piacciono le auto sportive, le belle donne, che del resto lo eleggono a sex symbol, e la vita notturna. Ma a chi lo descrive come "un cattivo esempio per i giovani" lui ribatte:

"Mi sento un ragazzo normalissimo, che ha la fortuna di guadagnare certe cifre. Un modello positivo, i modelli negativi sono i drogati".

In campo continua a dare spettacolo anche nel 1991/92, stagione che vede i granata piazzarsi al 3° posto e protagonisti di una cavalcata in Coppa UEFA fino alla finale contro l'Ajax. Lentini totalizza 49 presenze e 9 goal complessivi fra campionato, Europa e Coppa Italia, in quella che resta la sua miglior annata in granata.

"È come Domenghini o Bruno Conti, non è una razza estinta. - lo incorona Enzo Bearzot - Non ha solo la corsa potente, ma anche invenzioni incredibili. Punta dritto sull’uomo palla al piede, se lo salta non gli concede possibilità di recupero e crea grossi problemi alle difese. I suoi dribbling ammazzano psicologicamente l’avversario".

Memorabili restano alcune prestazioni in Europa, come le due gare di semifinale contro il Real Madrid, in cui fa letteralmente ammattire gli avversari con le sue giocate. La doppia finale contro l'Ajax è però caratterizzata dalla sfortuna.

La gara di andata al Delle Alpi termina con un rocambolesco 2-2, al ritorno al De Meer di Amsterdam sono invece tre legni e un arbitraggio discutibile a impedire a Lentini e compagni di alzare al cielo il trofeo. Con Mondonico che solleverà al cielo la famosa sedia contro i torti ricevuti.

"Amsterdam - rivelerà in un'intervista a 'La Gazzetta dello Sport' - me la sogno ancora di notte. Sarebbe stato un risultato epico per una società come il Torino che in Europa non ha mai vinto nulla. Resta la delusione più grande della mia carriera".

Il secondo confronto con l'Ajax resterà anche l'ultima partita di quella squadra. La situazione finanziaria della società granata è infatti al collasso. La mancata vittoria della Coppa UEFA, unita allo scandalo Tangentopoli che colpisce anche il numero uno della società e la faraoniche campagne acquisti dei due anni precedenti, effettuate senza un'adeguata copertura finanziaria, fanno precipitare la situazione nell'estate del 1992.

L'unico modo per non far fallire il Torino è cedere i suoi pezzi da novanta. Fra questi c'è naturalmente anche l'ala del futuro, Gigi Lentini, che già gioca anche in Nazionale. 

Gianluigi Lentini AC MilanGetty Images

IL PASSAGGIO MILIARDARIO AL MILAN

Sull'esterno granata, che ha fine stagione decide di operarsi per una fastidiosa ernia, piombano due big: Milan e Juventus. Dopo un lungo tira e molla, avranno la meglio i rossoneri, con il presidente Silvio Berlusconi che si aggiudica il cartellino di Lentini per una cifra monstre per l'epoca: le fonti ufficiali parlano di 22 miliardi di Lire, altri scrivono invece 18 e mezzo. Al giocatore vanno 4 miliardi a stagione più 5 alla firma. Una valutazione che fa gridare allo scandalo i moralisti.

"Fui contattato una sola volta da Boniperti. - dichiarerà a carriera conclusa - È stata una cosa nata e morta lì. Alla Juve non sarei mai andato".

Borsano già in Primavera aveva siglato un pre-accordo per la cessione del giocatore ai rossoneri. Il patto scadeva alla mezzanotte del 30 giugno e Lentini più volte aveva rifiutato la destinazione. Ma in extremis firma con i lombardi, spiazzando a quel punto il club piemontese.

"Dopo che Berlusconi chiuse l’accordo con Borsano, con me è impazzito: gli ho detto di no almeno quattro volte prima di accettare il Milan. - dirà Gigi a 'La Gazzetta dello Sport' nel 2018 - Lui non comprendeva il mio rifiuto. Al Milan ho scoperto un Berlusconi attentissimo, premuroso, faceva tutto in funzione della vittoria. E più si vinceva più lui voleva vincere".

A sbloccare la situazione è un incontro ad Arcore, con Berlusconi che fa prelevare il giocatore in elicottero e lo ammalia con cifre da capogiro.

"Io al Milan non volevo andarci. - rivelerà - Fui molto combattuto: Torino è casa mia, sono granata dentro tutt’ora. Il giorno in cui andammo a Milano per firmare, cambiai idea in autostrada. Mancavano poche ore alla chiusura del mercato, in sede al Milan ci aspettavano Berlusconi e Galliani per le firme. Partimmo da Torino in auto io e i miei procuratori Pasqualin e D’Amico. Superato il casello di Milano feci fermare la macchina. E dissi ai miei procuratori: 'Al Milan non vado più, torniamo indietro'. Momenti di panico, i procuratori chiamarono papà: 'Gigi è impazzito', avevano le mani nei capelli. Il tempo stava scadendo... Infine mi convinsero e oggi non mi pento: ci sono offerte che non si possono rifiutare. Se avessi seguito il cuore, sarei rimasto al Toro”.

Alla firma di Gigi con il Milan a Torino esplode la rivolta. Migliaia di tifosi granata si riversano in piazza e contestano la società e il presidente Borsano. 'Hai venduto tuo figlio', scrivono nella sede del club, dopo aver spaccato i vetri delle finestre al piano terra.

"Se Lentini se ne va, bruceremo la città", è uno dei cori più gettonati.

La situazione nel capoluogo piemontese è di guerriglia. Lentini stesso è costretto a uscire di nascosto dalla sede dell'agenzia 'Ansa', venendo fatto oggetto di un fitto lancio di monetine.

"In quei momenti mi sentivo un traditore - dirà - perché stavo abbandonando miriadi di persone che stravedevano per me e mi avevano portato in alto. Era una specie di tradimento e questa cosa non mi faceva star bene".

STELLA NELL'ITALIA DI SACCHI

Prima di approdare al Milan, Lentini ha modo di indossare la maglia dell'Italia e di entrare stabilmente nel giro azzurro già nel 1991, durante l'ultimo periodo dell'era Vicini. Dopo aver giocato con l'Under 21 di Cesare Maldini (2 presenze) l'esordio in Nazionale A arriva il 13 febbraio 1991 a Terni nell'amichevole pareggiata 0-0 con il Belgio. È in campo anche nella sfortunata e decisiva sfida per la qualificazione contro l'U.R.S.S. il 12 ottobre 1990 a Mosca.

Ma le speranze azzurre di raggiungere la fase finale si spengono sul palo colpito da Rizzitelli, e anche Lentini deve attendere i successivi Mondiali per poter giocare una grande competizione in azzurro. Intanto, con il cambio di Ct. e l'arrivo di Arrigo Sacchi in panchina, nonostante gli schemi rigidi del 'Profeta di Fusignano', riesce a mettersi in evidenza con alcune importanti prestazioni.

È una sua accelerazione, ad esempio, a propiziare il calcio di rigore contro la Germania nell'amichevole di Torino del 25 marzo 1992. Penalty che, trasformato da Baggio, avrebbe dato poi la vittoria agli Azzurri. Successivamente è protagonista delle qualificazioni a USA '94, prima che la sorte, sottoforma di grave incidente stradale, gli impedisca di coronare il suo sogno di rappresentare il proprio Paese nelle fasi finali.

La sua avventura azzurra si concluderà nel 1996 con un'ultima presenza nell'amichevole di Sarajevo con la Bosnia, piccolo contentino per il talento frenato sul punto di diventare fuoriclasse. In tutto 13 gare senza reti.

Gianluigi Lentini Milan Serie AGetty Images

AL TOP COL MILAN E IL TERRIBILE INCIDENTE

Fabio Capello e i suoi preparatori tirano a lucido Lentini dal punto di vista fisico. L'ala, dopo un gran lavoro estivo, è pronta a prendersi la scena anche con la maglia rossonera nella stagione 1992/93.

“Mi sentivo un leone, - rivelerà - nei test nessuno aveva i miei valori in quel Milan in quanto a velocità, potenza, tecnica, resistenza".

Il talento di Carmagnola sa di trovarsi di fronte una concorrenza agguerrita, e lavora duro. Quando va in campo, è letteralmente devastante. In Italia e in Europa, quando parte palla al piede, nessuno riesce a fermarlo. Diventa un punto fermo della formazione titolare.

Gioca con regolarità a destra o a sinistra, segna (su tutti per bellezza spiccano il goal in rovesciata contro il Pescara e il tiro all'incrocio dei pali nel derby di andata contro l'Inter) e fa segnare con assist al bacio per i tanti campioni della rosa rossonera. Dopo un avvio stratosferico, ha qualche alto e basso nella seconda parte di stagione, riuscendo comunque a ritagliarsi il suo spazio.

Il Milan è protagonista su più fronti: a fine stagione Lentini vince da protagonista il suo primo Scudetto (30 presenze e 7 goal, miglior stagione in carriera in assoluto) e la Supercoppa Italiana (2-1 sul Parma). In Champions League la squadra, dopo una favolosa cavalcata, arriva in finale contro l'Olympique Marsiglia di Goethals, ma non riesce a incidere su una gara storta.

I francesi si impongono 1-0 con goal di Bolì e per l'ala piemontese è la seconda finale europea persa in due anni.

Dopo la conquista del titolo di campione d'Italia, Lentini è comunque un ragazzo felice e si pone traguardi ambiziosi per il futuro:

"È stato il mio primo anno al Milan, poteva andare anche meglio ma va bene così. Qui sono tutti campioni ed è facile vincere con loro. Il prossimo anno spero di fare ancora di più".

Lentini corre veloce verso il sogno, che vede vicino, di diventare finalmente un fuoriclasse e sogna la rivincita in Europa e i Mondiali in Nazionale. Non ci riuscirà. La notte del 2 agosto 1993 è vittima di un terribile incidente stradale di rientro da un Triangolare estivo a Genova per i 100 anni del Grifone. 

La società rossonera ha concesso ai giocatori due giorni liberi e Lentini si mette subito in viaggio per Torino con la sua Porsche nuova. Ha fretta di raggiungere la città, perché, si saprà solo in seguito, lo aspetta Rita Bonaccorso, moglie separata di Totò Schillaci, con cui il calciatore aveva una relazione.

"Mi ricordo che mi avevano portato la macchina da Milanello a Genova, in modo che dopo la partita potessi andare dove volevo come tutti gli altri. Prima ho bucato una gomma. - racconterà - Non sapevo che non potevo superare i 70 chilometri orari. La persona che mi aveva cambiato la gomma non mi aveva detto in modo specifico che non potevo superare quella velocità, mi aveva detto soltanto di andare più piano. Ma quella era una macchina che se andavi a 120-130 sembrava che eri fermo".

Lentini sull'autostrada A21 Torino-Piacenza non trattiene il piede sull'acceleratore e poco dopo le 2 del mattino, fra le uscite di Asti Ovest e Villanova, affrontando una curva, il calciatore perde il controllo della vettura, che vola impazzita e si arresta soltanto molti metri più avanti, cozzando contro una cunetta ai bordi della strada a quasi .

L'auto prende immediatamente fuoco, ma Lentini, che fortunatamente non aveva la cintura allacciata, è sbalzato fuori dall'abitacolo e ha salva la vita. Dopo aver sbattuto violentemente il capo, resta esanime sull'asfalto, finché non viene notato da un camionista di passaggio che chiama i soccorsi. 

"Lentini 3 volte miracolato", titola il giorno dopo 'La Gazzetta dello Sport'.

L'ala del Milan è ricoverata in ospedale e le sue condizioni vengono subito definite gravi nonostante Gigi non riporti fratture. Si risveglierà dopo due giorni di coma, ma resta in evidente stato confusionale. Inizialmente ha difficoltà a parlare in modo fluente e i riflessi appaiono allentati. Con la sua tenacia l'uomo riuscirà lentamente a recuperare e a riprendersi la sua vita, ma la sua carriera da calciatore brucia assieme alle lamiere della Porsche gialla.

Il club rossonero gli dà tutto il suo sostegno, mettendogli a disposizione logopedisti, psicologi e i migliori preparatori. Lentini torna in campo in Coppa Italia il 10 novembre contro il Piacenza, circa tre mesi dopo quel tremendo schianto. Subentra negli ultimi 3 minuti, ma di fatto non sarà più lo stesso. 

GLI ULTIMI ANNI AL MILAN E L'ATALANTA

"So perfettamente che dipenderà da me tornare il giocatore di una volta, - dichiara l'ala rossonera - addirittura meglio se possibile. Io darò tutto, anche perché vorrei contribuire ad uno Scudetto in cui credo e vorrei prendere parte a un Mondiale che mi affascina".

Nel 1993/94 totalizza in tutto 9 presenze (7 in campionato) ma non riesce a dare un apporto tangibile alla vittoria del nuovo Scudetto e della Champions League col Barcellona e perde i Mondiali di USA '94, un appuntamento che lui considerava molto importante.

"Sacchi mi stimava e mi chiamava periodicamente per sapere come stavo. - racconterà - 'Dai, che se ti riprendi vieni', mi diceva. Io ci ho sperato, purtroppo non è stato così e pazienza".

In rossonero vince anche altre 2 Supercoppe Italiane, una Supercoppa Europea e lo Scudetto 1995/96. Ma gli ultimi due anni saranno caratterizzati da un rapporto conflittuale con Capello. Lui vorrebbe giocare, il tecnico friulano lo impiegherà con il contagocce. Il momento migliore lo vive a fine 1994/95, quando in sette partite va a segno ben 5 volte e punta alla finale di Champions League.

"Ero il giocatore più in forma di tutta la squadra, speravo di giocare titolare a Vienna contro l'Ajax. Purtroppo Capello non mi ha dato la possibilità e da lì per solo colpa mia ho interrotto la carriera ad alti livelli".

Lentini entra negli ultimi 5 minuti, assistendo impotende al goal di Kluivert che dà il successo ai Lancieri.

Il 1996 è comunque un anno importante a livello personale, perché Gigi sposa la modella svedese Alexandra Carlsson, che gli darà due figli. Thomas farà il calciatore come papà, giocando da portiere. 

Gigi conclude il suo rapporto con il Milan con un bilancio complessivo di 96 presenze, 16 goal e 15 assist. A 27 anni riparte dall'Atalanta, dove lo aspetta il suo 'padre putativo', Emiliano Mondonico.

In nerazzurro gioca al fianco di Morfeo e Pippo Inzaghi, ritrova una sua dimensione e disputa una bella stagione, con 31 presenze e 4 reti e un piazzamento al 10° posto per la Dea.

Gianluigi Lentini Torino MilanGetty Images

IL RITORNO AL TORINO

Lentini sceglie di tornare dove tutto per lui era iniziato, ovvero al Torino, nel frattempo nuovamente retrocesso in Serie B. Saldato il debito morale con Mondonico, prova a riportare in alto i granata. La prima stagione sfiora l'obiettivo.

Alla terzultima giornata, a Perugia, l'ala di Carmagnola si scontra con Marco Materazzi. Il difensore, con un'entrata killer, gli procura una brutta ferita sulla gamba e sull'addome e il capitano deve lasciare il campo al 36' in barella.

"Ho preso due gomitate in faccia su palla in attiva, poi una tentata entrata prima di questa entrata da omicidio", dichiarerà a caldo nel post partita mostrando i grandi cerotti sulla gamba.

"Non trovo parole per definire una persona come Materazzi. - rincarerà la dose anni dopo - Soprattutto prima, quando non c'erano le immagini televisive per poterti squalificare, faceva delle cose al di fuori del calcio".

Il sogno promozione sfuma nella finale playoff ancora contro il Perugia. Gli umbri si impongo ai rigori, Lentini trasforma il suo ma è il palo dell'inglese Dorigo a condannare i granata.

L'ennesimo palo sfortunato della carriera di Lentini, l'ennesima finale persa. Andrà meglio l'anno seguente, quando l'ala di Carmagnola e i suoi compagni si rifanno. Il 16 aprile 2000, in Serie A, Lentini gioca l'ultima gara al Delle Alpi contro il Milan. 

La società gli fa capire che può fare il dirigente, ma lui vuole ancora giocare e saluta quella che è stata la sua seconda pelle per la seconda e ultima volta, dopo 30 goal in 248 presenze.

GLI ULTIMI ANNI DI CARRIERA

Per 10 mesi non si allena, avrebbe voluto finire la carriera con la maglia granata. Poi lo convincono quelli del Cosenza. Scende al Sud con la sua famiglia e diventa ancora protagonista. Sfiora la Serie A, centra una salvezza, ancora con Mondonico, e infine retrocede nel maggio del 2003. Il club calabrese fallisce ma i tifosi non vogliono che se ne vada.

Lentini dimostra l'attaccamento alla maglia e gioca con il Cosenza fra i Dilettanti. Diventa il capitano della squadra silana e in quattro stagioni segna 9 reti in 84 presenze.

"Mi ha chiamato il sindaco e mi piaceva il progetto. Io ho sempre apprezzato chi mi ha voluto bene".

Nel 2004 si riavvicina a casa e passa al Canelli, nell'Eccellenza piemontese: trascina la squadra alla promozione in Serie D, prima di retrocedere. In quattro stagioni firma 49 goal in 103 presenze, in mezzo anche un incidente in scooter nel 2006 che lo costringe a operarsi al tendine del ginocchio.

Indossa ancora le maglie di Saviglianese e Nicese, chiudendo a casa sua, nel Carmagnola, campionato di Promozione piemontese, all'età di 42 anni nel 2012. L'incidente dell'agosto 1993 lo ha privato di una carriera da fuoriclasse assoluto.

"L'incidente - affermerà - mi ha tolto la possibilità di giocare ancora tanti anni ad alti livelli, di vincere da protagonista una Coppa dei Campioni e soprattutto di giocare i Mondiali".

“Mi sono accontentato di un calcio minore. - dichiarerà a 'Sky Sport' - A volte penso a come sarebbe potuta andare, ma poi mi rispondo, alla fine sto bene e devo essere contento così”.

Dopo il ritiro ha gestito per anni a Carmagnola una sala da biliardo, sua grande passione, assieme a degli amici. Oggi è diventato un imprenditore e produce miele con il marchio 'Miele Lentini', la qualità dei campioni. Nell'etichetta la sua immagine stilizzata da calciatore.

“La passione è nata grazie ad un amico che fa l’apicoltore. - racconta nel 2019 a 'Sky Sport' - E, dopo tante chiacchiere abbiamo deciso di creare qualcosa insieme. Abbiamo alveari disposti in base alla fioritura, da lì, sperando che il tempo ci aiuti, inizierà la produzione. Fino al momento della commercializzazione. In ogni vasetto compaio io".

Lentini segue comunque sempre il calcio con interesse e sulla sua figura non ha dubbi:

"Io il Cristiano Ronaldo della mia epoca? Non voglio esagerare ma, con le dovute proporzioni, sono stato di più, - afferma a 'La Gazzetta dello Sport' - perché in quegli anni era impensabile l’acquisto di un calciatore a quelle cifre: oggi è normale spendere 70, 80, 100 milioni per un giocatore, quasi più nessuno ci fa caso. Invece quando io andai via da Torino scoppiò un pandemonio. Con me è cambiato il modo di parlare di calcio".

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