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Il "Gabbiano" Gionatha Spinesi, l'attaccante delle imprese

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Le immagini, lontane dal concetto di alta definizione, restituiscono pur in maniera limitata l’esatta percezione che i presenti allo stadio Angelo Massimino, e quelli da casa, hanno avuto del colore del manto erboso di quel 28 maggio del 2006. Quasi fluorescente.

Tutto ciò trova, in parte, una giustificazione semplice della consuetudine che vede che i lidi del viale Kennedy, a Catania, riaprire proprio negli ultimi giorni del mese mariano, a ridosso con l’inizio di giugno: un momento di stasi, strano nel profondo. Non è ancora estate, no: non è più primavera, però. Fa caldo, il sole “picchia”: ed è per questo che, al Massimino, quel giorno il campo è “fluo”. E a dimostrazione di ciò, nel prepartita i quasi trentamila presenti (registrati in numero inferiore, per i limiti imposti dalla struttura, più che altro) trovano sollievo nel getto degli idranti, direzionati verso le tribune. Gli altri, a casa, si rinfrescano come meglio possono.

In spiaggia, però, non c’è nessuno. Deserti i lidi: Gionatha sa esattamente dove guardare, al quarto d’ora di quel pomeriggio, mentre la divisa di Stefano Farina disturba, riflettendo i raggi solari, l’obiettivo delle telecamere. Allarga le braccia al suo ventitreesimo goal stagionale in Serie B: non aveva mai fatto così bene. Ha scelto di farlo nella stagione giusta, siglando il suo record di marcature in un campionato nell’unico modo possibile: portando in vantaggio il Catania contro l’AlbinoLeffe, nel giorno più atteso.

Il motivo della sua esultanza, come del resto la mimica, va spiegata. Certo è che Spinesi alle imprese ci è sempre stato abituato. Terminato il suo periodo di formazione calcistica tra Pisa e Inter, nel gennaio del 1997 entra a far parte di uno dei più grandi miracoli sportivi che il calcio italiano abbia mai conosciuto. La salvezza del Castel di Sangro in Serie B, dopo una promozione mai neanche lontanamente immaginata, conquistata spedendo in C Palermo, Cesena e Cremonese. Che poi anche qui si potrebbe trovare un segno del destino: il 23 febbraio del ’97 è protagonista dell’unico goal che decide la sfida contro i rosanero. La partita e la sua prestazione meritano una citazione: palo con un mancino al volo al 29’, in scadenza di primo tempo Sicignano gli toglie la gioia della prima rete tra i professionisti in rovesciata. Segna con un pallonetto al volo: in un vecchio servizio prodotto da “Teleaesse” viene raccontato che “è nata una stella”. Ha diciannove anni: esistono impatti peggiori.

Ma, d’altra parte, era stata l’Inter a vederci lungo a metà anni Novanta: ma erano tempi diversi. I nerazzurri, proprio in quel periodo, cercavano di costruire la squadra perfetta per ritornare al successo in Serie A: i giovani sì, c’erano, ma non avevano altra possibilità di esplodere se non altrove. E poi c’era Spinesi, che all’ambizione, in quel momento della sua carriera, ha saputo legare la concretezza.

“Passavo le giornate a fare le fotocopie nell’ufficio del direttore Mazzola. Accettai la destinazione del Castel di Sangro prima ancora che me la proponessero. Mazzola mi disse: ‘Abbiamo un’offerta importante dalla Serie B’. Non gli diedi neanche il tempo di finire”, ha raccontato sulle pagine di Grand Hotel Calciomercato. Accettò subito.

Sempre nei termini dell’impresa è il successo degli Europei Under 21 in Slovacchia nel 2000. La formazione iniziale dell’Italia di Marco Tardelli? Abbiati in porta, Grandoni, Zanchi e Cirillo in difesa. Attenzione al centrocampo: Gennaro Gattuso, Roberto Baronio, Cristiano Zanetti, Francesco Coco e Andrea Pirlo. In attacco Comandini e Spinesi. Doppietta di Pirlo nell’atto conclusivo della competizione, contro la Repubblica Ceca.

Gionatha Spinesi ItalyGetty

Anche questo restituisce la dimensione delle premesse associate al talento di Gionatha, che dopo la retrocessione con il Castel di Sangro passa al Bari, in Serie A. E chi se lo lascia sfuggire? Figuriamoci: nell’ottobre del 1999, e vale la pena ricordarlo, regala un pari ai Galletti contro la Juventus. Fascetti, e questa è una perla, schiera un 1-3-4-2: Spinesi subentra a Del Grosso prima dell’intervallo, per scelta tecnica: nei bianconeri si fanno male, nel primo tempo, Ferrara ed Esnaider. A proposito del protagonista della nostra storia: ha il numero ventiquattro sulle spalle. Quello che lo renderà iconico più avanti. Che poi è anche la gara dell’espulsione di Kovacevic dopo un minuto dal suo ingresso in campo. Fatto sta che Spinesi trasforma un calcio di punizione dal limite quasi allo scadere. E che a Bari si trova bene: e che, a un certo punto della stagione successiva, fa pure coppia con Antonio Cassano, nell’anno che consegnerà al calcio italiano il talento di “Fantantonio”. E tutto ciò che ne seguì.

In verità, e questo va detto, Spinesi a Catania ci arriva un po’ per vie traverse: nella stagione 2004/05 segna 22 goal in Serie B con l’Arezzo, allenato da Pasquale Marino. È il miglior marcatore del campionato: quella squadra gioca un calcio che per puntare a qualcosa in più avrebbe avuto bisogno delle individualità di cui disponeva, invece, il progetto sportivo di Antonino Pulvirenti e Pietro Lo Monaco, all’ombra dell’Etna. L’iniziativa è prevedibile: acquistare il “blocco” e portarlo in Sicilia. Marino viene seguito da Spinesi e Del Core. Tutto torna.

Spinesi quel giorno di fine maggio non sarebbe stato sostituito neanche se avesse accusato chissà quale fastidio fisico, probabilmente: nel tridente rossazzurro ci sono, insieme a lui, Giuseppe Mascara e Orazio Russo. Il grande assente è Roberto De Zerbi: squalificato. Nel tabellino finale figurano un “catanese di nome, ma non di fatto”, Nello Russo (di Vimodrone, schierato da Emiliano Mondonico con Bonazzi), e due “catanesi d’acquisizione”. Gionatha Spinesi e Umberto del Core. Ta-daan. Il Catania torna in Serie A dopo ventitré anni.

E qui tocca fare un salto in avanti, al 2009: Walter Zenga guida, per l’ultima volta, i rossazzurri dalla panchina al Massimino in una partita contro il Napoli terminata 3-1 e impreziosita da un goal impressionante di Vito Falconieri, sparito dai radar troppo presto, forse. All’appello, in campo, mancano Albano Bizzarri, Davide Baiocco e Gionatha. O meglio: il portiere simbolo della salvezza conquistata un anno prima contro la Roma all’ultima giornata, il capitano e il miglior marcatore di sempre in una stagione di Serie A del club etneo che, a fine primo tempo, salutano i tifosi con un giro di campo a cui seguono polemiche importanti. Col senno di poi, tutto fortemente ingiusto.

Anche perché dopo quel giorno di maggio del 2006 Spinesi segna, in ordine sparso: “un goal da mille e una notte” (come venne definito) a Nelson Dida, al volo con il mancino, in una sfida importantissima per la salvezza terminata 1-1 contro il Milan; il vantaggio contro la Juventus un anno dopo, al Massimino, a Gianluigi Buffon. Le reti nella cavalcata di Coppa Italia culminata con il “bacio” a Juan Manuel Vargas. Che tempi. Segnati anche dall’infortunio al ginocchio che decide, praticamente, tutto ciò che seguirà quel giro di campo: a ottobre, nel 2009, firma con il Pescina. Il giorno dopo, però, arriva il ritiro.

“Ho intenzione di lasciare il calcio: non voglio sputare nel piatto in cui per oltre un decennio ho mangiato, ma sono l’uomo più felice del mondo. Sto bene senza calcio: non ne potevo più”, spiegò a Tuttomercatoweb.

Ah, siamo in debito di una definizione. L’esultanza: rigorosamente a braccia aperte, come in quel 28 maggio. Ad “ali spiegate”: lui, abituato a volare. Il nome suggerisce il motivo: Gionatha come Jonathan, il “Gabbiano”. Che impara a volare grazie al sacrificio, alzando lo sguardo per guardare al futuro che, in termini pratici, riporta alla libertà. L’attimo infinito di goal di testa, su un campo reso fluorescente dal sole.

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