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Esodo: Bibbia Traduzione Letterale: Esodo

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Caso quasi unico nella letteratura mondiale, la Bibbia non è mai riuscita a separare la fase della traduzione da quella dell’interpretazione. Probabilmente per l’ambiguità e per la mutabilità del contenuto, da sempre i traduttori hanno provveduto a inserire la loro interpretazione del testo spacciandola per autentica, non disturbandosi di riportare le proprie scelte interpretative, ma piuttosto aggiungendo note che allontanano ancora di più il significato dal testo è caratteristica in ambito cristiano l’iniezione di contenuti del nuovo testamento o addirittura di speculazioni teologiche successive come lo spirito santo o le profezie. In questa opera, seguendo le indicazioni di Mauro Biglino, provvediamo invece a tradurre la Bibbia letteralmente. La regola generale per i termini non standard è che, ove una parola ebraica è presente in una singola istanza, oppure in parti diverse con significati diversi, o ancora nel caso che una qualsiasi traduzione potrebbe introdurre nel lettore un bias indesiderato, la decisione è quella di lasciare la parola in un originale fonetico in forma analoga alla versione di BibleHub, per uniformità. Questo è il caso ad esempio ‘ĕ·lō·hîm, Yah·weh, Šad·day, ‘El·yō·wn, Rū·aḥ, Kā·ḇō·wḏ, Mal·’aḵ. Le persone di nomi, aggettivi e verbi seguono scrupolosamente l’originale ebraico, anche riguardo termini controversi come ‘ĕ·lō·hîm, Šad·day, ’Êl, senza risolvere arbitrariamente le contraddizioni. Il genere degli articoli e aggettivi resi in ebraico viene associato al genere del termine ebraico, e non a quello di una delle traduzioni in italiano; questo può naturalmente portare a ulteriori discrepanze del testo rispetto le traduzioni clericali. Nel caso particolare di ‘ĕ·lō·hîm, quando preceduto da articolo determinativo, si è deciso di renderlo sempre come ‘gli ‘ĕ·lō·hîm’, anche quando il termine regge un verbo al singolare. La soluzione appare quasi altrettanto insoddisfacente quanto coniugare l’articolo col verbo, per usare l’aggettivo singolare solo con il verbo al singolare, es. ‘l’‘ĕ·lō·hîm’, e in tutti gli alti casi al plurale, es. gli ‘ĕ·lō·hîm’, ma riteniamo la forma uniforme decisa essere preferibile dal punto di vista della leggibilità e dell’obiettività. Il gioco di parole nell’attribuzione del nome Mosè a Genesi 2: 10 si appoggia sul verbo “trarre” mə·šî (מְשִׁיתִֽ) e il nome mō·šeh (מֹשֶׁ֔ה), prima ovviamente dell’attribuzione delle vocali - i segni accanto i simboli principali - che sembra allontanare i due fonemi, anche visivamente nello script ebraico. Il gioco di parole in Esodo 2: 22 per il nome del figlio di Mosè si basa sulla parola straniero - gêr (גֵּ֣ר) - da cui gê·rə·šōm (גֵּרְשֹׁ֑ם). A Esodo 2: 23-25 occorre un’interessante uso di ‘ĕ·lō·hîm accompagnato da articolo determinativo quando oggetto e privo di esso nel resto del brano quando si attribuisce piuttosto un’intenzione attiva, qualsiasi cosa ciò significhi. Naturalmente in questo testo le occorrenze dell’articolo determinativo sono riportate fedelmente.

611 pages, Kindle Edition

Published August 27, 2020

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