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Zingari di merda

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Nel suo linguaggio irruente e abnorme, come abnorme è la realtà che descrive, Antonio Moresco trascina i suoi lettori fin dentro una delle contraddizioni più acute di questo secolo.Il racconto procede in un dialogo ininterrotto con i compagni di viaggio, l’occhio fisso sui marciapiedi della civiltà, dove gli zingari, uomini e donne che non stanno mai fermi, sono la nostra parte più miserabile e sono noi eppure sono anche assolutamente altro. Sono un enigma. Nella loro presenza c’è qualcosa di inspiegabile e sfuggente, di infinitamente arcaico eppure futuribile. È lì che ci porta il viaggio di Moresco, sulla soglia del silenzio e della morte. Dove arrivano anche le fotografie di Giovanni Giovannetti, che chiudono il libro.

112 pages, Paperback

First published January 1, 2008

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About the author

Antonio Moresco

51 books79 followers
In English:
Antonio Moresco is an Italian writer.

Defined as one of the founding fathers of a new line of Italian literature that moves beyond post-modernity, and likened to Don DeLillo and Thomas Pynchon, he has been described by Roberto Saviano as "a literary heritage".

His first publications appeared late in his life, after he had been turned down by several publishers. In 1993, he published his first novel, 'Clandestinita', but his career-defining project is the monumental trilogy Giochi dell'eternità, made up of the following volumes: Gli esordi (Feltrinelli 1998, republished by Mondadori in 2011), Canti del caos (part 1 by Feltrinelli in 2001, part 2 by Rizzoli in 2003; republished by Mondadori in 2009), and Gli increati (Mondadori 2015). He has published many other works, such as short stories, children stories, and he has organized several collective marches throughout Italy and Europe, which have become the topics for some of his works.

In Italian:
Antonio Moresco è nato a Mantova nel 1947 e vive a Milano. Tra i maggiori scrittori italiani, ha pubblicato numerose opere, ultime delle quali: Lettere a nessuno (Einaudi 2008), Canti del caos (Mondadori 2009), Gli incendiati (Mondadori 2010), Gli esordi (Mondadori 2011), La parete di luce (Effigie 2011), Il combattimento (Mondadori 2012) e La lucina (Mondadori 2013) e Fiaba d'amore (Mondadori 2014).

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Profile Image for piperitapitta.
987 reviews390 followers
March 7, 2018
Se questi sono uomini.

Ho paura di dire o scrivere qualcosa di retorico.
Non vorrei e allora comincerò con il dire che in una città come Roma non è difficile imbattersi negli zingari.
Arrivi persino a distinguerli (io non molto, non sono troppo esperta) gli uni dagli altri: "Quelli sono gli zingari napoletani, non vedi quanti gioielli hanno?", "Quelli sono dei Casamonica - tutti strozzini", "Quelli sono rumeni, dei poveracci".
Poi ci sono quelli stanziali, quelli di passaggio, quelli che mandano i bambini a scuola, quelli che invece li mandano a fare accattonaggio e li massacrano se non portano un tot al giorno, quelli che rubano in centro, quelli che stanno ai semafori, quelli (pochi?) che cercano di integrarsi.
Poi ci sono quelli, no quelli non sono zingari, siamo noi, che immancabilmente dicono (l'avrò detto anche io? Non ci giurerei, ma può essere): "Io non sono razzista, ma gli zingari proprio non li sopporto".
Ecco, per una volta proviamo ad uscire da questa massa informe di luoghi comuni e perdiamo un'oretta per leggere questa storia che non è un romanzo, ma la storia di un viaggio dal Nord Italia fino in Romania in compagnia di uno zingaro, uno fra i tanti sfollati dall'ex-SNIA di Pavia.
Proviamo a seguirlo "ai confini della realtà" e poi proviamo a raccontarci cosa abbiamo provato e se per almeno una volta non ci siamo fatti schifo per la nostra sfacciata fortuna: perché dove si nasce non è merito di nessuno, è solo una questione di culo.
qui si può scaricare il pdf, privo però delle fotografie che completano il libro.

http://www.ilprimoamore.com/old/testi...
Profile Image for ferrigno.
544 reviews91 followers
July 2, 2019
I Rom sono visti da molti come un corpo estraneo ("sono un cancro", "sono parassiti"). Questo libro sembra scritto con l'intenzione di "umanizzarli" parlandoci e conoscendoli. A tale scopo, l'ammirevole Moresco parte per un viaggio nell'universo Rom, accompagnato da un vero Rom, a bordo del mezzo di locomozione Rom per eccellenza (una Mercedes scassata). Il punto di partenza non è neutro: Moresco, anni prima, aveva partecipato ai picchetti contro lo sgombero di un campo Rom a Pavia, «mandato lì dal mio gruppo rivoluzionario».

[Vivo a Pavia. Il campo era un abominio. I Rom vivevano in mezzo a ratti e materassi sfondati nel sito dove la SNIA viscosa aveva seppellito bidoni di solfuro di carbonio -sito mai bonificato. Non era ancora tempo di RUSPE e il sindaco del PDS Piera Capitelli organizzò bene la cosa, commovente per i canoni odierni: i Rom vennero riallocati in paesi circostanti, gli vennero assegnati degli edifici ristrutturati e 400 euro. Eppure l'estrema sinistra organizzò proteste per settimane. Ci furono scontri. Ad anni di distanza, scopro che Moresco era coi punkabbestia a picchettare].

Moresco era coi punkabbestia a picchettare, però non si lascia ingabbiare dal pregiudizio. Quello che emerge è un caos di contraddizioni che Moresco non prova neanche a dipanare (sguardo di un bambino), si limita a prenderne atto. L'incredibile apologia delle mazzate alla moglie, che Moresco ascolta attonito, è il punto esatto in cui ho pensato che non ci fosse ombra di sarcasmo nel titolo. O meglio, il titolo contiene tutto: l'odio a prescindere che l'italiano medio prova per l'etnia Rom e anche il giudizio dello stesso autore, alla fine del viaggio.

Il mondo è caotico e contraddittorio, ma c'è una buona dose di caos anche nella sua mente, credo.
June 20, 2018
Scrissi di là il 19 Aprile 2017, un mercoledì verso le 10.30 . Per evitare la professione di “indignata a tempo pieno” lo posto qua per un contributo visibile contro tutte le voci che vengono fuori dalle pance italiche e che altro non sono che peti.


Gli zingari di merda non me li sono andati a cercare; non sono stata guidata da spirito civile, da solidarietà, da ideologia sinistrorsa – tutte cose che mi appartengono e che non abiuro – per avere a che fare a lungo con loro.
Erano loro a cercare me che, da parte mia, volevo fortissimamente essere il più professionale possibile, con tutto l’ambaradan di regole che necessita detta professione, in una struttura pubblica. A cominciare dal rispetto del turno dietro la porta dell’ambulatorio, dell’accettazione delle prescrizioni senza ingerenze del paziente, del bon ton e soprattutto dell’ osservanza della distanza fisica con l’eccezione del momento dell’imposizione delle mani e del fonendoscopio sui loro corpi.

Non c’entrava il razzismo in questo mio incaponimento: era, ottusamente, il sincero convincimento di trattarli alla pari degli altri e non come subumani non in grado di capire. Gli svenimenti delle donne per fregare gli altri pazienti ed entrare per prime, il loro pretendere prescrizioni abnormi e spesso inappropriate, l’ imporre il loro volere mi facevano andare in bestia.
Poi, per farla breve, le cose cambiarono e cambiarono quando io entrai in empatia con loro.

Come potevo pretendere che questi poveri cristi (per dirla come Silone) si fidassero di chi per secoli li aveva condannati a una vita “ sottoterra” e che per sopravvivere dovevano mentire? La menzogna è la loro tessera sanitaria di cui hanno diritto essendo italiani sulla carta senza sentirsi tali, ma non per loro colpa.
Non fu buonismo entrare in relazione umana con loro ma principio di realtà se volevo fare coscienziosamente il mio mestiere.

Ho seguito per anni la famiglia Rusiti, trentotto persone di cui ventidue regolari. Gli altri si spacciavano per irregolari o lo erano veramente: non l’ho mai saputo. Gli irregolari avevano diritto alla tessera STP con cui potevanoottenere tutte le prestazioni senza troppe pastoie burocratiche secondo loro. O chissà. Gli piaceva fregarci, la furbizia dell'animale braccato.
Alcuni erano veramente malati altri bisognosi di solidarietà, con la regola aurea, da parte mia, di non pretendere mai la verità. Semmai scoprirla con gli attrezzi del mestiere: la menzogna è per loro il passaporto per la sopravvivenza (Moresco non pretende la verità mai da Dimitru, il suo Virgilio nel viaggio sullo scassatissimo macchinone, usato non sicuro, – la famosa mercedes del cazzaro verde- che attraversa i paesi balcanici coperti di neve. Lui va, viene, li pianta, s’inventa di tutto. Loro non chiedono). Una solidarietà verso i loro bisogni veri o inventati ma non per questo meno necessari. Un Rusiti, musulmano, diceva di fare il sagrestano in una chiesa di Ballarò. Diceva di avere sei figli. Diceva di essersi sposato con una cristiana. Diceva …

Un giorno cominciarono a parlare di andare a Parigi ( l’altro un po’ meno cazzaro verde, Maroni, era agli interni ). Mi chiedevo e chiedevo loro cosa ci andassero a fare. Lasciavano quel minimo che avevano e di cui si vantavano: case fatiscenti e abbandonate, da loro occupate al mercato della Vucciria, e di cui fino a quel momento andavano orgogliosi , come uno status symbol che li distingueva dagli altri Rom accampati tra i topi dei campi. Non so se fosse vero. Mai come con i Rom la menzogna appena pronunciata si fa verità.
I preparativi durarono mesi. Sembrava che partissero sempre il giorno dopo e venivano a fare riserve di antidiabetici, antipertensivi e ipolipemizzanti che dovevano consumare a tonnellate, vista la loro alimentazione rigorosamente grassa.
Per qualche mese scomparvero e poi alla spicciolata tornarono delusi: non era vero niente dell’eldorado di cui avevano sentito parlare. Non raccontarono niente: solo un’ espressione sprezzante delle labbra.
Seudija – quella con cui avevo litigato di brutto all’inizio e che andava orgogliosa della cura del suo corpo, pulitissimo - partì per ultima e ritornò per prima. Il marito aveva smesso di curarsi: il colesterolo alle stelle.
Erano invece rimaste due cugine: Manuela, bellissima Carmen destinata a perdere il suo splendore, e sua cugina Melijca, sei bambini a vent’anni e incinta del settimo ( manco a parlarne di anticoncezionali: il marito non lo permetteva). Mi chiese una volta se poteva venire a servizio da me. Le dissi chiaramente che di lei mi sarei potuta fidare ma che tra me e un suo connazionale ladro d’appartamenti lei avrebbe scelto lui. Non me la sentivo.

Quando incontro qualche zingara al semaforo o all’ingresso del supermercato abbasso gli occhi. Mi vergogno a dare loro l’elemosina. Poi penso che quello è lavoro e che se non portano niente al campo, gli uomini sono capaci di ammazzarle di botte. E’ così che Manuela perse uno dei bellissimi incisivi di cui andava fiera. Poi, chi gliel’aveva rotto, gliene regalò uno d’oro.
Profile Image for Procyon Lotor.
650 reviews104 followers
March 12, 2018
il viaggio di uno zingaro e due gagè

L'autore e un fotografo viaggiano con Dumitru uno zingaro, fino al suo paese in Romania dopo il suo sfratto da Milano.
Nel lodevole intento di dimostrare che gli stereotipi sugli zingari sono un perdurante peggior esempio di razzismo, incontrano quattro o cinque persone che, se hanno qualche piccola manchevolezza, è evidentemente e dimostrabilmente solo per le disastrose condizioni socioeconomiche nelle quali la loro nascita li ha scaraventati. Quindi dire "zingari di merda" è ovviamente un immeritato insulto razzista.

Nel viaggio per incontrarli però, si imbattono o apprendono in merito in decine dedite a: compravendita di mogli minorenni, talvolta con asta pubblica, racket per la prostituzione e lo spaccio, estorsione ed esazione di illeciti diritti di passaggio o affitto di cosa altrui, prostituzione minorile, induzione e sfruttamento della prostituzione, faide, rapimento ai fini di induzione alla prostituzione, usura e strozzinaggio al fine di riduzione in schiavitù, delazione, accattonaggio spesso minorile, (gli zingari serbi sono più cattivi degli altri) assoluta assenza di solidarietà non appena raggiunto un relativo benessere, gusti così pessimi da far apparire un neorusso arbiter elegantiarum, fine gourmet ed esteta sublime, associazione a delinquere per il contrabbando, aggressione, rissa, grassazione e rapina a mano armata, furto, falso ideologico, attacco sociale su base razzista, riciclaggio, omicidio, tentato omicidio, lesioni gravissime, commercio di esseri umani, talvolta di figli minori con pedofili, violenza privata... il catalogo è desunto dal libro.

Termino per non indurre Ernst Stavro Blofeld e la SPECTRE tutta, alla scomparsa per l'onta di non reggere l'evidentissima disparità criminale.
Effetto curiosissimo.

Antonio Moresco è così anarchico da non voler essere nemmeno definito come tale, forse aspira a diventare un rarefatto gas interstellare, ma che dico gas, un inafferrabile alito di antineutrini. Chiaramente una persona tale, nemmeno quando il suo report vira pericolosamente verso un risultato che potrebbe essere ritenuto eccessivo perfino dai neonazisti belgi, non si ferma e arriva fino in fondo.
Non pago, esplicitamente deriva l'assortimento sociocriminale da inveterate tradizioni millenarie (sic!) per definire "l'indigeribilità di questo popolo incomprensibile e inestirpabile. Un popolo che conserva costumi e modi di vivere che vanno per conto proprio rispetto a quelli degli altri popoli, ai popoli gagè [noi] in mezzo ai quali si trovano a vivere, nei confronti dei quali mantengono il più delle volte un atteggiamento strumentale e ostile."

Il coraggioso affidabile e leale Dumitru, perché tale con i due reporter si dimostra, poi ammette senza remore di massacrare la moglie: due fratture al cranio e una al braccio. Tutto questo in mezzo allo sfacelo programmatico dell'Est, a indolenze che Oblomov era un ape operosa, alla permanenza di millenari odî etnici, al rifiuto del lavoro, alle decine di migliaia di ettari tornati incolti in Romania "dopo la distribuzione della terra ai contadini".

Fortunatamente è un problema relativo.
In Francia entro pochissimi anni verrà completata una catapulta a gittata intercontinentale (nomata "La Frondette") per recapitare i laudatori di un costume, rapidissimamente, a basso costo e con minimo impatto ambientale, colà dove detto costume è praticato più intensamente.
Pare che l'attore che parteggia per le obiettive ragioni degli infibulatori, il sociologo che esterna sulla equivalenza delle culture o i diritti espressivi dei pedofili, la tardofemminista filoislamica e altri curiosi prodotti dell'ovvove bovghese novdoccidentale frequenti fra la gauche caviar, siano i primi proietti in partenza per Omdurman, le plaghe Romene e ovviamente l'Iran.

Colonna sonora: http://www.youtube.com/watch?v=90v8R3...
Profile Image for Vanni Santoni.
Author 38 books560 followers
Read
January 22, 2011
Zingari di merda (Effigie, Milano 2008) è il resoconto di un viaggio fatto da Antonio Moresco e il fotografo Giovanni Giovanetti in compagnia di una guida zingara e di una BMV mezza sfasciata.

Mossi dai disastri di casa nostra, in particolare dalla vergognosa vicenda SNIA di Pavia, con comportamenti nei confronti dei rom che hanno fatto venire in mente le punte delle persecuzioni razziali contro i neri, i due amici più la guida si sono diretti verso la matrice della migrazione zingara, cioè la Romania; là dove dovrebbero ritornare tutti gli zingari espulsi, i ladri, gli assassini potenziali, i senza lavoro, i degenerati, gli indesiderati insomma perché inaccettabili.

Il libro di Moresco non cede di un centimetro a un’immagine di convenienza e edulcorazione che potremmo trovare in una storia in empatia, e registra con sguardo assolutamente obiettivo i movimenti, le parole, le apparizioni di quelli che la guida rom stessa chiama “zingari di merda”. Solo che l’obiettività dello sguardo non vela la pietà e la compassione anch’esse lucide e tanto più amare in quanto si generano dentro un discorso di grande verità, a fronte e di contro a un mondo che non crede possibile altro che ciò che è, ovverosia, piuttosto, ciò che vince e domina.

“L’Europa, i suoi aggregati umani che hanno raggiunto dopo due devastanti guerre mondiali un certo benessere economico si sono inventati la favola che si può fermare il tempo e quella cosa che abbiamo chiamato storia, che si possono mettere i paletti attorno al proprio cortile in modo che non passi più nessuno, che i miserabili si possono tenere fuori all’infinito o si possono rendere utili alle moderne economie orizzontali scatenate attirandoli come una massa di nuovi schiavi con bassi salari resi possibili dagli squilibri economici e monetari. Ma guai se si rendono troppo visibili in casa nostra, se ci impongono di nuovo la vista delle loro eterne facce da poveri, se dobbiamo sentire di nuovo il loro fetore. Eppure l’Europa non è niente se non abbiamo questa forza e questa disperazione. Tutte queste masse umane che si spostano dalle zone più povere dell’Europa, dalle sue derive economiche e politiche e dalle sue rivoluzioni tradite, come si sono sempre spostate in passato – e come hanno fatto solo qualche secolo fa anche uomini e donne della mia stessa famiglia – tutta questa spinta irresistibile allo spostamento di corpi trascinati da un’illusione di ricchezza e salvezza, attraverso centinaia, migliaia, milioni di anni, come testimoniano gli stessi codici genetici disseminati e duplicati miliardi di volte”dentro di noi. E’ così che la nostra specie ha continuato a colonizzare e a infestare il mondo.”

E ancora :

“Le migrazioni dei popoli non si fermano. Non si possono fermare alla fine neppure con le guerre, che a volte non sono altro che migrazioni mascherate. E non saranno i soli meccanismi economici visti in questa epoca come insuperabili e onnipotenti a esorcizzare e fermare queste spinte. Non resta che trovare e inventare altre strade mai tentate prima. Anche per gli zingari, questo popolo errante, un po’ sedentario e un po’ errante, che si sta spostando da secoli, disperso, scacciato, questo cerchio che non riesce mai ad aprirsi e a spezzarsi, finito nei forni crematori assieme agli ebrei come “razza antisociale”, con la sua irresistibile prolificità da miserabili, con la sua inarrestabile spinta vegetale”

Una volta arrivati, attraverso la ex Jugoslavia, sui luoghi cercati Moresco e compagni si aggirano in queste aree poverissime e spoglie dei simboli del benessere, imbattendosi alla fine in una vera e propria tribù sommersa, abitatrice di antri e buche scavate nel terreno. I visitatori non sono benvenuti. E’ il momento più teso di un incontro e un confronto magnificamente raccontato da Moresco.

Quanto alle foto di Giovanni Giovanetti, esse sono il secondo testo di questo libro e raccontano la loro storia con la stessa icasticità, la stessa spinta, una capacità di smuoverci e di farci impallidire, mettendoci di fronte alla vita cruda, devastata e irriducibile.

Profile Image for trovateOrtensia .
232 reviews260 followers
September 11, 2017
Ho letto il pdf, e il mio giudizio è quindi solo sul testo. Moresco racconta un viaggio attraverso i Balcani compiuto insieme ad un amico nomade che, in seguito ad uno degli innumerevoli sgomberi di campi nomadi italiani, è costretto a ritornare "a casa" in Romania, e ci descrive poi questa "casa". Il reportage è piuttosto modesto e semplicistico in alcune parti (in particolare la descrizione dei balcani, a mio parere), ma in ogni caso può essere utile a chi, rifiutando il pregiudizio che stigmatizza gli zingari come sempre e soltanto "zingari di merda", vuole avvicinarsi ad una conoscenza meno superficiale del "popolo del vento", da tempo immemorabile catalizzatore di odio e sottoposto a meccanismi di emarginazione così estrema da metterne in gioco la sopravvivenza stessa.
Profile Image for Cristina.
790 reviews35 followers
September 25, 2015
Una cronaca affidabile, ma non mi è servita a molto.
Ho letto questo brevissimo racconto di viaggio con lo scopo di capire qualcosa di più su questo popolo che è probabilmente il più vituperato che esista. Non ha nemmeno il diritto di proclamarsi vittima del nazismo pur essendolo sicuramente stato, che la pietà viene riservata a tutti gli altri ma non a loro.
Sotto questo aspetto il brevissimo libretto non mi è servito a quasi nulla: descrive solo dettagliatamente un viaggio, ma è un viaggio di cronaca, non di scoperta.
Che vivano male già lo sapevo, che sono frutto di come siamo noi tanto di quanto loro sono loro stessi, pure, tra giudizi trancianti e altrettanto trancianti mitizzazioni di popolo libero per eccellenza. Certo qui si vede, e bene, che la libertà (se si può definire tale) ha un prezzo.
Apprezzo l'obiettività del racconto. Meno il pistolotto che l'autore ficca in mezzo.
Profile Image for Andrea Bovino.
87 reviews4 followers
March 11, 2014
Chi sta perdendo veramente? Cosa sappiamo della loro storia? Gli invasori che non combattono.

L’esistenza, ancora oggi, di un simile popolo non si spiega solo con i meccanismi economici. Ci sono strutture precedenti che non si sciolgono dentro l’acido totalizzante dell’economia e dell’influenza ambientale. Nella presenza degli zingari c’è qualcosa che non è spiegabile secondo i soli parametr ... (continua)

L’esistenza, ancora oggi, di un simile popolo non si spiega solo con i meccanismi economici. Ci sono strutture precedenti che non si sciolgono dentro l’acido totalizzante dell’economia e dell’influenza ambientale. Nella presenza degli zingari c’è qualcosa che non è spiegabile secondo i soli parametri economici e sociali e che affiora da strutture precedenti che non si sono diluite del tutto, che questo strano, inspiegabile popolo ha conservato in sé attraverso il tempo e lo spazio. Le informazioni economiche sociali aiutano molto a capire. Ma non sono tutto. Non sono sufficienti per farci capire fino in fondo l’esistenza di questo popolo infinitamente duttile e mobile, ma che nello stesso tempo si muove in ogni paese e in ogni continente come l’olio nell’acqua. Bisogna rispettare e accettare la loro diversità e inspiegabilità, altrimenti è solo una forma di paternalismo che vorrebbe assimilare ogni cosa, rendere anche questo popolo uguale a noi, visti come la misura e il modello di tutte le cose. Attorno agli zingari, da una parte e dall’altra, c’è molta demagogia, feticismo, proprio perché la loro diversità crea problema, quando non addirittura spavento.

Questo popolo senza una tradizione scritta, senza uno stato, senza un esercito, che sembra uscire dal nulla, diviso in mille rivoli e per niente solidale e unito ma che mantiene a dispetto di tutto i suoi tratti inconfondibili. Non si tratta di semplici spostamenti di piccoli gruppi trascinati qua e là dal mercato del lavoro ma di vere e proprie migrazioni, delle prime avvisaglie di migrazioni infinitamente più grandi che avverranno con ogni probabilità nel futuro come conseguenza degli incorreggibili meccanismi economici e politici umani e dei probabili disastri naturali che ci aspettano. Un popolo che conserva costumi e modi di vivere che vanno per conto proprio rispetto a quelli degli altri popoli, nei confronti dei quali mantengono il più delle volte un atteggiamento strumentale e ostile. Mai avuto nella loro storia uno stato, un esercito, mai dichiarato guerra a nessun altro popolo eppure in guerra contro l’intero mondo che li circonda. Nessuna identità costituita come una legge, nessuna tradizione scritta che permetta di fare luce sulle origini e sulla storia di questo misterioso popolo, che mantiene tutta la sua diversità, la sua disperata energia e la sua forza. Non pare esserci un ordine preciso, una direzione, un comando, che spieghi perché questo popolo continua a migrare, questo fiume continua a scorrere.

Questo misto di libertà e opportunismo, di fierezza e di infingardaggine, di irriducibilità e di
parassitismo. Tutto questo perché? Per quale ragione? Per quale disegno? Per quale sogno? Ci pare di tanto in tanto di poterne dare una spiegazione attingendo alle nostre semplificazioni storiche, economiche, sociologiche, di avere colto il piccolo meccanismo che ci dà l’illusione di essere riusciti a spiegare tutto. E invece anche queste sono misere manifestazioni di movimenti e forze più grandi. Mentre questa inarrestabile, enigmatica, lenta, muta e tentacolare migrazione partita dall’antica India e che si è dirottata in ogni continente emerso del mondo si sta spostando adesso verso il nostro piccolo e ottuso paese, muovendosi come all’interno di un regno prenatale e collettivo inconscio. I pellerossa sono stati invasi e hanno combattuto con fierezza, per questo non potevano che perdere contro un nemico e una civiltà tanto più potenti di loro. Gli zingari sono gli invasori che non combattono. Per questo non perderanno. Non perderanno più di quanto non perderemo alla fine tutti quanti.
Profile Image for Auntie Pam.
327 reviews41 followers
November 6, 2015
"Le migrazioni non sono avvenute solo in un lontano passato che non potrá più ripetersi. Avvengono continuamente, in modi e forme diverse perché gli uomini non stanno mai fermi."
Questo è il racconto testimonianza di uno zingaro che dall'Italia ritorna in una macchina scassata verso la sua Romania accompagnato da due italiani, uno scrittore/giornalista e un fotografo. È un libro che non lascia cadere gli stereotipi che già abbiamo sugli zingari, a mio avviso non fa nulla per farci piacere questa razza. È un libro vero, che spiega come vivono gli zingari e perché in fondo non ci piacciano troppo.
Non si tratta di razzismo, ma chi può difendere una cultura dove è lecito rubare, girare coi coltelli e inscenare risse ovunque, dove le donne vengono "giustamente massacrate" se osano anche solo protestare per qualcosa..
Per farvi capire nel testo viene riportato che una zingara in Italia con le elemosine porta a casa circa trenta euro al giorno, il triplo dello stipendio medio di un operaio rumeno.. e allora è facile capire queste migrazioni.
È facile capire perché gli italiani siano stanchi di gente che ha una morale così tanto differente dalla propria, che genera figli solo per mandarli a rubare ferro. E tutto questo è la loro testimonianza di uno di loro. Ho capito che questo libro mi ha messo rabbia addosso, ma mi ha anche fatto capire che gli zingari e i rumeni sono due mondi distinti.
Profile Image for Beppe Longo.
50 reviews1 follower
May 19, 2020
Non so, mi sarei aspettato qualcosa di diverso. Un breve racconto frammentato da mini considerazioni di carattere storico e sociale. Esco con gli stessi con i quali sono entrato.
Displaying 1 - 11 of 11 reviews

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