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112 pages, Paperback
First published January 1, 2008
Mossi dai disastri di casa nostra, in particolare dalla vergognosa vicenda SNIA di Pavia, con comportamenti nei confronti dei rom che hanno fatto venire in mente le punte delle persecuzioni razziali contro i neri, i due amici più la guida si sono diretti verso la matrice della migrazione zingara, cioè la Romania; là dove dovrebbero ritornare tutti gli zingari espulsi, i ladri, gli assassini potenziali, i senza lavoro, i degenerati, gli indesiderati insomma perché inaccettabili.
Il libro di Moresco non cede di un centimetro a un’immagine di convenienza e edulcorazione che potremmo trovare in una storia in empatia, e registra con sguardo assolutamente obiettivo i movimenti, le parole, le apparizioni di quelli che la guida rom stessa chiama “zingari di merda”. Solo che l’obiettività dello sguardo non vela la pietà e la compassione anch’esse lucide e tanto più amare in quanto si generano dentro un discorso di grande verità, a fronte e di contro a un mondo che non crede possibile altro che ciò che è, ovverosia, piuttosto, ciò che vince e domina.
“L’Europa, i suoi aggregati umani che hanno raggiunto dopo due devastanti guerre mondiali un certo benessere economico si sono inventati la favola che si può fermare il tempo e quella cosa che abbiamo chiamato storia, che si possono mettere i paletti attorno al proprio cortile in modo che non passi più nessuno, che i miserabili si possono tenere fuori all’infinito o si possono rendere utili alle moderne economie orizzontali scatenate attirandoli come una massa di nuovi schiavi con bassi salari resi possibili dagli squilibri economici e monetari. Ma guai se si rendono troppo visibili in casa nostra, se ci impongono di nuovo la vista delle loro eterne facce da poveri, se dobbiamo sentire di nuovo il loro fetore. Eppure l’Europa non è niente se non abbiamo questa forza e questa disperazione. Tutte queste masse umane che si spostano dalle zone più povere dell’Europa, dalle sue derive economiche e politiche e dalle sue rivoluzioni tradite, come si sono sempre spostate in passato – e come hanno fatto solo qualche secolo fa anche uomini e donne della mia stessa famiglia – tutta questa spinta irresistibile allo spostamento di corpi trascinati da un’illusione di ricchezza e salvezza, attraverso centinaia, migliaia, milioni di anni, come testimoniano gli stessi codici genetici disseminati e duplicati miliardi di volte”dentro di noi. E’ così che la nostra specie ha continuato a colonizzare e a infestare il mondo.”
E ancora :
“Le migrazioni dei popoli non si fermano. Non si possono fermare alla fine neppure con le guerre, che a volte non sono altro che migrazioni mascherate. E non saranno i soli meccanismi economici visti in questa epoca come insuperabili e onnipotenti a esorcizzare e fermare queste spinte. Non resta che trovare e inventare altre strade mai tentate prima. Anche per gli zingari, questo popolo errante, un po’ sedentario e un po’ errante, che si sta spostando da secoli, disperso, scacciato, questo cerchio che non riesce mai ad aprirsi e a spezzarsi, finito nei forni crematori assieme agli ebrei come “razza antisociale”, con la sua irresistibile prolificità da miserabili, con la sua inarrestabile spinta vegetale”
Una volta arrivati, attraverso la ex Jugoslavia, sui luoghi cercati Moresco e compagni si aggirano in queste aree poverissime e spoglie dei simboli del benessere, imbattendosi alla fine in una vera e propria tribù sommersa, abitatrice di antri e buche scavate nel terreno. I visitatori non sono benvenuti. E’ il momento più teso di un incontro e un confronto magnificamente raccontato da Moresco.
Quanto alle foto di Giovanni Giovanetti, esse sono il secondo testo di questo libro e raccontano la loro storia con la stessa icasticità, la stessa spinta, una capacità di smuoverci e di farci impallidire, mettendoci di fronte alla vita cruda, devastata e irriducibile.