Gli oceani sono 10 volte più popolati di pesci di quanto si pensasse

Da un nuovo studio si evince che il segmento semi-abissale dell'Oceano, compreso tra i 200 e i 1000 metri di profondità, risulta essere popolato in una maniera che non immaginavamo

Quanti pesci ci sono in mare? Tanti, tantissimi. Ce ne sono a bizzeffe. Dati alla mano, gli Oceani, signore e signori, sono in realtà pieni zeppi di pesci. Pesci spada, calamari e seppie gli abitanti più numerosi.

Da uno studio pubblicato su Nature Communications e realizzato da Xabier Irigoyen, ricercatore della Fondazione spagnola AZTI-Tecnalia e dell’Università dell’Arabia Saudita Kaust, si scopre che il segmento semi-abissale dell’Oceano, compreso tra i 200 e i 1000 metri di profondità, risulta essere popolato in una maniera che non immaginavamo, rasente quasi il sovraffollamento. Molte specie, infatti, tra cui seppie e calamari, pare non intendano smettere di crescere di numero, contribuendo così a popolare copiosamente il mare.

E così, nonostante non possiamo fare propriamente i salti di gioia perché, in ogni caso il progressivo inaridirsi dei mari e degli oceani sussiste e, ahimè, non si rallenta, gli oceani sono molto più ricchi e abitati del previsto.

Lo studio – Secondo l’analisi, la fascia semi-abissale (la cosiddetta zona mesopelagica) è dieci volte più popolata di quanto di credesse. I ricercatori hanno effettuato un monitoraggio degli oceani tramite dei rilievi acustici, percorrendo ben 32mila miglia nautiche. La spedizione si inserisce nell’ambito del progetto Malaspina 2010 Circumnavigation Expedition, coordinato da Carlos Duarte del Consiglio Nazionale delle Ricerche spagnolo (Csic).

In base ai risultati raccolti dalla circumnavigazione, la quantità totale dei pesci semi-abissali sarebbe passata da 1.000 milioni di tonnellate a 10mila milioni di tonnellate. Il professore Carlos Duarte afferma che questa spedizione “ha fornito l’opportunità unica di valutare la quantità di questi pesci che, sebbene così numerosi, costituiscono una grande incognita del mare aperto, dato che, per molte specie, ci sono lacune nella conoscenza della loro biologia ed ecologia e del loro adattamento. Fino ad ora – osserva Duarte – abbiamo avuto solo i dati forniti dalla pesca a strascico”.

Xabier Irigoyen dichiara: “Il fatto che la biomassa dei pesci mesopelagici sia almeno 10 volte maggiore di quanto si pensasse, ha implicazioni significative nella comprensione dei flussi di carbonio nel mare”.

Queste specie di pesci salgono nottetempo sugli strati superiori dell’Oceano per nutrirsi e vanno giù durante il giorno, per non essere viste dai predatori. Questo su e giù comporta un’accelerazione del trasporto di materia organica nell’oceano, che rimuove la CO2 dall’atmosfera, perché invece di affondare lentamente viene trasportata a 500 e 700 metri di profondità e rilasciata con le feci.

Secondo i ricercatori, insomma, l’escrezione di materiale dalla superficie potrebbe spiegare in parte la respirazione microbica registrata negli strati profondi dell’oceano. I pesci mesopelagici agirebbero quindi come un collegamento tra il plancton e i grandi predatori e avrebbero avuto un ruolo chiave nel ridurre l’ossigeno dalle profondità del mare aperto.

Germana Carillo

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