Se gli ecosistemi mutano in modo irreversibile, gli animali che li abitano sono destinati a scomparire per sempre. La tigre di Sumatra, la tartaruga marina, l’orso polare e alcune specie di api solitarie sono il simbolo di un problema che riguarda tantissimi animali che oggi rischiano l’estinzione. “C’era, una volta. La fiaba più bella è che continui a esserci” è la campagna di raccolta fondi di Greenpeace che vuole riscrivere il finale delle loro storie.

Negli ultimi cinquecento milioni di anni il nostro pianeta ha assistito a cinque estinzioni di massa. Secondo gli scienziati siamo nel mezzo della sesta – l’estinzione dell’Antropocene – che si distingue dalle precedenti per un dettaglio cruciale: il ruolo che gli essere umani hanno avuto nell’innescarla e alimentarla.

Distruzione degli ecosistemi, politiche agricole scellerate, deforestazione, inquinamento: fin dal XIX secolo, vale a dire in piena Rivoluzione industriale, le attività umane hanno iniziato a modificare gli equilibri della natura e messo sempre più a rischio le specie animali. Una strage silenziosa che ancora oggi non accenna a fermarsi.

Perché dobbiamo proteggere gli animali in via d’estinzione

Una volta che una specie scompare non c’è modo di riportarla indietro. Nessun tasto rewind. E le conseguenze sono disastrose perché ogni animale ha un ruolo specifico sull’ecosistema che abita. La sua scomparsa può compromettere per sempre l’equilibrio di quell’habitat perché l’estinzione di una specie lascia un ruolo vacante che non sempre un’altra può colmare (basti pensare ai predatori dai quali dipende il contenimento delle specie animali di cui si nutrono).

Ti sarà ormai chiaro che la scomparsa di una specie produce un effetto valanga su tutte le altre specie animali e vegetali. Ma invertire la rotta è ancora possibile e tu puoi diventare parte di questo importante cambiamento.

Ogni storia ha un protagonista. Tu puoi aiutarci a scrivere il suo lieto fine.

La tigre di Sumatra

La tartaruga marina

L’orso polare

Le api solitarie

C’era una volta la tigre di Sumatra

La tigre, mammifero carnivoro della famiglia dei felidi, è il più grande dei cosiddetti “grandi felini”. Purtroppo, ne rimangono poche migliaia e la situazione è ancor più critica per quanto riguarda le 6 sottospecie di tigre, tra cui quella di Sumatra.

La tigre di Sumatra in natura si trova esclusivamente sull’isola di Sumatra, nell’Indonesia occidentale. La sua sopravvivenza è indissolubilmente legata a quella del suo habitat, cioè le meravigliose foreste di Sumatra.

La tigre di Sumatra si muove abilmente tra mangrovie, torbiere e montagne, mostrando grandi abilità da cacciatrice, sia sulla terra, sia in acqua, grazie a una particolarità unica: le sue dita presentano una membrana che le consente di nuotare velocemente verso le sue prede!

Perché è in pericolo

Purtroppo, la vita della tigre di Sumatra non è più la stessa ormai da decenni.

La sua sopravvivenza è condizionata dalle attività umane distruttive che da decenni colpiscono la sua casa. L’espansione, legale e illegale, delle piantagioni per la produzione di olio di palma e per la produzione di cellulosa è una delle principali cause degli incendi che da anni devastano le foreste indonesiane, causando perdita dell’habitat di molte specie endemiche, ma anche gravissimi problemi di salute alla popolazione.

La stime variano, ma si ritiene che in natura ci restino solo poche centinaia di tigri di Sumatra e il rischio di vederle diminuire ancora è molto elevato, se non si prenderanno misure per tutelare le foreste e limitare l’impatto distruttivo delle multinazionali che antepongono il profitto a tutto.

Come puoi immaginare, la tigre di Sumatra è solo uno degli animali in pericolo. La distruzione delle foreste indonesiane mette in pericolo altre specie, animali e vegetali: l’Indonesia ospita dal 10% al 15% di tutte le piante, i mammiferi e gli uccelli conosciuti sul pianeta. Dagli oranghi alle tigri di Sumatra, fino agli incredibili uccelli del paradiso, sono numerosissime le specie rare e a rischio di estinzione che in natura si trovano esclusivamente nelle foreste indonesiane.

Cosa puoi fare per aiutarla

Le foreste sono veri e propri scrigni di biodiversità, un patrimonio inestimabile che vogliamo tutelare. E tu puoi contribuire alle nostre attività con una donazione, perché la storia delle tigri e delle altre creature oggi minacciate fino al rischio di estinzione abbia un lieto fine.

C’era una volta la tartaruga marina

La Caretta caretta (dalla parola malese kārēt, il cui significato è “guscio”) è la tartaruga marina più comune del Mediterraneo e che possiamo incontrare in quasi tutti i mari del mondo. È un rettile che si è adattato alla vita in mare: le sue zampe si sono trasformate in “pinne” e naturalmente ha i polmoni e non le branchie, per questo ha bisogno di tornare in superficie per respirare. È anche campionessa di immersioni: può restare per moltissimo tempo sott’acqua e nuotare a oltre cento metri di profondità.

Perché è in pericolo

Anche nel suo mondo acquatico, così lontano e remoto, la tartaruga marina è tra le specie più minacciate dall’essere umano: plastica, attrezzi da pesca abbandonati, impatti con imbarcazioni e cambiamenti climatici sono i suoi principali nemici. 

L’innalzamento delle temperature delle acque ha inciso sulle sue abitudini riproduttive, costringendola a spostare il suo habitat di nidificazione – una volta nel sud del Mediterraneo – sempre più verso il Nord. Ormai, la Caretta caretta nidifica in Liguria e in Friuli: oltre, a nord, nel Mediterraneo non può andare. 

Ma sono la plastica e altri rifiuti che contaminano il mare a rappresentare per lei una vera e propria trappola mortale. La tartaruga infatti scambia i sacchetti di plastica che galleggiano per delle meduse, di cui è estremamente ghiotta. Cibarsi di plastica rischia di farla soffocare o morire di denutrizione. 
Come la tartaruga anche altre specie marine subiscono gli effetti devastanti dell’inquinamento da plastica. Sono ben 700 le vittime tra le specie a rischio!

Cosa puoi fare per aiutarla

Difendere il mare è fondamentale per salvare la tartaruga marina e gli altri animali minacciati. E tu puoi contribuire alle nostre attività con una donazione, perché la storia delle tartarughe e delle altre creature che oggi sono a rischio di estinzione abbia un lieto fine.

C’era una volta l’orso polare

L’orso polare è il più grande carnivoro terrestre esistente. È un eccellente cacciatore e il suo metodo di caccia più famoso è quello usato per le foche: il plantigrado sente la presenza della preda sotto il ghiaccio, si apposta presso una spaccatura e, non appena la preda esce per respirare, la colpisce con una rapidissima zampata!

Adattato alla vita in climi estremi, l’orso polare sembra una creatura forte, invincibile, eppure mai come in questi ultimi anni rientra nel triste elenco delle specie a rischio di estinzione.

Perché è in pericolo

La sua casa, le grandi banchise di ghiaccio, non smette di sgretolarsi a causa dei cambiamenti climatici. Gli orsi cercano di raggiungere i ghiacci, sempre più lontani dalla costa perché cacciano le foche ai bordi del ghiaccio galleggiante. Se i ghiacci si ritirano, la distanza da coprire a nuoto diventa proibitiva e per questi animali, per quanto adatti alla vita in mare, il rischio di morire di fame e annegare diventa concreto. È una storia sempre più frequente, purtroppo, che mette a rischio la sopravvivenza di uno degli animali simbolo dell’Artico.

L’ultima rilevazione condotta nell’Artico, infatti, dimostra che il volume del ghiaccio marino si è ridotto di due terzi. Lo spazio vitale degli orsi polari è sempre più limitato e le possibilità di sopravvivenza sempre più precarie.

Sappiamo che il cambiamento climatico è la causa principale dello scioglimento del ghiaccio marino e conosciamo anche i responsabili di questa crisi: colossi dell’energia fossile che continuano ad inquinare e a estrarre gas, petrolio e carbone.

La crisi climatica non è un’ipotesi. È un fatto inequivocabile che sta accadendo ora e che ha cause e responsabilità ben precise. E conseguenze altrettanto visibili, tangibili. L’Artico ne è un esempio: si sta scaldando molto più della media del pianeta, e il suo fragile ecosistema – popolato di specie uniche e meravigliose come la civetta, la volpe, il narvalo, il lupo e il tricheco – sembra destinato a scomparire, seguendo una storia che pare già scritta.

Cosa puoi fare per aiutarlo

Con il tuo sostegno vogliamo contribuire a proteggere il clima ma anche creare un santuario marino protetto nelle acque che circondano il Polo Nord facendo pressione sulle istituzioni e governi. Insieme possiamo riscrivere la storia di questo luogo straordinario!

C’erano una volta le api solitarie

L’ape mellifera è un insetto dotato di un’intelligenza straordinaria, detta intelligenza sociale. È in grado di organizzarsi in società in cui ogni membro ha il proprio compito e tutti collaborano al benessere dell’alveare. Questo insetto è straordinario per un’altra ragione: è l’unico capace di produrre un alimento commestibile per l’essere umano, il dolcissimo miele.

Esistono anche le api selvatiche o solitarie, ovvero api che costruiscono veri e propri nidi e non alveari: nidificano ad esempio in cavità nel legno o ricavano il loro riparo scavando gallerie nel terreno. Anche le api solitarie, così come le api da miele, si nutrono di polline e nettare, e visitano solo alcuni generi di piante. Questo accade perché l’apparato boccale – ligula – delle api solitarie presenta diversa lunghezza in base alle specie. Per questo motivo l’attività di impollinazione delle api solitarie è complementare a quella delle api da miele. Visitare solo alcune specie di fiori, però, le rende anche molto più delicate.

Perché sono pericolo

A mettere in pericolo alcune specie di api sono due gravi minacce: l’attuale sistema di agricoltura industriale e il cambiamento climatico. Pesticidi chimici, monocolture, perdita di biodiversità, pratiche agricole distruttive stanno riducendo sensibilmente il numero delle api, che oggi devono affrontare un altro killer: la crisi climatica sta modificando il ciclo naturale degli ecosistemi, rendendole più vulnerabili e meno produttive.

Non vogliamo che la storia vada in questa direzione.

Cosa puoi fare per aiutarle

Il declino delle api sembra inarrestabile, ma in realtà può e deve essere fermato: insieme possiamo cambiare la storia delle api facendo pressione su aziende e governi per vietare l’uso di pesticidi di sintesi e promuovendo pratiche agricole agroecologiche.