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Le manette a Carra? Senza l’attiva collaborazione dei media, tante forzature farebbero cilecca

Le manette a Carra? Senza  l’attiva collaborazione dei media, tante forzature farebbero cilecca
(fotogramma )

Nella discussione pubblica italiana l’ipocrisia è ospite e compagna inseparabile delle nostre giornate, ma tutto diventa insopportabile, quando il velo di falsità finisce per avvolgere le persone che scompaiono e che non possono obiettare più nulla. In queste ore, la morte di Enzo Carra sta riportando in superficie le immagini di quando lui, già portavoce dell’ultima Dc, il 4 marzo 1993, fu tradotto in tribunale con gli schiavettoni ai polsi. Un’immagine che, nelle diverse epoche, ha sempre avuto un effetto degradante per tutti coloro che ne sono stati attori involontari.

Quelle immagini fecero scandalo persino allora, quando prevaleva una certa qual vocazione alla gogna rispetto ai potenti. In questi 30 anni non si è mai capito di chi sia stata la “responsabilità” di quella passerella. Del pm Antonio Di Pietro? Dei responsabili del carcere dal quale Carra arrivava? Dei giovani carabinieri, lasciati al loro libero arbitrio? Di Pietro, resosi conto subito del possibile boomerang, iniziò a sbraitare e si è sempre “discolpato”. Vai a sapere.

In compenso nessuno ha mai scomodato chi quelle immagini pubblicò o trasmise. Il Tg1 e il Tg3 si rifiutarono. Il Tg5 non ebbe scrupoli, ma quelle foto approdarono successivamente su alcuni giornali e ancora oggi sono rintracciabili sulla Rete. Certo, in quei mesi le tv di Berlusconi incoraggiarono le indagini di Mani pulite, investendo su un possibile “scambio” con i magistrati, ma venendo ad oggi è del tutto evidente che sarebbe goffo immaginare un processo postumo ai media di allora.

E invece sarebbe decente e anche doverosa, un’autocritica più larga da parte di tutta una categoria, quella giornalistica, sempre scattante nel dispensare condanne verso gli altri. Proprio come nella “filiera” delle intercettazioni, anche in casi alla Carra, tutte le professioni interessate dovrebbero essere rigorose, inflessibili e, se necessario, anche “cattive”, senza riguardi per nessuno. Perché no’. Ma restando nei loro ambiti. Deontologicamente inappuntabili. Tutti. I pm. Gli avvocati. I direttori di carcere. I carabinieri. Ma anche i giornalisti. Senza la loro attiva collaborazione, tante porcherie, farebbero cilecca. Ieri, oggi e domani.


 


 


 

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