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Cronaca

Il figlio di Marco Biagi: "Quella sera lo aspettavo a casa per la festa del papà"

ANSA
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"Il 19 marzo del 2002 era un martedì, la sera che uccisero mio padre ero in casa, con mia madre e mio fratello Francesco. Mio babbo mi aveva accompagnato, quella mattina, sui viali, a Bologna, al ritrovo con i compagni di scuola, perché facevo una gita di classe a Mantova". Il figlio di Marco Biagi, Lorenzo, 30 anni, ha raccontato a Adnkronos il ricordo del tragico giorno di 17 anni fa in cui le Nuove Br uccisero il giuslavorista a Bologna, a colpi di arma da fuoco. Poco dopo le otto di sera, sei proiettili colpirono Biagi mentre tornava a casa a bordo della sua bicicletta. "Ero in seconda media. Era la festa del papà e lui mi disse: 'Fai il bravo, topino - mi chiamava così -, che stasera ci vediamo a casa per festeggiare'. Fu l'ultima volta che lo vidi".

"Quella sera - racconta Lorenzo Biagi - mia mamma mi era venuta a prendere al ritrovo del pullman a Bologna e sono tornato a casa con lei. C'era anche mio fratello Francesco che ha sette anni più di me e all'epoca ne aveva 20. Aveva lasciato il motorino sotto casa perché doveva uscire subito dopo per l'allenamento di basket ma, a un certo punto, un amico di famiglia che era appena passato nella nostra via ha telefonato a mia madre e le ha riferito che avevano ucciso una persona sotto casa nostra: non sapevamo che fosse mio padre". "A quel punto - ricorda - mia madre è scesa in strada insieme a mio fratello. Mi hanno detto di rimanere in casa e così ho fatto, ma ho guardato dalla finestra di camera mia e ho capito subito che la persona che avevano ucciso era il mio babbo, perché ho visto mio fratello portare dentro la sua bici. Allora ho capito che lui non poteva farlo".

"Quando il babbo era arrivato davanti a casa, sotto al portico - spiega -, aveva appoggiato la bicicletta al muro per prendere le chiavi dalla tasca della giacca e, in quel momento, gli hanno sparato". "Mia madre e mio fratello, poi, sono saliti in casa senza mio padre e, a quel punto, non ho avuto più dubbi. Sono venuti in camera mia e Francesco mi ha detto che avevano ucciso il babbo. Nel frattempo erano arrivate le forze dell'ordine ed era stata chiamata l'ambulanza ma ormai, purtroppo, non c'era più niente da fare. Sono stati momenti tremendi, mi sembra sia successo solo ieri". Lorenzo Biagi vuole ricordare così suo padre: "Il mio babbo era una persona seria ma, allo stesso tempo, molto dolce e affettuosa. Era il classico padre di famiglia. Nonostante tutti gli impegni di lavoro che aveva, ed erano tanti, era molto presente".

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"Amava la famiglia in maniera indescrivibile - spiega -. Il tempo per noi lo trovava sempre. Andavamo allo stadio insieme, la domenica; mi portava ai Giardini Margherita a prendere il gelato e alla Torinese, in piazza Maggiore. Tutto il tempo libero che aveva lo dedicava alla famiglia. Era anche una persona molto buona". "Io nella tragedia che ho vissuto, almeno, l'ho conosciuto - conclude - e, anche se solo per 13 anni, me lo sono goduto. Sono molto credente, per fortuna, e questo mi aiuta a sentire mio padre vicino a me, anche se non fisicamente almeno col pensiero".

Lorenzo Biagi, durante la cerimonia per l'anniversario della morte del padre, ha parlato anche di come la tragedia potesse essere evitata: "Mio padre è morto perché non aveva la scorta, perché gli è stata tolta colpevolmente, dal novembre 2001, ed è morto per quello avesse avuto la scorta sarebbe ancora qui con me e con la sua famiglia". "Penso - ha poi aggiunto - che quando una persona corre pericoli reali e gravi come Saviano debba assolutamente essere protetta, avere la scorta, lui come tanti altri, cosa che anche mio padre avrebbe dovuto avere. Chi aveva il dovere di dargli la scorta ha commesso un gravissimo errore e avrà uno peso sulla coscienza molto grande. Io non provo rabbia nei confronti di nessuno, nemmeno degli assassini, anche se non li perdono, penso che debbano fare i conti con la propria coscienza".

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