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Cronaca

Il drammatico disinteresse della monnezza per le gran teorie sul termovalorizzatore

Il drammatico disinteresse della monnezza per le gran teorie sul termovalorizzatore

Il sindaco annuncia che Roma avrà il suo inceneritore e scoppia il putiferio. Come se non fosse normale che un agglomerato di oltre tre milioni di abitanti si ponga seriamente il problema di dove smaltire i rifiuti. Bruciarli, o meglio bruciare i residui che avanzano dalla differenziata, sembra essere un peccato senza possibilità di redenzione. La discussione è destinata a proseguire per lunghi mesi durante i quali, naturalmente, tutti gli appassionati partecipanti al dibattito continueranno a sbucciare patate, pelare carote, gettare fazzoletti e produrre ogni tipo di rifiuti in attesa di sistemazione definitiva.

Aspettando la fine della nobile tenzone, tutta astratta, teorica e iperpolitica, colpisce il metodo e il modo di ragionare di chi si oppone fieramente alla nuova ciminiera. Solo gli stolti pensano che il problema da risolvere sia: dove e come smaltisco i rifiuti? Questo, pare di capire, è del tutto secondario. Infatti nessuno degli oppositori se ne occupa. Il vero nodo per loro è ben più importante: come sfrutto l’emergenza dei rifiuti per far cambiare stile di vita ai miei concittadini? Perché, è chiaro, “dobbiamo cambiare stile di vita”. Dobbiamo sentirci in colpa, almeno un po’, almeno una volta al giorno. E per raggiungere l’obiettivo ogni occasione è benvenuta. Il principale alleato del nostro senso di colpa è il riscaldamento globale. La temperatura sale, la Terra soffre ma tu ieri hai fatto funzionare la lavatrice di giorno, quando il sistema elettrico è più sollecitato. L’avessi fatto di notte..beh, la Terra avrebbe sofferto di meno.

La seconda grande occasione per i teorici della politica educativa è stata, si sa, la pandemia. “Dopo il Covid sarebbe un errore pensare di tornare a vivere come prima. Dobbiamo cambiare stile di vita”. Tutti lo abbiamo detto ma in gran segreto non vedevamo l’ora che le quarantene finissero per tornare a vivere esattamente come prima.

Ormai sulla cresta dell’onda, il partito educativo è tornato all’assalto nella discussione sull’inceneritore di Roma. “L’inceneritore è dannoso – dicono i “no-ciminiera” – perché con quell’impianto in funzione la gente non è stimolata a fare la raccolta differenziata”. Cioè si evita di risolvere un problema che sarebbe risolvibile perché in questo modo i cittadini saranno spinti a cambiare stile di vita. Nel frattempo i rifiuti si accumulano e intraprendono i lunghi viaggi della monnezza che raggiungono lontani inceneritori. O in alternativa, si imbucano nelle più vicine discariche a cielo aperto, che inquinano molto di più di un inceneritore ma sono contrastate da banali associazioni di quartiere e non da nobili associazioni del partito educativo. Quel partito, si badi bene, non si oppone alla ciminiera per una dozzinale sindrome Nimby ma per il nobile, nobilissimo obiettivo di far cambiare stile di vita all’umanità.

I romani, come gli altri italiani, hanno la memoria corta. Chiusa la parentesi un po’ maleodorante della giunta Raggi, per via delle tonnellate di immondizia lasciate a marcire nella città, oggi non trovano di meglio che discutere all’infinito sul nuovo inceneritore: come se il problema dello smaltimento dei rifiuti fosse una affascinante discussione teorica di cui investire le nuove generazioni che, forse, in un lontano futuro, si troveranno costrette a risolverlo. Sarebbe meraviglioso ma non è così. Drammatica incombe la realtà: quanto tempo ci vorrà per arrivare, a Roma, al 100 per cento di raccolta differenziata? Dieci, venti, trent’anni? E nel frattempo qual è la proposta del partito educativo? Dove smaltiremo dieci, venti anni di immondizia? Banalità. L’importante è insegnare alla gente a cambiare stile di vita.

È universalmente noto il proverbio del pescatore che invece di dare un pesce all’affamato decise di insegnargli a pescare. Nobile e previdente scelta. Ma c’è un secondo proverbio: racconta che il pescatore cominciò a insegnare i rudimenti della pesca al povero affamato che ascoltò dapprima con attenzione poi con disinteresse sempre crescente fino a quando, dopo ore e ore di complessa spiegazione, arrivò il calo glicemico, svenne e, di lì a poco, morì di fame. Perché il partito educativo non lo sa ma spesso, molto spesso, è decisiva la durata del corso di formazione. Nel frattempo il saggio costruirebbe l’inceneritore.

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