Gianni Bosio: cronologia della vita e delle opere

A cura di Cesare Bermani

Gianni Bosio, Agliè, ottobre 1967 - Foto di Clara Longhini

Gianni Bosio, Agliè, ottobre 1967 – Foto di Clara Longhini [ altre immagini ]

 

1923

Nasce il 20 ottobre ad Acquanegra sul Chiese, un comune di tradizione socialista della campagna mantovana alla confluenza dei fiumi Oglio e Chiese, primogenito di Lorenzo Barbato Bosio, fabbro, ateo e di sentimenti socialisti; e di Ida Pellegrini, negoziante in ferramenta e casalinghi, religiosa. Il nonno paterno, Arnaldo Lutero, ha per lettura preferita le Memorie di Giuseppe Garibaldi.

 

1929-1933

Frequenta le elementari ad Acquanegra sul Chiese.

 

1934-1936

Frequenta a Brescia e a Cremona la scuola di avviamento commerciale, passando poi all’Istituto tecnico inferiore Botti Binda di Cremona. Grazie all’esame integrativo è ammesso in terza tecnico. A 13 anni smette di frequentare l’oratorio, «si svia» come diceva sua madre. O meglio, come precisa il suo amico Maurizio Del Ton(1), «lui ci andava anche all’oratorio, se c’era da fare la partita o parlare con don Giosué Ferrari, l’allora parroco di Acquanegra per il quale Gianni aveva una venerazione. Ma andare a dottrina era una forma di imposizione, e lui le imposizioni non le accettava».

 

1937-1938

Frequenta la terza e la quarta tecnico. Roberto Denti(2), suo compagno di scuola, lo ricorda così: «Portava ancora i calzoni alla zuava e tutto in lui tradiva l’origine contadina. Aveva un legame molto preciso con la sua terra e se ne vantava. Diceva che la vita di città non era bella, che si sentiva isolato, che quando aveva tempo di camminare non sapeva dove andare e non riusciva a parlare con nessuno. Mi meravigliava che già allora, a sedici o diciassette anni, gli interessasse studiare, e non solo dal punto di vista scolastico, cosa molto rara a quell’epoca. Era molto rattristato perché era in un collegio di preti, il Collegio arcivescovile Sfondrati; mentre a Cremona c’era un collegio civico, che era quello dei laici ma ricchi. Lui però non era ricco, anche se di famiglia benestante». Comincia a essere attratto dalla politica e dagli studi sociali e – ricorda Del Ton – «non passava giorno che non prendesse due o tre giornali, anche se costavano venti centesimi. Eravamo in un collegio vescovile, diretto da sacerdoti, e da lì ha cominciato a manifestare una certa avversione a tutto quello che era ordinamento cristiano. Qualsiasi forma di assoggettamento o di imposizione lui la condannava. Andavamo a messa, era l’elemento più taciturno, più raccolto, perché metteva nel breviario altri libri. Stava là quell’oretta e se li leggeva. Provava un’attrazione particolare per la letteratura russa dell’Ottocento. Erano libri un po’ all’indice. Dell’Idiota di Fëdor Dostoevskij aveva un’edizione integrale. Lo attiravano moltissimo gli scritti di Papini. Inoltre riusciva a seguire tutte le novità letterarie, non solo italiane. Non aveva una conoscenza delle lingue, ma appena sapeva di traduzioni trovava i soldi per comperarle. Però tutti scritti a sfondo storico-sociale. Quando c’erano particolari festività la comunione era generale e tutto il banco sfilava davanti alla balaustra per riceverla; lui non poteva quindi esimersi dal fare la scena di mettersi anche lui ad uscire, perché altrimenti l’avrebbero notato; e allora si metteva in coda, arrivava là davanti alla balaustra, dove ci si inginocchiava per ricevere la comunione, ma lì si accodava con quelli che si alzavano perché l’avevano già fatta e ritornava al posto, mettendosi in ginocchio col suo breviario. L’hanno scoperto, lui ha ammesso che per questioni di principio non faceva la comunione e di conseguenza ha avuto di che discutere con il direttore». Come più tardi preciserà lui stesso, viene cacciato dal Collegio «perché sorpreso durante la messa, a far propaganda razionalista sulla base del commento alla Bibbia e perché contrario ad accostarmi ai sacramenti che, domenicalmente, eludevo defilando l’altare»(3). Perciò si trasferisce in una pensione, dove alloggia assieme al compagno di scuola Giulio Maccaccaro, proveniente da Codogno. «Giulio – ricorderà ancora Bosio – aveva dentro tutto l’amore del mondo, assieme alle ansie e ai dolori che vi si accompagnano. Su per giù, io ero allo stesso punto. Facevamo interminabili discussioni, meravigliosi progetti, ammiravamo enormemente alcuni nostri professori e insieme c’eravamo proposti di rifare, e avevamo cominciato a rifarlo, il nostro testo di storia»(4). Frequenta allora la terza liceo scientifico, cui è stato ammesso con altro esame integrativo.

 

1939-1941

Ad Acquanegra, con Archinto Usberti e Celso Caprioli, svolge nel 1939 un’azione capillare di persuasione perché i giovani del ’22 non aderiscano ai battaglioni della Gioventù Italiana Littorio. Dalla IV liceo scientifico, con altro esame integrativo dato all’Istituto Paolo Sarpi di Bergamo, viene ammesso in prima liceo classico, iniziando l’ultimo triennio nell’anno scolastico 1940-1941. Si prepara da solo nel corso dell’estate, aiutato per il greco dal parroco di Mariana. Questo faticoso viaggio dalle scuole dei poveri alla scuola di élite sarebbe stato per lui a tratti drammatico, malgrado la sua passione per lo studio e la lettura. «Alla mattina – ricorda Del Ton – sua madre andava a portargli la colazione e lui era ancora là che studiava, non aveva dormito. Una volontà ferrea, ma ci ha rimesso la vista». «Mentre gli altri andavano a mangiare l’anguria e andavano a donne – dirà una volta a Mariolina Vailati(5) – io ero a studiare dal prete». La madre gli ha intanto trovato una collocazione in un altro istituto religioso, il Seminarino di Bergamo Alta. Nell’inverno del 1941, alla visita di leva è dichiarato rivedibile. Il suo professore, Bortolo Tommaso Sozzi(6), lo ricorda al liceo classico tra i suoi migliori allievi: «Aveva intenzione di scrivere e mi mostrava quanto scriveva, che non era di facile interpretazione. Usava delle immagini che a volte mi costringevano a chiedergli delle spiegazioni». E Carlo Panigada(7), che gli fu compagno di scuola, dice: «Come quasi tutta la nostra classe era antifascista, contrario al regime. Però lui lo era in modo particolare, anche se in forme non spinte. Per questo motivo sia lui che io fummo sospesi dalla scuola». Un altro compagno di scuola, Alberto Sorti(8), ha ricordato: «Bosio era più maturo della sua età e di noi; pareva portarsi qualcosa dietro le spalle di cui non parlava. E non si faceva pestare i piedi dai professori». Come reazione all’impatto con la città, Bosio è all’affannosa ricerca di un comportamento e di un aspetto adeguati, per cui in lui l’impaccio del vestito goffo si sarebbe tramutato in una particolare cura dell’abbigliamento che si sommava alla sua naturale eleganza del gestire e del camminare. Legge Carlo Pisacane, Il Concilio di Trento di Paolo Sarpi, Notizie naturali e civili sulla Lombardia di Carlo Cattaneo, Conversazioni in Sicilia di Elio Vittorini e Il tallone di ferro di Jack London. Nell’anno scolastico 1941-42 è l’animatore di «Juvenilia», rivista di classe in copia unica redatta dagli alunni della III liceale A, di cui verranno pubblicati tre numeri. Su di essa appaiono delle sue poesie (Sera, Novembre) e una novella (L’incavo. Memorie).

 

1942

A Bergamo, negli anni 1941-42, un professore delle magistrali, Filippo Fichera, organizzava una volta alla settimana delle riunioni letterarie su basi competitive tra le scuole medie cittadine, alle quali venivano invitati i migliori studenti. Questi incontri si trasformarono in interprovinciali e nella primavera del 1942 si svolse una competizione tra i giovani delle scuole medie superiori di Bergamo e quelli di Brescia, alla sede bergamasca del fascio, in presenza dei due federali. Siccome le cose si mettevano male per i bergamaschi, venne mandato a chiamare Bosio, che arrivò tardi e senza divisa, unico in tutta la sala. Il fatto offese il federale locale, Gino Gallarini, che – mentre Bosio stava già per iniziare a parlare – chiese una sospensione dell’incontro per discutere della cosa e – così almeno sembrava di ricordare Bosio – gli appioppò un ceffone. Poi, ufficialmente, disse che Bosio, non abitando a Bergamo, quel sabato non aveva la divisa con sé. A quel periodo risale il suo tema Il quanto e il quale nel regno dello spirito, premiato con la pubblicazione, dove è contenuta una riflessione su personali esperienze culturali e sulla formazione di un proprio metodo di lavoro: «…forse non mai come nel campo della produzione [culturale] la quantità, oltre che essere il presupposto della qualità, è anche l’insegna della vera grandezza. L’opera perfetta, preceduta quasi sempre da un’abbondante produzione imperfetta, è profonda e, insieme, vasta». Una convinzione in lui così radicata da diventare una delle caratteristiche permanenti del suo modo di lavorare: l’accumulo della documentazione prima della stesura del saggio; la creazione di strutture per la raccolta di materiali in vista del lavoro di elaborazione culturale; le numerose successive stesure di un determinato scritto; l’affermazione, contro la non-distinzione crociana di un “prima” e di un “dopo” nella storiografia, di un “prima” e un “dopo” nella storiografia del movimento operaio, perché – scriverà nel 1955 nel suo Giornale di un organizzatore di cultura – «il fare e il fatto creano la possibilità della autocoscienza e della coscienza critica: sono due momenti inscindibili, ma il primo condiziona, anche nel campo storiografico, il secondo». Nella seconda metà di giugno Bosio si reca ai “Ludi Juveniles” di Firenze, che non sono un fatto volontario, ma bensì una manifestazione dalla quale non ci si può esimere: «“Candelino” lo chiamavamo – ricorda Mariolina Vailati, che in quell’occasione viaggiò in treno con lui -, proprio perché pallido pallido, con i capelli già un po’ brizzolati, vestito da avanguardista, la più orrida delle divise perchè prevedeva i calzoni alla zuava che stavano male quasi a tutti. Lì a Firenze ha partecipato ai lavori di una commissione e il discorso che in essa si è svolto era ancora in rapporto alla problematica di analfabetismo e cultura». Al Seminarino di Bergamo Alta darà nel novembre impulso a un giornale dattiloscritto, «l’Arlecchino», redatto dagli studenti che ne sono convittori, su cui pubblica tra l’altro la poesia Autunno. Se ne andrà da quell’Istituto durante la terza liceo, per trasferirsi in una pensione assieme alle due sorelle, Giulia e Franca. La sua capacità di raggruppare attorno a sé altri liceali che si occupano di questioni culturali fa sì che riesca a mettere a punto un ciclostilato dal titolo «Chiaroscuri», che porta la data del 20 dicembre e, messo in vendita nei corridoi del liceo, viene subito esaurito. Per esso scrive il manifesto programmatico del gruppo, il racconto L’esperienza (nel quale narra la sua prima visita a una casa di tolleranza e il senso di colpa che gliene era derivato) e imposta un referendum sulla famiglia, polemico contro lo Stato che viene a sostituirsi a essa. Nel medesimo periodo si reca in varie località della Lombardia «per allacciare contatti disinvoltamente clandestini con alcuni studenti e realizzare, all’interno del fascismo scolastico, un’opposizione che si doveva raccogliere attorno al gruppo di “Chiaroscuri”»(9). Aveva iniziato con il gruppo di Giulio Maccaccaro a Pavia e proseguito con altri gruppi consimili di Mantova, Lecco, Como, Cremona. Ma la rivista – informata a un antifascismo scritto tra le righe, perché espressasi fuori dai controlli precostituiti e lontana dalla retorica e ipocrisia che impregnava il clima culturale della città – aveva però fatto scandalo negli ambienti clericali di Bergamo e lo stesso preside del liceo, Volpe Rinonapoli, aveva disapprovato l’iniziativa, sicchè il federale ne proibì l’ulteriore pubblicazione.

 

1943

Dal contatto con il gruppo di Cremona, che sta per trasformare il quindicinale del Guf «Eccoci!» in organo di fronda antifascista, scaturisce la pubblicazione sul numero del 1° aprile del racconto di Bosio L’avvenimento, in cui la guerra si riduce alle storie dei singoli soldati, cioè a quelle storie individuali che sovente in seguito allineerà in quanto testimonianze nel suo lavoro di storico. Conseguita la maturità, si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Padova. Lì aderisce al Partito socialista. Intanto organizza con Archinto Usberti e Maurizio Del Ton degli spettacoli ad Acquanegra e – dice Del Ton – «io tenevo l’amministrazione, Gianni era il regista e poi avevamo vari artisti locali. E lui sceglieva proprio le macchiette del paese. L’interesse infatti non era tanto per lo spettacolo, ma per le persone che lui riusciva a collocare al posto giusto. Perchè lui, quando riusciva a convincere qualcuno a fare qualcosa e azzeccava, era la persona più felice del mondo». Per la fine dell’anno doveva andare in scena la rappresentazione de La verità dei pazzi, una «sintesi tragica in un atto» di Renato Saita, pubblicata sul numero di «Eccoci!» del 1° aprile, permeato da un implicito antifascismo. Aveva scelto – continua Del Ton – «’sti cinque pazzi tra le persone del paese, che da pazzi dicevano invece cose terribili e vere. Lì è stata la scintilla che ha fatto conoscere Gianni: perché già lo conoscevano, ma lo consideravano come un po’ strano e bizzarro, uno studioso». Sebbene il direttorio del locale fascio ricostituito avesse all’inizio approvato lo spettacolo, esso venne proibito la sera prima della rappresentazione. E -conclude Del Ton – «naturalmente la cosa ha suscitato un interesse enorme».

 

1944

Nel maggio Archinto Usberti prende contatti con la cellula comunista del paese e riesce a ottenere che Bosio lo affianchi nell’organizzazione dei giovani, sebbene vi siano prevenzioni nei suoi confronti perché studente e soprattutto nipote di fascisti. Riescono a mettere assieme una ventina di ragazzi del paese e a metà giugno prendono contatti con Bozzolo (dove sono attivi i giovani Pompeo Accorsi e Sergio Arini) e con San Martino dell’Argine. I giovani acquanegresi lavorano nell’orbita dei comunisti ma non ne approvano l’ingerenza politica e il caporalismo. Quando si verificano dei primi contrasti con la Brigata Garibaldi e Bosio viene pesantemente minacciato da uno dei suoi dirigenti, il gruppo prende in considerazione la possibilità di aggregarsi al movimento del «Ribelle», giornale bresciano delle Fiamme Verdi. Tra la fine di giugno e l’inizio di luglio Bosio subisce una prima perquisizione da parte dei fascisti. Intanto i contatti del gruppo di Acquanegra si allargano e permettono di iniziare movimenti giovanili a carattere militare anche a Canneto, Asola e altre località vicine. Quello più attivo della zona è la squadra volante comandata da Arini ma una situazione di scarsa vigilanza, forse delle delazioni e il pedinamento di una staffetta portano il 30 luglio all’arresto da parte della Legione Repubblicana di Pesaro, stanziata a Bozzolo, di Arini e Accorsi (poi fucilati il 31 agosto a Verona), don Primo Mazzolari e parecchi altri. La Guardia nazionale repubblicana invade il negozio di Ida Pellegrini alla ricerca di Bosio, che riesce però a mettersi in salvo rifugiandosi a San Fermo dalla zia Speranza. Alla fine di luglio, su sua proposta e iniziativa, era uscito il numero del bollettino limografato «Noi giovani», organo dell’omonimo gruppo clandestino; benché fosse ormai pure collegato con le Fiamme Verdi, il gruppo di Bosio aveva continuato a essere collegato anche al gruppo Rinascita, influenzato dal Pci, e a dipendere di fatto per informazioni, ordini e mezzi dalle Brigate Garibaldi; ma alla metà d’agosto si sarebbe verificato il distacco. Dopo un tentativo dei comunisti di sostituire Bosio alla guida del gruppo, il movimento giovanile clandestino di Acquanegra rompe ogni legame con formazioni politiche di partito e dà al movimento un’impronta apartitica, concependo la lotta armata «come uno dei mezzi per il rinnovamento più generale il quale si situava anche allo sbocco della lotta armata, ma che doveva farsi avanti anche durante la lotta armata, durante l’occupazione tedesca. La disobbedienza al tipo di condotta militare dei partiti, alla lotta nazional-popolare, ai Cln in sintesi, la ripulsa della guerra partigiana dimostrativa, faceva parte del bagaglio di quelle posizioni che sottraendosi alla coercizione che proveniva dall’andamento generale del periodo restavano isolate e apparivano, alla fine, come posizioni intrise di moralismo»(10). «Noi giovani», alle cui posizioni aderiscono uomini formatisi attorno a don Primo Mazzolari e con molte riserve lo stesso Mazzolari, non casualmente riporta sotto il titolo una frase di Charles Péguy: «O sarà una rivoluzione morale o non sarà una rivoluzione». Riguardo all’attività militare i criteri sono: «…la pianura non offre rifugi, quindi esclude azioni che possano diventare avventure pericolose o fatali; fare solamente quelle che diano il minimo rischio col massimo risultato; preparare i quadri e le forze per il momento decisivo della lotta»(11). La riorganizzazione del gruppo – che tocca Asola, Canneto, Calvatone, Casaloldo e Bozzolo, mentre vengono presi contatti anche con Cremona – è in atto dalla fine di luglio e procede con la sola breve interruzione degli arresti. Dall’agosto va rafforzandosi e inquadrandosi anche l’organizzazione militare. I giovani vengono suddivisi in squadre, ognuna con un caposquadra che comunica e riceve istruzioni solo indirettamente. Vengono fatte azioni di sabotaggio nel deposito di motori di Acquanegra, sparsi chiodi tricuspidi lungo le strade provinciali per forare le gomme agli automezzi tedeschi, operati disarmi, dispersa una banda di ladri operante nella zona Mosio-Piubega-Redondesco. Prendono a funzionare i servizi di informazione e di collegamento, ci si procura l’occorrente per fare documenti falsi, cresce il numero delle armi e munizioni e vengono raccolti ingenti fondi. Mentre il gruppo Noi giovani sta per trasformarsi nella Brigata Fiamme Verdi Mantovane Pompeo Accorsi, della quale dovrebbe assumere il comando proprio Bosio, tutto il lavoro viene irrimediabilmente compromesso da un’azione effettuata il 28 ottobre dal gruppo Boninsegna, autonomo sia da Noi giovani sia dal Pci: l’aggressione in centro di Acquanegra del vicebrigadiere comandante la locale stazione della Gnr, che viene mortalmente ferito e gettato nella Seriola. L’azione attira sul paese tedeschi e fascisti che operano decine di arresti. Bosio si nasconde due giorni in casa del parroco di Acquanegra e poi riesce a lasciare il paese nascondendosi su di un carretto carico di paglia dallo zio Piero Pellegrini, non sospetto perché fascista. Poi con Usberti si reca a Brescia e, dopo avere cercato contatti con le formazioni della Val Trompia, si rifugia presso dei parenti di lui a Parabiago, collegandosi ai gruppi socialisti milanesi e partecipando a qualche riunione in casa di Lelio Basso, con il quale ha già avuto contatti sin dall’estate. A Milano gli viene assegnato l’incarico di curare i rapporti con i giovani di tendenza socialista e con gli intellettuali. Ma a Natale viene preso dalla zio e portato a Bizzozzero, vicino al confine con la Svizzera, dove alloggia presso un commerciante amico dello zio, sottoposto a una sorta di “libertà vigilata”.

 

1945

Soltanto alla fine di febbraio riuscirà a “evadere”, dal rifugio impostogli dai famigliari, riprendendo i contatti con la Resistenza milanese e facendo la spola tra Parabiago e Milano sino alla Liberazione. Nei mesi successivi pubblica con l’Editrice «Terra nostra» di Mantova Il Manifesto dei comunisti e sul finire di giugno subisce una perquisizione dei carabinieri in cerca di armi, finita in nulla. Dà inoltre un’intensa attività militante al Partito socialista italiano di unità proletaria come funzionario presso la Federazione di Mantova e collaborando dal luglio 1945 al gennaio 1947 a «Terra nostra», settimanale del socialismo mantovano. È allora impegnato nella costruzione del “partito nuovo” teorizzato da Lelio Basso. Significativo il suo scritto Mettersi in linea, su «Terra nostra» dell’8 luglio, dove si afferma che nel partito convivono due mentalità e due metodi, rappresentati rispettivamente da «vecchi e giovani, clandestini attivisti e non clandestini». Compito dei giovani è di fare del partito il «Partito Proletario Italiano: il partito proletario che smussa o stacca o rompe non l’Internazionale ma l’internazionale legame e adatta la struttura del Partito comunista alle esigenze e ai caratteri della penisola italiana», passando «da partito manovrato a partito manovratore». La funzione specifica del Partito socialista, cioè la sua transitoria ragione d’esistenza sta nel fatto che – come dice citando L’espiazione socialista di Guido Mazzali su «Terra nostra» del 13 agosto – «il comunismo italiano non è ancora un movimento autonomo, il movimento genuino, autoctono delle classi proletarie italiane, ma determinato, non vive esclusivamente di vita propria, ma anche di vita riflessa. Non è e non può essere quindi lo strumento principe della lotta proletaria italiana, il partito rivoluzionario al quale il partito affida la sua liberazione». L’11 novembre, nell’anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, parlando dal Palazzo della Ragione a Mantova, dice che riformismo, sinistrismo, massimalismo e comunismo non sono il «socialismo socialista», il quale «vuole ritornare alla sua vera funzione; ad essere matrice che raccoglie i rami che se ne staccarono che si chiamarono, ad esempio, socialismo amministrativo o di Stato, evoluzionistico, rivoluzionario perché la storia di questi giorni ci ha insegnato molte cose: che ha ragione di esistere accanto e dentro il Rivoluzionario, l’evoluzionista; la Rivoluzione russa ha dato ragione al primo, la Francia e l’Inghilterra al secondo. Noi non siamo pregiudizialmente né per l’uno né per l’altro»(12). Bosio guarda quindi con simpatia alle esperienze di tipo laburista e bolscevico, mentre giudica come destinate a uno sbocco opportunista le esperienze socialdemocratiche, tra le quali annovera quella del Psi d’anteguerra. Ad Acquanegra sul Chiese dà vita all’Università popolare, a cura della quale è uscito il 21 ottobre il numero unico «La ciüsa», interamente redatto da lui.

 

1946

Lelio Basso sposta Bosio alla redazione di «Quarto Stato», la rivista dell’omonima corrente del Partito, il cui primo numero esce il 30 gennaio e di cui Bosio sarà il redattore sino alla fine di agosto. Sulla rivista pubblica tra l’altro in cinque puntate (30 marzo, 30 aprile, 31 maggio, 31 agosto, 31 ottobre) un Contributo al problema della cultura, inserendosi nella polemica sulla cultura di quegli anni, che tratta temi anticipatori di problematiche che troveranno altro spessore e sviluppo nelle sue esperienze successive di organizzatore di cultura, come il nesso tra cultura e lavoro, una cultura che non sia mai «interessata, di propaganda» ma i cui modi corrispondano alle esigenze della società socialista che si vuole costruire, un marxismo che sia «propugnatore della libertà dell’uomo da tutte le catene, che le urgono attorno e sopra, e di tutte le libertà per tutti gli uomini», una cultura che segua l’uomo ma non lo determini, che sia per lui mezzo di liberazione e che formi dei quadri nuovi. Ha al contempo mantenuto i legami politici con il Mantovano, partecipando alla vita politica di Acquanegra e continaundo a collaborare a «Terra nostra».

 

1947

Continua anche la collaborazione a «Quarto Stato», mentre inizia quella all’«Avanti!» milanese, su cui pubblica Il suicidio (22 giugno) e Moralità immorale di Alberto Moravia (20 luglio). Sarà uno tra i protagonisti dello svecchiamento della terza pagina. È intanto diventato responsabile della stampa e propaganda della commissione giovanile socialista milanese ed è segretario per la Lombardia dei giovani socialisti. Si impegna per tutto il periodo della segreteria Basso nel tentativo di rinnovamento del Partito, in direzione di una rottura dei limiti troppo ristretti di partito e di un «superamento della mentalità elettoralistica e verso una caratterizzazione nettamente classista», come scrive su «Il proletario» di Milano il 29 giugno. Conosce Gioietta Dallò, con la quale avrà una lunga relazione sentimentale e che condividerà con lui sino al 1966 tutte le vicende politiche e culturali. Intanto sono maturati i suoi interessi di sempre per la storia del movimento operaio e si è trasferito dall’Università di Padova – dove ha finito gli esami in anticipo sui quattro anni previsti, sebbene ci fosse stata di mezzo la guerra partigiana – all’Università Statale di Milano per concordare con Antonio Banfi una tesi di laurea sulla «Storia del marxismo in Italia fino al ’92», per la quale egli raccoglierà grande quantità di materiale di estremo interesse. Su «Quarto Stato» del 15 febbraio, in una sua breve recensione a Saggi sul Risorgimento e altri scritti di Nello Rosselli, notava come la storia del movimento operaiovi venisse considerata «soprattutto nella sua causa e nei suoi aspetti politici, ideali, e troppo poco nelle sue cause economiche e sociali: troppo sotto la visuale delle clientele, dei partiti, delle correnti tradizionali, poco come urto di classi. È indubbio che affrontato sotto questa visuale, nelle attuali condizioni nelle quali il patrimonio documentario è pressoché distrutto, il lavoro si presenta immane e tale che difficilmente la vita e l’operosità di un uomo riusciranno a portare a termine». Sarebbe stato questo il programma che si sarebbe prefisso «Movimento operaio». Nel dicembre collabora a un corso sezionale della scuola di Partito, collaborando a una dispensa per una lezione dal titolo «Breve storia del Movimento socialista in Italia fino al Congresso Nazionale di Roma nel gennaio 1947» e tenendo una lezione su «il Partito e la sua organizzazione».

 

1948

Nel febbraio partecipa al Convegno dei giovani socialisti ed esplica attività in vista delle elezioni del 18 aprile. Scrive numerosi articoli sull’«Avanti!» milanese, intervenendo tra l’altro il 22 febbraio in polemica con Franco Fortini nel dibattito suscitato da Il lungo viaggio di Ruggero Zangrandi. Tra aprile e maggio polemizza pure con Giulio Trevisani, mettendo in discussione l’impostazione nozionistica de “Il calendario del popolo” (si veda l’«Avanti!», 30 aprile, 3 maggio, 15 maggio; e «Il calendario del popolo», giugno 1948). Il 12 luglio cura una pagina dell’«Avanti!» per il centenario del Manifesto del Partito comunista.

 

1949

Pubblica sull’ «Avanti!» e su «Quarto Stato» numerosi articoli e documentazioni che preparano il terreno alla rivista di storia del movimento operaio che sta per fondare. Importante è il saggio L’arresto di Carlo Cafiero a Milano, pubblicato tra il 13 luglio e il 4 agosto in cinque puntate sull’«Avanti!». Ricorderà poi che la sua tesi di laurea non era mai giunta a compimento perché «c’era stato di mezzo “Movimento operaio”, fatto con poca esperienza e con pochi quattrini: un lavoro sfibrante con rare pause per lo studio»(13). D’altra parte la tesi si era rapidamente trasformata in un programma di lavoro: «Dopo le prime ricerche mi resi conto che era impossibile o errato scrivere una storia del marxismo in Italia staccata dalla storia del movimento reale e senza questa non si faceva storia delle idee. Ma la storia reale bisognava farla: di qui “Movimento operaio”»(14). Esso «nasceva dopo la sconfitta del Fronte, quando oramai appariva chiaro che i tempi, le distanze, si sarebbero allungati; che non si poteva vivere di climi ma si doveva vivere di cose; e che, se non si poteva intervenire, come giovani, nel centralizzato potere politico di classe, era doveroso prepararsi, vedere, analizzare, ricuperare un marxismo vivente che pareva sfuggire nei fatti. Tutto questo per dire che, in gran parte, l’interesse di “generazione” per questi studi era dovuto a valutazioni politiche fatte da politici. Per non dar luogo a equivoci, c’è da aggiungere, come elemento caratterizzante, che la rivista nasceva a latere dell’Università e dei Partiti, ambendo a collocarsi all’interno, nel mezzo della classe»(15). Nell’ottobre fonda la rivista, di cui sarà direttore ed editore sino al 1951, poi direttore sino all’estromissione di fatto con il n. 2 del marzo-aprile 1953. I primi due numeri escono ciclostilati, con una redazione che è praticamente formata da Gioietta Dallò e da lui stesso. Poi la rivista viene stampata con il ricavato di un’attività di antiquariato librario, per la quale prepara tra il 1949 e il 1951 otto numeri di un catalogo dedicato alla storia del movimento operaio, appoggiandosi per le spedizioni del materiale venduto e la riscossione dei pagamenti alla Cartolibreria Pelliconi. La rivista si pone subito come un fatto nuovo nell’ambito degli studi storici in Italia e diventa il punto di riferimento di numerosi studiosi giovani e meno giovani. Sui primi numeri della rivista Bosio pubblica Carlo Cafiero dal soggiorno di Locarno al manicomio di San Bonifacio, delle lettere di Osvaldo Gnocchi Viani ad Andrea Costa e inizia anche la pubblicazione delle sei puntate del Carteggio da e per l’Italia (1871-1895) di Marx ed Engels. In dicembre esce a Milano, sulla rivista «Fatti e teorie» diretta da Luigi Dal Pane, il suo saggio Antonio Labriola, Rosa Luxembourg, la questione nazionale polacca in Croce.

 

1950

Con il numero di febbraio-marzo «Movimento operaio» assume veste tipografica e ha una vera e propria redazione, frutto dell’intenso sforzo organizzativo di Bosio, che ne è il direttore responsabile. Di essa fanno parte anche Franco Catalano, Elio Conti, Luigi Dal Pane, Giuseppe Del Bo, Franco Della Peruta (condirettore dalla fine dell’anno), Antonio Lucarelli, Gastone Manacorda, Giovanni Pirelli, Ernesto Ragionieri, Aldo Raimondi (sostituito in estate da Matteo Gaudioso), Renato Zangheri. Segretaria di redazione è Gioietta Dallò. Sulla rivista Bosio pubblica il carteggio tra Luigi Musini e Andrea Costa, le memorie di Nullo Baldini sui braccianti ravennati ad Ostia, alcune lettere di Emilio Kerbs ad Andrea Costa, altre di Francesco Pezzi ad Andrea Costa e ad Anna Kuliscioff, dieci lettere di Antonio Labriola sul Congresso internazionale socialista di Londra del 1896. Inizia inoltre la pubblicazione dei Sunti degli Atti dei Congressi Generali delle Società Operaie dello Stato (Piemontese), che riuscirà però a completare soltanto nel 1965, e di Carlo Cafiero nei manicomi di Firenze e Imola attraverso le carte personali inerenti e le cartelle cliniche. Infine dedica un saggio a Per una storia dell’estetica materialista: Giuseppe Pecchio. A latere, continua a militare nel Psi e quell’anno viene eletto a Milano segretario della Sezione Vittoria.

 

1951

Dal 17 al 20 gennaio, in occasione del XXIX Congresso nazionale del Psi , allestisce presso l’Archiginnasio di Bologna una mostra storica dell’«Avanti!» e del movimento operaio italiano. Su «Movimento operaio» pubblica La fama di Marx in Italia dal 1871 al 1883, il carteggio tra Claudio Zirardini e Andrea Costa e cura con Pier Carlo Masini una bibliografia generale degli scritti di Carlo Cafiero; su «Società» pubblica in due puntate, La diffusione degli scritti di Marx e di Engels in Italia dal 1871 al 1892.Cura inoltre per la Piccola enciclopedia del socialismo e del comunismo di Giulio Trevisani varie voci riguardanti personaggi e fatti del movimento operaio italiano (altre ne scriverà anni dopo per la terza e quarta edizione dell’opera); e sull’«Avanti!», una pagina speciale nel centenario della nascita di Andrea Costa (30 novembre). In dicembre cura l’opuscolo, uscito come «Avanti!», Nel centenario della nascita di Andrea Costa, che è un profilo ricostruito con documenti e illustrazioni inedite e rare.

 

1952

La Biblioteca Feltrinelli, alla cui fondazione e formazione nella sede milanese di via Scarlatti 5 Bosio ha dato un apporto rilevante, assume l’onere della pubblicazione della rivista. Franco Ferri, allora direttore della Biblioteca, ha infatti caldeggiato l’acquisto della testata per volere del Partito comunista, desideroso di imbrigliare un lavoro storiografico le cui direttrici fuoriescono dalla linea politica che si è tracciato. Con il numero di gennaio-febbraio la rivista assume quindi una nuova veste tipografica, grazie all’impaginazione di Albe Steiner, e un più ampio respiro. Entrano nella redazione Domenico Demarco, Alessandro Galante Garrone, Armando Saitta, Franco Venturi. Direttore e condirettore sono sempre rispettivamente Gianni Bosio e Franco Della Peruta, mentre, nella segreteria di redazione, a Gioietta Dallò si aggiunge Franca Rigamonti. Sul numero di gennaio-febbraio pubblica, assieme a Pier Carlo Masini, Bakunin, Garibaldi e gli affari slavi (1862-1863); poi si occupa di mettere a punto il numero di marzo-aprile, interamente dedicato ad Andrea Costa, pubblicandovi scritti suoi o suoi con altri: Materiali pubblicati del «Fondo Costa» e Le celebrazioni costiane; Andrea Costa e la vita politica imolese (1871-1874). Documenti dell’Archivio di Stato di Bologna e La «svolta» di Andrea Costa con documenti sul soggiorno in Francia (con Franco Della Peruta); Scritti e discorsi su Andrea Costa (19 gennaio 1910-1951) (con Amedeo Tabanelli) . Collabora inoltre alla messa a punto della Cronologia della vita di Andrea Costa di Lilla Lipparini e alla bibliografia degli scritti del rivoluzionario romagnolo. Ha anche ripreso a collaborare intensamente all’«Avanti!», il cui numero speciale del Primo maggio ha successo largamente per merito suo. Tra il 3 agosto e il 12 ottobre cura la rubrica «Sessantesimo» su figure e momenti della storia del movimento operaio, nella quale fa uscire a puntate la memoria inedita di Nullo Baldini Come e quando fu costituita la Federazione delle Cooperative della Provincia dl Ravenna, sua azione dal 1900 al 1922 da lui curata. Poi collabora alle pagine speciali Sotto le bandiere del socialismo il proletariato protagonista della storia d’Italia del 21 settembre.Quel mese esce anche per l’«Avanti!», a cura sua e di Luciano Della Mea, il volumetto Genova 1892. Nascita del Partito socialista in Italia.

 

1953

Mette a punto con Franco Catalano una Mostra dell’ostruzionismo, allestita al Teatro Lirico di Milano dal 10 gennaio, in occasione del XXX Congresso del Psi. «Movimento operaio», dato l’indirizzo impressogli da Bosio, si era posto sulla via dello studio del movimento socialista e operaio, documentato con sistematiche, scrupolose e dettagliate ricerche dirette. Ma nella rivista Bosio portava il proprio coefficiente politico, per cui l’aveva concepita anche in funzione di interessi teorici suoi e del gruppo attorno a Quarto Stato. Ricorderà Bosio nel 1955(16) come la rivista si proponesse di studiare «le determinanti interne che caratterizzano e che caratterizzavano il movimento socialista in Italia, per riportarlo, nella mediazione della sua forza autoctona e della sua capacità rivoluzionaria, ad essere il protagonista della classe». Se si credeva alla necessità dello strumento-Partito – continuava – bisognava conoscerlo per attrezzarlo. E per questa ragione «la storia particolare e minuta valeva quanto la storia generale. L’interesse filologico (il minuto, il particolare, l’esatto) e l’interesse “corporativo” (solo la storia del movimento operaio in funziona del movimento operaio) ricomparivano in funzione politica». Invece per «la politica di unità nazionale dei comunisti […] le vicende della classe nel presente e nel passato diventano meno importanti della sua collocazione internazionale. Quel filologismo a cui “Movimento operaio” era attaccato […] si opponeva, contrastava, infastidiva quella visione generale, in cui la collocazione internazionale del movimento operaio italiano diventava più producente della ricerca della possibilità di una sua affermazione autonoma». Infatti il filologismo «impediva la critica indiscriminata al vecchio movimento socialista; i conti con i fatti, che il filologismo imponeva alla filosofia idealistica, li imponeva tal quali alla storiografia comunista […]. Il filologismo sarebbe arrivato a scavare nel campo della storia reale del movimento comunista. Ai miti avrebbe sostituito la realtà: di qui il fastidio per il filologismo». Inoltre i comunisti chiedevano «meno interesse per le vicende ideologiche o reali del socialismo, meno interesse per l’anarchismo; […] e più interesse per coloro che idealmente potrebbero oggi essere degli alleati. Nel quadro della politica di unità nazionale, le vicende della sinistra risorgimentale sono direttamente connesse alla politica comunista contro l’attuale classe dirigente e servono quindi a provare la continuità storica, nazionale, risorgimentale del Pci, più di quanto non servano le vicende storiche del movimento operaio nel momento egemonico anarchico e socialista». Per Bosio invece si trattava di ricercare il prodursi autonomo della organizzazione operaia e della teoria che l’accompagna e può determinarla. Era questo il criterio che lo spingeva «a ricercare, nelle espressioni spontanee sporadiche e via via coscienti e organiche del passato, una necessità selettiva […]» che si proiettasse nel futuro. Di qui il suo grande interesse storico e politico per le molteplici forme di strumentazione organizzativa che il movimento proletario si era dato nel corso della sua storia. Gli interessavano non solo la storia della Prima Internazionale o delle Leghe di resistenza ma anche e, direi soprattutto, i processi di creatività spontanea che regolavano la vita interna di una Sezione della Prima Internazionale o il costituirsi di una Lega di resistenza. E vedeva delle importanti implicazioni non solo storiografiche ma anche politiche in questi studi sul movimento operaio in un periodo come quello 1870-1921 in cui esso era stato relativamente spontaneo. Lo studio della formazione di questi strumenti organizzativi «sulla cresta o nell’incastro di un’esigenza obiettiva» era infatti già una messa in discussione del binomio partito-sindacato secondinternazionalista e del feticismo terzinternazionalista e stalinista dell’organizzazione di un Partito che veniva calata dall’alto, che doveva essere dovunque identica, che spegneva qualunque creatività organizzativa. L’indirizzo che aveva impresso a «Movimento operaio» riportava quindi alla discussione un variegato mondo teorico aderente al movimento reale che lo stalinismo pensava di avere definitivamente spazzato via, come indicazione per nuove forme aggregative presenti. Per questo nella primavera del 1953 Bosio era stato estromesso da «Movimento operaio» da un giorno all’altro, assieme ai suoi collaboratori, per una decisione dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, allora militante comunista, in accordo con la Commissione culturale del Pci. Quell’estromissione – che avviene con il n. 2 della rivista del marzo-aprile 1953 – venne motivata con un metodo di denigrazione personale allora consueto nella vita degli apparati, cioè accusandolo di avere sparlato della moglie dell’editore. Nel Psi – dove allora dominavano gli “unitari”, fautori di una sudditanza ideologica al Partito-guida – l’unico dirigente di rilievo che gli espresse solidarietà fu Raniero Panzieri. Con Gaetano Arfé e Giovanni Pirelli si incontrò dapprima con Rodolfo Morandi, che disse di conoscere abbastanza bene Togliatti per sapere che sarebbe stato irremovibile e che l’estromissione di Bosio andava considerata un prezzo da pagare alla politica unitaria tra Psi e Pci. Si rifiutò quindi di intervenire direttamente ma autorizzò Panzieri a fare un passo ufficiale. I tre si recarono alle Botteghe Oscure , vennero ricevuti da Carlo Salinari, “pari grado” di Panzieri nella politica culturale, che parlò a lungo sulla efficacia di rintracciare nella biografia di un militante le origini delle sue deviazioni presenti, con allusione ai trascorsi bassiani e luxemburghiani di Bosio. E disse che bisognava rendersi conto che la rivista, così com’era, era “spontaneistica” e metteva in discussione la funzione di guida del partito di classe, essendo quindi destinata a sfociare nel “corporativismo operaistico” e nel “settarismo frazionistico”. Malgrado questi pregiudizi della Commissione culturale del Pci, Panzieri riuscì tuttavia a strappare un compromesso nel quale Bosio avrebbe conservato il posto di direttore in un indirizzo storiografico mutato, ma Bosio non accettò: avrebbe dovuto non solo gestire una linea storiografica che non condivideva ma anche – come scrisse in ula lettara a Panzieri – subire misure di «controllo politico-familiare» sulla sua direzione, che l’editore, Mario Alicata e Ambrogio Donini pretendevano, diffidando comunque di quella sua iniziativa. Bosio aveva preparato, accomiatandosi dalla rivista, una sorta di rendiconto del suo operato: « Apparsa in forma modesta, la rivista si è venuta sviluppando seguendo l’obiettivo che l’aveva determinata e la muoveva : dare al movimento democratico e alla classe operaia, che in questo dopoguerra si è venuta affermando come movimento egemonico nazionale, uno strumento che aiutasse a rendere chiare le ragioni di questo sviluppo, a prendere coscienza della strada percorsa, a ritrovare nella storia delle lotte passate e delle conquiste del movimento di classe i motivi del suo ulteriore sviluppo e le premesse per la costruzione di una nuova società. La situazione in cui nasceva la rivista e gli obbiettivi che a questa situazione corrispondevano portavano a impostare questi studi in maniera diversa da come era avvenuto per il passato dove (e sono poche le eccezioni) la pseudostoria, di ispirazione apologetica e autobiografica, si accompagnava alle costruzioni simboliche da servire alle più diverse giustificazioni, o alle costruzioni sociologiche; dove ancora la storiografia etico-politica sostituiva alla storia reale il senso della storia, snaturando per fini pratici la verità stessa dei fatti. Alle condizioni di questi studi si accompagnava lo stato delle fonti, disperso e rarefatto, per effetto del fascismo e della guerra ed ancora per effetto del disinteresse della cultura ufficiale e accademica verso questi studi e queste fonti considerate come espressione di un movimento minore e di minor valore. Di qui la necessità di reperire e inventariare per consentire la possibilità della documentazione, per dilatare e approfondire la tematica storica e renderla, nella misura del possibile, proporzionata all’effettivo valore e all’importanza della vita e dello sviluppo del movimento operaio. Incerta e faticosa agli inizi, la vita della rivista è venuta mano a mano prendendo vigore ed è riuscita ad affinare i suoi strumenti e a presentare alcuni primi contributi storiografici di un certo valore, grazie all’interesse che ad essa veniva portando un gruppo sempre più numeroso e qualificato di collaboratori. Ed anche in questo sta gran parte del merito della rivista: essere riuscita a diventare uno strumento di organizzazione, di stimolo e di indirizzo degli studi, essere riuscita a mobilitare in modo duraturo una grande quantità di forze giovani; aver pianificato le ricerche e i metodi delle ricerche, e reso possibile, in poco tempo, la costituzione di quadri e di strumenti culturali che hanno fatto progredire a grandi passi un movimento di studi sorto in epoca recentissima e in forma modesta. La rivista ha così potuto svilupparsi risolvendo in parte le difficoltà – e per buona parte creando le condizioni della loro risoluzione – che esistevano all’inizio di questi studi, e avvicinandosi così agli obbiettivi che si era proposta. E se il crescere è spesso sintomo di buona costituzione e fattura, il crescere e l’affermarsi di “Movimento operaio” può essere assunto come riprova della corrispondenza fra le esigenze e l’apporto della rivista. La strada percorsa non è però minore di quella che “Movimento operaio” ha ancora da percorrere; e non sarei sincero se lasciando la rivista non dichiarassi di provare il rammarico di non averla potuta condurre più innanzi: ma non sempre gli impedimenti che si frappongono sono di natura ragionevole, tali da consentire di poter essere superati; e nella nostra società le cose futili e irragionevoli possono ancora avere lo stesso peso, o anche maggior peso, di quelle che non lo sono»(17). Eliminato Bosio, seguì il drastico mutamento dell’indirizzo della rivista, ormai in linea con l’orientamento di “storia totale” caldeggiato in quegli anni da Palmiro Togliatti. Questo per la rivista significò l’abbandono della ricerca organizzata fin lì condotta e l’entrata in agonia, tanto che con la fine del 1956 essa avrebbe smesso di uscire. Già qualche mese prima della rottura, Bosio e un ristretto gruppo di compagni di partito, tra i quali Luciano Della Mea, Gioietta Dallò, Nori Giorgi, Carlo Felice Venegoni, Sauro Borelli, Arturo Foresti, Cesare Brunelli, avevano pensato di ridare vita in modo organico alle Edizioni Avanti!. «Il progetto – scriverà Bosio due anni dopo – nato nel momento di massima espansione del gruppo socialista presso la Biblioteca Feltrinelli, cominciò a camminare quando ebbero inizio le ostilità di Feltrinelli e soci. Si trattava di non disperdere forze e energie politicamente e metodologicamente omogenee, le uniche che, in campo culturale, esistessero nel Psi, portando l’attività culturale all’interno del Partito, mentre con “Movimento operaio” restava ai margini o, meglio, era situata nel mezzo della classe. Importante diventava l’operazione di inserimento in un punto vitale, anche se questo doveva presupporre la costruzione di una piattaforma culturale e politica diluita e apparentemente generica. L’importante era inserirsi, avere un’investitura e conservare almeno la libertà dal conformismo»(18). Nella sede dell’«Avanti!» in piazza Cavour 2, in un “buchino” – così chiamato perché di 3 metri per 2, 75 – concesso gratuitamente dal giornale, con fondi iniziali di alcune decine di migliaia di lire fornite da piccoli prestiti di compagni e dalla vendita di vecchio materiale d’archivio (annate di giornali del movimento operaio, libri e opuscoli), inizia il lavoro redazionale, cui Bosio dà un impulso decisivo. L’iniziativa, offerta dal gruppo redazionale alla Direzione del Psi, viene però guardata con diffidenza e alfine accettata con non poche difficoltà. Sarà questa l’unica attività autonoma e di un certo respiro nata in ambito socialista, caratterizzata dall’apertura verso le più diverse esperienze di classe e dall’ampio spazio dato alle voci di base, al di fuori di bigottismi e di aprioristiche chiusure di partito. L’annuncio della ripresa delle Edizioni Avanti viene dato dall’«Avanti!» il 1° ottobre e quello stesso mese Bosio cura con Albe Steiner la mostra L’Avanti! ha una storia. Questa storia insegna che anche quando sembrava tutto perduto si disse e si andò, composta da 20 tavole prodotte dalla nascente casa editrice. Quel mese esce pure il primo libro, Il maggiore è un rosso di Francesco Fausto Nitti, nella collana Il Gallo, una collana omnibus parapolitica che, rivolgendosi a un pubblico differenziato, permette alte e sicure vendite. Bosio la considererà poi «un tentativo tollerato, ma riuscito, di non inaridire i problemi, di non stringerli in morse ideologiche troppo strette, di presentarli a un pubblico a mentalità e a interessi non identici ma affini, allargando la possibilità di travalicare il nostro pubblico tradizionale»(19). Escono pure i primi numeri della collana l’Attualità che – oltre a avanzare interpretazioni non contingenti e univoche, ma politiche, dei fatti quotidiani della società – si propone anche quale strumento della stampa e propaganda del Psi e i cui risultati di vendita saranno comunque mediocri.

 

1954

La casa editrice ha tre canali di vendita: i 74 depositi fatti presso le Federazioni del Psi (85% della produzione venduta), le librerie e le edicole delle stazioni. Alla discreta situazione patrimoniale si affiancherà sempre una cattiva situazione finanziaria dovuta agli inizi senza capitale, alle tipografie da pagare a 90-120 giorni mentre i crediti rientrano a 6 mesi e più, alla merce in conto deposito con percentuali di sconto altissime, ai pagamenti con tratta dei depositi presso le Federazioni. . Sino al 1962 – quando le edizioni si trasformarono in Spa – si aggiungeranno la mancanza di sconti e castelletti bancari. In questa situazione, alle collane di sicura vendita, se ne possono aggiungere solo con molta cautela delle altre. Nell’annata esce però il primo volume della collana Storia del movimento operaio, che voleva essere una «storia completa e popolare del movimento operaio che rappresentasse il risultato elaborato e risolto in forma espositiva e organica delle ricerche parziali e specialistiche»(20) ed era costata a Bosio un grande sforzo organizzativo (non verrà completata). In estate Bosio realizza una Mostra su Giacomo Matteotti in 19 pannelli, inaugurata a Fratta Polesine il 7 giugno. L’11 settembre tiene una relazione su Editoria di massa e diffusione della cultura al Convegno di Bologna per la libertà della cultura.

 

1955

Una nuova collana Saggi e documentazioni (si chiamerà poi Sotto le bandiere del marxismo), che si propone di pubblicare contributi di valore ideologico e documentario che sostanzino la ricerca e l’elaborazione di una interrpretazione della realtà contemporanea, è aperta in giugno dagli Scritti italiani di Marx ed Engels curati da Bosio stesso e che in origine erano una sezione della sua tesi di laurea. Vengono editi in sole 1.000 copie anche due numeri de «La lapa», rivista di argomenti di storia e letteratura popolare diretta da Alberto Mario Cirese. Si apre nel numero di gennaio-febbraio di «Movimento operaio» un dibattito sui limiti avuti dall’impostazione della rivista durante la direzione di Bosio, ora accusata di «filologismo» e di «corporativismo». In appunti di diario dall’1 al 9 ottobre, che quattro anni dopo Bosio pubblicherà su «Il Protagora» e nel 1962 nel suo Giornale di un organizzatore di cultura, egli nota che queste critiche di metodo non vennero «mai seriamente e ampiamente discusse […] E questo […] perché quegli argomenti non potevano essere resi espliciti senza approdare a una discussione sui temi dei rapporti tra spontaneità e organizzazione, tra autonomia della classe e sua direzione politica, tra masse e partito, che avrebbe portato l’intero dibattito sul terreno di una revisione critica delle ideologie dominanti ancora nel movimento operaio, della loro origine “pratica”, […] delle loro implicazioni politiche»(21). Per il festival dell’Avanti! di Reggio Emilia, apertosi l’11 settembre, cura due mostre, una su Camillo Prampolini (con Prandi e Calvi) e l’altra su Rodolfo Morandi, da poco scomparso. Sua è l’idea di iniziare la pubblicazione del Lunario italiano e con la sua collaborazione ne esce il primo per il 1956, dedicato alle scoperte fondamentali della scienza.

 

1956

Viene inaugurata la collana “Biblioteca socialista”, volumi tascabili con testi, monografie, memorie, Atti del movimento operaio italiano e internazionale. In gennaio Bosio entra a far parte del comitato di redazione di «Mondo operaio», la rivista teorica del Psi. In aprile partecipa a Milano a un grande dibattito, promosso dalla Sezione Venezia del Psi, sulla “ideologia politica socialista”, di cui darà conto sull’«Avanti!» in due articoli del 4 e 17 aprile. Nel novembre la casa editrice, dopo essere passata dal “buchino” in un budello cieco senza finestre e senz’aria, sempre presso all’«Avanti!», dove vi era magazzino e amministrazione, passa ora in tre localini autonomi in via Senato 38, stipati di libri, scatole, registri e mobili. Per il 16 dicembre, Bosio cura sull’«Avanti!», assieme a Luciano Della Mea, Arturo Foresti e altri, un inserto speciale su 1896 Avanti! sessant’anni 1956. Cura inoltre con Bruno Di Pol e R. Roveroni il nuovo lunario dedicato al 50° della Confederazione Generale Italiana del Lavoro.

 

1957

Si apre la collana Opere di Carlo Pisacane, curata da Aldo Romano, con la pubblicazione in 4 volumi dei Saggi storici-politici-militari sull’Italia. Bosio ha ripreso a militare assiduamente nel Partito perché crede che la situazione apertasi dopo il XX Congresso del PCUS (14-25 febbraio 1956) permetta una rifondazione rivoluzionaria delle organizzazioni del movimento operaio e adombra in prospettiva la possibile unificazione di Pci e Psi, ma ritenendo indispensabile che quest’ultimo vada all’unificazione profondamente rinnovato. Del morandismo critica soprattutto il suo vivere in un’azione di vertice non collegata in un rapporto di interazione alla base ed è preoccupato per l’assenza di forza e di consenso organizzativo della base del Psi rispetto ai vertici. Richiede quindi un’altra organizzazione, non burocratica, e pensa in termini di superamento della II e della III Internazionale, come scriverà sull’«Avanti!» dell’8 ottobre, «secondo una linea né mediana né conciliativa tra socialdemocrazia e comunismo». Quello apertosi dopo il XX Congresso del Pcus è un dibattito politico e culturale che, nella concezione unitaria di Bosio, investe tutta l’area della rappresentanza politica della classe. E, in vista del 32° Congresso nazionale del Psi, è lui il vero creatore della corrente bassiana. Raccontava Lelio Basso(22) che «Bosio, con le sua capacità d’iniziativa, carpì non so come un mio testo, lo stampò, mise sotto la firma di molti compagni che grosso modo si ritrovavano nelle mie idee, e creò la corrente bassiana a Milano; e la creò così bene, che pur non avendo noi nessuna preparazione – io poi fui trascinato dentro senza neppure saperlo – aveva talmente spaventato il povero segretario della Federazione, che era Guido Mazzali, che questi accettò senza combattere di dividere al 50% i delegati al Congresso di Venezia». Bosio in quel momento è tra i più impegnati nella lotta contro la destra del Psi e si prodiga per un’alleanza delle sinistre (i bassiani, i morandiani e i “carristi”, cioè coloro che avevano approvato l’intervento dei carri armati sovietici in Ungheria nel novembre dell’anno precedente). Ma alla vigilia del Congresso di Venezia, che si tenne poi dal 6 al 10 febbraio, Basso, in una riunione di corrente nella propria casa, si disse d’accordo per l’alleanza con i morandiani ma non con i “carristi”. Bosio si arrabbiò a tal punto che uscì dalla stanza e da quel momento si disinteressò del lavoro di partito, e non dimise questo atteggiamento neanche dopo che Basso modificò la sua posizione e la sinistra conquistò la maggioranza al Congresso. Continua invece a dare un grande contributo teorico curando tra il 12 marzo 1957 e il 12 febbraio 1958 la rubrica «Vetrina del movimento operaio», poi trasformatasi in «Questioni del socialismo», sulla terza pagina dell’«Avanti!». Sorta di rivista nel giornale – per la quale scriveranno Sergio Caprioglio, Ludovico Tulli, Raniero Panzieri, Luciano Della Mea, Lucio Libertini, Danilo Montaldi, Luciano Amodio, Fulvio Papi, Arialdo Banfi, Luciano Cafagna, Roberto Guiducci, Lelio Basso, Giorgio Lauzi, Pier Carlo Masini, Esther Fano – questa rubrica affronta gli argomenti più vivi emersi dal dibattito seguito alla destalinizzazione in un modo problematico e legato all’attualità. Di Bosio sono una serie di importanti recensioni: Ideologia e socialismo (12 marzo), Intorno a Gramsci (26 marzo), La società futura (9 aprile), Socialismo polacco (3 maggio), Movimento socialista in Italia dalle origini al 1921 (14 maggio), La via jugoslava (28 maggio), Una crisi politica (26 giugno), Internazionalismo socialista (23 luglio), Mao e le «contraddizioni nel popolo» (7 agosto), Rosa Luxembourg e la rivoluzione russa (27 agosto), Il Plenum «storico» del Partito Unificato Polacco (18 settembre), Rodolfo Morandi e la «via italiana» ( 8 ottobre), Studi mondolfiani (22 ottobre). Per l’«Avanti!» cura anche il 24 novembre la pagina speciale 1857 Filippo Turati 1957. Anche il suo apporto redazionale a «Mondo operaio» si fa più intenso tra l’aprile 1957 e il dicembre 1958, periodo della condirezione della rivista da parte di Raniero Panzieri, segnalando testi del presente e del passato importanti per il dibattito in corso. Sul numero di dicembre appaiono tra l’altro, da lui curate, cinque lettere del 1878 di Filippo Turati ad AchilleLoria. Collabora anche alla fondazione della rivista «il Labriola», «relazioni e note sull’attività politica ed organizzativa del partito». Della rivista, nata dentro all’attività della Sezione Vittoria, tra l’ottobre 1957 e il settembre 1958 usciranno sei numeri.

 

1958

Si aprono due nuove collane: Il Gallo grande, prolungamento dell’edizione economica di maggior successo, e Mondo popolare, concepita come strenna natalizia annuale ma con l’intento di fare conoscere il “grande mare” del mondo popolare italiano. Il lavoro delle Edizioni «Avanti!» è cresciuto e Bosio, che è alla ricerca di denaro per trasformare la casa editrice almeno in una Società a responsabilità limitata per avere ulteriore autonomia rispetto al giornale e potere fruire del credito bancario, ottenuto l’assenso dal Psi (che sottoscriverà azioni per 12 milioni, pari al 51% del capitale sociale), lancia una campagna per fare sottoscrivere azioni della restante quota di minoranza tra singoli compagni. Intanto collabora alla milanese «Rivista storica del socialismo», diretta da Luigi Cortesi e Stefano Merli e sul numero di gennaio-giugno pubblica Nascita e sviluppo della Confederazione Generale del Lavoro nel carteggio Turati-Rigola. In dicembre cura, con R. Roveroni, il lunario per il 1958 dedicato alla tessera socialista.

 

1959

Viene aperta la nuova collana “La condizione operaia in Italia”, che indagherà non solo la condizione dei lavoratori ma farà conoscere la nuova fabbrica, la vita degli organismi sindacali e la vita di base dei partiti operai. In gennaio Bosio partecipa all’assemblea della Sezione E. Caldara in vista del 33° Congresso di Napoli del Psi (15-18 gennaio 1959, poi collabora alla nuova serie de “Il Labriola” e scrive a più riprese sull’«Avanti!» rispondendo ai lettori nella rubrica «Domande alla sinistra», all’interno della quale palesa i primi interessi in direzione del canto sociale. Sulla «Rivista storica del socialismo» di aprile-giugno pubblica Dichiarazioni di Romeo Soldi su due incontri con Engels, mentre su «Il Protagora” del giugno escono parte delle sue note di diario sulla polemica attorno a “Movimento operaio” con il titolo Sulla storiografia marxista. Organizza per il 25 ottobre al suo paese una mostra di vedute di Acquanegra ad acquarello del pittore Nino Musoni e a fine anno cura il lunario per il 1960, dedicato all’epopea garibaldina.

 

1960

Escono i Canti della Resistenza italiana, cui è allegato il primo disco a 33 giri 17 cm. prodotto dalle Edizioni Avanti! (ristampato nel 1963 ne I Dischi del Sole come DS 2). Quell’anno e l’anno successivo le Edizioni distribuiscono «Mondo operaio». In febbraio Bosio coordina e imposta l’Almanacco socialista 1960, mentre su «Il Labriola» di gennaio-febbraio esce, con il titolo Un contributo alla via italiana al socialismo, preceduta da una nota di Luciano Della Mea, una raccolta dei suoi scritti già apparsi nella rubrica «Questioni di socialismo» dell’«Avanti!», ora ripubblicati a cura dell’autore con l’aggiunta di una importante lettera di Rosa Luxemburg apparsa, il 15 maggio 1911, sul giornale romano della frazione rivoluzionaria del Psi «Soffitta». Con Luciano Della Mea, Vincenzo Palmiotta e Carlo Strada collabora alla messa a punto del primo de «I quaderni del Labriola», numero monografico su La Resistenza al fascismo. Cura inoltre il lunario per il 1961 dedicato alla Comune. Dall’estate le Edizioni Avanti! si sono trasferite in una palazzina di due piani in via Sansovino 13, che finalmente permette una sistemazione meno provvisoria al corpo redazionale e amministrativo. Al pianterreno si trasferisce poi la sede dell’Istituto Rodolfo Morandi, punto d’appoggio di Quaderni rossi, di cui l’anno successivo le Edizioni cominceranno a pubblicare la rivista.

 

1961

Viene aperta la collana Universale ragazzi, affidata a Mario Lodi, che proprio attraverso le Edizioni Avanti! farà conoscere tra il 1961 e il 1963 le sue all’epoca provocatorie esperienze didattiche. Con Giuseppe Scalarini si apre anche la nuova collana Il disegno politico, che rientra nel progetto di Bosio di riproporre alcune basilari esperienze della iconografia e della propaganda elementare socialista. Esce pure in disco un “Messaggio” di Pietro Nenni (I Dischi del Sole, DS 1). Assieme alla Sezione stampa e propaganda del Psi, escono due cartelle dal titolo “I proletari”, con riproduzioni riguardanti la storia del movimento operaio, curate da Bosio stesso, così come l’Almanacco socialista 1961, uscito in febbraio. In agosto Bosio effettua la sua prima ricerca sul campo con il magnetofono, registrando canti anarchici a Carrara. In settembre esce il primo numero di «Quaderni rossi» e in dicembre, curato da Bosio e con una sua introduzione, viene pubblicato Da Garibaldi al socialismo. Memorie e cronache per gli anni dal 1858 al 1890 di Luigi Musini.

 

1962

Inizia una produzione non sporadica di dischi di canto sociale (33 giri 17 cm). Escono inoltre le Cronache dei «Quaderni rossi» 1 e, in occasione della crisi originata in ottobre dai missili sovietici a Cuba, esce in dicembre il primo dei “Fogli volanti”. Il Psi è ormai vicino all’area di governo e Bosio non rinnova più la tessera. In febbraio esce il suo Giornale di un organizzatore di cultura (27 giugno 1955 – 27 dicembre 1955), la cui introduzione è datata «Poveromo, 12 agosto 1961». Sul numero di aprile-giugno di «Movimento operaio e socialista» pubblica La «Belle époque» di Acquanegra sul Chiese, un capitolo del suo Il trattore ad Acquanegra, con una nota di metodo sull’importanza delle fonti orali per le ricostruzioni storiche. Per quella ricerca su Acquanegra, iniziata nel 1960, ha cominciato da qualche anno a raccogliere testimonianze orali appuntate e poi elaborate; poi dall’aprile del 1962 – e per tutto il corso della sua vita – userà il magnetofono, raccogliendo moltissimi documenti sonori riguardanti non solo Acquanegra ma tutto il Cremonese e Mantovano. Per l’Almanacco socialista 1962 cura la pubblicazione di Poliorama pittoresco di Napoli (Descrizioni e immagini dell’Industria Meridionale prima del 1840 nelle relazioni giornalistiche del “Poliorama pittoresco” di Napoli (1836)». Sua è anche la cura di una Bibliografia essenziale dei canti sociali italiani, stesa per agevolare il lavoro di razionalizzazione del canto sociale italiano avviato insieme a Roberto Leydi (che dirige «il nuovo Canzoniere italiano», pubblicato dalle Edizioni e di cui in luglio esce il primo numero). E ancora sua è la nota introduttiva e la cura a Resoconto stenografico del XVII Congresso Nazionale del Partito Socialista Italiano, Livorno, 15-20 gennaio, con l’aggiunta dei documenti sulla fondazione del Partito Comunista d’Italia. In autunno le Edizioni Avanti si trasformano in Società per Azioni, con presidente Giovanni Pirelli e consigliere delegato Bosio stesso, rafforzando il proprio organico. Bosio collabora in quel periodo anche al giornale «La classe», organo di base per la lotta operaia diretto da Luciano Della Mea, di cui peraltro uscirà un solo numero, il cui programma pone l’accento sulla «necessità della ricostruzione di una forza politica di classe, nella classe stessa e nelle sue organizzazioni». Nella ricorrenza del 70° della fondazione del Psi, assieme a Franco Magnani e per conto della direzione del Partito, cura la mostra Socialismo Avanti!, formata da 21 tavole, adatte a vestire le pareti nude delle Sezioni. La mostra è sottesa dal punto di vista della corrente bassiana, che tra il ’59 e il ’63 non aderisce alla politica di centro-sinistra ma non rifiuta pregiudizialmente le esperienze politiche da esso nascenti. Si è intanto reimpegnato anche nella politica al suo paese e nel novembre-dicembre costituisce una Comune di Acquanegra sul Chiese e redige il ciclostilato «La Comune di Acquanegra sul Chiese. Bollettino non periodico per la raccolta dei verbali e degli atti della Comune».

 

1963

Vengono aperte le nuove collane I dossiers, su esperienze del movimento operaio internazionale o dibattiti importanti in seno a esso, e I poeti del Gallo, mentre il numero tre di «Quaderni rossi» sarà l’ultimo pubblicato presso le Edizioni, preferendo affidarsi Raniero Panzieri e Giovanni Pirelli alle ben diverse potenzialità distributive de La Nuova Italia. Dal 18 al 20 gennaio 1963 si tiene a Firenze il Convegno “Il movimento socialista in Italia. Bilancio storiografico e problemi storici” organizzato da «Mondo operaio. Bosio è relatore il 18 su “Iniziative e correnti nella storia del movimento operaio 1945-1962” (poi pubblicato negli atti del Convegno e ne L’intellettuale rovesciato). Il 22 febbraio presenta alla Casa della Cultura di Milano «il nuovo Canzoniere italiano» (e da questa presentazione trarrà il saggio Alcune osservazioni sul canto sociale). Nella collana “Mondo popolare” esce in novembre il primo volume (destinato a rimanere tale) dei Canti sociali italiani di Roberto Leydi, che molto deve all’apporto di Bosio, che con l’autore ne scrive l’introduzione.

 

1964

Dal 6 marzo al 15 maggio Bosio organizza , assieme a Roberto Leydi, alla Casa della Cultura di Milano, «L’altra Italia». Prima rassegna italiana della canzone popolare e di protesta vecchia e nuova, articolata su otto serate. Poi dal 21 al 29 giugno viene portato da Il Nuovo Canzoniere Italiano lo spettacolo Bella ciao al «Settimo Festival dei due Mondi» di Spoleto e, a seguito di incidenti verificatisi durante le rappresentazioni dopo l’esecuzione della canzone O Gorizia tu sei maledetta in un testo più provocatorio di quello concordato con la direzione del Festival, Bosio viene incriminato – assieme a Roberto Leydi, Filippo Crivelli, Franco Fortini e Michele L. Straniero – per vilipendio dell’esercito. Gli incidenti di Spoleto serviranno a fare conoscere il lavoro de Il Nuovo Canzoniere Italiano e faranno da volano per le vendite de I Dischi del Sole. Durante le ferie effettua le sue prime registrazioni in Sardegna, nella provincia di Sassari e in settembre cura per I Dischi del sole il primo LP prodotto, La Prima Internazionale, il cui inserto d’accompagnamento verrà anche pubblicato dal numero di novembre-dicembre di «Mondo operaio»; sull’argomento cura pure in ottobre un inserto di 32 pagine per «Vie nuove». Scrive inoltre con Roberto Leydi l’editoriale Discussione aperta per il numero 5 de «il nuovo Canzoniere italiano». A scissione socialista ormai consumata, l’anno precedente, considerato che l’attività della Casa editrice, e sia pure con caratteristiche fortemente autonome rispetto alla lotta politica del giorno per giorno, aveva rappresentato un grosso sforzo nella direzione della ricerca e della valorizzazione di un’autonoma tradizione socialista – era stato proposto alla direzione del Psi di assumersi la responsabilità di fare vivere le Edizioni, sollevando chi le reggeva in quel momento (Gianni Bosio, Gioietta Dallò e Giovanni Pirelli) da un incarico ormai diventato anacronistico, in quanto nessuno di loro condivideva più la politica del Psi. La situazione creatasi all’atto della scissione del Partito era paradossale: da un lato vi era la Direzione del Psi che deteneva la maggioranza delle azioni, dall’altra dei consiglieri ormai in disaccordo con la sua politica, che avevano peraltro già da anni sulle spalle l’intera responsabilità della gestione e la maggior parte di quegli impegni finanziari che permettevano alla Casa editrice di proseguire l’attività. Bosio espone così la posizione dei tre consiglieri: «La crisi che, dopo il XX Congresso del Pcus, ha investito il movimento comunista, passa altresì, almeno per l’Italia, attraverso tutto il movimento operaio. L’azione di rinnovamento dall’interno non può che essere vista in questa dimensione. Qualsiasi politica che intenda fare il movimento socialista italiano non può che essere legata all’analisi delle situazioni reali per mezzo degli strumenti ideologici che il marxismo (critico) ci offre e che erano e sono obliterati. Tutto qui, ma non è poco e non è a dire che, tutti, si possa essere d’accordo e/o ci può essere il pericolo che una politica editoriale così impostata rischi di essere gradita o sgradita a tutti; ma essa contribuisce a impedire ai militanti e alle nuove generazioni di scambiare il Fronte, o il Centro sinistra, con il socialismo. Una “zona franca” di elaborazione ideologica all’interno del movimento operaio socialista italiano, estesa a tutto l’arco dello schieramento, aperta alle varie posizioni, che consenta un ampio dibattito, non è solo una delle condizioni del rinnovamento, ma corrisponde alla posizione editoriale più produttiva […]»(23). Rifiutata dal Psi questa funzione della Casa editrice e qualsiasi impegno per la sua sopravvivenza, i tre consiglieri portarono avanti il programma che Bosio aveva preannunciato a Brodolini se da parte del Psi non vi fosse stato un impegno per far vivere le Edizioni: «…perseguire il disegno che era del resto implicito in tutta la impostazione delle Edizioni Avanti!, di farne una casa editrice di classe, fuori dai partiti, non legata maggioritariamente ad essi ed agli organismi economici e sindacali di classe, distribuendo di conseguenza il nuovo pacchetto di maggioranza»(24). L’aumento di capitale – portato da 2.100.000 a 12.229.500 lire, con salda maggioranza in mano al gruppo dirigente delle Edizioni – viene però impugnato dal Psi, ma Pietro Nenni – che di Bosio aveva molta stima – scrive subito di volere una soluzione amichevole, trovata con il mutamento di nome della Casa editrice in Edizioni del Gallo, ciò che viene annunciato con un comunicato del 23 dicembre.

 

1965

Escono i primi quarantacinque giri e si cominciano a produrre gli Strumenti di lavoro, collana di ciclostilati tirati dalle 200 alle 350 copie. Ne esce un primo in marzo, nella serie Archivi del mondo popolare, ne escono altri tre in ottobre nella serie Archivi del movimento operaio, curata da Bosio. Viene ampliato il Consiglio di amministrazione delle Edizioni, con l’ingresso di Lelio Basso, Roberto Cerati, Roberto Leydi e deciso un aumento del Capitale Sociale sino a 48 milioni, con una salda maggioranza di 28 milioni in mano al gruppo che dirige le Edizioni, garanzia per potere condurre senza ipoteche di partiti la redistribuzione del pacchetto azionario di minoranza, come si spera, tra Psiup, Pci, Psi e Cgil. Bosio pensa infatti che le Edizioni possano divenire una sorta di “zona franca” di dialogo tra le organizzazioni di sinistra. In un suo rendiconto del settembre sui primi dodici anni di vita della Casa editrice, durante i quali il finanziamento era stato in ragione di un milione annuale, sopperendo alla deficienza di denaro con l’accumulazione di forza-lavoro, fa il punto sulla produzione: 140 volumi prodotti, per complessive 899.541 copie, 38 numeri di riviste varie per complessive 128.750 copie, 6 Fogli volanti per complessive 7.813 copie, 11 pubblicazioni speciali (lunari, mostre, ecc.) per complessive 435.000 copie, 48 dischi per complessive 240.000 copie. Però la casa editrice ora svolta decisamente in direzione della produzione de I Dischi del Sole e degli Strumenti di lavoro. Fattori di mercato e debolezza dei canali di vendita consigliano infatti la diminuzione della produzione a stampa, poi praticamente cessata nel 1969, dopo che il magazzino (circa il 50% dello stampato era rimasto invenduto) era finito a Remainder’s. Tra il novembre 1964 e il febbraio 1965 Bosio ha intanto scritto I canti della Prima Internazionale in Italia. Prime ricerche e chiarimenti sulle fonti scritte. Lettera aperta a Roberto Leydi, pubblicata in «Movimento operaio e socialista» del gennaio-giugno. In aprile coordina il Canzoniere del lavoro. Cinquanta canzoni per la protesta operaia, uscito come inserto di «Vie nuove» a cura del Gruppo di studi e ricerche del Nuovo Canzoniere Italiano. Poi firma con Leydi «Bella ciao» e i problemi della interpretazione contemporanea delle manifestazioni del mondo popolare, ciclostilato datato «Milano 1° maggio 1965», diffuso in occasione della rappresentazione di Bella ciao al Teatro Odeon di Milano il 3 maggio. Il pezzo, nel quale si teorizza la funzione dello “specifico stilistico” nel lavoro di gruppo, poi principale controversia teorica con Leydi, verrà però ripudiato da Bosio. Subito dopo la fine delle repliche di Bella ciao, Bosio organizza a Modena per il 5 e 6 giugno, nell’ambito del IV Festival nazionale del libro economico, un “laboratorio” sul tema «Comunicazione di massa e comunicazione di classe». In esso tiene una relazione su Le esperienze del N.C.I. in rapporto con le attività di cultura popolare e di massa del movimento operaio, poi rielaborata l’anno successivo per la pubblicazione nel numero 1 della nuova collana «Strumenti di lavoro/archivi delle comunicazioni di massa e di classe». A seguito dell’iniziativa viene pure pubblicato su «Marcatré», n. 16/18, Piàdena, un esempio di organizzazione culturale, con contributi suoi, e di Roberto Leydi, Roberto Pecorini, Mario e Sergio Lodi. In agosto continua le sue ricerche in Sardegna, sempre nella provincia di Sassari. Il 1° settembre 1965 – dopo che Leydi aveva espresso a più riprese le proprie contrarietà per il tipo di regia che Dario Fo prevedeva per Ci ragiono e canto, Nanni Ricordi (allora responsabile delle Edizioni Bella Ciao, produttrice degli spettacoli del Nuovo Canzoniere Italiano) e lo stesso Dario Fo ne chiedono la sostituzione perché si sta occupando di uno spettacolo di canzoni di Milva per il Piccolo Teatro e non della preparazione di Ci ragiono e canto. Bosio si vede allora costretto a sostituire Leydi con Cesare Bermani e Franco Coggiola e a partecipare attivamente lui stesso a tutte le discussioni legate all’allestimento dello spettacolo. Dal 3 al 5 settembre si svolge a Torino il Folk Festival 1, al quale il Nci e Bosio in particolare danno un apporto determinante. Il 4, nell’ambito di quella manifestazione, partecipa al Teatro Gobetti a un Convegno di gruppi di studio e la relazione svolta verrà pubblicata l’anno successivo sul numero 7-8 de «il nuovo Canzoniere italiano» con il titolo di Estensione dei risultati del N.C.I. Note organizzative svolte al convegno dei gruppi di studio promosso dal Folk Festival 1. In ottobre cura per gli Archivi del movimento operaio il secondo e terzo volume dei “Congressi delle Società operaie” (1857-59 e 1960-61), mentre un terzo fascicolo della collana, Il fascismo in Italia, è a cura di Renzo De Felice, da lui sollecitato per una collaborazione stabile alla collana. Sin dalla fine dell’anno precedente Bosio aveva progettato la creazione di un organismo che potesse raccogliere, coordinare e razionalizzare i numerosi materiali raccolti dai ricercatori del gruppo per poterli rimettere correttamente in circolazione in modo da potere essere da stimolo a nuove forme di cultura contemporanea. Ora pensa che l’Istituto possa entrare in funzione con il 1° gennaio 1966 e si impegna nelle discussioni che al proposito investono Il Nuovo Canzoniere Italiano tra ottobre e dicembre. Mentre Bermani è stato incaricato della conservazione dei nastri, Bosio ha intanto formato all’uopo un comitato scientifico provvisorio composto da Roberto Leydi, Alberto Mario Cirese e lui stesso, che si riunisce per la prima volta a Roma il 3-4 dicembre 1965.

 

1966

Nella collana Strumenti di lavoro escono i primi cinque titoli della nuova serie Archivi delle comunicazioni di massa e di classe. Il 9 febbraio presenta le attività della Biblioteca Popolare di Piàdena alla Società di Cultura di Genova, da cui trarrà lo scritto Comunicazioni di classe e cultura di classe, pubblicato l’anno successivo nel suo L’intellettuale rovesciato. Dal 4 marzo all’1 aprile ha luogo a Milano, al Teatro del Popolo dell’Umanitaria, la seconda rassegna de Il Nuovo Canzoniere Italiano “L’altra Italia”, «dedicata alla rappresentazione popolare, con un esempio di elaborazione di base». In essa vengono portati in scena cinque spettacoli e Bosio collabora a uno di essi, Gorizia, ricerca di linguaggio e di dimensioni teatrali, a cura di Paola Boccardo, Virginio Puecher, Tullio Savi. Da questa esperienza nascerà anche il disco, pubblicato nel giugno, Addio padre. La guerra di Belochio, di Palma e di Badoglio, a cura di Paola Boccardo, Gianni Bosio, Tullio Savi. Contemporaneamente si pubblica il suo Notizia su un complesso di lavori per una storia del Partito Socialista Italiano, in appendice a un saggio di Gaetano Arfé, Il Movimento Giovanile Socialista: appunti sul primo periodo (1903-1912), numero 8 degli Archivi del movimento operaio. Con il 1° di luglio entra in funzione l’Istituto Ernesto de Martino, con un ritardo di sei mesi sul previsto per le difficoltà create da Roberto Leydi che – invece di assumere la direzione dell’Istituto, come gli è stato proposto – ha preferito estraniersi dal lavoro di gruppo per i contrasti teorici insorti con Bosio stesso e Il Nuovo canzoniere Italiano (e il 23 settembre darà anche le dimissioni dal Consiglio di amministrazione delle Edizioni del Gallo). Bosio stende una Proposta di regolamento per l’Istituto Ernesto de Martino (Sezione archivi e biblioteca) mentre Alberto Mario Cirese la Premessa allo Statuto. Quell’estate Bosio effettua con altri (Franco Coggiola, Riccardo Schwamenthal, Giorgio Vezzani, Ivan Della Mea, ecc.) più puntate di ricerca su una forma teatrale popolare dell’Appennino tosco-emiliano, il Maggio drammatico, toccando Romanoro (MO), Morsiano (RE) e Costabona (RE). Pubblicherà in dicembre una Scheda della campagna di ricerca ne I Maggi della Bismantova. Estate 1966, numero 6 degli Archivi delle comunicazioni di massa e di classe, dove sono raccolti alcuni copioni. In luglio prende a occuparsi di persona, assieme a Cesare Bermani e a Michele L. Straniero, anche de «Il Nuovo Canzoniere Italiano» e sul numero 7-8 pubblica, oltre che la relazione fatta al Folk festival 1, anche Tullio Pericoli. L’incontro con la realtà urbana, seguita da una trascrizione di una conversazione tra lui e il pittore. Bosio tende infatti a sensibilizzare i ricercatori dell’Istituto alla razionalizzazione della città perché possano operare «il passaggio dalle forme espressive proprie del mondo contadino a quelle del movimento operaio, dalla campagna alla città, dalla cultura contadina alla cultura urbana» e rendere così «omogenea la propria visione di cultura del mondo popolare concepita in sincronia con la realtà contemporanea, cioè come fenomeno contemporaneo», superando «la propria estraniazione dalla presenza nell’aspetto più consistente della realtà di classe oggi vissuta e svolgentesi come momento della presenza della classe operaia nel nostro paese»(25). Per le ferie si reca in Calabria e in Puglia, dove effettua le sue prime ricerche in quelle regioni, registrando nella provincia di Reggio Calabria e in quella di Bari. Da settembre è particolarmente attivo ad Acquanegra dove, su suo suggerimento, si forma la Lega di cultura di Acquanegra sul Chiese, del cui bollettino ciclostilato «La Comune di Acquanegra sul Chiese» usciranno anche con la sua collaborazione 5 numeri tra il 16 ottobre 1966 e il 25 dicembre 1968. Una sua lettera funge tra l’altro da introduzione alla seconda sezione dell’Iside Acquanegrese di Gianluigi Arcari, numero 1 dei “Fascicoli Acquanegresi”. Bosio sarà poi il principale artefice della mostra, curata dalla lega di cultura, Gh’era ’na ’olta. le vicende della Comunità acquanegrese raccontate per immagini e suoni, illustrate da ricostruzioni di ambiente, da strumenti di lavoro, dai prodotti del lavoro, allestita al Teatro Comunale di Acquanegra del 15 al 19 novembre. Il mese precedente ha scritto il suo Elogio del magnetofono. Chiarimento alla descrizione dei materiali su nastro del Fondo Ida Pellegrini, forse il suo saggio più importante riguardante la cultura orale e una chiave di lettura indispensabile ai 655 nastri del suo fondo di registrazioni, che ha chiamato con il nome della madre. L’anno si chiude con difficoltà dovute al pesante deficit finanziario di Ci ragiono e canto e con la proposta da parte di Nanni Ricordi di sciogliere e mettere in liquidazione Il Nuovo Canzoniere Italiano Spettacoli. Sembra però andare in porto l’entrata nel pacchetto azionario di minoranza del Consiglio di amministrazione delle Edizioni del Gallo di Pci e Psiup, che iniziano a versare le quote sottoscritte, sino a 10 milioni ciascuno.

 

1967

Escono i primi 12 dischi 45 giri della collana «Linea Rossa” e i primi due Archivi sonori, collana discografica indirizzata ai più vari aspetti dell’oralità. Un’onerosa sanatoria e la rilevazione da parte della casa editrice dell’intera quota azionaria di Ricordi (che si tenterà di lì a poco di distribuire tra gli aderenti al Nuovo Canzoniere Italiano Spettacoli) aggravano ulteriormente la situazione finanziaria delle Edizioni. In gennaio Bosio dà un contributo determinante alla stesura del Manifesto della Linea Rossa del Nuovo Canzoniere Italiano, che ne sancisce il nuovo orientamento e si occupa, assieme a Michele L. Straniero, del bollettino «Linea rossa». Nei numeri di febbraio e marzo-aprile de «Il calendario del popolo» ha intanto curato degli inserti con un suo saggio su Carlo Cafiero. Il 3 aprile il Pci decide improvvisamente di ritirare i due consiglieri già eletti nel Consiglio di amministrazione delle Edizioni. A giustificazione del fatto, Armando Cossutta scrive a Bosio: «Dopo i vari colloqui avuti non conviene per nessuno che il Partito assuma la veste di “imprenditore” in una attività che pure è, per tanti aspetti, estremamente positiva e valida, quale è quella della Casa Editrice che tu dirigi»(26). Dietro alla lettera c’è pero un retroscena: Dario Fo e Nanni Ricordi sono in quel momento impegnati nel decollo di Nuova Scena e cercano di avere un rapporto privilegiato con Pci e Arci, subentrando in tale ruolo al Nuovo Canzoniere Italiano. Un intervento personale di Nanni Ricordi – allora militante comunista – presso la Direzione del Partito, ha spinto il Pci a chiedere una sorta di controllo sulla produzione culturale della Casa editrice, prima tramite i due consiglieri nel Consiglio di Amministrazione e poi in colloqui di Cossutta con Bosio. Bosio risponde a Cossutta il 18 aprile: «Sono anch’io del parere che non sia conveniente per nessuno che il Pci entri nelle Edizioni del Gallo come “imprenditore”, cioè se ho ben capito, come un azionista che deve adeguarsi ai “giuochi” di fittizie maggioranze. Per la verità la composizione del capitale sociale, all’interno degli organismi di classe (Pci e Psiup che ha sottoscritto la sua quota) e con la partecipazione di compagni, dava la possibilità di creare finalmente un organismo veramente unitario (unità dialettica) anche se si adoperavano (per costrizione legale) forme di partecipazione borghese. (In un organismo siffatto ognuna delle forze che vi avesse partecipato poteva liberamente esprimere, sostenere e realizzare una sua politica nel contesto di esigenze diverse e non divergenti. Dai colloqui che ho avuto e dalla tua lettera questa formula, che era stata alla base delle nostre trattative, viene ora, dopo la vostra formale e concreta sottoscrizione, considerata come non adatta. Come già ebbi ad accennare a Quercioli e a Cané, se la vostra esigenza è ora diversa e, se ho ben capito, è la seguente: abbiamo bisogno che la casa esprima tutta la politica del Pci – perché non fate questa precisa richiesta e non chiedete di trattare su questa base? Non posso infatti credere che l’uso del termine “imprenditore” sia un espediente per evitare di dichiarare (con ritardo per la verità) un disinteresse che si trasformerebbe in un danno per tutti. Se così fosse il mio personale punto di vista sarebbe questo: se dopo anni di lotta per sottrarre alla socialdemocrazia questo complesso di attività, oggi, a differenza di quanto previsto e concordato, esse non possono trovare lo sbocco naturale per le quali erano state concepite, che senso ha continuare? Tanto varrebbe chiuderle, perché non possiamo contraddire noi stessi, i programmi e le finalità, e trasformare in senso privatistico delle attività concepite per il movimento operaio. Questo atteggiamento è condiviso sia da Pirelli, sia da Dallò: e ti prego di meditare queste considerazioni prima di arrivare a una decisione negativa che porterebbe logicamente alla liquidazione (storico-politica e di fatto) del complesso di queste attività»(27). Il Pci non muterà posizione e quindi non verserà il già pattuito aumento di capitale approfondendo a livelli quasi insostenibili la crisi economica e politica delle Edizioni. Il fallimento dell’operazione di trasformare le Edizioni in una zona franca per le organizzazioni del movimento operaio, il contemporaneo decollo di Nuova Scena e la concomitante emarginazione del Nuovo Canzoniere Italiano dal circuito Arci facevano commentare a Bosio: «Secondo me l’Arci ha prestato il suo circuito a un organismo che sostituisse il Nuovo Canzoniere Italiano per dare modo alla contestazione interna dei partiti di trovare un alibi: Nuova Scena. Con nuova scena ancora una volta la cultura avviene nella testa di un intellettuale, che la filtra attraverso i modi popolari. Il Nuovo Canzoniere Italiano tendeva invece a sopprimere la mediazione dell’intellettuale tradizionale e caso mai a servirsene semplicemente per dare una forma compiuta a una cultura che era in atto, in quanto in atto è il movimento di classe che lotta»(28). Quindi in quel periodo – mentre anche la Finanza si accampava nei locali della Case Editrice per un mese – Bosio era costretto a riflettere su come ci si potesse e dovesse muovere «in una situazione che vedeva andare in direzioni diverse la logica della classe rispetto alla logica di potenza che gli stessi partiti della classe perseguivano». Lo faceva il 25-26 maggio in una Lettera a Giuseppe Morandi, poi posta a introduzione del suo L’intellettuale rovesciato, pubblicato dalla Lega di Cultura di Piàdena come «Quaderno 3» alla fine di quel mese e in novembre nel numero 7 degli Archivi delle comunicazioni di massa e di classe. Alla fine di aprile si era intanto sposato civilmente a Milano con Clara Longhini. Pochi giorni prima, il 17, anche per sua spinta si era formata una seconda Lega di cultura, quella di Piàdena. Sua speranza – delusa, perché il movimento non ebbe una sufficiente espansione – era che si potesse giungere alla creazione di una federazione di leghe di cultura, concepite come strumenti per «dare posto, modo e coscienza al mondo “altro”, al mondo diverso da quello ufficiale», come «canali al servizio del proletariato perché esso proletariato ritrovi volto e presenza; debbono servire a legare la situazione di base con la sua azione politica»(29). In maggio, cura con Franco Coggiola i due dischi della collana Archivi sonori su La rappresentazione popolare. I Maggi della Bismantova. Per il fascicolo accluso ai due dischi – i pacchi che li contenevano, inviati da una multigrafia romana, verranno smarriti dalla posta e non verranno più ristampati – scrive Gli Archivi sonori. Dal 9 al 13 giugno ha luogo al Teatro dell’Umanitaria di Milano la terza rassegna L’Altra Italia dedicata «alla cultura del mondo popolare e proletario nelle proposte dei gruppi locali e alla musica contemporanea nelle proposte di Giorgio Gaslini, Giacomo Manzoni, Bruno Maderna e Luigi Nono”, voluta e organizzata da lui. Nelle ferie continua le sue ricerche in Calabria, registrando in provincia di Cosenza, ed effettua le sue prime ricerche anche in Basilicata, registrando nelle province di Potenza e Matera. In agosto scrive la presentazione della mostra piadenese Cavallo ciao. Rassegna fotografica sui mestieri che sopravvivono, a cura delle Sezioni Pci e Psiup e della lega di Cultura di Piàdena. In settembre la Nota provvisoria sulle canzoni di risaia del repertorio di Giovanna Daffini, in occasione dello spettacolo della Daffini Sciur Padrun, tenutosi al Teatro Gerolamo di Milano dal 18 al 28 settembre. Ha intanto preparato un catalogo di antiquariato librario per Renzo Aristolao, collaboratore delle Edizioni, in difficoltà economiche (L’Aristolao. Catalogo dedicato alle scienze dell’uomo, che esce ad Albino quel mese). Continua pure il suo rapporto con le Lega di Acquanegra ed è il principale artefice dell’allestimento della mostra A.s.C./67. Immagini e forme derivate dal lavoro manuale. Rassegna organizzata dalla lega Culturale di Acquanegra sul Chiese in occasione della Sagra 1967. Sul numero del 15 ottobre de «La Comune di Acquanegra sul Chiese» appare La tradizione nella rivoluzione, da lui dettato a Gianluigi Arcari. Di lui, sul medesimo numero, appaiono anche Bertos: uomo sapiente e Dal trattore al cavallo, inizio del quarto capitolo del suo Il trattore ad Acquanegra. Il 2 dicembre – per problemi di linea politica e problemi legati alla gestione interna dell’organizzazione – numerosi componenti del Nuovo Canzoniere Italiano lasciano il gruppo, ridottosi a pochi elementi.

 

1968

In febbraio cura e introduce La rivoluzione per la rivoluzione di Carlo Cafiero (Archivi del movimento operaio 12), in giugno il disco I giorni cantati. Ricerche, riproposte, verifiche del Gruppo Padano di Piàdena. Come prolungamento di quel lavoro prevede un fascicolo di accompagnamento, che uscirà nel maggio successivo e un ampio saggio sulla razionalizzazione della canzone Le carrozze son già preparate, che non riuscirà a portare a termine. In luglio cura I Congressi delle Società Operaie 1853-1856 (Archivi del movimento operaio 1). Nel lavoro di ricerca dell’Istituto l’indirizzo che imprime in quel momento è teso alla documentazione degli avvenimenti in corso. Invierà Franco Coggiola con il registratore a Parigi durante il “maggio francese” e indirizzerà i ricercatori verso la fissazione di occupazioni di fabbrica o scontri di piazza. Nel giugno – su sua proposta – ha intanto preso avvio la quarta rassegna de L’Altra Italia dedicata «all’analisi e all’uso della cultura del mondo popolare e proletario organizzata per Seminari di studio dal giugno 1968 al giugno 1969 in tempi e luoghi diversi». Tutto ciò rientra nella svolta da lui perorata in direzione di una “ricerca urbana” che possa capire «la dinamica della città capitalistica». Come dirà più volte in quegli anni, pensa che l’esperienza del Nuovo Canzoniere Italiano sia ormai da lasciare alle spalle eE lo ribadirà in modo particolarmente pregnante due anni dopo: «A questo punto Il Nuovo Canzoniere muore perché il modo per attaccare la città capitalistica non è quello di creare nuove canzoni. Contessa ha avuto la sua funzione. Ma ora si tratta di sostituire all’intervento puramente sovrastrutturale delle canzoni, quello che è l’intervento politico in città; cioè se noi riusciamo a capire qual è la dinamica della città capitalistica e qual è la funzione che è propria della classe operaia, e il modo come essa può muoversi e picchiare, non è cosa da poco»(30). Il 14 giugno ad Alessandria, dove è stata da tempo avviata una ricerca sul campo, interviene più volte nella discussione sugli avvenimenti politici in corso. Nell’estate conduce ricerche in Puglia, nella provincia di Lecce, e l’11 agosto scrive la prima parte di Suoni grida canti e funzioni di lavoro. In ottobre esce sul numero 4 di «La Comune di Acquanegra sul Chiese» la trascrizione di una delle sue registrazioni (Li bale vere del «Conte»). Nel mese successivo – curato da lui e Bermani – esce il n. 9-10 de “il nuovo Canzoniere italiano”. In dicembre, sul numero 5 de «La Comune di Acquanegra sul Chiese» collabora con Silvio Uggeri alla stesura di Riunione del Consorzio Irriguo Vaso Seriola.

 

1969

In marzo esce il primo volume (destinato a restare unico) Il Nigra cantato, a cura di Franco Coggiola ma a cui Bosio dà un apporto determinante e a cui si deve la presentazione, uscita con il fascicolo nel corso dell’estate. In giugno continua le proprie ricerche sulla Sardegna in provincia di Nuoro e pubblica su «Il Labriola» la trascrizione di una sua intervista con Giulio Trevisani (Ricordo di Giulio Trevisani). Il 12 luglio 1969 tiene una relazione sull’attività dell’Istituto Ernesto de Martino, Uomo folklorico/uomo storico, e nell’estate continua le proprie ricerche sul Sud del paese, in Sicilia, registrando nelle province di Catania, Agrigento, Siracusa e Messina. Scrive in agosto gli appunti Fonti orali e storiografia, dove propone e descrive nelle sue linee essenziali il modello di «storia globale delle classi lavoratrici» cui è approdato alla fine della sua lunga ricerca per mettere a punto una metodologia materialistico-storica. È un modello metodologico che presuppone ricerche sul campo e ricerche d’archivio, uso delle fonti orali e uso delle fonti scritte e che è, al contempo, un progetto di organizzazione degli studi. Pubblica anche L’epoca delle «canelade», capitolo de Il trattore ad Acquanegra, cui ha continuato a lavorare saltuariamente dal 1962.

 

1970

In gennaio cura il disco Pia Carena Leonetti. Una donna all’Ordine Nuovo e in aprile l’Archivio sonoro I fatti di Milano, riguardante la manifestazione al Lirico in cui trovò la morte l’agente Annarumma. L’11 marzo è intanto avvenuta la prima dello spettacolo La grande paura. Settembre 1920. L’occupazione delle fabbriche, con allestimento testo e interpretazione del Collettivo Universitario Teatrale di Parma, ma su materiale raccolto da Bosio, Bermani e Coggiola. Lo spettacolo gli permetterà di rilanciare l’attività teatrale del Nuovo Canzoniere Italiano nel circuito Arci. Il mese successivo pubblica da Samonà e Savelli, con il titolo Rivoluzione per la rivoluzione, il volume di Carlo Cafiero curato due anni prima per gli “Archivi del movimento operaio”, ora con traduzione dei testi editi in francese e con uno scritto di Angelo Tasca. In maggio scrive la presentazione della nuova collana di dischi “Gli uomini, le opere e i giorni” e l’11 giugno lo Statino della Brianza, appunti sullo stato delle fonti e delle ricerche sulla civiltà popolare della Brianza stesi per una conversazione con il Gruppo del Canzoniere Popolare della Brianza, formatosi a Sesto San Giovanni all’inizio dell’anno precedente. Durante le ferie riprende le proprie ricerche in Sardegna, registrando nella provincia di Cagliari. In settembre escono a cura sua i due volumi dei Documenti orali nei primi centonovantasei nastri del Fondo Ida Pellegrini (descrizioni e trascrizioni per gli anni 1960-1966), che inaugurano gli Archivi dell’Istituto Ernesto de Martino, nuova serie della collana Strumenti di lavoro. Poi, sul finire del mese, si reca a Chianciano per presentare il volume L’Altra cultura di Bermani, numero 14 degli Archivi delle comunicazioni di massa e di classe, uno dei tre libri scelti per il premio Chianciano. Tiene la relazione il 26 e in quei giorni effettua con Bermani delle ricerche sul mondo magico della zona. Il mese successivo pubblica su un numero speciale de «Il Ponte» L’occupazione delle fabbriche e i gruppi dirigenti e dei pressione del movimento operaio. Siccome perdura la crisi delle Edizioni ed esse non sono in grado di accollarsi rischi editoriali, ha intanto combinato con la Sapere edizioni l’uscita della seconda serie de “il nuovo Canzoniere italiano”, incaricando Bermani di dirigerlo. Il 23 settembre scrive per la rivista l’editoriale Dalla canzone popolare alla drammaturgia popolare e operaia di classe. E, sul finire dell’anno pubblica con Samonà e Savelli il volume La Grande paura. Settembre 1920. L’occupazione delle fabbriche nei verbali inediti delle riunioni degli Stati generali del movimento operaio.

 

1971

Nei primi mesi Bosio si impegna particolarmente nella realizzazione dei due volumi Italia – Le stagioni degli anni ’70, curato da Sandro Portelli, e nella messa a punto dello spettacolo Il bosco degli alberi. La storia d’Italia nel giudizio delle classi popolari, che cura assieme a Franco Coggiola, la cui prima rappresentazione avviene alla Camera del lavoro di Piacenza il 15 maggio. Sta intanto lavorando a un numero de «il nuovo Canzoniere italiano» sul teatro popolare e politico che dovrebbe uscire anch’esso curato da lui e ha consegnato alla Samonà e Savelli le bozze definitive della nuova edizione degli Scritti italiani di Marx ed Engels, che uscirà poi l’anno successivo. Nell’estate continua le sue ricerche al Sud, in Campania, registrando nelle province di Napoli, Benevento e Salerno; lavora pure a Il trattore ad Acquanegra, concepito anche come suo contributo all’attività delle Leghe, con l’intenzione di concluderlo. Muore però all’ospedale di Mantova il 21 agosto, in seguito a due interventi chirurgici susseguenti a una peritonite fibrino-purulenta. Al funerale, cui manca il cordoglio ufficiale di partiti e sindacati, la bara sarà ricoperta da un drappo rosso spoglio di simboli. Sulla sua tomba, al cimitero di Acquanegra sul Chiese si può leggere questa frase dal suo Giornale di un organizzatore di cultura: «La classe operaia opera, costruisce, si organizza, pensa e si esprime in maniera propria e la storia dei suoi atti interni, delle sue organizzazioni, delle sue manifestazioni, è materia di ricerca e di analisi, è argomento appunto di storia, ma di una storia viva e che fa vivere e quasi valica i confini per diventare politica, cioè linfa per nuova storia»(31).

 

Opere pubblicate postume

  • «Il nuovo Canzoniere italiano». Dalla rappresentazione popolare al teatro politico. Milano, Sapere edizioni – Edizioni del Gallo, dicembre 1972 [lavoro portato a termine da Cesare Bermani].
  • L’intellettuale rovesciato. Interventi e ricerche sulla emergenza d’interesse verso le forme di espressione e di organizzazione «spontanee» nel mondo popolare e proletario (gennaio 1963-agosto 1971), [a cura di Cesare Bermani e Clara Longhini Bosio]. Milano, Edizioni Bella Ciao, novembre 1975.
  • Il trattore ad Acquanegra. Piccola e grande storia in una comunità contadina, a cura di Cesare Bermani.Bari, De Donato, settembre 1981 (opera rimasta incompiuta).
  • Scritti del 1942 al 1948. Da «Noi giovani» a «Quarto Stato», a cura di Cesare Bermani. Mantova – Gianluigi Arcari editore Piàdena- Lega di Cultura, ottobre 1981.
  • Le Edizioni Avanti! si rendono autonome dal Psi. Sottotitolo: Il carteggio tra Gianni Bosio e la Direzione del Partito (16 settembre 1964-8 settembre 1965). In Bosio oggi: rilettura di una esperienza, a cura di Cesare Bermani. Mantova, Provincia di Mantova – Casa del Mantegna – Biblioteca archivio – Istituto Ernesto de Martino, dicembre 1986 (Titolo e sottotitolo sono del curatore del volume. Da una stesura definitiva, già ciclostilata, curata direttamente da Gianni Bosio).
  • Panorama consuntivo dell’attività editoriale delle Edizioni Avanti! Dal documento, conservato nell’archivio di Roberto Leydi, Edizioni del Gallo s.p.a. (Note di bilancio ’64-’65 – Assemblea del 27 settembre 1965). Pubblicato in Bosio oggi: rilettura di una esperienza, cit.
  • Le Edizioni del Gallo: strumento di rinnovamento della politica di classe. Pubblicato in Bosio oggi: rilettura di una esperienza, cit.Lettera a Raniero Panzieri non datata ma dell’estate 1953. In Raniero Panzieri, Lettere 1940-1964, a cura di Stefano Merli e Lucia Dotti. Venezia, Marsilio, giugno 1987.
  • L’autonomia del canto sociale. Conversazione tra Gianni Bosio e Roberto Leydi. Milano, novembre 1963. In «Il de Martino», Bollettino dell’Istituto Ernesto de Martino per la conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario. Milano, n. 1, novembre 1992 , pp. 39-43.
  • Testo per il commiato da «Movimento operaio», non datato ma dell’estate 1953. In Silvio Uggeri, Contributo alla bibliografia di Gianni Bosio. Acquanegra sul Chiese, Archivio di Spartaco – Persico Dosimo, Archivio del Movimento Operaio e Contadino, 1995. pp. 3-4.

 

Note

  1. Testimonianza orale, reg. di C. Bermani, Milano, 11 agosto 1981.
  2. Testimonianza orale, reg. di C. Bermani, Milano, 10 luglio 1973.
  3. Gianni Bosio, Giornale di un organizzatore di cultura (27 giugno 1955 – 27 dicembre 1955). Milano, edizioni Avanti!, 1962, p. 24.
  4. Ibidem.
  5. Testimonianza orale, reg. di C. Bermani, Bergamo, 19 aprile 1981.
  6. Testimonianza orale, appunti di C. Bermani, Milano, 12 marzo 1981.
  7. Testimonianza orale, appunti di C. Bermani, Bergamo, 19 aprile 1981.
  8. Testimonianza orale, appunti di C. Bermani, Bergamo, 23 dicembre 1976.
  9. Gianni Bosio, Giornale di un organizzatore di cultura ecc., cit., p. 24.
  10. Gianni Bosio, Il trattore ad Acquanegra. Piccola e grande storia in una comunità contadina, a cura di Cesare Bermani.Bari, De Donato, settembre 1981, p. 258.
  11. Gruppo di Acquanegra, Relazione ecc., cit., p. 275.
  12. Evviva la vittoria del proletariato russo in «Terra nostra», 19 novembre.
  13. Gianni Bosio, Giornale di un organizzatore di cultura ecc., cit., p. 27.
  14. Ibidem, p. 96.
  15. Si veda in questo volume a p. 33.
  16. Si legga in proposito tutta quanta la difesa di «Movimento operaio», da cui traggo le citazioni che seguono, in Gianni Bosio, Giornale di un organizzatore di cultura ecc., cit., p. 89-106.
  17. Conservata nel Fondo Gianni Bosio, Mantova, fascicolo 333.
  18. Gianni Bosio, Giornale di un organizzatore di cultura ecc., cit., p. 81.
  19. Ibidem, p. 157.
  20. Si veda in copertina a Renato Marsilio, I fasci siciliani. Milano-Roma, Edizioni Avanti!, 1954.
  21. Vedi Gianni Bosio, Giornale di un organizzatore di cultura ecc., cit., p. 98. Il volume ingloba infatti gli appunti pubblicati su «Il Protagora».
  22. Testimonianza orale, reg. di C. Bermani, Milano, 22 ottobre 1974.
  23. Lettera di Gianni Bosio a Dino Gentili, Milano, 4 giugno 1963 in Bosio oggi: rilettura di una esperienza, a cura di Cesare Bermani. Mantova, Provincia di Mantova – Casa del Mantegna – Biblioteca archivio – Istituto Ernesto de Martino, dicembre 1986, pp. 237-238.
  24. Lettera di Gianni Bosio a Giacomo Brodolini, Milano, 16 settembre 1964 in Bosio oggi ecc.. cit., p. 230.
  25. Si veda in questo volume a p. 267.
  26. Lettera di Armando Cossutta a Gianni Bosio, Roma 3 aprile 1967, conservata nel Fondo Edizioni del Gallo presso l’Istituto Ernesto de Martino.
  27. Lettera di Gianni Bosio alla direzione del Pci, Milano, 18 aprile 1967, conservata nel Fondo Edizioni del Gallo presso l’Istituto Ernesto de Martino.
  28. Testimonianza orale, reg. di C. Bermani, Milano,14 aprile 1970.
  29. Si veda in questo volume alle pp. 170-171.
  30. Testimonianza orale, reg. di C. Bermani, Milano,14 aprile 1970, cit.
  31. Gianni Bosio, Giornale di un organizzatore di cultura ecc., cit., p. 105.