Sapore intenso e meraviglia per il mare forse più bello d’Italia. Questo è Ponza. Un’isola vera, dove l’atmosfera isolana si respira in ogni suo metro quadrato e ispira chiunque vi passi del tempo, fino a modificarne i comportamenti sociali che tiene abitualmente in città. I ritmi si abbassano, l’esuberanza si spegne (a parte qualche caso che fa anche cronaca, relativo a orde di ragazzi giovanissimi che ogni tanto perdono le staffe, come capita ovunque nel mondo peraltro), persone di ogni genere passeggiano per i vicoli e affollano bar e ristoranti che hanno tutti un affaccio da cartolina, in un posto che non è mai stato contaminato da una presenza commerciale che ne abbia cambiato il Dna.

Quando arrivi sull’isola resti subito affascinato dai colori delle case sul porto. Un quadretto che gli smartphones dei turisti, siano essi italiani o stranieri, non mancano di ritrarre. A terra si respira subito l’atmosfera dell’isola che cambia pelle rispetto ai periodi fuori stagione, ma che non mette l’abito buono per l’occasione: resta semplicemente sé stessa, con i suoi abitanti che -grandi marinai e altrettanto grandi pescatori, nonché dispensatori di aneddoti che riguardano chiunque- intrattengono rapporti decennali con i visitatori abituali come fossero di famiglia. I taxi schierati sulla banchina, pronti a partire per girare l’isola percorrendo strade strette e cosi suggestive, che offrono scorci incantevoli, via vai di noleggiatori di scooter e gommoni sui pontili, equipaggi di barche che approntano i mezzi per l’uscita della giornata, quando le barche si dividono tra Arco Naturale, Core, Bagnovecchio, Lucia Rosa, se restano a Ponza, e Palmarola se puntano l’obiettivo grosso.

Perché parlare di Ponza è impossibile senza includervi Palmarola. Che, disabitata e selvaggia com’è, rappresenta un’appendice di lusso per Ponza. Poche decine di minuti di navigazione e sei a ridosso di quest’isolotto scoglio bellissimo, e colorato di un’acqua turchese meravigliosa e trasparente come se qualcuno vi avesse sversato dell’acqua minerale sullo sfondo, ora sabbioso ora di scoglio.

Come ogni posto di vacanza, anche Ponza enumera alcuni suoi miti a terra. Al mattino, c’è coda da Gildo per il suo caffè e i suoi dolci, caprese al limone anzitutto. Il bar viene saccheggiato dagli equipaggi delle barche che sono attraccate al porto di sotto, e che fanno cambusa per la giornata da passare a largo. Stessa scena che si osserva nei numerosissimi alimentari, forni e pescherie che si susseguono l’uno dopo l’altro sul lungoporto. Tutti presi d’assalto.

A Ponza la parte del leone la fa il mare, l’isola non ammette che non si abbia un natante (ci sono solo 3 spiagge, peraltro non di sabbia, in tutta l’isola) e quindi la giornata è lunga. Rush hour in uscita dal porto tra le 10 e le 11, traffico di rientro tra le 18 e le 19.

A fine giornata, ridiscesi a terra, ancora con su il costume salato, impossibile non fare una sosta al Bar Tripoli, gestito da Vincenzo dopo essere stato di suo padre e di suo nonno, punto di riferimento sorridente e sornione per chiunque sbarchi sull’isola. Grandi drink a prezzi contenuti, una squadra di ragazzi tutti del posto e alacrissimi (che quasi vomitano appena qualcuno gli parla del reddito di cittadinanza) e la posizione strategica, ne hanno fatto un vero e proprio place to be. I suoi tavolini sono ambitissimi. A tal punto che i bar adiacenti vivono dei ‘rimbalzi’ del Tripoli stesso: chi non trova posto da Vincenzo, si siede ai bar accanto, e si gode lo struscio che ha come epicentro, sia all’aperitivo, che dopo cena, proprio il bar Tripoli. È su quei tavolini che si intrecciano storie assai diverse tra persone assai diverse, locali e turisti, ceto popolare e benestante; tutto si fonde con naturalezza, e ha Ponza come fattor comune.

Come se fosse un club di amanti di un posto dove ogni giornata in mare è da raccontare, dove ci si meraviglia anche se ci si viene da vent’anni, dove si benedice di avere flip flap o espadrillas ai piedi e di poter dimenticare le formalità della città, e dove si programma dove cenare qualche minuto dopo, dividendosi tra la celeberrima Acquapazza, meta dei tantissimi Vip che ogni anno passano a Ponza, e i tanti outsider che alla stessa Acquapazza cercano da anni di fare concorrenza alzando il livello della loro cucina e delle proprie location, cosa che ha fruttato un grande salto di qualità nell’offerta della cucina ponzese: ormai si mangia bene quasi ovunque, e ci sono ristoranti per tutte le tasche, dal più economico a quello più caro. Chi vuole atmosfera sceglie di andare in taxi o motorino (costo medio dell’affitto di uno scooter, 60 euro al giorno) al Tramonto che vede Palmarola, di raggiungere Aniello a Cala Feola e mangiare a bordo acqua, o di imbarcarsi dal porto sul barchino che fa la spola con la spiaggia del Frontone, di fronte al porto, dove si può mangiare da Enzo, con i piedi nella sabbia e avere l’impressione di fuggire ancor di più dalla propria quotidianità. Un tempo peraltro il Frontone era uno dei luoghi dopo mare più divertenti e iconici di tutta Italia: dalle 19 alle 22 la spiaggia diventava una sorta di discoteca a cielo aperto, con tutte le barche che a fine giornata si schieravano a pochi metri dalla spiaggia, chi senza scendere per ascoltare la musica che i deejay mettevano, chi per osservare la moltitudine di persone divertirsi, chi per prendere parte attivamente alla serata, prima di tornare a nuoto alla propria barca o gommone che fosse e fare rotta sulla terra ferma.

Poi è arrivata la stagione della tolleranza zero verso il divertimento, problema non solo ponzese ma direi italiano, e il Frontone è rimasto un bel posto dove si trascorre una giornata a terra, in spiaggia, se si hanno bambini piccoli poco compatibili con la giornata in barca che obbliga a una continua esposizione al sole.
I più giovani, e quelli che meno si arrendono al fatto che ormai invece sono cresciuti, vanno a ballare e bere alle Terrazze, posto suggestivissimo che affaccia a strapiombo sul panorama mozzafiato di Chiaia di Luna, da dove si può anche osservare il tramonto che a Ponza volge la giornata da caldissima, per via del sole cocente che la illumina, a dolce, per via delle temperature fresche che avvolgono la serata anche nei periodi più caldi.
Ponza è sempre stato un feudo romano. Da Roma si va lì per il week end, e dal Circeo, altro feudo romano, si va lì -rigorosamente in barca o gommone- per fare il bagno e tornare la sera a San Felice. Per il ponte di San Pietro e Paolo del 29 giugno è costantemente in over booking, specie per quel che riguarda i mezzi di trasporto utili a raggiungerla, fino a scatenare le proteste degli albergatori, che vorrebbero più mezzi per portarvi più gente.

Ovviamente, Ponza rappresenta anche una fotografia plastica dell’Italia cui appartiene. È un’isola che con poco potrebbe raccogliere assai di più, e tradurre in atto concreto (quindi posti di lavoro e benessere) le enormi potenzialità che vanta. Primo passo, adeguare i mezzi di collegamento con Roma, e quelli di trasporto con cui si raggiunge. Su Instagram compare in 351mila post, ma i profili che la riguardano sono unofficial e si dividono in tutto più o meno 25 mila followers (pochi); gli hotel sono un po’ decadenti e manca un porto degno di questo nome, quindi moderno e con annessi i relativi servizi, che possano intercettare le grandi barche che fanno rotta verso il sud Italia (Capri, Ischia, Eolie, anzitutto), ingrassando cosi la popolazione locale che potrebbe facilmente allestire attività dedicate alla ricezione di vacanzieri benestanti che con le loro barche potrebbero farvi tappa molto più di quanto non accada oggi e lasciare a terra diversi soldi. Ma come detto, Ponza rappresenta appieno l’Italia: bellissima, pittoresca, piena di sapore, per niente commerciale e scontata, eppure ancora a corto di alcuni servizi, infrastrutture e intrattenimento. Se sarà capace di allestirli, allora correrà come la Ferrari che la natura ha deciso essa sia. Speriamo.