Tra le cinque grandi città italiane al voto, Napoli è quasi quella che spende di più per la gestione dei rifiuti. Verrebbe da pensare a “Napule è ‘na carta sporca” di Pino Daniele come a un periodo buio e oramai lontano dal presente della città. Invece Napoli è ancora una “carta sporca” perché, se è vero che Palazzo San Giacomo spende 223,82 euro pro capite per lo smaltimento dei rifiuti, cioè poco meno di Roma e Torino che ne sborsano rispettivamente 273 e 230, è altrettanto vero che questo sforzo economico non si traduce in una città pulita, con un sistema di gestione dei rifiuti degno della terza città d’Italia. Anzi, Napoli appare perennemente sporca.

A chiudere la classifica stilata da Openpolis ci sono Milano (con 207 euro pro capite) e Bologna (con 206) che spendono di meno ma senza dubbio con più criterio. A Napoli la questione rifiuti è un nodo gordiano che negli anni è stato allentato o stretto ma mai sciolto, fino a far considerare cassonetti stracolmi di sacchetti e spazzatura buttata qui e là come parte dell’arredo urbano. Spendere molto non vuol dire spendere bene e i numeri sulla quantità di rifiuti urbani raccolti lo confermano: nel 2018, a Napoli, sono stati raccolti 581,10 chilogrammi di immondizia per abitante, mentre nello stesso anno ne sono state prodotte addirittura 505mila tonnellate. Senza dimenticare che in Campania si paga la tassa sui rifiuti più alta di tutto il Paese: 421 euro in media all’anno, circa 120 in più rispetto al resto degli italiani, per ricevere un “servizio fantasma”.

E non va meglio quando guardiamo l’andamento della raccolta differenziata. Se Milano e Bologna riescono a differenziare più del 50% dei rifiuti e Torino e Roma più del 40, Napoli riesce non va oltre la soglia del 36, occupando così l’ultimo posto della classifica a grande distanza dai numeri imposti dalla legge, che chiede di differenziare almeno il 65% dei rifiuti prodotti, e dalle promesse del sindaco uscente. Proprio la raccolta differenziata e l’emergenza rifiuti, infatti, furono lo slogan preferito dall’attuale primo cittadino di Napoli Luigi de Magistris che, nella campagna elettorale del 2011, prometteva che la città avrebbe raggiunto in pochi mesi il lusinghiero obiettivo del 70% di raccolta differenziata. Tutto ciò con il contributo offerto dalla costruzione di tre impianti di compostaggio. Ebbene, dopo dieci anni, la realtà è ben lontana dalle aspettative create dal sindaco e dei tre impianti nemmeno l’ombra. La faccenda dei rifiuti pare voler incontrare il destino di Dema fino all’ultimo giorno del suo mandato da sindaco. E così il primo cittadino, che prometteva di liberare Napoli dalla munnezza, è riuscito a liberare solo il lungomare: migliaia di strade e piazze della città sono ancora ostaggio dell’immondizia.

Seppur impegnato a seguire il sogno della presidenza della Calabria e a preparare le valigie per lasciare Palazzo San Giacomo, de Magistris ha trovato il tempo per aiutare Roma, sommersa dai rifiuti. Pochi giorni fa i napoletani il sindaco ha accolto la richiesta di emergenza di Ama, l’azienda che gestisce i rifiuti a Roma, impegnandosi a ricevere 150 tonnellate di immondizia dalla Capitale dal 4 ottobre al 31 dicembre. «Non ci sarà alcuna ricaduta di efficienza nel trattamento dei rifiuti sui nostri territori che hanno ovviamente l’assoluta priorità», ha assicurato Dema che si è subito giustificato spiegando che «accogliere la richiesta di Roma è un atto istituzionale doveroso e giusto per scongiurare una crisi gravissima sui rifiuti».

La decisione di far arrivare altri rifiuti in una città già allo stremo non è piaciuta neanche ai candidati sindaci di Napoli, non proprio entusiasti all’idea di dover cominciare il mandato alla guida di Palazzo San Giacomo con l’ulteriore incombenza legata ai rifiuti provenienti da Roma. Ecco perché gli aspiranti sindaci hanno criticato duramente la decisione di Dema. A questo punto e a pochi giorni dalla presentazione dei programmi per la città – fatta eccezione per Gaetano Manfredi che ha già consegnato il suo documento – tocca agli aspiranti sindaci mettere in campo una proposta seria e concreta per liberare Napoli dai rifiuti e dalla demagogia che l’hanno sfregiata dal 2011 a oggi.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.