In evidenza
Edizioni
Sezioni
Sport
Marittimi
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni
Il colloquio

Sgarbi sul caso Bohème: “Sono stato io a suggerire a Veronesi di bendarsi”

Il sottosegretario Vittorio Sgarbi: “È stata una mia idea. Attaccare ora il direttore d’orchestra per aver diretto la Bohème bendato non è corretto”

Sondra Coggio
2 minuti di lettura

Il gesto di contestazione del maestro Alberto Veronesi che bendato dirige la Bohème

 (ansa)

La Spezia – «L’ho suggerito io, ad Alberto Veronesi, di mettere una benda sugli occhi. È stata una mia idea. Attaccare ora il direttore d’orchestra per aver diretto la Bohème bendato non è corretto. Il suo lavoro l’ha fatto, non ha violato le regole. Non era obbligato a vedere qualcosa che non desiderava guardare. La sua è stata una scelta legittima».

Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi si assume la responsabilità del consiglio dato al maestro, presidente del comitato nazionale per le celebrazioni pucciniane. La forma di protesta ha scatenato un caso. Chi l’ha fischiato. Chi, ora, vorrebbe vederlo estromesso dalle prossime repliche.

«Non è affatto vero che si sia reso ridicolo - dice Sgarbi - Ha semplicemente difeso un suo punto di vista, che è anche il mio. Purtroppo ho saputo tardi di questa impostazione, di come questo regista Christophe Gayral avesse in animo di stravolgere lo spirito pucciniano della Bohème per fare un attacco politico al governo nazionale, sfruttando un incarico di natura artistica. Un uso improprio della regia, una cosa insopportabile. Avessi saputo per tempo, avrei piantato la grana prima».

Sgarbi si era espresso con forza contro l'ambientazione sessantottina dell'opera lirica, al momento della presentazione del Festival Pucciniano. Aveva invitato Veronesi a chiamarsi fuori.

«Gli avevo detto: se anche tu pensi che sia una scelta sbagliata, allora non dirigere questa Bohème. Che roba eh? Cosa c'entra il '68? Non per ragioni estetiche, ma di sostanza. Veronesi condivideva con me. Gli ho detto, allora: se proprio non vuoi fare una protesta importante davanti al mondo, se proprio non vuoi rinunciare a dirigere quello che di fatto è un gesto politico contro il governo, allora mettiti una fascia e copriti gli occhi. E lui l’ha fatto».

In questo modo, afferma, Veronesi «non ha guardato la Bohème di Christophe Gayral ma non ha interrotto un servizio, non ha violato il contratto, e ha rispettato quanto era stato concordato con la Fondazione Pucciniana». Dirigere ad occhi coperti, aggiunge, non è peraltro una cosa facile.

«La musica comunque l’abbiamo dentro - rileva - e la scenografia è solo un modo di renderla più popolare. Le scelte che si fanno in termini di scenografia devono essere estetiche, artistiche. Il regista non si sarebbe dovuto permettere di forzare le cose, di citare presunte “macerie culturali lasciate da Berlusconi”, che col ’68 non c’entra niente, e di orientare la regia contro un presunto governo fascista. Non è questo che si chiede a un regista. Io, che ho fatto il '68, ne ho ereditato la carica libertaria. Queste sono solo scuse, sono solo le balle del regista, che di certo non viene pagato per fare un comizio. È stato un caso di uso e di abuso, quello di Christophe Gayral».

La polemica è iniziata qualche giorno fa.

«Il pubblico rimarrà sorpreso, sì, perché la mia Bohème è una produzione moderna - ha detto il regista - volevo qualcosa che appartenesse al nostro secolo. Mi sono chiesto chi siano i bohémien del 2023, con le quattro caratteristiche fondamentali. Giovane, povero, artista e utopista. Non ne ho trovati. Ci sono utopisti, sì, ma sono ricchi. Non ci sono più bohémien. Per questo ho scelto di ambientare l'opera nel 1968, perché è stata un’epoca di fermento, in cui c’erano ragazzi convinti della ricerca di un mondo migliore. E poco conta se Mimì veste abiti barocchi o una minigonna».

Gli strali di Vittorio Sgarbi non avevano fermato la scelta del Festival Pucciniano, che aveva diffuso sulla sua pagina ufficiale le parole del regista, secondo il quale la sua opera di attualizzazione del capolavoro di Puccini «rispetta storia e personaggi, ma fa riflettere sull’epoca contemporanea, su questo 2023, e su quanto della rivoluzione del ’68 abbia inciso davvero».

Gayral ha spiegato che il senso profondo dell’opera «è la gioia di vivere il presente, il Carpe Diem». Il futuro, aggiunge, contava poco. E rileva che già «nel libretto emergeva una contrapposizione, una differenza fra borghesi e poveri artisti»..

L’ostilità di Sgarbi, che ha parlato di «dissacrazione» e di «deriva criminale di registi che sono convinti di essere geni e sono dei totali incapaci», ha acceso i riflettori su questa prima alla luce delle parole forti del sottosegretario. L’allestimento è stato definito «comunista». Il regista ha definito invece «politico» l’attacco di Sgarbi, rivendicando «la libertà dell’arte». Soprattutto, ha criticato «la censura a priori su uno spettacolo, senza averlo visto».

I commenti dei lettori