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parlano gli esperti: numeri e dati

Coronavirus, non c’è un aumento di cani abbandonati in Italia. Ecco come stanno le cose

Annissa Defilippi
8 minuti di lettura

Genova – La catena condivisa via WhatsApp e Facebook che invita a mandare la foto del proprio cane per denunciare gli abbandoni dovuti al coronavirus è, per il momento, frutto di una notizia che non corrisponde al vero ma che ha fatto leva sul buon cuore delle persone che amano gli animali.

Nel giorno in cui si scrive non c’è alcuna impennata di abbandoni per la covid-19 a livello nazionale.

Il Secolo XIX ha interrogato i responsabili di diversi canili d'Italia e incrociato le risposte anche con i dati messi a disposizione dal centralino di emergenza attivato dalla Lav per verificare quanto diffuso da Aidaa (Associazione Italiana Difesa Animali Ambiente) ovvero un aumento degli abbandoni che sarebbe impressionante rispetto alla media nazionale su anno di questo orribile fenomeno. E dalle nostre verifiche non è emersa alcuna evidenza.  Ma andiamo per gradi, sperando che questo articolo possa essere esaustivo e che diventi un contenuto, questo sì, importante appunto da far girare sui social. 

La challenge #iononticontagio, i pet che non trasmettono la malattia e da cosa nasce quell'aggiunta “non mi abbandonare”
Nei messaggi che girano sui social si promuove negli ultimi giorni una challenge: “Postate una foto del vostro amico peloso e scrivete #iononticontagio, non mi abbandonare". E’ e continua a essere importantissimo condividere e continuare a diffondere il messaggio che i cani non trasmettano il coronavirus, come ha chiaramente spiegato l’Oms e il ministero della Salute, su questo non vi è dubbio. Ma come nasce, invece, la notizia della presunta impennata di abbandoni? Si è diffusa inizialmente a partire da un fatto di cronaca: il caso del cane di Hong Kong e della sua “positività” al coronavirus (altro “tema caldo” che abbiamo spiegato nel dettaglio qui e qui). Poi è praticamente esplosa quando è stato fatto girare, ripreso anche da diversi media considerati attendibili, un comunicato di Aidaa,  associazione già protagonista di numerose bufale segnalate da diversi siti di debunking. Nella nota diffusa, come si scriveva, si parla di «duemila cani abbandonati a causa del coronavirus, con una media di cento casi al giorno». 

Il messaggio di paura veicolato dall'hashtag #nonmiabbondare è arrivato addirittura anche al capo delle protezione Civile, Angelo Borrelli, che ne ha parlato durante una delle conferenze stampa di aggiornamento sui dati di diffusione della malattia in Italia: «Non c’è alcuna notizia di un passaggio del virus dall’animale all’uomo. Quindi lancio un appello: dopo aver ricevuto segnalazioni di diversi casi vi chiedo di non abbandonare gli animali domestici». E a sostegno di quanto detto da Borrelli e, ribadiamo, in primis dal Ministero della Salute e dall’Oms, abbiamo chiesto anche a un veterinario: «I nostri pet possono veicolare sul manto il virus se sono stati a contatto recentemente con persone ammalate con il covid-19 ma tanto quanto una borsa o una maniglia e quindi con bassissime probabilità - ci ha spiegato il dottore Vincenzo Trovato - È ovvio che come l’uomo protegge la sua persona con buone prassi di igiene anche gli animali dovrebbero essere sottoposti ad una maggiore attenzione utilizzando ad esempio salviette disinfettanti sul pelo e sulle zampe dopo la passeggiata e utilizzando guanti monouso. Ma attualmente non ci sono riscontri scientifici che provino che gli animali da compagnia trasmettano il coronavirus».

La verifica dei numeri e le dichiarazioni dei responsabili dei canili italiani

La prima cosa da fare, dunque, per noi è stata quella di verificare i numeri dati da Aidaa. Da Nord a Sud il messaggio dei responsabili di strutture comunali o private e dei volontari di diverse associazioni è stato uno solo: non ci sono picchi di abbandoni, ad eccezione di due regioni: il Piemonte e la Sardegna di cui diremo in seguito. In queste realtà si può però parlare di “timore” e non ancora di casi effettivi. Marco Melosi, presidente dell'Associazione medici veterinari italiani (Anmvi) subito ha risposto così alla nostra domanda: «Smentisco ufficialmente che gli abbandoni di cani siano in aumento in Italia. Abbiamo avuto contatti con vari canili e non risultano ingressi in surplus in questo momento». «I dati diffusi la scorsa settimana da tale associazione Aidaa - spiega anche il presidente nazionale di Lav, Gianluca Felicetti - che purtroppo sono stati ripresi da diversi media sono irrealistici, anche perché identifica un numero troppo preciso. Già in tempi normali è difficilissimo avere un numero nazionale sugli abbandoni senza analisi dei dati degli anni precedenti, in questo momento è semplicemente impossibile».

Nessun aumento degli abbandoni in Liguria, come conferma la responsabile del canile Montecontessa, Sara Rollero e nemmeno in Lombardia come ci ha chiarito Benita Parenti, la responsabile dell'Associazione Italiana animali randagi, Aidar: «Nonostante la zona sia l'epicentro del contagio non ho notato sia nel bresciano che nel bergamasco aumenti di abbandoni». Dello stesso parere anche Milena Piazzalunga responsabile della associazione "Io cammino con fido" di Milano: «Nessun abbandono», dice. «Anzi si è alzata la richiesta di adozioni perché il cane è un motivo valido per uscire di casa in questa emergenza». 

Napoli ci offre poi un bacino di dati importanti da analizzare: è attivo da febbraio un numero verde emergenza (800 178 400) che ha raccolto circa duemila chiamate da tutta la regione. «Non ho avuto riscontro di abbandono di animali», dice la dottoressa Marina Pompameo, direttrice UOC Sanità Animale e Presidio Ospedale Veterinario ASL Napoli 1 centro. «Ci è capitato qualche caso di restituzione al proprietario di animale perso ma assolutamente non si trattava di abbandoni ma di smarrimenti». Lo confermano anche i volontari: «Non c'è stata assolutamente alcuna recrudescenza di abbandoni né qui né in provincia- dice Luigi Carrozzo della Lega animalista - non bisogna alimentare queste bufale che gettano solo benzina sul fuoco, danno cioè un alibi in più a chi già normalmente vuole abbandonare i cani». Il numero verde consente alla cittadinanza di chiamare e di far intervenire i servizi preposti. L'ospedale veterinario a inizio emergenza ospitava una settantina di animali per i quali, come sempre, era previsto il reinserimento: «Essendosi fermata però la possibilità di spostare gli animali da una regione ad un'altra, diversi volontari protezionisti hanno adottato personalmente i cani in attesa del passaggio alle nuove famiglie - conclude la direttrice dell'ospedale Veterinario - Attualmente sono ricoverati soltanto 15 animali e questo ci ha dato la possibilità di alleggerire la struttura e di cominciare le disinfezioni straordinarie in tutti i reparti». Il sistema virtuoso di Napoli offre anche spunti per una burocrazia veterinaria 2.0: i servizi diventano telematici: iscrizione all'anagrafe, soccorso, sterilizzazione, profilassi rabbia, cattura animali vagante e rilascio certificazioni con comprovata necessità. 

Caterina, invece, insieme ad altri volontari si occupa del canile Rifugio Cuccefelici che si trova a Paganica in Abruzzo. È in contatto anche con altri canili dell'Aquila e della provincia e non ha constatato aumenti di abbandoni. Anche nelle Marche si conferma che non vi sia un trend crescente di abbandoni a causa del coronavirus: lo dice sia il canile Comunale di Recanati in provincia di Macerata che l'associazione  "Amici degli animali" di Osimo (Ancona): «Nella nostra regione  c'è  particolare attenzione per il controllo degli abbandoni - spiega Sara - Tutti gli animali hanno il microchip e si rischiano sanzioni salate del resto». 

Anche da Palermo non arrivano allerte: «Non abbiamo riscontri oggettivi, il tema coronavirus è stato trattato ampiamente e le persone sanno che gli animali non trasmettono la covid-19 - dice il volontario Salvatore Barone da Palermo - chi vuole abbandonare lo fa indipendentemente, il problema piuttosto sono le tante persone che vanno a sfamare i randagi, fermate dalle forze dell'ordine».

La situazione in Sardegna e Piemonte

La Lega Nazionale Difesa del cane di Torino ha ricevuto infatti diverse telefonate di persone che vorrebbero lasciare il proprio animale in canile per la paura legata a questi giorni di diffusione del virus. Una da Nives dell'Associazione il randagio di Borgaro Torinese (associazione che lavora in sinergia con i canili della cinta torinese). Anche qui il telefono squilla perché le persone sono impaurite dal rischio di essere contagiate dal proprio animale. «I canili sono quasi al collasso ma ancora tengono non sappiamo però fino a quando ci racconta - però abbiamo fatto presente il problema alla regione Piemonte e speriamo in una risposta». A questo punto ci viene in conto la dottoressa Marina Pompameo, direttore UOC Sanità Animale e Presidio Ospedale Veterinario ASL Napoli 1 centro: «Bisogna distinguere l'abbandono dalla problematica - spiega la dottoressa - parliamo di abbandono quando effettivamente ho la presenza di un animale errante, di cui il proprietario non ha fatto denuncia di smarrimento come atto volontario o ha dato evidenza di averlo cercato e il cane magari presenta qualche evidente patologia. Quando come medico o come associazione intervengo in seguito a una chiamata di richiesta di aiuto, questa è una problematica; insomma se l'istituzione c'è ed è raggiungibile, l'abbandono non si verifica».

Il (quasi) passo indietro di Aidaa
Il presidente di Aidaa, Lorenzo Croce, di fronte alle nostre verifiche ha provato così a spiegarci i numeri che ha fornito: «Sono dati comprovati rilevati da cento canili che monitoriamo». Gli abbiamo chiesto di quali canili si tratti e la riposta, però, è stata: «Al momento sono a casa e non posso mandarvi i dati, lo farò a fine emergenza». «Ho sbagliato a dare quei numeri comunque - ha aggiunto poi - Infatti ho ritirato il comunicato (sul sito di Aidaa è ancora online, ndr) e ho inviato una rettifica ai media (Il SecoloXIX non l'ha ricevuta, ndr)». Poi il presidente di Aidaa pare continuare sulla scia dell’autocritica ma, poi, la trasforma in autoindulgenza: «In questo momento non bisogna fare quello che ho fatto io perché si crea l'allerta ma... se il messaggio finale è stato quello di non abbandonare, ben venga».

Il supporto della Lav e i dubbi degli italiani con animali domestici: la situazione reale
Il centralino della Lav è attivo da martedì scorso e più di 1.500 tra famiglie e volontari in tutta Italia si sono rivolti al front desk per l’assistenza agli animali nell’emergenza coronavirus (recapiti 06.4461325 f.nigri@lav.it dedicati alle domande e alle segnalazioni dei cittadini). Con una media di 180 chiamate al giorno, nessuno ha posto problemi legati a un abbandono o a un presunto abbandono di un animale per quello che sta accadendo in Italia dal punto di vista sanitario. I problemi reali, secondo Lav, sono quelli della scarsa mobilità per andare ad accudire cani e gatti di parenti e amici e, da qualche giorno, l'accudimento di cani all'interno di famiglie in cui almeno membro è ricoverato per vero o presunto coronavirus o in quarantena obbligatoria. «È evidente che potranno esserci casi di abbandono in generale ma noi non abbiamo avuto direttamente o indirettamente alcuna notizia o allarme per qualche caso locale dovuto all'epidemia in corso», spiega Gianluca Felicetti, presidente nazionale Lav. «Grazie alla corretta informazione da parte del ministero della Salute, fin dalla prima comunicazione pubblica, era chiaramente indicato che gli animali domestici non sono portatori per l'uomo di coronavirus», continua Felicetti. «Questo ci ha aiutato anche molto a evitare crisi di panico o abbandoni sull'onda di una presunzione che per fortuna non c'è; anzi, questo è il periodo migliore per far capire che il cane è parte della famiglia, un animale familiare più che animale domestico. Ci auguriamo che passate quest'emergenza vi sia una riflessione in più per poter fare delle adozioni».

Il coronavirus incide però sul blocco delle adozioni e sul randagismo

Le adozioni al momento sono bloccate per decreto governativo, soltanto quelle già avviate si sono concluse. Succede in Emilia Romagna, ad esempio. A Ferrara gli ospiti del canile comunale sono 85 e tali sono rimasti; a Bologna sono centotrenta e alcuni invece sono arrivati nelle loro nuove case: «Avevamo finito il percorso di inserimento - spiega Serena Fiorilli, responsabile delle due strutture - e siamo riusciti a portare a termine le adozioni. Non ci sono stati abbandoni dovuti al coronavirus e me lo confermano anche tutte le strutture limitrofe». Spostandoci in Toscana, Alessandro Araldi riferisce che: «Sì, sono entrati dei cani abbandonati ma si tratta di segugi o maremmani con problematiche comportamentali precedenti al coronavirus e purtroppo si tratta di abbandoni già consueti nell'aretino», spiega il responsabile del canile comunale Enpa di Arezzo. «Non ci sono abbandoni legati al covid-19, il vero problema è che inizia a sentirsi la mancanza dei volontari ma la sicurezza prima di tutto».

Sono anche attendibili le notizie relative a animali randagi in difficoltà, una situazione dovuta anche alla mancanza di volontari sui territori. Massimiliano, volontario Lav di Siracusa, racconta di una crescita esponenziale di animali in giro: «Nessuno vuole uscire più di casa, hanno tutti paura, e nelle zone periferiche e balneari aumenta a dismisura il numero di cani e gatti che girovagano in cerca di cibo, tanti quanti non ne avevo mai visti».  Il dato è attuale anche in Calabria:  «Il problema da noi non sono i virus, sono le persone - dice Francesca Console rifugio Anima Randagia - qui c'è il randagismo con o senza epidemia». 

A questo proposito  e infine si ricorda che le misure introdotte per fronteggiare l’emergenza coronavirus non sono in realtà un ostacolo all’accudimento degli animali in difficoltà, a patto di munirsi di autocertificazione per gli spostamenti e di rispettare le norme igienico sanitarie.


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