Zerocalcare Animato – Parte Due

L’opera seconda è quella maledetta. Non sai mai grazie a quale variabile la prima volta l’avevi imbroccata. Non sai mai quanto farla diversa, quanto simile. E ovviamente qualsiasi scelta avrà controindicazioni di qualche tipo, perché nessuno mai ti risparmierà il confronto con l’ingombrante opera prima.

Conscio di questo, Calcare ha continuato il suo “discorso”, attingendo agli altri noti elementi della sua sfera personale e così si è portato a casa il risultato. Un ottimo risultato, aggiungerei. Lo stile è quello dell’altra volta: semplice, diretto, efficace e fedele al cartaceo. E c’è solo da applaudire nel constatare come ancora una volta la resa funzioni: espressioni, umorismo, ritmo, musica. Il miracolo si è ripetuto, e la cosa migliore che possiamo fare è stupircene di nuovo e non darlo per scontato. Cambia un po’ il formato. Sempre sei episodi, ma di lunghezza superiore. E’ ancora possibile bingiarsela come un film, ma ci si mette di più.

Quanto alla storia raccontata, di certo qualcuno la troverà meno universale rispetto al dramma romantico dell’altra volta. Ma pazienza, è più personale. Il Calcare “nucleico” è tutto qui, quello dell’attivismo vero e non per posa. Quello dell’attivismo intelligente che dialoga con sé stesso e su sé stesso. Che si mette in discussione, che indaga i perché dell’avversario e attraverso questo gioco di specchi si rinnova. L’amico d’infanzia che diventa fascio è un trauma bellissimo da cui partire per costruire una storia. Ma questa storia poi va anche oltre per approdare a quello che è il topos calcariano per eccellenza, la domanda che investe potentemente ogni sua produzione e che sa sfiorarmi come nessun’altra: in un universo di valori in movimento, come fai a muoverti in avanti senza tradire i tuoi principi? Come si fa a onorare il proprio solco senza diventare un fossile? Tra tante variabili, come si costruisce la coerenza?

Michele si chiede queste cose da anni, ed è commovente vederlo tribolare ogni volta, affannandosi a tirar fuori risposte. Specie quando la risposta vera e propria già c’è: basta osservare dall’alto l’intero corpus delle sue opere.