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Il fast fashion (moda usa e getta) sta impattando in modo preoccupante sull’ambiente. Abiti di bassa qualità, a prezzi contenuti, vengono rapidamente sostituiti, stazionando per poco tempo nelle vetrine e nei guardaroba di casa. I dati dell’inchiesta Trashion rivelano che solo nel 2021 sono finiti in Kenya circa 900 milioni di capi di abbigliamento in plastica usati. Un abito fast fashion viene indossato mediamente appena 8 volte, prima di essere buttato via. Nel 2020 in Europa ogni cittadino ha consumato 15 chili di prodotti tessili, pari complessivamente a 6,6 milioni di tonnellate, che hanno emesso 121 milioni di tonnellate di CO2, pari a 270 chilogrammi a persona. Sapere dove buttare e come riciclare i vestiti vecchi dopo il cambio di stagione può contribuire a contrastare questa tendenza, che non dovrebbe mai andare di moda.
Dove buttare e come riciclare i vestiti vecchi dopo il cambio di stagione
Esistono numerose modalità di riciclo o riconversione degli abiti utilizzati. L’economia circolare si applica anche al guardaroba. Ora che il cambio di stagione si avvicina, molti abiti potrebbero tornarci utili per vari utilizzi. Vediamo come.
Le donazioni
Possiamo donare vestiti e accessori di abbigliamento a parrocchie, associazioni o al vicino di casa bisognoso, la persona a cui sarebbe più facile tendere direttamente una mano. Inoltre, bisogna sapere che le donazioni di abiti usati per beneficenza sono a titolo gratuito.
I bidoni gialli su strada
Gli abiti e accessori da donare non vanno conferiti nei cassonetti su strada gialli per la raccolta della frazione tessile. In questi contenitori si possono conferire anche abiti strappati e tessuti bucati, che dovrebbero essere opportunamente recuperati e riciclati, secondo le regole dell’economia circolare. Non vanno inseriti abiti sporchi o maleodoranti, come ad esempio uno straccio imbevuto di grasso non più lavabile. Quest’ultimo va conferito nella raccolta indifferenziata.
I metodi della nonna
Le pratiche antiche stanno tornando di moda, e questa è una tendenza che piace sempre più, anche ai produttori di abiti. Inoltre, entro il 1° gennaio 2025 negli Stati membri Ue, compresa l’Italia, sarà obbligatoria la raccolta differenziata della frazione tessile urbana. Gli abiti prodotti da tessuti riciclati entreranno sempre più nella grande distribuzione organizzata a prezzi più vantaggiosi.
Ma prima di conferirli nei cassonetti gialli, in casa possiamo organizzarci per recuperare stracci o vestiti, riconvertendoli in oggetti e accessori creativi. I maglioni possono diventare copri tazzine, scalda mani, berretti, lampade. Camicie e calze strappate si possono utilizzare come stracci per le pulizie domestiche. I bottoni possono diventare elementi per decorare tende, cuscini, borse, tappeti. Dai jeans già negli anni ‘80 del Novecento si ricavano borse da dipingere con l’indimenticabile Uniposca.
Nelle città e nei piccoli borghi ci sono negozi e laboratori creativi con artigiani che richiedono tessuti o realizzano opere su richiesta.
Rivendere o scambiare gli abiti usati
Le piattaforme di e-commerce hanno liberalizzato il commercio, anche nel privato. Abiti, scarpe, accessori possono essere rivenduti o messi all’asta su questi negozi virtuali. Il vintage ha costruito un impero su siti come Shpock o Etsy. Gruppi Facebook come “Svuota l’armadio” ha aiutato tantissimi giovani in difficoltà a vendere o scambiare i propri abiti a prezzi vantaggiosi.
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