La cerimonia

Santa Sofia d’Epiro, una via e un monumento per ricordare le 140 vittime del Moby Prince

Nella cittadina arbereshe del Cosentino si è svolta una manifestazione per onorare la memoria dei morti della più grande tragedia della marineria italiana. In quell'occasione, il 10 aprile 1991, persero la vita anche undici calabresi

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di F.R. S.
4 settembre 2023
11:30
Il corteo che si è snodato per le vie di Santa Sofia d’Epiro - Foto di Michele Pucciano
Il corteo che si è snodato per le vie di Santa Sofia d’Epiro - Foto di Michele Pucciano

A Santa Sofia d’Epiro, nel Cosentino, nella giornata di domenica 3 settembre, si è svolta una manifestazione per onorare la memoria delle vittime del Moby Prince, chiedendo per loro giustizia. Il paese di origini albanesi ha voluto dedicare una via e un monumento alle 140 vittime di questa tragedia, ricordando in particolar modo il concittadino Nicodemo Baffa, che era il capomacchinista del traghetto.

 


 

La tragedia del Moby Prince

 tragedia ricordata ieri nel centro italo-albanese si verificò il 10 aprile 1991, quando nella rada livornese, alle 22.25, il traghetto Moby Prince della Navarma entrò in collisione con l'Agip Abruzzo, petroliera della Snam, a 2,7 miglia dalla costa. Fu l'inferno: morirono in 140 tra passeggeri e equipaggio del Moby. Si salvò solo Alessio Bertrand, mozzo del traghetto che partito alle 22 era diretto a Olbia. Quella della Moby Prince è stata la più grande tragedia della marineria italiana, finora senza colpevoli e con tanti misteri. Tra le vittime undici erano calabresi. Si tratta di Rocco Averta (36 anni), Antonio Avolio (45), Francesco Esposito (43) e Giulio Timpano (21) di Pizzo Calabro, Nicodemo Baffa (52) di Santa Sofia d’Epiro, Luciano Barbaro (24) di Locri, Francesco Crupi (34) e Antonio Rodi (41) di Siderno, Francesco Tumeo (58) e il cognato Francesco Mazzitelli (56) di Parghelia, Carlo Vigliani (31) di Taurianova.

Dalle ricostruzioni effettuate nel corso degli anni, la prua del Moby penetrò la cisterna numero 7 della petroliera: il greggio si riversò sul traghetto che si trasformò in un'immensa torcia con l'innesco delle fiamme, provocato forse dall'attrito delle lamiere. Varie le ipotesi sul perché accadde: nebbia, eccesso di velocità, un'esplosione, un guasto alle apparecchiature di bordo. Anche la distrazione: si pensò che chi avrebbe dovuto vigilare stava guardando Juventus-Barcellona in tv, semifinale di Coppa Uefa. Di certo i soccorsi arrivarono in ritardo: il traghetto fu individuato solo alle 23.35. Una 'Ustica del mare' per i familiari delle vittime che dopo decenni di inchieste, processi e verità distorte e demolite continuano a chiedere che il Parlamento indaghi ancora per fare una volta per tutte chiarezza. Già ha lavorato una commissione parlamentare le cui conclusioni, arrivate nel 2018, hanno portato anche alla riapertura delle indagini della procura di Livorno. Nello specifico i familiari delle vittime hanno citato i Ministeri delle Infrastrutture e Trasporti e della Difesa sulla base delle «evidenze scaturite» dal lavoro della commissione parlamentare d'inchiesta della scorsa legislatura, riguardo «alla mancata azione di controllo sul porto di Livorno e alla omissione dei soccorsi al Moby Prince da parte degli organi competenti». Le famiglie delle vittime sostengono infatti che i loro cari siano morti il giorno dopo e che se i soccorsi fossero stati celeri si sarebbero potuti salvare. 

Il ricordo di Santa Sofia d'Epiro

Il ritrovo della manifestazione che si è svolta nella cittadina arbereshe è avvenuto presso il Municipio con l’accoglienza delle autorità e degli ospiti, poi il corteo si è snodato verso via Angelo Masci, Vico III. Qui si è svolta la cerimonia di intitolazione della strada e l’inaugurazione del monumento in memoria delle vittime. Un gesto fortemente voluto dall’amministrazione comunale, che sta continuando a chiedere giustizia e verità per quanto accaduto ormai più di trent’anni fa. Presenti alla cerimonia rappresentanti istituzionali, provinciali e regionali, nonché le delegazioni delle amministrazioni comunali di Gioia Tauro, Parghelia, Pizzo Calabro, accomunate dalla perdita dei loro concittadini nella tragedia.

«Era un nostro dovere dare un segnale forte a distanza di 32 anni - ha affermato il sindaco di Santa Sofia d'Epiro Daniele Sisca -, perché ancora parliamo di una tragedia che non ha un colpevole. Si stanno facendo dei passi importanti per raggiungere la verità - ha continuato il primo cittadino sofiota - ma ancora non abbiamo i responsabili di questa tragedia. Attraverso questa manifestazione vogliamo far sentire forte il nostro grido e la nostra richiesta di giustizia affinché sia fatta luce su questa triste vicenda». 

Dopo la cerimonia spazio anche alla musica con il concerto del quartetto d’archi “Mousikè” (composto dal Maestro Giovanni Azzinnari, M° Edvidge Roncone, M° Alessio Vilardo e M° Aida Matera) e con l’intervento del soprano M° Francesca Donato.

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