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Attraversare la strada con il cellulare: conseguenze legali

30 Agosto 2019 | Autore:
Attraversare la strada con il cellulare: conseguenze legali

Multa e responsabilità in caso di investimento per chi attraversa la via mentre guarda lo smartphone.

I genitori non fanno che dire ai propri bambini di non stare troppo tempo con il cellulare in mano, di guardare dove mettono i piedi quando camminano e di non distrarsi col telefonino. Raccomandazioni che, tuttavia, sono loro stessi a violare. Si è distratti dallo smartphone non solo quando si guida l’auto, ma anche all’atto di attraversare la strada. Se, tuttavia, per la prima ipotesi esiste una chiara norma a sanzionare il conducente con una multa e la sospensione della patente, nel secondo caso, invece, l’obbligo di prestare attenzione non è così esplicito.

A fornire una spiegazione di quali sono le conseguenze legali dell’attraversare la strada con il cellulare in mano è una recente sentenza del tribunale di Trieste [1]. Ma prima un importante chiarimento.

Attraversare la strada col cellulare in mano: multa

Cosa dice il Codice della strada in merito al comportamento del pedone che attraversa la via distratto dallo smartphone? A ben vedere, non esiste alcuna norma che disciplini in modo esplicito tale ipotesi così come succede, invece, nel caso della guida di un veicolo a motore. L’unica disposizione all’interno del Codice della strada [2] da cui si può evincere il divieto di attraversare la strada col cellulare stabilisce l’obbligo per il pedone, all’atto dell’attraversamento della carreggiata, di prestare «l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri». Sicché sarà rimesso alla valutazione del vigile (o meglio della polizia municipale) stabilire se l’occhio sul telefonino era tale da escludere qualsiasi prudenza, sì da mettere a repentaglio la propria e l’altrui sicurezza.

In questi casi, il verbalizzante che ritenga il comportamento imprudente può infliggere una multa che va da 25 a 100 euro. Multa che scatta anche se il pedone attraversa la strada fuori dalle strisce (a meno che le stesse si trovino a una distanza maggiore di 100 metri) o in senso diagonale ai due marciapiedi.

Attraversamento della strada col cellulare: investimento

Una seconda conseguenza dell’attraversamento della strada col cellulare in mano può derivare in caso di investimento. L’assicurazione, infatti, potrebbe rifiutare l’indennizzo per il pedone distratto. A confermarlo è stato proprio il tribunale di Trieste secondo cui se un pedone viene investito perché attraversa la strada distratto dal cellulare è responsabile per l’80% del suo investimento. Egli, infatti, viola le normali regole di prudenza e diviene un ostacolo improvviso per il conducente, tanto da non essere evitabile.

È vero: nel caso in cui un pedone venga “messo sotto” da un’auto, la responsabilità del conducente si presume in automatico «salvo questi riesca a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno» [3]. Il che significa che, in assenza di prova, il pedone investito va sempre risarcito.

In cosa consiste tale prova? Il più delle volte, essa si concentra sul comportamento del passante, imprevedibile e inevitabile, come quello di chi cammina di notte su una strada extraurbana, in senso non contrario a quello di circolazione e in assenza di illuminazione. O di chi sbuca all’improvviso da un’aiuola a ridosso della strada, attraversando a tutta velocità proprio mentre sta passando un’auto. Insomma, tutto ciò che non si può evitare neanche con la massima prudenza esonera il conducente dalla responsabilità (civile e penale).

Detto ciò, che peso ha la condotta del pedone che attraversa la strada mentre guarda il cellulare? Bisogna stare attenti a non generalizzare e a non farsi trascinare dal sensazionalismo della sentenza. Il fatto che il pedone sia distratto dallo smartphone non autorizza certo il conducente a investirlo se riesce a vederlo con congruo anticipo tanto da evitarlo. La responsabilità è esclusa solo quando la presenza del passante si pone come improvvisa e inevitabile. Dunque, ancora una volta, sarà il caso concreto e le prove portate in processo a decidere se c’è o meno responsabilità.

La Corte ribadisce che, per giurisprudenza costante [4], la prova che libera il conducente dalla responsabilità per l’investimento «non deve essere necessariamente data in modo diretto cioè dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del Codice della strada, ma può risultare anche dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato l’esclusiva causa del danno». Danno che non deve essere «comunque evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza».

Alla stregua di questi criteri, si è ritenuto in particolare che il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite “strisce pedonali” immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone un comportamento colpevole tale da essere identificato come unica causa del suo investimento. Resta, però, sempre sul conducente la presunzione di responsabilità se non dimostra che «l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l’incidente stradale, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza».

Il tribunale di Trieste ricorda, dunque, che, secondo giurisprudenza consolidata, può essere affermata la colpa esclusiva del pedone nel suo investimento se:

  • il conducente, per motivi estranei ad ogni diligenza, sia venuto a trovarsi nella condizione obiettiva di non poter avvistare il pedone ed osservarne con tempestività i movimenti;
  • i movimenti siano stati così rapidi ed inaspettati da convergere all’improvviso in direzione della linea percorsa dal veicolo, in modo che il pedone venga a trovarsi a distanza così breve dal veicolo, da rendere inevitabile l’urto;
  • nessuna infrazione, benché minima, sia addebitabile al conducente, avendosi, in caso contrario, soltanto una colpa concorrente del pedone.

Nella fattispecie concreta, la Corte dichiara che la condotta del pedone che ha attraversato la strada in maniera repentina, parlando al telefono e senza guardare se stiano arrivando contemporaneamente veicoli, inosservante sia delle regole sulla circolazione stradale sia di quelle di comune prudenza, è incontrovertibilmente colposa.

note

[1] Trib. Trieste sent. n. 380/2019 del 7.06.2019.

[2] Art. 190 cod. strada.

[3] Art. 2054 cod. civ.

[4] Cass. civ. n. 12751/2001 e Cass. civ. n. 14064/2010

Tribunale di Trieste, sentenza 4 – 7 giugno 2019, n. 380

Giudice Unico Piccirillo

Motivi della decisione

Con atto di citazione innanzi al Giudice di pace di Trieste, (omissis…) premesso che in data 18.10.2010, alle ore 8:45 circa, in Trieste, veniva investita dall’autovettura Alfa Romeo (omissis…) condotta da (omissis…) e di proprietà di (omissis…) chiamava in giudizio la conducente e il proprietario del veicolo nonchè (omissis…) S.p.A. (in qualità di Impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada, atteso che la (omissis…) S.p.A., società assicuratrice del veicolo investitore, era stata posta in liquidazione coatta amministrativa) e chiedeva di accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità di (omissis…) nella causazione del sinistro e che venissero condannati i convenuti – in solido tra loro – al risarcimento dei danni subiti e quantificati in Euro 5.020,00 o nella somma ritenuta di giustizia, oltre al danno da rivalutazione monetaria e interessi di legge dal giorno dell’evento nonchè alle spese del procedimento.

Esponeva, nella specie, l’attrice che quella mattina ella si trovava sul marciapiede in corrispondenza della fermata dell’autobus posta di fronte al civico n. (omissis…) di via (omissis…); che, al sopraggiungere dell’autobus proveniente da via Svevo, faceva cenno all’autista di fermarsi; che il conducente dell’autobus arrestava il mezzo in posizione discosta di alcuni metri rispetto al marciapiede, poichè lungo quest’ultimo vi erano dei veicoli in sosta; che l’attrice si dirigeva verso l’autobus per salirvi, iniziando dapprima a camminare velocemente sul marciapiede e poi scendendo dallo stesso; che, scesa dal marciapiede, veniva urtata dall’autovettura condotta dalla convenuta (omissis…) la quale sarebbe stata in quel frangente in procinto di superare l’autobus in sosta passando alla destra di questo; che conseguentemente l’attrice cadeva a ridosso del marciapiede, riportando traumi agli arti inferiori.

Si costituiva in giudizio (omissis…) in qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, la quale, in via preliminare, chiedeva integrarsi il contraddittorio nei confronti del commissario liquidatore della (omissis…) nel merito, contestando sia la ricostruzione dei fatti proposta dalla sia la quantificazione dei danni asseritamente subiti da questa, chiedeva rigettarsi le domande attoree in quanto, tenendosi conto anche dell’assorbente condotta colposa della (omissis…) infondate e/o assolutamente indimostrate. Si costituivano in giudizio i convenuti (omissis…) i quali, contestando quanto affermato dall’attrice, chiedevano il rigetto delle relative pretese.

Disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Commissario Liquidatore della (omissis…) rimasto tuttavia contumace, e scambiate le memorie ex art. 320 c.p.c., la causa veniva istruita mediante prova testimoniale e prova per interpello dell’attrice.

Con sentenza n. 502/2014 depositata in data 14 agosto 2014 il Giudice di Pace rigettava la domanda attorea e condannava (omissis…) al pagamento delle spese di lite nei confronti di (omissis…).

Avverso detta pronuncia proponeva appello la (omissis…) deducendo che il Giudice di Pace avrebbe errato nell’interpretazione sia dell’interrogatorio reso dall’attrice sia delle dichiarazioni rese dai testimoni nonchè nella valutazione della credibilità dei testi e non avrebbe correttamente applicato il disposto di cui all’art. 232 c.p.c. a fronte della ingiustificata mancata presenza della (omissis…) all’udienza fissata per il suo interrogatorio. Lamentava, altresì, l’appellante la mancata audizione del conducente dell’autobus, la mancata disposizione della CTU medico legale, la mancata considerazione del fatto che, nel punto in questione, la strada sarebbe ad unica corsia per senso di marcia e che l’urto sarebbe avvenuto all’interno della zona di fermata dell’autobus nonchè la mancata o errata analisi della condotta della (omissis…) al fine di accertare un eventuale concorso di colpa

nella verificazione dell’evento. L’appellante chiedeva, pertanto, in totale riforma della pronuncia impugnata, che venisse accertata e dichiarata la responsabilità esclusiva della (omissis…) nella determinazione del danno e che venissero condannati gli appellati – in solido tra loro – al risarcimento dei danni subiti e quantificati in Euro 5.020,00 o nella somma ritenuta di giustizia, oltre al danno da rivalutazione monetaria e interessi di legge dal giorno dell’evento nonchè alle spese di lite.

Si costituiva (omissis…) la quale eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del gravame ex art. 342 c.p.c. e chiedeva il rigetto dell’appello in quanto inammissibile e/o infondato.

Parimenti si costituivano in giudizio (omissis…) i quali contestando le difese avversarie, chiedevano il rigetto dell’appello.

All’udienza del 15.1.2015 il Giudice, verificata la regolarità della notifica, dichiarava la contumacia di (omissis…) Commissario Liquidatore della (omissis…).

La causa veniva mandata in decisione e successivamente rimessa sul ruolo, ritenuto di doversi disporre consulenza medico-legale sulla persona dell’attrice. Infine, all’udienza del 6 dicembre 2018 le parti precisavano le proprie conclusioni, sopra riprodotte, e la causa veniva trattenuta in decisione, previa concessione dei termini ordinari di cui all’art. 190 c.p.c.

Tanto premesso in fatto, va preliminarmente dichiarata la contumacia di (omissis…) in qualità di commissario liquidatore della (omissis…) il quale, sia pur regolarmente citato nel giudizio di appello, non si è costituito. Nel merito, l’appello è parzialmente fondato e va accolto nei limiti delle considerazioni che seguono.

Va preliminarmente evidenziato che, nelle ipotesi di investimento di pedone, trova applicazione l’art. 2054, primo comma, che pone a carico del conducente l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Sul punto, giova ricordare che la giurisprudenza è univoca nell’affermare che: ” C..) la -prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto cioè dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma può risultare anche dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza. Alla stregua di questi criteri si è ritenuto in particolare che il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite “strisce pedonali” immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilità di cui alla prima parte dell’art. 2054 c.c., dimostri che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l’evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza (Cass., 18.10.2001, n. 12751) (cfr. sul punto Cass., Sez. 3, Sentenza n. 14064 del 2010).

In tale ambito è stato altresì affermato che: “In materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest’ultimo, alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione ricorrente allorchè il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale, sicchè l’automobilista si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti. Tanto si verifica quando il pedone appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza” (cfr. Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n.4551del 22/02/2017; sul punto in senso conforme cfr anche Corte appello Roma, sez. Ili, 15/06/2010, n. 2550 e Cass., n. 21249/2006).

Pertanto, secondo giurisprudenza ormai consolidata, nel caso di investimento di un pedone, può essere affermata la colpa esclusiva dello stesso, quando ricorrono le seguenti circostanze: 1) il conducente, per motivi estranei ad ogni diligenza sia venuto a trovarsi nella condizione obiettiva di non poter avvistare il pedone ed osservarne con tempestività i movimenti; 2) i movimenti siano stati così rapidi ed inaspettati da convergere all’improvviso in direzione della linea percorsa dal veicolo, in modo che il pedone venga a trovarsi a distanza così breve dal veicolo, da rendere inevitabile l’urto; 3) nessuna infrazione, benchè minima, sia addebitabile al conducente, avendosi, in caso contrario, soltanto una colpa concorrente del pedone.

Nel caso di specie dal compendio probatorio in atti è emerso che la sig.ra (omissis…), al fine di salire sull’autobus che, ad un suo cenno, era in procinto di arrestare la propria marcia oltre lo spazio dedicato alla fermata e alla sinistra della stessa, era scesa dal marciapiede ed aveva attraversato la strada ponendosi in tal modo sulla traiettoria dell’autovettura condotta dalla (omissis…) la quale procedeva lungo la propria corsia di marcia in Via (omissis…) – direzione Via (omissis…).

In particolare, è emerso che la (omissis…) non aveva segnalato tempestivamente all’autista la propria volontà di salire sull’autobus, al punto che quest’ultimo, onde consentirle l’ingresso sul mezzo, avevo deciso di arrestare la propria marcia oltre la fermata e alla sinistra della stessa, a causa della presenza di alcuni veicoli in sosta. La (omissis…) quindi, aveva iniziato a correre sul marciapiede onde raggiungere il mezzo e aveva attraversato la strada, parlando al cellulare e senza preventivamente guardare se stessero sopraggiungendo altri veicoli. Risulta infine che la (omissis…) la quale procedeva a bordo della sua autovettura lungo la Via (omissis…), tenendosi sulla destra al fine di svoltare verso la Via (omissis…), vedendo l’autobus che transitava alla sinistra della fermata e notando altresì la ragazza correre sul marciapiede sulla sua destra, anch’ella diretta verso la Via (omissis…), era entrata in collisione con quest’ultima che, scesa dal marciapiede, era in procinto di attraversare la strada. A causa dell’urto, avvenuto in corrispondenza dello specchietto retrovisore destro dell’autovettura, l’appellante era caduta a terra cosi riportando danni agli arti inferiori.

Dette circostanze risultano ampiamente comprovate dai verbali di ricezione di sommarie informazioni in atti, dalle testimonianze raccolte nel giudizio di primo grado nonchè nell’interrogatorio formale reso dalla (omissis…) dinanzi al Giudice di pace.

Quanto ai rilievi mossi dall’appellante, circa l’inattendibilità del teste da un lato le riferite contraddizioni avrebbero dovute essere rilevate in udienza, nel corso della deposizione testimoniale; d’altro canto esse non risultano dirimenti in quanto le circostanze riportate dal teste combaciano con la dinamica fattuale emergente dagli altri elementi di prova.

Quanto all’omessa considerazione del valore contessono da attribuire alla mancata presentazione della (omissis…) all’interrogatorio formale, va rilevato che l’art. 231 c.p.c. attribuisce al giudice la facoltà e non l’obbligo di ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio, e che in tal caso la scelta del giudice di prime cure ben si giustifica alla luce degli elementi di prova che erano già stati raccolti. Quanto alla mancata audizione dell’ulteriore teste richiesto dall’attrice, si deve confermare in tal sede il giudizio di superfluità di detta istanza istruttoria, in considerazione della completezza del quadro probatorio emerso in corso di causa.

Ciò detto, questa essendo la dinamica fattuale emergente dal compendio probatorio in atti, risulta incontrovertibile la connotazione colposa della condotta della pedone la quale, in disprezzo delle regole sulla circolazione stradale e di normale prudenza, si è immessa repentinamente sulla strada, parlando a telefono e senza neanche guardare se sopraggiungessero veicoli. D’altronde, la sua condotta è stata anche sanzionata dagli agenti di polizia intervenuti sul posto.

Si deve pertanto ritenere che la pedone, attraversando la strada in un punto in cui non vi erano strisce pedonali e al di fuori dell’area destinata alla fermata dell’autobus, abbia costituito un ostacolo che si è frapposto lungo la direttrice di marcia dell’autovettura.

Non può tuttavia sottacersi la sussistenza di un profilo colpa anche nella condotta della conducente del veicolo, posto che la stessa ha dichiarato agli agenti di polizia intervenuti sul posto di aver visto, da un lato, l’autobus e, dall’altro, la pedone correre lungo il marciapiede lungo la stessa direzione del mezzo.

Quindi, stante la connotazione dei luoghi (presenza della fermata dell’autobus) e le circostanze di fatto che si erano venute creare (presenza dell’autobus in prossimità della fermata e di una pedone che correva sul marciapiede lungo la direzione seguita dal mezzo) la conducente avrebbe dovuto prevedere, con un minimo sforzo di diligenza, un attraversamento della sede stradale da parte della pedone e, di conseguenza, avrebbe dovuto adottare una condotta più prudente e consona alla situazione concreta che si era a venuta a creare.

In altre parole, la condotta della pedone lasciava presagire la possibilità di un attraversamento che avrebbe consigliato una maggiore prudenza da parte dell’automobilista, che non vi è cenno sia stata da quest’ultima esercitata. Difatti, non risulta che la conducente abbia rallentato nè emerge alcuna pronta reazione a fronte di un ostacolo che se può ritenersi importante, non può invero considerarsi “assolutamente imprevedibile”.

Pertanto, alla luce di quanto esposto, si deve ritenere che la conducente dell’autovettura abbia concorso della misura del 20% alla causazione del sinistro per cui è causa, con la conseguenza che in tale percentuale vanno risarciti i danni subiti dall’appellante.

In ordine al quantum, dalla CTU espletata nel corso del giudizio, cui l’adito giudicante ritiene di aderire stante la professionalità e la serietà scientifica dell’indagine svolta, è emerso che “in seguito alle lesioni subite nel sinistro del 18/10/2010 la ricorrente sig.ra (omissis…) ha sofferto nella sfera del cosiddetto danno biologico un periodo di inabilità temporanea parziale al tasso medio decrescente del 75% di 6 giorni, seguito da 60 giorni di inabilità temporanea parziale al tasso medio decrescente del 25%. Sono residuati reliquati permanenti incidenti sull’integrità psico-fisica della danneggiata nella misura del 3%. Nella sfera strettamente reddituale risulta un periodo di inabilità di fatto riconosciuto dall’INAIL protrattosi dal giorno del sinistro fino al 15/12/2010. Gli attuali reliquati non incidono in alcun modo su qualsivoglia capacità di lavoro 0 di guadagno, presente o futura, generica o specifica. Si può ragionevolmente ritenere che le lesioni abbiano determinato iniziali 6 giorni di sofferenze di grado medio, seguiti da 60 giorni di sofferenze di grado lieve. Le lesioni non sono più emendabili. Non si ravvisa la necessità di spese mediche future. Risultano documentate spese mediche complessive per 360,00 Euro.”

Pertanto, venendo in rilievo delle lesioni micro permanenti vanno applicati i criteri di liquidazione previsti dall’art. 139, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 209/2005 e dall’ultimo D.M. del 9 gennaio 2019 di aggiornamento degli importi dei danni di lieve entità alla persona. In applicazione di suindicati parametri, riconosciuta la percentuale del 20% sull’importo complessivo, il danno non patrimoniale subito dall’attrice è liquidato in Euro 721,04 e quindi in complessivi Euro 785,50 tenendo conto della devalutazione della somma prima indicata fino al 18 ottobre 2010 e con successivo computo sulla stessa degli interessi legali sugli importi cu anno in anno rivalutati secondo gli indici istat FOI dal 18 ottobre 2010 fino al momento della presente pronuncia.

Alcuna “personalizzazione” potrà essere applicata al fine di tener conto delle sofferenze soggettive e comunque del danno morale, posto che il riconoscimento della percentuale di personalizzazione del danno biologico è soggetto in ogni caso quanto meno all’onere di allegazione da parte dell’istante in ordine alle sofferenze subite ed al peggioramento delle precedenti condizioni di vita ( cfr. Cass. n. il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato: potrà farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e, soprattutto, presuntiva, la quale ultima potrà costituire anche l’unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, anche se soggetta all’onere di allegazione della parte” cfr. Cass. n. 26972/08). Nel caso di specie tale onere di allegazione, prima ancora che di prova, non è stato assolto dall’attrice.

Quanto al danno patrimoniale, vanno senz’altro rimborsati all’attrice, nel limite del 20%, le spese mediche documentate, ritenute congrue dal CTU ( in misura pari a Euro 360,00) nonchè le spese per l’attività stragiudiziale, da ritenersi congrue, nella misura di Euro 200, per un importo complessivo quindi pari a Euro 112,00 oltre interessi legali codicistici da calcolarsi sugli importi delle singole fatture, rivalutati anno per anno, secondo indici Istat per le famiglie di operai ed impiegati, dalla data delle predette fatture alla presente pronuncia.

Occorre infine rilevare che, essendo stata la (omissis…) sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, in applicazione dell’art. 283, co I lett. c), Codice delle Assicurazioni, alcuna condanna potrà essere nei confronti di quest’ultima pronunciata posto che, per effetto della liquidazione coatta, tenuta al risarcimento del danno in luogo dell’assicuratore decotto è l’impresa designata per conto del Fondo di garanzia per le vittime della strada, nei cui confronti, invece, la sentenza produce gli effetti di una condanna (cfr. sul punto Cassazione civile sez. III, 20/08/2009, n.18525, a mente della quale: “Nel caso in cui l’assicuratore della r.c.a., nel corso del giudizio contro di lui promosso da parte eletta vittima di un sinistro stradale, venga sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, ed il giudizio, previa riassunzione, prosegua nei confronti del commissario liquidatore, nei confronti di quest’ultimo il giudice non potrà che pronunciare una sentenza di mero accertamento del credito, in quanto per effetto della liquidazione coatta tenuta al risarcimento del danno in luogo dell’assicuratore decotto è l’impresa designata per conto del Fondo di garanzia per le vittime della strada, nei cui confronti, invece, la sentenza produce gli effetti di una condanna, senza che, a tal fine, abbia alcuna rilevanza che lo stesso commissario liquidatore sia stato autorizzato a procedere alla liquidazione dei sinistri per conto del suddetto Fondo di garanzia. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui, invertendo le posizioni delle parti, aveva condannato il commissario liquidatore al pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento danni, dichiarando la sentenza meramente opponibile all’impresa designata dal F.G.V.S.).”

Le spese del doppio grado di grado di giudizio, attesa la parziale soccombenza reciproca, sono compensate nella misura dell’80% e poste a carico dei convenuti in solido nella restante parte.

Le spese di CTU sono definitivamente poste a carico dei convenuti in solido.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunziando sull’appello proposto avverso la sentenza del Giudice di pace n. 502/2014, depositata in Cancelleria il 14 agosto 2014, ogni diversa istanza difesa ed eccezione disattesa, così provvede:

accerta la responsabilità di (omissis…) nella misura del 20%, nella verificazione del sinistro per cui è causa; per l’effetto, accerta nei confronti di in persona del commissario liquidatore, il diritto di al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro per cui è causa, per l’importo che segue, e condanna, ai sensi dell’art. 283, co I lett. C), Codice delle Assicurazioni, (omissis…) in solido tra loro, al pagamento in favore di (omissis…);

Della somma di Euro 785,50 liquidata in moneta attuale, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, comprensiva di interessi alla data odierna, oltre interessi al tasso legale dalla data della presente sentenza;

dell’importo di Euro 112 (oltre interessi legali codicistici da calcolarsi sugli importi delle singole fatture, rivalutati anno per anno, secondo indici Istat per le famiglie di operai ed impiegati, dalla data delle singole fatture alla presente pronuncia) a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali, oltre interessi al tasso legale dalla presente pronuncia al soddisfo;

compensa in ragione dell’80% le spese del doppio grado di giudizio sostenute dall’appellante e condanna (omissis…) in solido tra loro, al pagamento del rimanente 20% che liquida in Euro 117,00 per il giudizio di primo grado (di cui Euro 66 per compensi, Euro 43 a titolo di contributo unificato – per il calcolo del quale si è tenuto conto del valore della domanda nei limiti in cui questa è stata ritenuta fondata, secondo il criterio del decisimi- ed Euro 8 per il rimborso della marca da bollo) ed Euro 577,5 per il giudizio di secondo grado ( di cui Euro 126 per compensi, Euro 64,5 per contributo unificato – determinato secondo il criterio in precedenza indicato- Euro 27 per marca da bollo ed Euro 360 per le spese del consulente tecnico di parte), oltre rimborso forfetario delle spese nella misura del 15%, iva e epa come per legge, con distrazione a favore dell’Avv. (omissis…) che se ne dichiara anticipatario.

Pone definitivamente le spese di CTU, liquidate con separato decreto, a carico dei convenuti in solido.

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